Era diverso dal solito.
Strano, e diverso.
E non le piaceva per niente.
Camminare in mezzo al nulla, sentendosi nulla…
Era definitivamente qualcosa di non piacevole.
E non voleva che quella sensazione si ripetesse.
Ancora, e ancora, e ancora.
Non lo voleva… Non voleva niente.
Voleva soltanto che cessasse.
E subito.
Non voleva, sentirsi nulla…
Non voleva, sentire tutto quel nulla…
E all’improvviso il nulla finì.
E fu come se non fosse successo niente.
Fu come se non avesse provato niente.
Era tornata al suo posto, nel luogo che le confaceva, tra le persone che
si prendevano cura di lei.
Ma non era veramente lei.
E tutto era ancora così strano.
E ancora così diverso dal solito…
E ancora, tutto non le piaceva per niente…
*******
Forse parlare con Willow avrebbe chiarito le cose.
Era sempre così brava lei, a risolvere problemi del genere.
“Perché è tutto così strano, Will?”
Willow la fissò, lo sguardo triste.
-Lo so… Tutto è ancora così confuso…-
“Puoi risolvere la situazione? Andiamo, Will, so che puoi farlo…”
Lo sguardo di Willow si rattristò maggiormente.
-Ho provato… Ho provato così tante volte…-
“Qual è il problema? Che cosa c’è di così difficile?…”
Will abbassò il volto, giocando nervosamente con una ciocca di capelli.
-E’ sempre lo stesso il problema… E’ inutile, una… battaglia persa in
partenza-
“Perché ti stai arrendendo, Will? Perché ci stiamo arrendendo tutti?”
Willow chiuse gli occhi per un momento, sospirando.
-Sono stanca… Sono troppo stanca… Vorrei solo che tutto finisse…-
“Anch’io, Will… Anch’io…”
L’orologio segnava le otto.
“Devo andare, ora. Ho lasciato Dawn sola a casa.”
Willow annuì, poi si raddolcì brevemente.
-Non è bello far aspettare…-
Poi lo sguardo le si annebbiò.
-Sarebbe bello potersene andare…-
“Capisco… Ti chiamerò presto…”
Neanche la sua Willow era stata capace di fare qualcosa.
Odiava tutto questo.
Willow appoggiò l’auricolare del suo cellulare sul tavolino.
Una lacrima le bagnò il viso.
Era sempre un dolce conforto parlare con Tara.
Solo, a volte, non era abbastanza…
*******
Ed ora Dawn, davanti a lei.
Doverle spiegare tutto… quello sarebbe stato il problema.
“Dawn?”
La ragazzina aveva ancora il capo abbassato sulle braccia, senza muoversi.
“Dawn, per favore… non essere arrabbiata con me. Sono solo dieci minuti di
ritardo…”
Ancora nessuna risposta.
Il suo sguardo vagava intorno, come cercando qualcosa di inesistente.
“Oh, va bene, se proprio insisti… Continua con i tuoi stupidi giochetti
infantili… Tanto non mi fai sentire in colpa…”
Dawn si alzò dalla sedia, passandole accanto e ignorandola completamente.
“No, stavolta mi ascolterai… Non puoi fare così ogni volta…”
La ragazzina era in soggiorno, seduta sul divano.
Teneva fra le mani una foto di sua madre, sua sorella e sé.
Silenziosamente, cominciò a piangere.
“Lo so che ti manca… La mamma manca anche a me.”
Dawn chiuse gli occhi, inspirando ed espirando profondamente un paio di
volte.
Ricacciando le lacrime che si ostinavano a cadere.
“Immagino tu vorrai stare da sola, ma… è meglio che io rimanga con te… che
tu mi parlassi almeno…”
Dawn riaprì gli occhi, e gettò convulsamente il portafotografie contro la
parete.
Riuscì solo ad esclamare un debole: -Al diavolo!-
“Come preferisci… Tra un po’ esco di ronda… Forse andrò da Xander… Credi
di riuscire a venire? Lo sai che gli farebbe piacere…”
-Al diavolo tutto!-
Dawn si raggomitolò, piangendo più forte.
“Spero che verrai…”
Perché quei monaci le avevano donato la vita?
Perché donarle una vita di sofferenza e solitudine?
Perché allontanarla dalla sua famiglia?
Allontanarla dal suo stesso sangue?…
*******
Lo scantinato di Xander era sempre stato così sporco.
Persino ora, che con lui c’era anche Anya.
Chissà perché poi era tornato a vivere nello scantinato…
“Xan! Xan, dove ti sei cacciato?”
Era tutto vuoto, gli oggetti in disordine, i mobili fuori posto.
Erano andati via probabilmente.
Forse proprio oggi stesso.
Avevano dovuto aver preso l’auto di Xander.
Non l’aveva vista parcheggiata all’esterno.
Sarebbe tornata il giorno dopo, magari, a controllare.
Che fretta aveva?…
La segreteria telefonica si illuminò.
La voce di Willow risuonava forte e chiara.
-Ciao Xander, sono io. Quando ascolterai questo messaggio, richiamami. Non
ho ancora avuto notizie di Giles…- Pausa. –Non che non mi fidi del sistema
sanitario inglese, è solo che… sai, quell’intervento al cuore non è stato
facile. E’ già stato un miracolo che l’abbia superato, quindi… Beh, mi
trovi a casa.-
*******
Chissà perché era andata da lui.
Era scivolata nella sua oscura cripta, silenziosa come mai.
Forse era solo stanca, di tutta quella violenza tra di loro.
Spike stava seduto nella sua poltrona, reggendo una bottiglia.
Brandy, poteva riconoscerne l’odore.
“Che diavolo stai facendo?”
Il vampiro la guardò, forse, non ne era sicura.
L’alcool gli aveva dato sicuramente alla testa.
-Ti sto sognando spesso, lo sai?-
“Posso immaginare i tuoi sogni su di me… su di noi… Non credo di voler
esserne messa a corrente.”
Spike abbassò il capo, portando la bottiglia alle labbra e bevendo un
lungo sorso.
-Sei sempre bellissima…-
“Spike, io…”
Il vampiro distolse lo sguardo, quasi rassegnato.
-So che tutto questo non serve a niente…-
“Forse potrebbe servire a qualcosa. Forse è sempre servito a qualcosa, e
ho voluto semplicemente ignorarlo…”
Spike alzò il volto di nuovo, un dolce sorriso dipinto sulle labbra.
-Non importa tutto il resto… Solo tu importi.-
Gli si avvicinò, sfiorando una guancia pallida con le dita, non toccandolo
veramente.
Si voltò per andarsene.
“Penso che domani avremo qualcosa di cui parlare…”
Si odiava.
Si odiava a morte per quello che si stava facendo.
Poteva essere l’alcool… questo sì, forse.
Ma parlare da solo… era sempre stata una sua prerogativa.
Che negli ultimi tempi si era incrementata ulteriormente.
Avrebbe dovuto smettere, e dimenticare.
Ma a volte sembrava impossibile…
*******
Era tornata al suo posto, nel luogo che le confaceva, tra le persone che
si prendevano cura di lei.
Ma non era veramente lei.
E niente era come prima.
Tutto era diverso.
Qualcosa era stato sommerso dal nulla.
Lei… era stata sommersa dal nulla.
Era stata sommersa dall’ombra.
E avvertiva, nel profondo del suo cuore, che non vi sarebbe mai stata alba
per rischiararla.
-Io non esisto, per te… Come una sagoma senza materia… Per te sono chi non
c’è…-
Fino a che il nulla lavò via indelebilmente ogni traccia di lei, del suo
corpo, delle sue memorie.
Fino a quando non rimase che cenere.
Solo cenere.
-Da cenere siete nati, e in cenere tornerete…-
Cenere che si disperse nell’aria, fino a che non rimase niente.
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