§ CAPITOLO SECONDO - 1765 §
§ CACCIATORI §
§ La passione ci domina tutti. E noi le obbediamo.
Quale altra scelta ci resta? §
Angelus - Passion
§ 1 §
Territori del Camargue, Francia
Il fuoco divampava nella notte, innervosendo i nostri cavalli.
Bisognava far presto.
"E' là dentro ?", mi chiese Hugo.
Annuii. Sì, lui era intrappolato fra le fiamme. Era furioso,
deciso. E aveva paura.
Nessuna traccia di Darla, ma non mi sorprendeva. Potevo
scommettere che aveva tagliato la corda con la scusa che era
inaccettabile per lei morire in quel modo...
"Tiratelo fuori. Ci penso io a coprirvi le spalle", ordinai. "Ah,
Hugo...Potrebbe non collaborare. Fategli pure del male, se serve. Ma
salvatelo".
Non attesi oltre e, mentre i cinque vampiri s'inoltravano nelle
tenebre per aggirare la stalla incendiata, mi lanciai al galoppo
verso il gruppo di uomini armati e agguerriti che circondava il
rogo. Prima che mi notassero, ne avevo già uccisi tre con la
balestra, poi sguainai la spada e tagliai ogni testa a portata di
lama.
I sopravvissuti iniziarono ad indietreggiare. Dovevo sembrare
loro spaventosa, in groppa al possente cavallo bianco del Camargue,
il mantello nero, i capelli rossi e sciolti, la spada insanguinata...E'
un mio piccolo difetto : tendo a diventare teatrale quando libero il
mio demone.
Solo un uomo continuò ad avanzare, la balestra puntata su di me.
Era basso di statura, elegante, con un volto gradevole e occhi
intensi. Daniel Holtz, il celebre cacciatore di vampiri.
"Chains!", urlò. "Che tu sia maledetta! Credevo avessi lasciato
l'Europa !".
Roteai la spada verso di lui. "Adoro tornare sul luogo del
delitto ".
"Non immischiarti", insistette. "Ormai Angelus è mio. Poi
toccherà a Darla ". Tese di più la balestra. " Ma ora è te che
prenderò, Chains".
Esitò un frazione di secondo ed io lo afferrai per la gola,
sollevandolo di peso fino alla mia altezza. "Permettimi di
dubitarne, Daniel. Sento il tuo fiato sulla faccia, in questo
momento, ma non mi pare proprio che tu mi abbia presa ".
Continuando a reggerlo a mezz'aria, mi voltai a guardare
minacciosa i suoi uomini. "Siate ragionevoli, signori. Se ve ne
andate, ritroverete il vostro capo vivo e tutto intero. Se vi
ostinate a rimanere...gli sbriciolo il collo. A voi la scelta".
Il resto lo bisbigliai perchè soltanto Holtz potesse udirlo. "In
ogni caso, Angelus non è più là dentro. Adesso è mio".
Vidi un'ombra attraversare il suo sguardo, qualcosa di simile ad
una resa disperata. Smise di dibattersi, lasciò ricadere le braccia.
E i suoi uomini compresero.
Aspettai che si fossero allontanati alla spicciolata, poi liberai
Holtz. Lui strisciò fino alle radici di un albero. Dovevo aver
stretto troppo perchè faticava a respirare. Ed era davvero cambiato
dal nostro ultimo incontro, diversi anni prima : ora il dolore ,
come un cancro famelico, divorava in lui ogni altra emozione.
"Il fetore delle cripte...", mormorò ansando, "...la terra di
cimitero che rimane sotto le unghie...E quel rumore...Sì, il rumore
come di una spugna intrisa di sangue, che producete quando il
paletto affonda nei vostri cuori marcescenti...". Tossì
ripetutamente. " Proliferate come spore...E Angelus e Darla, tra
voi, sono la peggiore delle oscenità...".
"Fanne a meno", lo interruppi. "Non ne hai alcun diritto".
Trasalì. "Di che parli ? Che diritto ?".
"Il diritto di atteggiarti a vittima, di pretendere comprensione.
L'hai perso quando hai scelto consapevolmente di essere l'eroe, il
cacciatore e metterti sulle tracce di quelli come noi". Scesi dal
cavallo e camminai fino a lui. "Una scelta ammirevole, te ne do
atto. E' positivo che ci siano umani pronti a consacrare la loro
esistenza per eliminarci : mantiene l'equilibrio delle forze. Ma
comporta pro e contro. Soprattutto contro."
Mi chinai, fissando i miei occhi di demone nei suoi. "Purtroppo
non è quasi mai l'eroe a morire per primo, Daniel. In genere tocca a
coloro che ama. So che ti sembro crudele, ma la crudeltà è nella mia
natura e non intendo usarti alcuna gentilezza, perchè sei stato tu,
Daniel , a mettere tua moglie e i tuoi figli sotto le zanne di
Angelus e Darla.
Hai preferito la famiglia alla solitudine del cacciatore e la tua
famiglia ha pagato per questo tuo egoismo. Cerca pure la vendetta,
dunque, ma chiamala con il suo nome, e non spacciarla per una sacra
missione".
Mi rialzai e tornai al mio cavallo. Accanto a noi, il fuoco stava
finendo di consumare la stalla. "E non sognarti di inseguirmi.
Conosco le paludi del Camargue meglio di te e ci nasconderò Angelus
così bene che non lo troverai nemmeno in cent'anni".
Holtz tentò di sollevarsi, ma un ennesimo attacco di tosse lo
inchiodò a terra. O forse fu l'odio feroce che provava, troppo per
il suo corpo. "Un giorno sarai polvere tra le mie dita, Chains",
boccheggiò.
"E mi respirerai fino a strozzarti", replicai, poi spronai il
cavallo.
La vera battaglia per me iniziava ora.
§ 2 §
Sostai a qualche metro dalla capanna senza finestre.
Nell'oscurità d'inchiostro, il cielo sembrava pronto a rovesciarmi
addosso tutte le sue stelle.
Non ero obbligata a farlo. L'avevo salvato e messo al sicuro. Non
era necessario che lo rivedessi.
Ma, dannazione, invece lo era. Per me.
Mentre scendevo dal cavallo, Hugo uscì dalla capanna, lasciando
intravedere la luce delle candele all'interno. "Signora", mi salutò.
"Cominciavo a preoccuparmi...".
"Tra gli uomini di Holtz c'erano alcuni irriducibili. Ho dovuto
seminarli. E lui ? Come sta ?", domandai.
"Molto arrabbiato. E insopportabile".
"Allora sta bene. Il resto ? Tutto sistemato ?".
Hugo annuì. "Le scorte sono sotto terra. Gli altri e io
pattuglieremo il perimetro. Non saremo lontani, se occorrerà".
Gli strinsi la mano. "Grazie, Hugo. Adesso siamo pari. Il tuo
debito è ampiamente saldato".
"Ti avrei aiutata comunque, signora, e lo sai...Ma la libertà è
sempre cosa gradita".
Mi sorrise e poco dopo era sparito, inghiottito dalle paludi del
Camargue.
Ora il silenzio era quasi fastidioso. Qualsiasi essere umano
avrebbe giurato che quella capanna fosse deserta, eppure io sentivo
chiaramente la presenza di Angelus, là dentro.
E anche lui sentiva la mia. Per questo non faceva alcun rumore.
Aveva già dato il via alla danza della caccia, ancora prima che
fossimo davvero l'uno di fronte all'altro.
E va bene, pensai, giochiamo pure al suo gioco. Ho voluto io che
accadesse questo e ora devo andare fino in fondo. Spinsi la porta e
lasciai che si aprisse con un fioco cigolìo.
Eccolo lì, affondato in una poltrona al centro della stanza, una
gamba allungata su un bracciolo, le mani riunite sul torace messo in
mostra dalla camicia aperta, i capelli sciolti e bagnati, dopo
essersi ripulito dalla fuliggine dell'incendio.
Eccolo lì, a dodici anni di distanza, lo stesso ragazzo che avevo
trovato ubriaco in un umido vicolo irlandese, lo stesso bellissimo
bastardo che mi aveva concesso uno dei miei migliori orgasmi. Lo
stesso fuoco nero che ancora mi bruciava.
Eccolo lì, Angelus. Che nome perfetto... Dolce e tenebroso
insieme, una musica densa e oscura che, nella pronuncia, ti si
arrotolava intorno alla lingua, infettandola di squisito veleno...
E proprio come un veleno, il silenzio perdurava, acuminato,
lacerante. Lui si limitava a guardarmi, con i suoi occhi color del
buio, il volto impassibile su cui si alternavano sinuose le ombre
create dalle candele. Non parlava. Non si muoveva.
Stava cacciando. E sapeva, come me, che nella caccia la prima
mossa è determinante ma rischiosa: hai la possibilità di centrare
subito il bersaglio però finisci per esporti e rivelare la tua
posizione.
Avvertendo un'innaturale sensazione di calore irrardiarsi nel mio
basso ventre, richiusi la porta con un calcio e mi sfilai mantello e
giacca. All' Inferno.
"Dodici anni fa...", dissi avvicinandomi decisa alla poltrona.
"...mi hai fatto una domanda...".
Il suo viso si rilassò per un attimo in un'espressione di
sorpresa. Questa non se l'aspettava. "Chi di noi due stava sognando,
in quella taverna di Galway...".
"No...". Sollevai una gamba e mi appoggiai alla poltrona,
piantando lo stivale proprio di fronte al cavallo dei suoi
pantaloni. "Come avrei reagito se ti fossi impegnato di più nel
farmi godere...".
Il buio dei suoi occhi si infittì.
§ 3 §
Il sesso per noi vampiri è una strana faccenda.
Dopotutto non siamo che corpi morti, ma paradossalmente è proprio
grazie a questa condizione innaturale che arriviamo davvero a
scoprire il sesso e i suoi sentieri segreti. Gli esseri umani non
hanno la minima idea del mistero e del potere insiti in quello che
loro tutt'al più percepiscono come un banale sfogo ormonale o
romantico. Sono profani prigionieri sull'orlo di una rivelazione e
noi, i corpi morti, siamo gli Iniziati alla verità.
E Angelus di questa verità aveva fatto una raffinata ed
inesorabile tortura.
Perchè per lui anche il sesso rappresentava la caccia : era un
amante sorprendentemente dolce e attento, ma in questo suo elargire
piacere fino allo stordimento non vi era alcuna forma di generosità
, bensì unicamente desiderio di prevaricare, possedere e
assoggettare.
Per Angelus non c'era differenza tra il gridare di piacere o di
dolore: quel che contava era che si gridasse il suo nome .
Anche adesso, in un esausto momento di riposo, mentre
sorseggiavamo sangue mescolato a vino rosso da calici di cristallo,
se ne stava sopra di me, sdraiato tra le mie gambe, il petto sul mio
stomaco, il capo appoggiato ad un braccio di traverso sulle mie
costole, come un predatore possessivo a guardia della sua vittima.
Sprofondata nei cuscini, io contemplavo in silenzio la sua
schiena perfetta e l'elegante tatuaggio che la adornava all'altezza
della scapola destra : un pipistrello, le cui zampe formavano la
lettera A. Non c'era un solo punto del mio corpo che non mi dolesse
e non fosse ugualmente e totalmente appagato.
"Ti avevo chiesto anche un'altra cosa, dodici anni fa...", disse
d'un tratto lui sollevando verso di me i suoi occhi scuri, accesi di
mille scintille dalle candele. "Perchè non mi hai ucciso o
trasformato, quella notte ?".
"Domandare è lecito e rispondere è cortesia", replicai. " E io
non sono un tipo cortese".
Angelus rise. "E io non sono un tipo che si arrende".
Posai il mio bicchiere. "Che importa ormai ?
Quel che è stato è stato. Il tuo sire è Darla".
Lui si rabbuiò. Lo vidi stringere pericolosamente lo stelo del
suo calice. "Darla...E' fuggita sul nostro unico cavallo,
abbandonandomi come un idiota...Ha detto che andava a Vienna, che
sperava che sopravvivessi e la raggiungessi là...". La sua voce, un
sussurro carico di freddezza. "Oh, la raggiungerò...Questo è certo.
E la mia sarà l'ultima faccia che vedrà".
Questa volta fui io a ridere. Gli afferrai i capelli e lo
costrinsi a guardarmi. "Oh, la raggiungerai, sì...E la punirai. E
quando avrai finito di punirla, lei ti implorerà di ricominciare. La
conosco da prima di te". Gli lasciai i capelli e con la mano scesi
ad accarezzargli la mascella. "E poi credo che le tue punizioni
debbano essere ineguagliabili...".
Ah, il suo sorriso...Un lampo di luce tenebrosa. Strisciò verso
il mio seno. "Non ce l'ho con te, ora come ora, ma se lo vuoi, posso
provare ad arrabbiarmi...Mi riesce facile". Si mosse e sentii
chiaramente che stava ricominciando ad eccitarsi.
"Ti riescono facili molte cose", commentai.
Ancora i suoi occhi affondati dentro i miei, con un unico battito
di ciglia, preciso e sicuro. Stupefacente. Era in grado di fare
sesso anche con lo sguardo. "E tu? Il tuo sire ? ", mi chiese.
Curioso, curioso come un gatto.
"Il mio sire ? Sì... Ne ho avuto uno".
"E' chiaro. Ma dov'è ? Come può lasciar andare in giro da sola
una creatura come te ? ". Curioso. Troppo curioso.
"E' morto", risposi. "L'ho ucciso ".
Questo lo colpì. Ma dissimulò. "Ti aveva piantato in asso
scappando col vostro unico cavallo ?".
"Un egocentrico come te magari non lo sospetta, ma capitano
eventi ben più drammatici dei piccoli bisticci domestici in cui vi
dilettate tu e Darla...".
Angelus aggrottò la fronte poi rise di nuovo. "Sei un'artista
della semantica, Chains. Usi un sacco di parole per non dire quasi
niente".
"E' un'arte accessibile a molti".
La sua espressione cambiò, divenne famelica. "Altre arti invece
sono dominio esclusivo di pochi e richiedono un talento
particolare". Riprese il suo calice e mi versò un pò di sangue e
vino sul seno.
Sussultai, caricandomi di inquieta aspettativa. "Angelus ? Che
diavolo pensi di combinare ?".
Lui si sollevò mentre il rivolo rosso scuro cominciava a
scendermi verso la pancia. "Ti uccido", disse semplicemente, poi si
chinò a leccare il sangue e il vino intorno al mio ombelico. Quando
tornò a guardarmi io ansimavo, in tensione, e lui aveva il volto del
demone. "Sei già morta una volta, ma adesso ti darò una seconda
morte, Chains". Indietreggiò fino al mio ventre, dove sangue e vino
stavano convergendo.
"Credimi, non ti è mai capitato di morire così ". E mi morse.
Sempre la caccia. La caccia voluttuosa e seducente che culminava
nell'orgasmo del morso. Nutrimento e piacere. In un crescendo sudato
e vorticoso. Denti, lingua, carne e sangue. Il ringhio impudico del
predatore e il gemito soffocato della preda. Il fuoco nero che
diventava liquido e riempiva ogni cavità, ustionandola, divorante.
La luce tenebrosa dell'angelo che uccideva sorridendo .
E, infine, improvvisa, la Morte portatrice di quiete.
§ 4 §
Quando ripresi conoscenza, Angelus era già in piedi e indossava
gli abiti nuovi procurati da Hugo. Seta e velluto, rosso e nero :
bellissimo.
Impunemente, stava frugando nella mia borsa da viaggio.
"Sono svenuta...", mormorai stupita e imbarazzata, mettendomi a
sedere. Che delizioso bastardo: si era anche preoccupato di coprirmi
col lenzuolo...
Lui si girò, con l'aria di un felino soddisfatto. "Oh,sì...Qui,
in Francia, la chiamano la
petite mort...".
"La piccola morte...Beh, è proprio da te onorare le usanze
locali...Che stai facendo con la mia roba ?".
Tornò a frugare nella borsa e mi lanciò dei vestiti : seta e
velluto, come i suoi. "Usciamo. Andiamo a caccia".
Scattai in piedi, avvolgendomi nel lenzuolo. "E' pericoloso.
Holtz potrebbe trovarsi ancora nei dintorni ".
"Non ho paura di Holtz", replicò avvicinandosi e afferrandomi per
le spalle. Era parecchio più alto di me e dovetti reclinare la
testa. "E nemmeno tu ne hai", continuò. "E poi a che serve essere
immortali, se non si corre qualche rischio ?".
Si protese a forzare la mia bocca e si prese un bacio rapido ma
intenso.
Mi aveva già convinta, comunque. Ero decisa a non negarmi nulla.
Pensavo che una volta sazia, non avrei più sofferto la fame. Di lui.
Ovviamente anche i vampiri si illudono.
Ma non posso non ammettere che quella seconda notte con Angelus
rimane un ricordo esaltante, pur in tutta la sua nuda, cruda e
selvaggia violenza.
Scovammo un villaggio di poche anime al limitare delle paludi e
vi portammo un pezzo di Inferno senza possibilità di redenzione.
In genere, ero abituata a non uccidere mai più del necessario,
subordinando la caccia alla necessità del nutrimento, ma Angelus non
si limitava a questo.
In lui dimoravano la grazia e la genialità dell'assassino
autentico. Non una sola goccia di sangue sui suoi indumenti, nessun
cadavere lasciato in una posizione casuale : tutto rientrava in una
sofisticata scenografia studiata con la massima cura.
Angelus era il pittore della Morte e ogni suo delitto risultava
accurato e irripetibile come un quadro.
Questo era l'angelo sterminatore in tutta la sua potenza e
cacciare al suo fianco mi eccitò intimamente. Il sangue caldo e
impregnato di paura non fu per me mai più così inebriante, nè provai
ancora, in seguito, quella sensazione di totale e puro dominio sulle
piccole e fragili vite umane che spezzammo insieme.
Rientrammo alla capanna quasi all'alba, ridendo come due
ragazzini ebbri di ritorno dall'osteria. Una sorta di elettricità mi
percorreva dalla testa ai piedi e l'autocontrollo che mi aveva
permesso di lasciarmi sottomettere da Angelus era ormai esaurito.
Adesso il mio demone bramava il sopravvento.
Bramava Angelus.
Lo presi per la camicia e lo baciai con forza, le nostre bocche
ancora calde e sporche di sangue. Tentò di afferrarmi a sua volta,
ma io lo sollevai e lo spinsi sul letto, che, sotto il suo peso,
crollò, inclinandosi di lato.
Lui si stava divertendo, aumentando il mio furore. "Credevo che
non avessi più appetito...".
Non risposi e saltai sul letto, facendolo rovinare del tutto.
Fissai Angelus sotto di me, lo sguardo sfacciato, le braccia
rilassate, in un muto, provacatorio, invito . Che io sia dannata,
volevo punirlo per quella sua eccessiva bellezza...
Mi inginocchiai . "Tu non mi conosci, Angelus...Non sai fin dove
posso arrivare...". Con un unico gesto, secco e brutale, gli
strappai via il davanti dei pantaloni . "Ora sarai tu a gridare. E
griderai il mio nome ".
§ 5 §
Per trecentocinquant'anni avevo avuto una visione discretamente
chiara e coerente dei fatti della vita.
Poi, quel vicolo. Quel ragazzo ubriaco. Occhi di velluto. Risata
di bambino. Liam.
E tre secoli e mezzo di esperienza mi erano sfuggiti tra le dita
come sabbia.
Un altro vicolo. Darla, maledetta morte bionda. E dal fuoco nero
un nuovo vampiro. Il più perverso. E tre secoli e mezzo di libero
arbitrio erano finiti in cenere di fronte alla passione.
Nessuna chiarezza, ora. Nè coerenza.
Nel crepuscolo, mentre mi rivestivo in silenzio, soltanto una
certezza : bruciavo ancora.
Lui dormiva, nudo, incredibilmente innocente. Potevo ucciderlo,
in quel momento. E ne fui tentata. Ma la dolorosa verità era che,
ormai, il mondo senza Angelus per me non avrebbe più avuto alcun
senso.
Mi voltai, uscii nella sera sempre più scura e richiusi piano la
porta. "Ci faremo del male, noi due", mormorai e scelsi un sentiero
a caso tra i tanti delle paludi del Camargue.
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