Cieco
Scritto da: **AnneLiz-Alexandra**
Spoiler per: “The Gift”, “Afterlife”, “Smashed”, “Doublemeat Palace”... e diciamo tutta la sesta stagione di BtVS fino a “Dead Things”. Per AtS, qualche tempo prima di “Couple”.
Pairing: Nessuna.
Rating: Angst… con un po’ di luce in fondo al tunnel! POV di Spike. Perdonate alcune mie parole un po’ volgari.
Timeline: La fan-fiction si colloca dopo “Dead Things”. E’ una mia continuazione.
Summary: Spike riflette su ciò che è successo dopo che Buffy lo ha picchiato in quel vicolo.
Feedback: Fatemi sapere cosa ne pensate!
Note dell’autore: Perché ho scritto questa fanfic? Bah, semplice… perché ho sentito improvvisamente un odio smisurato nei confronti della Buffy della 6^ stagione. Comunque, quest’odio non durerà, quindi, per tutti coloro che disprezzano Buffy, godetevi almeno questa!
Disclaimer: I personaggi delle serie “Buffy the Vampire Slayer” e “Angel” appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt, la WB, ME, UPN e la Fox. L’autore scrive senza alcun scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
§ Buona lettura! §
 

Cieco


Ero tornato alla cripta senza sapere veramente come.

Ero arrivato sano e salvo, giusto in tempo perché i raggi del sole non mi colpissero.

Giusto in tempo perché il mio corpo non si polverizzasse.

Il mio cuore, e la mia anima, lo erano già, polverizzate.

La mia anima lo era stata tempo prima, molto tempo prima.

In uno sporco vicolo di Londra, mentre calde lacrime solcavano le mie guance, e una donna dai capelli corvini mi donava una nuova vita.

Pensavo che fosse tornata al suo posto, comunque.

Lo avevo pensato quando una piccola ragazza bionda californiana era entrata nella mia vita.

Lo avevo pensato quando mi sorrideva, quando mi ringraziava.

Quando non disprezzava la mia compagnia, e quando potevamo stare insieme, seduti, in silenzio.

Ma mi è stata tolta, di nuovo.

Dalla stessa ragazza bionda che mi ha spezzato il cuore.

Che lo ha preso nelle sue piccole mani, e lo ha stretto così forte che ha cominciato a sanguinare.

Sapevo, che stavo sanguinando.

Ma non potevo fermarmi.

Non potevo fermarmi dal continuare a vederla, dal continuare a cercarla.



Non potevo fermarmi dal continuare ad essere insultato, picchiato, maltrattato.



Non potevo semplicemente farci niente.



Perché ero innamorato di una piccola ragazza bionda californiana, una ragazza che avrebbe rinunciato a tutto, anche la sua vita, per salvare il mondo.



Amavo la sua forza, la sua vitalità, il suo coraggio.



Amavo le sue debolezze, i suoi pregiudizi, i suoi piccoli difetti.



Diavolo, amavo anche quando mi prendeva in giro!



Aveva un modo tutto particolare di farlo, con quella luce particolare negli occhi, che ti faceva capire che non voleva veramente offenderti.



Che voleva solo giocare con te, voleva stuzzicarti.



Sono morto, una seconda volta, quando ho visto il suo corpo senza vita, tra quelle macerie, immobile, ai piedi di quella torre.



Pensavo di essere rinato, vedendola scendere quelle scale, come se il tempo fino ad allora non fosse esistito.



Come se lei non fosse stata realmente morta.



Cercavo di convincermi che era così.



Lo sono stato per molto tempo, convinto.



Ma, certo, tutti possono sbagliarsi.



Anch’io, nonostante la mia centenaria esperienza.



Anch’io posso avere qualche problema a riconoscere la realtà, da quello che può sembrare.



E così è successo.



Ho scambiato un cadavere ambulante col suo aspetto, con la ragazza giovane e vitale che avevo amato.



Ricordo tutta l’amarezza di quella notte.



Ricordo l’odio contro il mondo, e la conoscenza che non avrei potuto far niente, per distruggerlo.



Ricordo il dolore, non quello fisico.



Quello era sopportabile, per quanto anche un vampiro abbia i suoi limiti.



No, era il dolore dentro il mio petto, il dolore più terribile.



Quello che mi costrinse a restare sveglio, quella notte, e a capire ciò che l’amore mi aveva fatto vedere sotto una luce diversa.



Ero stato cieco.



Ma poi vidi.



Guardai i graffi e i lividi sul mio corpo.



Guardai, per quanto i miei occhi gonfi potevano permettermelo.



Guardai e inorridii.



Perché la ragazza che amavo non avrebbe mai fatto questo.



La ragazza che amavo non avrebbe tollerato una tale distruzione, né ne avrebbe mai portata.



Realizzai improvvisamente il mio errore.



La ragazza che amavo non mi avrebbe scopato in quel modo, in quell’edificio decadente, o dietro quello squallido fast-food.



Non avrebbe evitato le mie domande, quando diventavano ogni giorno più insistenti.



Quella ragazza mi avrebbe urlato qualcosa, magari, e mi avrebbe insultato, con quella luce negli occhi, e mi avrebbe spiegato.



Quella ragazza mi avrebbe detto che era stato solo un errore che non avrebbe più commesso, e avrebbe mantenuto la sua promessa.



Quella ragazza avrebbe tenuto alla mia amicizia, anche se non poteva ricambiare il mio amore.



…O forse avrebbe solo ammesso che mi amava.



Mi avrebbe stretto teneramente a sé, e mi avrebbe fatto risentire nuovamente vivo.



Non avrebbe mai continuato questa finzione di relazione che portiamo avanti da ormai settimane.



Non mi avrebbe picchiato per definirla anche solo una ‘relazione’.



Non mi avrebbe urlato che era solo una cosa, che io, ero solo una cosa.



E non mi avrebbe di certo detto che ero conveniente.



Perché quella ragazza, la ragazza che amavo, conosceva sentimenti umani.



Quella ragazza era caduta, e si era rialzata, ed era andata avanti.



Quella ragazza non si tirava mai indietro davanti alle sfide.



Quella ragazza non sprecava tempo a compatirsi, né ad allontanare i suoi amici.



La ragazza che amavo viveva.



…E la persona che mi aveva torturato così vilmente, quella notte, ben consapevole che io non l’avrei mai toccata, non era lei.



Non era la ragazza che amavo.



Era solo qualcuno che portava il suo corpo.



Qualcuno di spento, distrutto.



Qualcuno senz’anima, capacità di amare, provare pena o compassione per qualcuno, oltre sé stessa.



La mia ragazza non mi avrebbe mai usato.



Quella ragazza era leale, onesta, e non aveva bisogno di scorciatoie.



Il fantasma che mi portavo a letto conosceva solo odio.



Odio contro il mondo, contro coloro che amava.



Odio contro di me.



Quel fantasma sapeva odiare, e sapeva come farsi odiare.



Quel fantasma aveva bisogno di sfogarsi, lo faceva. Con me.



Mentre mi rigiravo nel mio letto, esausto fisicamente e mentalmente, ma incapace di dormire, e mentre la speranza, l’ultima, stava finalmente abbandonando il mio corpo…



Allora lo sentì.



Era confuso, dapprima, mai poi si fece sempre più chiaro.



Era disperazione. E malinconia.



E nostalgia, per qualcosa che avevo perso e non avrei più trovato.



Non odiavo il fantasma che mi aveva ridotto a quello stato.



Non ero neanche ben sicuro di conoscerlo, quel fantasma.



Era così, in effetti.



Io non la conoscevo.



Perché la ragazza che avevo conosciuto e amato solo mesi prima, era scomparsa.



Quella ragazza era caduta da quella torre, salvando sua sorella, e salvando il mondo.



Quella ragazza era caduta, e non si era più rialzata.



E la sua ombra, così terrorizzata, così infuriata, così… diversa da lei…



Era questo che era tornato al suo posto.



Un’ombra di chi era una volta.



L’ombra di una ragazza che amava per vivere, e lo faceva con tutta se stessa.



Piansi quella notte, come avevo pianto in quel vicolo di Londra.



Avevo ormai completamente perso me stesso, in un modo e nell’altro.



Non restava più niente in me, solo rimpianto.



E io, un vampiro, sentivo di essere vittima di un’ingiustizia.



Sentivo di non meritare questo, sentivo di non essere capace di andare avanti.



Non così, almeno.



E quando il giorno dopo lei entrò, come al solito sbattendo la porta, come al solito affrettandosi al piano di sotto, e trovandolo… vuoto…

Allora mi sentì bene.

Per la prima volta dopo tanto tempo mi sentì di nuovo me stesso.

Per la prima volta potei affrontarla veramente, affrontare il fantasma che era rimasto di lei.

E potei dirle addio, senza rimpianti.

Non potevo avere rimpianti, per lasciare una persona che neanche conoscevo.

E allora seppi.

Seppi che dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa, perché il dolore di averla persa, per sempre, smettesse di uccidermi.

Seppi che potevo fare qualcosa.

…Ed ora sono qui, ad aiutare qualcun altro.

Qualcuno dal mio passato, qualcuno che non potevo rifiutarmi di aiutare.

L’uomo che avrei voluto essere, il padre che avrei voluto avere, il sire che volevo non mi disprezzasse.

Era tutto questo per me, Angel.

Ora non lo è più, certo, ma c’è ancora quel piccolo affare del legame di sangue.

Quello che mi attira involontariamente verso di lui.

E così, ho pensato che Los Angeles non potesse essere tanto male.

Non più di vedere ogni giorno il corpo della ragazza che amavo abitato da una squallida riproduzione.

No, questo è certamente molto meglio.

So, che qui imparerò a dominare il dolore.

So che Angel mi aiuterà a farlo, saprà indicarmi il modo.

Perché, come so che Buffy Summers è morta, e la sua lapide giace in un cimitero di Sunnydale, simbolo incontestabile della realtà…

So anche che dovrò guardare avanti, come lei faceva sempre.

So che qualche volta l’ombra che abita il suo corpo verrà a cercarmi, ingannandomi con quello che non potrò mai avere.

Ma adesso, mentre siedo in questa stanza dell’Hyperion, guardando Angel col suo bambino tra le braccia, e tutti i suoi amici attorno…

So che non sarà difficile combatterla.

Perché Buffy Summers, quella vera, vive ancora in me.

FINE