§ La donna in catene §

Scritto da : Franca (dreamhunter72@libero.it e frankab@tin.it)
Spoiler : nessuno
Pairing : Angel e Chains
Rating : Pg13
Timeline : 1997, Los Angeles
Summary : Chains ospita Angel a LA e le cose fra i due si complicano...
Disclaimer : I fatti e i personaggi di Btvs e Ats appartengono a Joss Whedon, David Greenwalt, la WB, la ME, la FOX e quant'altri. Li uso senza il loro permesso, ma non a scopo di lucro.
Chains, Maurice e Sylvain sono di mia creazione.
 

§ CAPITOLO DECIMO - 1997 §
§ IL BUIO DEL GIORNO §


§ Quando c'è Angel, le luci sembrano abbassarsi
sul resto del mondo §
Buffy - "Angel"





§ 1 §

Los Angeles , Stati Uniti

Incredibile. Quando non lo cercavi, Whistler era capace di perseguitarti, come una zanzara, ma se avevi bisogno di lui, si dileguava ed arrivavi a dubitare che fosse mai esistito...

Ospitavo Angel nel mio appartamento ormai da un paio di settimane e la nostra era una convivenza complicata. Non parlava mai, o quasi. La notte rimaneva in casa e onestamente ignoravo come trascorresse il tempo, perchè uscivo al tramonto e rientravo appena prima dell'alba.

Lui sembrava aver deciso di scordare che io ero un vampiro a tutti gli effetti, che quando mi chiudevo la porta alle spalle lo facevo per andare ad uccidere esseri umani. Non mi chiedeva come gli procurassi le sacche di sangue per nutrirsi, non domandava nulla, tranne se avessi notizie di Whistler. In realtà neanche mi guardava. Era isolato in un suo mondo personale, in cui non potevo entrare. Nessuno poteva farlo. A parte la Cacciatrice, ovviamente.

Sapevo, intuivo, che pensava a lei. Continuamente. Per questo gli rimanevo accanto il meno possibile, per questo non lo forzavo alla conversazione.

Troppo difficile. Troppo.

Averlo lì. Sentire il suo odore. La sua pelle, così vicina, dopo tanto tempo...L'impronta del suo corpo sul divano dove dormiva, l'asciugamano che aveva usato dopo la doccia...
Minacciavo di esplodere. I miei muscoli erano talmente tesi da dolermi. Dovevo trovare Whistler. Al più presto.

Ma anche quella notte...niente di fatto. Nessuna traccia di quel dannato demone. Dovunque fosse, speravo ardentemente che venisse colto da una qualche forma di eritema inguaribile e urticante. Per dirne una.

Aprii svogliatamente la porta e udii subito la voce di Angel, impastata, incerta. Si era addormentato a pancia in giù sul mio letto, con indosso solo i pantaloni : il tatuaggio sulla sua schiena - quel tatuaggio che aveva riempito tanti miei sogni febbrili - pareva animato di vita propria, mentre lui si contorceva , tormentato da uno dei suoi soliti incubi.

Immagini sconnesse raggiunsero la mia mente. Il passato, il sangue, il furore. Il viso di Buffy Summers. Ma anche quello di Darla. La sua voce , sottile e stupita , che pronunciava il nome di lui con un paletto nel cuore. Mi avvicinai, togliendomi lo spolverino di jeans e sedetti sul letto.

Maledizione, non volevo toccarlo. Oh, invece lo volevo...Ma non dovevo. Eppure lo toccai.
Per calmarlo e tranquillizzarlo...Lui mi afferrò con la forza e la velocità che erano appartenute ad Angelus e mi rovesciò sulla schiena, schiacciandomi col suo peso. Il volto gli si trasformò. Poi si ridestò del tutto e mi riconobbe. La sua presa si allentò e tornò all'aspetto umano.

"Chains...Scusa...Mi dispiace...". Si sollevò e si spostò di lato, lasciandomi libera. Vidi i suoi occhi posarsi fuggevolmente sui miei capezzoli, che immediatamente induriti, erano più che evidenti, sotto il tessuto leggero della camicetta che indossavo.

"Figurati...Avevi un incubo...". Volevo alzarmi, allontanarmi dal suo fianco e scappare come una lepre braccata, fuori da quell'appartamento improvvisamente troppo piccolo, via da Los Angeles, magari anche dalla California. E invece restai dov'ero. Il mio corpo era pesante, inchiodato alla coperta stropicciata.

Mi serviva qualcosa da dire, qualsiasi cosa, subito. E l'anello che portava alla mano destra mi venne in aiuto, scintillando vagamente nella penombra. "E' un anello claddagh...".

Ecco. Quattro chiacchere innocenti. Non potevano nuocere.

Angel annuì, rimirando il gioiello. " Mi è capitato di trovarlo per caso, da un robivecchi, insieme a Whistler...Mi ha ricordato casa mia".

"Ti deve mancare...L'Irlanda è una terra straordinaria".

"E a te ? ", chiese lui. " A te manca la tua terra ?".

Mi sistemai di sbieco, appoggiandomi su un gomito, per vederlo meglio in faccia. "Non ne sono certa...Non ci penso spesso...In effetti è molto simile all'Irlanda, anche se è più lontana. E' fatta di contrasti, aspra, selvaggia, di fuoco e di ghiaccio, dolce e bellissima...".

"Come te", mormorò Angel.

Ogni parola mi si bloccò in gola. L'aveva detto con estrema semplicità, senza esitazione. Una oscura malìa si impossessò di me. Ai ripari. Bisognava correre ai ripari.

"Già...Come no...", ridacchiai accennando a muovermi, ma lui mi prese un polso. Non strinse. Lo prese e basta. Con una famigliarità sconvolgente.

"Li ricordo tutti, Chains...I bambini, i vecchi, i giovani, le donne...". La sua angoscia penetrava ogni mia cellula e ostinatamente non lo guardavo. Non potevo. "I modi in cui sono morti...Nessuno affronta la morte alla stessa maniera, sai ?
Non c'è una regola per morire...Nessun grido è lo stesso grido...L'ultimo pensiero non è mai uguale...".

Mi feci forza. Mi voltai . I suoi occhi erano così densi di tenebre da trascendere il buio stesso che ci circondava. Volevo dirgli che lo sapevo bene, essere fredda, spietata, fargli notare che io, proprio quella notte, avevo assistito di persona a più di un modo di morire...Eppure riuscii solo ad accarezzargli una guancia. "Angel...Devi calmarti...".

"Li ricordo tutti", ripetè, girando il viso. Le sue labbra sfiorarono il palmo della mia mano. "E ricordo te. Ricordo ogni singolo momento...con te".

Mi immobilizzai. Lui si protese, la sua bocca cercò la mia, se ne appropriò con inusuale violenza, di nuovo fu sopra di me, con altrettanto impeto. Fui assalita da un'improvvisa debolezza : dio del cielo, era da quasi cento anni, da una lunga, intera vita umana, che non accadeva...

Tentai di protestare o più probabilmente mi limitai a credere di farlo... Poi mi arresi. Non pensai più a niente.

Se non a Angel.

Angel.

Angel...


§ 2 §

L'orologio sul comodino segnava l'ora del tramonto, quando mi svegliai. Ero nuda e avviluppata da un groviglio di lenzuola. Scrollai il capo, sbattendo le palpebre. La mia mano si mosse, indagatrice, ma l'altro lato del letto era vuoto. Mi giunse, vago, il rumore dell'acqua, nella doccia.

Indolenzita, mi stiracchiai. Da quell'angolazione, scorgevo i miei indumenti sparsi alla rinfusa sul pavimento. Mi sembravano terribilmente lontani... L'odore di noi due...Era dovunque. Lo aspirai dal cuscino, lo cercai sulla mia pelle.

Una deflagrazione. Ecco cosa aveva significato fare l'amore con Angel . Energia accumulata da una prolungata siccità che si scontrava con un fronte di aria fredda. Violento, lui, istintivo, senza misericordia, più di quanto lo fosse mai stato Angelus. Una caduta nel buio, con soltanto il suo corpo come unico, solido, eccitante appiglio.

Mi era piaciuto. Oh...mi era piaciuto davvero. Adesso avevo il sapore di quella sua disperata oscurità in bocca. Ed era dolorosamente dolce.

L'acqua, in bagno, smise di scorrere e anche il filo dei miei pensieri si spezzò bruscamente. D'un tratto la sonnolenza mi abbandonò e mi sentii molto stupida, lì, a crogiolarmi nel ricordo della passione...mentre il mio amante si era precipitato a togliersela di dosso, a eliminarne ogni traccia... Del resto, che motivo c'era di trattenere il profumo di una donna, quando era ad un'altra che si stava pensando ?

Scattai in piedi, raccogliendo veloce i miei vestiti. Non volevo che mi vedesse spogliata, quando sarebbe uscito dal bagno. Non volevo che credesse che cercavo di provocarlo...
Che mi era preso ? Perchè perdevo tutto il mio raziocinio quando si trattava di lui ?
E dove diavolo era finiti i miei pantaloni ?

Infilai alla svelta le mutandine e la camicia e mi inginocchiai a sbirciare sotto il letto.
Passarono forse trenta secondi, poi Angel si schiarì la voce. "Cerchi questi ?".

La mia testa andò a sbattere contro il letto, producendo un rumore sordo. Seduta per terra, la nuca dolorante, lo guardai di sotto in su, completamente vestito, i capelli ancora umidi, un'espressione indecifrabile.

E mi tendeva i miei jeans. Calmo, tranquillo. Come se avesse l'abitudine di tenerli in mano tutti i giorni.

Li afferrai con uno strattone, rialzandomi. "Grazie...", borbottai.

I suoi occhi scuri mi studiarono il volto, impenetrabili. "Ti sei fatta male ?".

No. Oh, no...No. Ero assuefatta all'indifferenza crudele di Angelus...Ma questa sollecitudine, così umana , così politicamente corretta...No. No. Non era concepibile. Non era accettabile.

"Sopravvivrò ". Una sola, innocua, parola. Ma sputata come veleno, con tutta la cattiveria di cui disponevo.

Lui si accigliò. "Adesso perchè mi stai trattando così, Chains ?". Le sue dita si fermarono esitanti sfiorandomi un braccio.

Lo fissai, sempre più in collera. "Che c'è ? Hai paura di pungerti ?".

In quel preciso istante bussarono alla porta.

Mi affrettai ad aprire. Anche se ero in mutande. E anche se nessuno bussava mai alla mia porta. Qualsiasi cosa era meglio di quella assurda conversazione, se tale la si poteva definire.

Era Maurice. Fresco come una rosa, pronto per essere immortalato in un cartellone pubblicitario o per partecipare ad una sfilata di moda.

"Perchè hai bussato ?", lo apostrofai. "Hai la chiave".

Lui sbarrò gli occhi cerulei in un'espressione di puro candore. "Mah...Non saprei...Tempo fa mi pareva fosse in uso un vago concetto chiamato...educazione ?". Mi scrutò, con aria di rimprovero. "Chains...Quante volte devo ripeterti di non stringere così la mascella ?
Non ti dona assolutamente".

Mi aggirò, intossicandomi con la sua costosa acqua di colonia, e puntò come un ariete verso il mio ospite. "Ecco qua il nostro dolce principe !", esclamò dandogli di gomito. "C'è sempre del marcio in Danimarca ?".

Era stupefacente vederli insieme. Così diversi, l'uno tenebroso come la notte, l'altro chiaro come il giorno, eppure così simili, la stessa statura, la medesima, indiscutibile, bellezza.

"...mhmm...Che sfumatura è ? Fumo di Londra ? ", stava chiedendo Maurice ad un attonito Angel, accostando le maniche dei loro pullover. " Hai mai considerato il turchese ?
Con quegli occhi, quella carnagione...".

"Maurice!", sbraitai e la mia voce suonò fastidiosamente stridula, persino a me.

Lui inarcò un sopracciglio e mi osservò critico, poi si rivolse ad Angel con tono complice. "Curioso...Ritenevo che un giorno intero di gran sesso l'avrebbe resa più malleabile...".

La vista mi si annebbiò per un istante. Angel scelse di pietrificarsi.

"Ehi, adesso non assumete quei faccini da scolaretti colpevoli!!", esclamò Maurice . "Non occorrono particolari doti paranormali per capirlo...Sorvolando sul trascurabile dettaglio che di solito tu, Chains, non te ne vai in giro in biancheria intima, con l'energia che avete sprigionato qui dentro si potrebbe alimentare Los Angeles per almeno una decina di notti...".

Conta fino a dieci, Chains, fino a mille... "Maurice...", sibilai. "Esiste un qualche tipo di emergenza cosmica che giustifichi la tua presenza qui ?".

"Vuoi che me ne vada ?", replicò lui, ammiccando.

Sentii lo stomaco che mi si contraeva. Sì, volevo che si levasse dai piedi...Ma questo avrebbe significato rimanere sola con Angel e ricominciare quel nostro ipocrita, pietoso balletto di mezzi silenzi. "No... No".

Maurice sorrise. "Bene. Anche perchè sarebbe stato un vero peccato andarmene proprio ora, quando con me...". Indicò la porta ancora aperta. "...c'è Whistler!".

Girai su me stessa. Eccolo lì, quel disgraziato, con il suo immancabile, orribile cappello e una ancor più oscena camicia a fiori. Mi fece un inchino ed entrò guardandosi attorno con interesse.

"Waw...Così questa è la tana di Catwoman, eh ?". Fiutò l'aria e agitò una mano, come se si fosse scottato. "Per dindirindina !! La terra ha tremato fra queste mura !". Mi diede una pacca sulla schiena, annuendo soddisfatto. "Bravi !! Quando ci vuole, ci vuole ! E Dio solo sa quanto tu ne avessi bisogno!", esclamò rivolgendosi ad Angel. Gli afferrò un avambraccio e ne tastò il muscolo. "Sì...sei decisamente più rilassato...più tonico...".

"Whistler...dovremmo...", tentò di dire Angel, con un'espressione sospesa a metà tra l'imbarazzato e l'incredulo.

"Parlare ?", lo interruppe il Cantastorie. "Si capisce che dobbiamo parlare !! Dovresti essere a Sunnydale, giusto ?
E invece...sbagliato!! Non ci sei! C'è un motivo ragionevole ? C'è ? ".

Una fitta lancinante mi attraversò la fronte : sulla mia corteccia cerebrale, Whistler aveva sempre l'effetto di un martello pneumatico. "Ehm... perchè non vi accomodate in cucina ?", proposi, stringendomi i jeans al petto. "In frigorifero c'è sicuramente qualcosa di commestibile e...".

"Stupendo!!". Whistler si sfregò le mani. "Penso meglio mentre mangio!". Agguantò un lembo del maglione di Angel e se lo strattonò dietro. Prima di entrare in cucina, però, si voltò a farmi l'occhiolino. "Ah, Chains...Hai le mutandine alla rovescia...".

Maurice allargò le braccia, costernato. "Giuro che non me n'ero accorto".


§ 3 §

Mi resi conto di avere le mani imbrattate di sangue solo quando uscii dall'ascensore. In effetti ne avevo anche sulla maglietta, in grossi, indiscreti schizzi scarlatti e ormai secchi.

Questo era male. Accadeva di rado che mi sporcassi, nutrendomi. E se succedeva, era perchè non prestavo la dovuta attenzione e usavo più brutalità del necessario. Quella notte doveva essere andata così ...Ed io non me ne ricordavo affatto. Non rammentavo le facce delle mie vittime, nè quante fossero state o come le avessi uccise.

Questo era male. Molto, molto male.

Davanti all'uscìo trovai Maurice, seduto per terra a gambe incrociate. Lui notò immediatamente il sangue su di me, ma fece finta di nulla e mi sorrise. Un sorriso vero, non uno di quelli che usava solitamente per prendermi in giro e farmi perdere le staffe.
Amavo quel sorriso, così raro e così prezioso, riservato ai momenti speciali.

"Non se ne sono ancora andati ?".

"Non che io sappia". Si rialzò, spolverandosi i pantaloni di velluto a coste. "Credo che Angel volesse aspettarti...Per ringraziarti dell'ospitalità, immagino".

Ringraziarmi... Avrebbe potuto incartarlo e lasciarlo sullo zerbino, il suo grazie... Esasperata, entrai pronta a sfogare tutta la mia furia e la frustrazione.

Un passo o due e la frustrazione aumentò, mentre la furia si dissolse. Lui era in piedi, le braccia conserte, l'espressione attenta : ascoltava il Cantastorie, che , sdraiato sul divano parlava a raffica, gesticolando come un'ape operaia. Qualcosa era cambiato. Angel sembrava più forte, le sue spalle in qualche modo più ampie... E quando si voltò a guardarmi, ne ebbi la prova : nei suoi occhi vidi determinazione, lucidità, rinnovato vigore.

Complimenti...Con tutto il mio impegno, io riuscivo solo a farlo chiudere in se stesso e a Whistler bastavano un paio d'ore per risvegliare in lui un eroe. Non sapevo se ridere o piangere.

Mi strinsi addosso lo spolverino di jeans, infilando le mani in tasca, per nascondere le macchie di sangue. Il Cantastorie mi fece un cenno. "Ah, eccoli qua, la donna di picche e il jolly...Nessuno meglio di loro può svelarteli!".

"Che cosa ?", domandò Maurice.

"I segreti di Sua Follia Il Padrone...Dopotutto discendete da lui...". Whistler notò la sorpresa di Angel. "Chains non te l'aveva detto ?". Mi lanciò un'occhiata sommaria. "Beh, non mi stupisce...E' come un salvadanaio: non ne cavi fuori neanche una monetina, a meno che tu non la rompa...Comunque sia, il sire di questi due, Sylvain il Collezionista, era stato trasformato dal Padrone".

Maurice sospirò. "Già...Abbiamo il nonno in comune, principino! Non lo trovi tenero ? ".

No, apparentemente Angel non era intenerito. Anzi... mi stava fissando con aperto rimprovero, forse sottile delusione. Ma fu questione di un attimo. Sbattè le palpebre, l'oscurità del suo sguardo ritornò uniforme e irraggiungibile. "Il Padrone si sta preparando a risorgere", ci spiegò , "e l'unica mia certezza è che Buffy e il Consacrato, di cui ignoro l'identità, avranno un ruolo fondamentale negli eventi...".

"E l'Osservatore della bimbetta ?", chiese Whistler. "A che serve ? Non fa ricerche come tutti quelli della sua specie ?".

"Probabilmente starà spulciando i Testi delle tradizioni delle Cacciatrici...", ipotizzò Maurice. "Quelli conosciuti impropriamente anche come Testi dello Sterminio...Incompleti, purtroppo... Uno importante era il Manifesto di Tiberio, per esempio".

"Quello con tutte le risposte è il Codice di Pergamo", intervenni.

Maurice si grattò il mento, perplesso. "Non era andato perso nel 15esimo secolo ?".

"Non perso", precisai. "Riposto in modo errato... Vero, Whistler ?".

Il Cantastorie sussultò. " Uh ? Eh ?...Oooh, che mi venisse un colpo !! ". Mi puntò contro un dito. "Sei geniale, oltre che sexy...! Soltanto tu potevi ricordartelo !!".

Dio, com'ero stanca...Non sopportavo più il sangue secco sulla pelle, la vocetta penetrante di Whistler, l'acqua di colonia di Maurice...E la presenza di Angel. Potente, virile. Mi soffocava, si estendeva per tutto l'appartamento.

"Torna a Sunnydale", proposi risoluta, avviandomi verso il bagno ed evitando fermamente di guardarlo. "Scopri cosa sa e cosa non sa l'Osservatore di Buffy. E se sarà il caso, facci un fischio. Ti procureremo immediatamente il Codice. Andrà a prendertelo il Cantastorie".

Whistler annuì, poi divenne pallido. "Ehi...un momento...Chi dice che tocca a me ?".

Un fucile...Perchè non avevo un fucile ? "Sei tu il demone custode di Angel, non io...".

"Su questo punto si potrebbe aprire un interessante dibattito...", si intromise Maurice.

Decisi di non replicare e chiusi a chiave la porta del bagno.


§ 4 §

Mi attardai sotto la doccia, immobile, la schiena contro la parete piastrellata, la testa china, i capelli pesanti di acqua a ricoprirmi occhi e volto. Nessun sollievo, ma almeno un pò di solitudine. Avrei voluto nascondermi in bagno per sempre...

Quando tirai la tenda plastificata, quasi rischiai di scivolare. Avevo chiuso la porta a doppia mandata, eppure Angel era lì, nella stessa posizione della sera prima, solo che invece dei jeans, mi stava porgendo un asciugamano.

Ammutolii. Lui mi rimirò, da capo a piedi, con irritante mancanza di imbarazzo, poi, dato che, ancora aggrappata alla tenda, non accennavo a muovermi, si avvicinò e cominciò a strofinarmi i capelli.

"Ti ostinavi a non uscire di qui ed Whistler ed io non potevamo più aspettare", mi informò, impegnato a districare i nodi della mia chioma. "Se non partiamo subito, sorgerà il sole".

Oh, per l'Inferno... Quella era stata un'abitudine di Angelus...Spesso, dopo aver fatto il bagno insieme, si perdeva a pettinarmi i capelli fino a che non erano asciutti...Ed ora la scena era pericolosamente simile, con il petto di lui a pochi centimetri dal mio viso e le sue grandi mani a trasmettermi brividi lungo ogni vena e ogni arteria...

Lo spinsi via, strappandogli l'asciugamano e cercando di coprirmi alla bell'e meglio. "Non farlo...", lo supplicai, allontanandomi. "Non lo fare...".

"Cos'è che non dovrei fare ?", mi chiese, impedendomi di spostarmi.

Gli cercai gli occhi. "Non sforzarti di essere gentile. Non con me".

Sembrò... stupito ? Confuso ?
"Chains...", iniziò a dire, avanzando.

Indietreggiai. Uno che incalzava, l'altro che fuggiva. Una danza in cui eravamo esperti.

"Quello che è accaduto...", mormorai. "Whister ha ragione. Ne avevamo bisogno entrambi. E ci ha fatto bene. Ma non diamogli più importanza del dovuto, ok ?".

Mi annodai l'asciugamano sopra il seno e, afferrata la spazzola, cominciai a torturarmi rabbiosamente i capelli, sperando che le fitte di dolore cancellassero la sensazione fin troppo dolce del suo tocco. "Pensavamo ad altro. Tu...a Buffy Summers. E io...". Mi voltai verso di lui. Si era appoggiato al lavandino, le braccia intorno al torace, il capo leggermente inclinato, lo sguardo fisso su di me.

Ok, Chains, pensai, colpisci. Se non colpisci ora, non ne avrai più l'occasione. "E io...", continuai. "...pensavo a lui . A...te, com'eri prima. Pensavo ad Angelus. L'avevi capito,no?".

Attesi che reagisse, che si arrabbiasse, magari che ridesse... Invece sospirò, pensieroso. Intendeva parlarmi, era chiaro. Dirmi qualcosa d'importante. E sarebbe stato un discorso lungo. "Chains...".

No. Per favore, no...Gli misi una mano sulla bocca. " Vai a Sunnydale. Vai da lei. Io resterò qui, a tendere agguati agli innocenti cittadini di Los Angeles, ad affondare i denti nei loro colli...". Ritirai la mano, sfiorando le sue labbra con le dita. "E' questo che sono, Angel, lo sai bene. E un giorno girerò un angolo e tu sarai lì, per eliminarmi come tutti gli altri miei simili".

Mi riempii gli occhi con l'abisso dei suoi, per essere certa di conservarne l'ottenebrante profondità nella memoria. "Te lo permetterò o mi difenderò, ma in ogni caso uno di noi due finirà polvere sui vestiti dell'altro ".

Gli girai le spalle. "Vattene, adesso. Sparisci dalla mia vista ".

Lo sentii muoversi e prendere con delicatezza una ciocca dei miei capelli. "Non lo fare. Non serve", bisbigliò, vicinissimo.

"Cosa ?". Un'altra, unica, sillaba e sarei crollata in tanti, infinitesimali pezzetti.

"Non sforzarti di essere feroce. Non con me", rispose, poi lasciò ricadere i miei capelli e se ne andò.

Quanto tempo passò, dopo ?

Minuti. Ore. Anni. Il vuoto, il silenzio, lo smarrimento...Non erano quantificabili. Vacillai. Strinsi con tale forza il portasapone da frantumarlo.

Sangue, di nuovo sangue, e schegge di porcellana dovunque...

Possibile ?

Possibile che Darla non si fosse sbagliata ? Quello che avevo scambiato per insana passione era forse sempre stato amore ?

Sangue, schegge...

E' questo l'amore ?