§ CAPITOLO DECIMO - 1997 §
§ IL BUIO DEL GIORNO §
§ Quando c'è Angel, le luci sembrano abbassarsi
sul resto del mondo §
Buffy - "Angel"
§ 1 §
Los Angeles , Stati Uniti
Incredibile. Quando non lo cercavi, Whistler era capace di
perseguitarti, come una zanzara, ma se avevi bisogno di lui, si
dileguava ed arrivavi a dubitare che fosse mai esistito...
Ospitavo Angel nel mio appartamento ormai da un paio di settimane e
la nostra era una convivenza complicata. Non parlava mai, o quasi.
La notte rimaneva in casa e onestamente ignoravo come trascorresse
il tempo, perchè uscivo al tramonto e rientravo appena prima
dell'alba.
Lui sembrava aver deciso di scordare che io ero un vampiro a tutti
gli effetti, che quando mi chiudevo la porta alle spalle lo facevo
per andare ad uccidere esseri umani. Non mi chiedeva come gli
procurassi le sacche di sangue per nutrirsi, non domandava nulla,
tranne se avessi notizie di Whistler. In realtà neanche mi guardava.
Era isolato in un suo mondo personale, in cui non potevo entrare.
Nessuno poteva farlo. A parte la Cacciatrice, ovviamente.
Sapevo, intuivo, che pensava a lei. Continuamente. Per questo gli
rimanevo accanto il meno possibile, per questo non lo forzavo alla
conversazione.
Troppo difficile. Troppo.
Averlo lì. Sentire il suo odore. La sua pelle, così vicina, dopo
tanto tempo...L'impronta del suo corpo sul divano dove dormiva,
l'asciugamano che aveva usato dopo la doccia...
Minacciavo di esplodere. I miei muscoli erano talmente tesi da
dolermi. Dovevo trovare Whistler. Al più presto.
Ma anche quella notte...niente di fatto. Nessuna traccia di quel
dannato demone. Dovunque fosse, speravo ardentemente che venisse
colto da una qualche forma di eritema inguaribile e urticante. Per
dirne una.
Aprii svogliatamente la porta e udii subito la voce di Angel,
impastata, incerta. Si era addormentato a pancia in giù sul mio
letto, con indosso solo i pantaloni : il tatuaggio sulla sua schiena
- quel tatuaggio che aveva riempito tanti miei sogni febbrili -
pareva animato di vita propria, mentre lui si contorceva ,
tormentato da uno dei suoi soliti incubi.
Immagini sconnesse raggiunsero la mia mente. Il passato, il sangue,
il furore. Il viso di Buffy Summers. Ma anche quello di Darla. La
sua voce , sottile e stupita , che pronunciava il nome di lui con un
paletto nel cuore. Mi avvicinai, togliendomi lo spolverino di jeans
e sedetti sul letto.
Maledizione, non volevo toccarlo. Oh, invece lo volevo...Ma non
dovevo. Eppure lo toccai.
Per calmarlo e tranquillizzarlo...Lui mi afferrò con la forza e la
velocità che erano appartenute ad Angelus e mi rovesciò sulla
schiena, schiacciandomi col suo peso. Il volto gli si trasformò. Poi
si ridestò del tutto e mi riconobbe. La sua presa si allentò e tornò
all'aspetto umano.
"Chains...Scusa...Mi dispiace...". Si sollevò e si spostò di lato,
lasciandomi libera. Vidi i suoi occhi posarsi fuggevolmente sui miei
capezzoli, che immediatamente induriti, erano più che evidenti,
sotto il tessuto leggero della camicetta che indossavo.
"Figurati...Avevi un incubo...". Volevo alzarmi, allontanarmi dal
suo fianco e scappare come una lepre braccata, fuori da quell'appartamento
improvvisamente troppo piccolo, via da Los Angeles, magari anche
dalla California. E invece restai dov'ero. Il mio corpo era pesante,
inchiodato alla coperta stropicciata.
Mi serviva qualcosa da dire, qualsiasi cosa, subito. E l'anello che
portava alla mano destra mi venne in aiuto, scintillando vagamente
nella penombra. "E' un anello claddagh...".
Ecco. Quattro chiacchere innocenti. Non potevano nuocere.
Angel annuì, rimirando il gioiello. " Mi è capitato di trovarlo per
caso, da un robivecchi, insieme a Whistler...Mi ha ricordato casa
mia".
"Ti deve mancare...L'Irlanda è una terra straordinaria".
"E a te ? ", chiese lui. " A te manca la tua terra ?".
Mi sistemai di sbieco, appoggiandomi su un gomito, per vederlo
meglio in faccia. "Non ne sono certa...Non ci penso spesso...In
effetti è molto simile all'Irlanda, anche se è più lontana. E' fatta
di contrasti, aspra, selvaggia, di fuoco e di ghiaccio, dolce e
bellissima...".
"Come te", mormorò Angel.
Ogni parola mi si bloccò in gola. L'aveva detto con estrema
semplicità, senza esitazione. Una oscura malìa si impossessò di me.
Ai ripari. Bisognava correre ai ripari.
"Già...Come no...", ridacchiai accennando a muovermi, ma lui mi
prese un polso. Non strinse. Lo prese e basta. Con una famigliarità
sconvolgente.
"Li ricordo tutti, Chains...I bambini, i vecchi, i giovani, le
donne...". La sua angoscia penetrava ogni mia cellula e
ostinatamente non lo guardavo. Non potevo. "I modi in cui sono
morti...Nessuno affronta la morte alla stessa maniera, sai ?
Non c'è una regola per morire...Nessun grido è lo stesso grido...L'ultimo
pensiero non è mai uguale...".
Mi feci forza. Mi voltai . I suoi occhi erano così densi di tenebre
da trascendere il buio stesso che ci circondava. Volevo dirgli che
lo sapevo bene, essere fredda, spietata, fargli notare che io,
proprio quella notte, avevo assistito di persona a più di un modo di
morire...Eppure riuscii solo ad accarezzargli una guancia. "Angel...Devi
calmarti...".
"Li ricordo tutti", ripetè, girando il viso. Le sue labbra
sfiorarono il palmo della mia mano. "E ricordo te. Ricordo ogni
singolo momento...con te".
Mi immobilizzai. Lui si protese, la sua bocca cercò la mia, se ne
appropriò con inusuale violenza, di nuovo fu sopra di me, con
altrettanto impeto. Fui assalita da un'improvvisa debolezza : dio
del cielo, era da quasi cento anni, da una lunga, intera vita umana,
che non accadeva...
Tentai di protestare o più probabilmente mi limitai a credere di
farlo... Poi mi arresi. Non pensai più a niente.
Se non a Angel.
Angel.
Angel...
§ 2 §
L'orologio sul comodino segnava l'ora del tramonto, quando mi
svegliai. Ero nuda e avviluppata da un groviglio di lenzuola.
Scrollai il capo, sbattendo le palpebre. La mia mano si mosse,
indagatrice, ma l'altro lato del letto era vuoto. Mi giunse, vago,
il rumore dell'acqua, nella doccia.
Indolenzita, mi stiracchiai. Da quell'angolazione, scorgevo i miei
indumenti sparsi alla rinfusa sul pavimento. Mi sembravano
terribilmente lontani... L'odore di noi due...Era dovunque. Lo
aspirai dal cuscino, lo cercai sulla mia pelle.
Una deflagrazione. Ecco cosa aveva significato fare l'amore con
Angel . Energia accumulata da una prolungata siccità che si
scontrava con un fronte di aria fredda. Violento, lui, istintivo,
senza misericordia, più di quanto lo fosse mai stato Angelus. Una
caduta nel buio, con soltanto il suo corpo come unico, solido,
eccitante appiglio.
Mi era piaciuto. Oh...mi era piaciuto davvero. Adesso avevo il
sapore di quella sua disperata oscurità in bocca. Ed era
dolorosamente dolce.
L'acqua, in bagno, smise di scorrere e anche il filo dei miei
pensieri si spezzò bruscamente. D'un tratto la sonnolenza mi
abbandonò e mi sentii molto stupida, lì, a crogiolarmi nel ricordo
della passione...mentre il mio amante si era precipitato a
togliersela di dosso, a eliminarne ogni traccia... Del resto, che
motivo c'era di trattenere il profumo di una donna, quando era ad
un'altra che si stava pensando ?
Scattai in piedi, raccogliendo veloce i miei vestiti. Non volevo che
mi vedesse spogliata, quando sarebbe uscito dal bagno. Non volevo
che credesse che cercavo di provocarlo...
Che mi era preso ? Perchè perdevo tutto il mio raziocinio quando si
trattava di lui ?
E dove diavolo era finiti i miei pantaloni ?
Infilai alla svelta le mutandine e la camicia e mi inginocchiai a
sbirciare sotto il letto.
Passarono forse trenta secondi, poi Angel si schiarì la voce.
"Cerchi questi ?".
La mia testa andò a sbattere contro il letto, producendo un rumore
sordo. Seduta per terra, la nuca dolorante, lo guardai di sotto in
su, completamente vestito, i capelli ancora umidi, un'espressione
indecifrabile.
E mi tendeva i miei jeans. Calmo, tranquillo. Come se avesse
l'abitudine di tenerli in mano tutti i giorni.
Li afferrai con uno strattone, rialzandomi. "Grazie...", borbottai.
I suoi occhi scuri mi studiarono il volto, impenetrabili. "Ti sei
fatta male ?".
No. Oh, no...No. Ero assuefatta all'indifferenza crudele di
Angelus...Ma questa sollecitudine, così umana , così politicamente
corretta...No. No. Non era concepibile. Non era accettabile.
"Sopravvivrò ". Una sola, innocua, parola. Ma sputata come veleno,
con tutta la cattiveria di cui disponevo.
Lui si accigliò. "Adesso perchè mi stai trattando così, Chains ?".
Le sue dita si fermarono esitanti sfiorandomi un braccio.
Lo fissai, sempre più in collera. "Che c'è ? Hai paura di pungerti
?".
In quel preciso istante bussarono alla porta.
Mi affrettai ad aprire. Anche se ero in mutande. E anche se nessuno
bussava mai alla mia porta. Qualsiasi cosa era meglio di quella
assurda conversazione, se tale la si poteva definire.
Era Maurice. Fresco come una rosa, pronto per essere immortalato in
un cartellone pubblicitario o per partecipare ad una sfilata di
moda.
"Perchè hai bussato ?", lo apostrofai. "Hai la chiave".
Lui sbarrò gli occhi cerulei in un'espressione di puro candore.
"Mah...Non saprei...Tempo fa mi pareva fosse in uso un vago concetto
chiamato...educazione ?". Mi scrutò, con aria di rimprovero. "Chains...Quante
volte devo ripeterti di non stringere così la mascella ?
Non ti dona assolutamente".
Mi aggirò, intossicandomi con la sua costosa acqua di colonia, e
puntò come un ariete verso il mio ospite. "Ecco qua il nostro dolce
principe !", esclamò dandogli di gomito. "C'è sempre del marcio in
Danimarca ?".
Era stupefacente vederli insieme. Così diversi, l'uno tenebroso come
la notte, l'altro chiaro come il giorno, eppure così simili, la
stessa statura, la medesima, indiscutibile, bellezza.
"...mhmm...Che sfumatura è ? Fumo di Londra ? ", stava chiedendo
Maurice ad un attonito Angel, accostando le maniche dei loro
pullover. " Hai mai considerato il turchese ?
Con quegli occhi, quella carnagione...".
"Maurice!", sbraitai e la mia voce suonò fastidiosamente stridula,
persino a me.
Lui inarcò un sopracciglio e mi osservò critico, poi si rivolse ad
Angel con tono complice. "Curioso...Ritenevo che un giorno intero di
gran sesso l'avrebbe resa più malleabile...".
La vista mi si annebbiò per un istante. Angel scelse di
pietrificarsi.
"Ehi, adesso non assumete quei faccini da scolaretti colpevoli!!",
esclamò Maurice . "Non occorrono particolari doti paranormali per
capirlo...Sorvolando sul trascurabile dettaglio che di solito tu,
Chains, non te ne vai in giro in biancheria intima, con l'energia
che avete sprigionato qui dentro si potrebbe alimentare Los Angeles
per almeno una decina di notti...".
Conta fino a dieci, Chains, fino a mille... "Maurice...", sibilai.
"Esiste un qualche tipo di emergenza cosmica che giustifichi la tua
presenza qui ?".
"Vuoi che me ne vada ?", replicò lui, ammiccando.
Sentii lo stomaco che mi si contraeva. Sì, volevo che si levasse dai
piedi...Ma questo avrebbe significato rimanere sola con Angel e
ricominciare quel nostro ipocrita, pietoso balletto di mezzi
silenzi. "No... No".
Maurice sorrise. "Bene. Anche perchè sarebbe stato un vero peccato
andarmene proprio ora, quando con me...". Indicò la porta ancora
aperta. "...c'è Whistler!".
Girai su me stessa. Eccolo lì, quel disgraziato, con il suo
immancabile, orribile cappello e una ancor più oscena camicia a
fiori. Mi fece un inchino ed entrò guardandosi attorno con
interesse.
"Waw...Così questa è la tana di Catwoman, eh ?". Fiutò l'aria e
agitò una mano, come se si fosse scottato. "Per dindirindina !! La
terra ha tremato fra queste mura !". Mi diede una pacca sulla
schiena, annuendo soddisfatto. "Bravi !! Quando ci vuole, ci vuole !
E Dio solo sa quanto tu ne avessi bisogno!", esclamò rivolgendosi ad
Angel. Gli afferrò un avambraccio e ne tastò il muscolo. "Sì...sei
decisamente più rilassato...più tonico...".
"Whistler...dovremmo...", tentò di dire Angel, con un'espressione
sospesa a metà tra l'imbarazzato e l'incredulo.
"Parlare ?", lo interruppe il Cantastorie. "Si capisce che dobbiamo
parlare !! Dovresti essere a Sunnydale, giusto ?
E invece...sbagliato!! Non ci sei! C'è un motivo ragionevole ? C'è ?
".
Una fitta lancinante mi attraversò la fronte : sulla mia corteccia
cerebrale, Whistler aveva sempre l'effetto di un martello
pneumatico. "Ehm... perchè non vi accomodate in cucina ?", proposi,
stringendomi i jeans al petto. "In frigorifero c'è sicuramente
qualcosa di commestibile e...".
"Stupendo!!". Whistler si sfregò le mani. "Penso meglio mentre
mangio!". Agguantò un lembo del maglione di Angel e se lo strattonò
dietro. Prima di entrare in cucina, però, si voltò a farmi
l'occhiolino. "Ah, Chains...Hai le mutandine alla rovescia...".
Maurice allargò le braccia, costernato. "Giuro che non me n'ero
accorto".
§ 3 §
Mi resi conto di avere le mani imbrattate di sangue solo quando
uscii dall'ascensore. In effetti ne avevo anche sulla maglietta, in
grossi, indiscreti schizzi scarlatti e ormai secchi.
Questo era male. Accadeva di rado che mi sporcassi, nutrendomi. E se
succedeva, era perchè non prestavo la dovuta attenzione e usavo più
brutalità del necessario. Quella notte doveva essere andata così
...Ed io non me ne ricordavo affatto. Non rammentavo le facce delle
mie vittime, nè quante fossero state o come le avessi uccise.
Questo era male. Molto, molto male.
Davanti all'uscìo trovai Maurice, seduto per terra a gambe
incrociate. Lui notò immediatamente il sangue su di me, ma fece
finta di nulla e mi sorrise. Un sorriso vero, non uno di quelli che
usava solitamente per prendermi in giro e farmi perdere le staffe.
Amavo quel sorriso, così raro e così prezioso, riservato ai momenti
speciali.
"Non se ne sono ancora andati ?".
"Non che io sappia". Si rialzò, spolverandosi i pantaloni di velluto
a coste. "Credo che Angel volesse aspettarti...Per ringraziarti
dell'ospitalità, immagino".
Ringraziarmi... Avrebbe potuto incartarlo e lasciarlo sullo zerbino,
il suo grazie... Esasperata, entrai pronta a sfogare tutta la mia
furia e la frustrazione.
Un passo o due e la frustrazione aumentò, mentre la furia si
dissolse. Lui era in piedi, le braccia conserte, l'espressione
attenta : ascoltava il Cantastorie, che , sdraiato sul divano
parlava a raffica, gesticolando come un'ape operaia. Qualcosa era
cambiato. Angel sembrava più forte, le sue spalle in qualche modo
più ampie... E quando si voltò a guardarmi, ne ebbi la prova : nei
suoi occhi vidi determinazione, lucidità, rinnovato vigore.
Complimenti...Con tutto il mio impegno, io riuscivo solo a farlo
chiudere in se stesso e a Whistler bastavano un paio d'ore per
risvegliare in lui un eroe. Non sapevo se ridere o piangere.
Mi strinsi addosso lo spolverino di jeans, infilando le mani in
tasca, per nascondere le macchie di sangue. Il Cantastorie mi fece
un cenno. "Ah, eccoli qua, la donna di picche e il jolly...Nessuno
meglio di loro può svelarteli!".
"Che cosa ?", domandò Maurice.
"I segreti di Sua Follia Il Padrone...Dopotutto discendete da
lui...". Whistler notò la sorpresa di Angel. "Chains non te l'aveva
detto ?". Mi lanciò un'occhiata sommaria. "Beh, non mi stupisce...E'
come un salvadanaio: non ne cavi fuori neanche una monetina, a meno
che tu non la rompa...Comunque sia, il sire di questi due, Sylvain
il Collezionista, era stato trasformato dal Padrone".
Maurice sospirò. "Già...Abbiamo il nonno in comune, principino! Non
lo trovi tenero ? ".
No, apparentemente Angel non era intenerito. Anzi... mi stava
fissando con aperto rimprovero, forse sottile delusione. Ma fu
questione di un attimo. Sbattè le palpebre, l'oscurità del suo
sguardo ritornò uniforme e irraggiungibile. "Il Padrone si sta
preparando a risorgere", ci spiegò , "e l'unica mia certezza è che
Buffy e il Consacrato, di cui ignoro l'identità, avranno un ruolo
fondamentale negli eventi...".
"E l'Osservatore della bimbetta ?", chiese Whistler. "A che serve ?
Non fa ricerche come tutti quelli della sua specie ?".
"Probabilmente starà spulciando i Testi delle tradizioni delle
Cacciatrici...", ipotizzò Maurice. "Quelli conosciuti impropriamente
anche come Testi dello Sterminio...Incompleti, purtroppo... Uno
importante era il Manifesto di Tiberio, per esempio".
"Quello con tutte le risposte è il Codice di Pergamo", intervenni.
Maurice si grattò il mento, perplesso. "Non era andato perso nel
15esimo secolo ?".
"Non perso", precisai. "Riposto in modo errato... Vero, Whistler ?".
Il Cantastorie sussultò. " Uh ? Eh ?...Oooh, che mi venisse un colpo
!! ". Mi puntò contro un dito. "Sei geniale, oltre che sexy...!
Soltanto tu potevi ricordartelo !!".
Dio, com'ero stanca...Non sopportavo più il sangue secco sulla
pelle, la vocetta penetrante di Whistler, l'acqua di colonia di
Maurice...E la presenza di Angel. Potente, virile. Mi soffocava, si
estendeva per tutto l'appartamento.
"Torna a Sunnydale", proposi risoluta, avviandomi verso il bagno ed
evitando fermamente di guardarlo. "Scopri cosa sa e cosa non sa
l'Osservatore di Buffy. E se sarà il caso, facci un fischio. Ti
procureremo immediatamente il Codice. Andrà a prendertelo il
Cantastorie".
Whistler annuì, poi divenne pallido. "Ehi...un momento...Chi dice
che tocca a me ?".
Un fucile...Perchè non avevo un fucile ? "Sei tu il demone custode
di Angel, non io...".
"Su questo punto si potrebbe aprire un interessante dibattito...",
si intromise Maurice.
Decisi di non replicare e chiusi a chiave la porta del bagno.
§ 4 §
Mi attardai sotto la doccia, immobile, la schiena contro la parete
piastrellata, la testa china, i capelli pesanti di acqua a
ricoprirmi occhi e volto. Nessun sollievo, ma almeno un pò di
solitudine. Avrei voluto nascondermi in bagno per sempre...
Quando tirai la tenda plastificata, quasi rischiai di scivolare.
Avevo chiuso la porta a doppia mandata, eppure Angel era lì, nella
stessa posizione della sera prima, solo che invece dei jeans, mi
stava porgendo un asciugamano.
Ammutolii. Lui mi rimirò, da capo a piedi, con irritante mancanza di
imbarazzo, poi, dato che, ancora aggrappata alla tenda, non
accennavo a muovermi, si avvicinò e cominciò a strofinarmi i
capelli.
"Ti ostinavi a non uscire di qui ed Whistler ed io non potevamo più
aspettare", mi informò, impegnato a districare i nodi della mia
chioma. "Se non partiamo subito, sorgerà il sole".
Oh, per l'Inferno... Quella era stata un'abitudine di Angelus...Spesso,
dopo aver fatto il bagno insieme, si perdeva a pettinarmi i capelli
fino a che non erano asciutti...Ed ora la scena era pericolosamente
simile, con il petto di lui a pochi centimetri dal mio viso e le sue
grandi mani a trasmettermi brividi lungo ogni vena e ogni arteria...
Lo spinsi via, strappandogli l'asciugamano e cercando di coprirmi
alla bell'e meglio. "Non farlo...", lo supplicai, allontanandomi.
"Non lo fare...".
"Cos'è che non dovrei fare ?", mi chiese, impedendomi di spostarmi.
Gli cercai gli occhi. "Non sforzarti di essere gentile. Non con me".
Sembrò... stupito ? Confuso ?
"Chains...", iniziò a dire, avanzando.
Indietreggiai. Uno che incalzava, l'altro che fuggiva. Una danza in
cui eravamo esperti.
"Quello che è accaduto...", mormorai. "Whister ha ragione. Ne
avevamo bisogno entrambi. E ci ha fatto bene. Ma non diamogli più
importanza del dovuto, ok ?".
Mi annodai l'asciugamano sopra il seno e, afferrata la spazzola,
cominciai a torturarmi rabbiosamente i capelli, sperando che le
fitte di dolore cancellassero la sensazione fin troppo dolce del suo
tocco. "Pensavamo ad altro. Tu...a Buffy Summers. E io...". Mi
voltai verso di lui. Si era appoggiato al lavandino, le braccia
intorno al torace, il capo leggermente inclinato, lo sguardo fisso
su di me.
Ok, Chains, pensai, colpisci. Se non colpisci ora, non ne avrai più
l'occasione. "E io...", continuai. "...pensavo a lui . A...te,
com'eri prima. Pensavo ad Angelus. L'avevi capito,no?".
Attesi che reagisse, che si arrabbiasse, magari che ridesse...
Invece sospirò, pensieroso. Intendeva parlarmi, era chiaro. Dirmi
qualcosa d'importante. E sarebbe stato un discorso lungo. "Chains...".
No. Per favore, no...Gli misi una mano sulla bocca. " Vai a
Sunnydale. Vai da lei. Io resterò qui, a tendere agguati agli
innocenti cittadini di Los Angeles, ad affondare i denti nei loro
colli...". Ritirai la mano, sfiorando le sue labbra con le dita. "E'
questo che sono, Angel, lo sai bene. E un giorno girerò un angolo e
tu sarai lì, per eliminarmi come tutti gli altri miei simili".
Mi riempii gli occhi con l'abisso dei suoi, per essere certa di
conservarne l'ottenebrante profondità nella memoria. "Te lo
permetterò o mi difenderò, ma in ogni caso uno di noi due finirà
polvere sui vestiti dell'altro ".
Gli girai le spalle. "Vattene, adesso. Sparisci dalla mia vista ".
Lo sentii muoversi e prendere con delicatezza una ciocca dei miei
capelli. "Non lo fare. Non serve", bisbigliò, vicinissimo.
"Cosa ?". Un'altra, unica, sillaba e sarei crollata in tanti,
infinitesimali pezzetti.
"Non sforzarti di essere feroce. Non con me", rispose, poi lasciò
ricadere i miei capelli e se ne andò.
Quanto tempo passò, dopo ?
Minuti. Ore. Anni. Il vuoto, il silenzio, lo smarrimento...Non erano
quantificabili. Vacillai. Strinsi con tale forza il portasapone da
frantumarlo.
Sangue, di nuovo sangue, e schegge di porcellana dovunque...
Possibile ?
Possibile che Darla non si fosse sbagliata ? Quello che avevo
scambiato per insana passione era forse sempre stato amore ?
Sangue, schegge...
E' questo l'amore ?
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