§ CAPITOLO SESTO - 1898 §
§ L'URLO DELL'ANGELO §
§ Per cento anni, ho dato una morte orribile a chiunque ho
incontrato.
E l'ho fatto con la musica nel cuore §
Angel - "Angel"
§ 1 §
Romania, dintorni di Bistrita
"Io non ti appartengo. Io non appartengo a nessuno".
"Lo so. Però era dolce credere il contrario. Insieme a me non
saresti stata mai più sola".
...mai più sola...le fu data l'occasione...
"Non ho paura di stare da sola".
"E lo sarai, te lo assicuro. Perchè anche tu, prima o poi, brucerai
per qualcuno...".
...brucerai ? ...pensi che brucerai...?
"Ma quel qualcuno non vorrà appartenerti. Tu stessa glielo
impedirai. E quando lo capirai sarà troppo tardi. Allora sì, sarai
sola. In catene con te stessa".
"Come te. Pensi che commetterò i tuoi stessi errori".
"E' ovvio. In te arde il mio stesso fuoco ".
...il fuoco...lo stesso fuoco...
"Per questo ti avevo scelta...Ed ora pago la mia presunzione. Mi
ritrovo anch'io in catene".
"Allora non prolungherò ulteriormente la tua prigionia...Sire".
...ti ho fatto male ?...
...so di potertene fare molto di più...
...attendo quel momento con ansia...
"Se mi vuoi, prendimi, Chains".
Riemersi dall'incubo senza difficoltà, con un unico passo dal sonno
alla veglia. Non potevo respirare, eppure il respiro mi mancava.
Come in quella notte lontana...Una notte di vento forte... E la
polvere del mio sire mi era finita in gola, facendomi tossire fino
alle lacrime...
Scesi dal letto. Il buio, all'esterno, stava cedendo a una traccia
dorata di luce sull'orizzonte. Non persi tempo ad aprire la porta:
nuda e sudata, scavalcai la finestra e rigettai un fiotto di sangue
scuro e denso come melassa. Per qualche istante rimasi a fissarlo,
scorgendovi bizzarri, inesistenti disegni .
Quando rientrai, l'uomo, un tipo ancora giovane, alto e un pò curvo,
stava in piedi sull'uscìo della stanza da letto.
Vederlo lì, all'improvviso, mi spaventò, anche se non gli consentii
di capirlo.
"Strigoi...", mormorò lui. "Ti porto le notizie che aspettavi".
"E' tutto compiuto ?".
L'uomo annuì. Spostava continuamente il proprio peso da un piede
all'altro: doveva essere terrorizzato. Però nei suoi occhi
sfuggenti, riconobbi una luce inequivocabile: rimiravano il mio
corpo nudo e brillavano di lussuria. Il lato ipocrita della
superstizione...
Il mio volto si trasformò. "Cos'hai da guardare, zingaro ?
Ti avverto: sono a stomaco vuoto...".
Un attimo ed era sparito.
Sputai un grumo di sangue sul pavimento.
Tutto era compiuto. Anche se avevo preferito non rimanere ad
assistere mentre si compiva.
Ma ora dovevo tornare.
Per affrontare le conseguenze.
§ 2 §
Sebbene Borsa non distasse poi molto da Bistrita, la strada si
allungava inoltrandosi nei territori impervi e negli oscuri boschi
transilvani alle pendici dei Carpazi Orientali. Viaggiai per buona
parte della giornata, nel rassicurante bozzolo di sedili in cuoio e
spesse tende tirate di una carrozza.
Una carrozza molto simile a quella in cui avevo incontrato Angelus,
l'ultima volta...
"Partivi senza nemmeno avvertire...Non si fa. Dovrei sculacciarti".
Occupava quasi tutto lo spazio, le gambe allungate, rilassato e
allusivo. Gli occhi, una fitta tenebra di promesse di perdizione.
Con un sospiro, feci segno al cocchiere di allontanarsi, poi salii a
bordo, chiudendo lo sportello dietro di me.
"Non ti avverto mai. Quale sarebbe la differenza,oggi ?". Rimanevo
ostinatamente in piedi, un ginocchio puntato su un sedile, la testa
incurvata per non sbatterla contro il soffitto.
E avrei voluto soltanto lasciarmi cadere su di lui, sentire il suo
corpo solido sotto il mio... dentro il mio...
Si può desiderare a tal punto qualcuno ? Desiderarlo tanto da
sognare di riuscire a fagocitarlo, per possederlo sempre, sotto la
pelle, nel sangue, nella bocca ?
Oh, sì...Gli anni, le esistenze, si consumavano e rinascevano e la
mia fame non si placava, il fuoco nero non si assopiva...Continuavo
a volere Angelus con la stessa delirante e ossessiva concupiscenza.
E quel che era peggio, lui lo sapeva. Lo leggeva in ogni mio gesto,
così come conosceva le sensazioni di tutte le sue vittime.
Lui lo sapeva e se ne nutriva. Desiderava il mio desiderio.
"Non te ne andavi da tanto tempo", osservò. Non intendeva essere una
spiegazione, solo un'ovvietà.
Era vero: doveva essere trascorso almeno un lustro dal mio ultimo
viaggio. Un lustro di passione e caccia sfrenate.
Sempre troppo veloce, come al solito, gli bastò dare un piccolo
strattone alla mia giacca per farmi perdere l'equilibrio. Gli finii
addosso e lui si sistemò meglio, in modo che mi fosse ben evidente
la sua erezione.
"In certi casi, un commiato è doveroso....E devi riconoscere, Chains,
che nessuno sa accomiatarsi come noi due". Mi sorrise, tronfio,
sicuro del suo potere, della sua bellezza impura e velenosa. Un
veleno senza antidoto.
Lo baciai, naturalmente, con la disperazione che si aspettava e mi
strinse a sè, premendomi una mano sulla nuca, perchè il bacio
divenisse ancora più profondo.
Il suo sapore... In eterno....Solo il suo sapore...
Aprii gli occhi. La carrozza doveva aver preso una buca. Mi tolsi un
guanto e mi passai le dita sulle labbra : mi sembrarono gonfie, come
dopo quel nostro ultimo incontro, ancora umide di lui e del suo
micidiale veleno.
E' così che accade, a volte.
Il veleno ti sta uccidendo lentamente e tu sai di non avere scampo.
Comunque vada, morirai di una morte lenta e crudele.
E allora ti riservi un colpo di scena , inutile ma molto teatrale :
tagli la testa al serpente che ti ha morso.
Così all' Inferno avrai compagnia.
§ 3 §
Le campagne transilvane brulicavano di contadini superstiziosi, il
che aveva indotto Darla e Angelus a scegliere una casa nel bel mezzo
del dedalo di stradine acciottolate di Borsa. La trovai immersa nel
freddo e nel silenzio, ma del resto era notte già da qualche ora.
Invece, non appena varcai la soglia, mi accorsi che c'era qualcuno,
affondato nella poltrona davanti al caminetto spento. Una mano
pallida e dalle dita sottili pendeva oltre un bracciolo, reggendo
una bottiglia di liquore semivuota.
Spike.
Già, William, una volta concesso libero sfogo alla sua esuberanza di
giovane demone in cerca di sensazioni forti, ci aveva imposto di
chiamarlo in quel modo. Un appellativo appropriato, d'altronde: lui
era davvero un tipo appuntito. E lasciava sempre il segno.
Mi avvicinai. Sembrava addormentato.
Portava i capelli più lunghi, ora. E i suoi abiti...Beh,chiaramente
il concetto di eleganza non gli apparteneva... Feci per voltarmi e
andarmene, quando lo sentii ridere piano.
Aveva aperto gli occhi. Il loro blu intenso si distingueva anche al
buio. "Guarda, guarda... La nostra falena vagabonda...". Sollevò
verso di me la bottiglia, in un cenno di benvenuto.
"Come mai sei qui ?
Davo per scontato che foste tutti a caccia...".
Indicò con la bottiglia una delle stanze da letto. "Dru non si sente
bene. Non mi va di lasciarla troppo sola. Sono giorni che è
tormentata da incubi e visioni più contorte del solito". Sbuffò. "
Ah, già...poi c'è Darla, che è diventata acida peggio di una vergine
attempata e mi aggredisce per ogni minima cosa...E sua maestà, il
gran signore delle tenebre, è svanito nel nulla ...". Cercò il mio
sguardo con deluso rancore. "Ma noi formiamo pur sempre una grande
famiglia, giusto, Chains ? ".
Gli accarezzai i riccioli ribelli sulla fronte. "Piccolo...Abbiamo
la luna storta, eh ?".
Lui scattò in piedi. "Non chiamarmi così!!", sbraitò e afferrandomi
per i fianchi, premette il suo corpo contro il mio. "Non sono più
piccolo da tanto tempo...",aggiunse, portandosi una delle mie mani
ai genitali.
Non opposi resistenza. "Bene, Spike...Adesso che mi hai dimostrato
quanto sei felice di rivedermi, che cosa dovrebbe accadere, di
preciso ?".
Il mio tono condiscendente lo irritò. Mi stuzzicò le labbra con le
sue, tenace. "Non saprei...Ricordo che a Venezia, anni fa, non ti
sei dimostrata timida...".
"Già...Anni fa...E qui siamo in Romania...".
Ero riuscita a raffreddare i suoi bollenti spiriti. Indietreggiò,
un'espressione ferita sul volto. "Non fai la ritrosa con
Angelus...". Con un pugno colpì la cornice in pietra del caminetto.
"Dannato inferno, nessuna di voi lo è mai , con lui !".
Lo presi per le spalle e lo spinsi gentilmente verso la poltrona.
"Forse è il caso che tu ti calmi, Spike. Oltre a quella bottiglia,
devi esserti anche bevuto qualcuno totalmente sbronzo...".
Scoppiò a ridere. "Non uno. Quattro. Uscivano dall'osteria".
"Ecco. Appunto". Lo costrinsi a sedersi e mi sistemai sull'ampio
bracciolo della poltrona, tenendolo fra le braccia. "Il mio piccolo
è tanto nervoso, questa notte...", mormorai, il mento tra i suoi
capelli.
Lui mugolò di soddisfazione, strofinandosi contro di me. Dimostrando
un'abilità non comune, senza far saltare nessun bottone, scovò
un'apertura nel mio cappotto e un'altra nella camicia e catturò uno
dei miei seni con infantile caparbietà.
Glielo permisi e continuai a sussurrargli parole dolci e insensate,
fino a quando la tensione del suoi muscoli si attenuò e scivolò nel
sonno.
Mentre mi rialzavo con cautela, la vocina flebile di Drusilla
attraversò la stanza come il singhiozzo di uno spettro dal fiato
gelido. "Ambra e smeraldo...".
Era in piedi, una delle sue tante, raccapriccianti, bambole di
porcellana stretta al petto, i riccioli corvini sciolti sulla
vestaglia bianca e trasparente. I suoi occhi viola stavano ammirando
il mio lungo cappotto nero. "Ambra e smeraldo...Fiamme nei capelli...vestita
con la notte...". Tentò di sorridermi, ma ne risultò una smorfia di
sofferenza. "A volte non lo sento...E a volte è dappertutto, dentro
di me, ovunque...".
"Che cosa, Dru ?".
"L'urlo". Si appoggiò allo stipite della porta. "L'urlo dell'angelo.
E' per via delle ali. Sono spuntate, alla fine... Ma sono troppo
grandi e pesanti. Gli impediscono di camminare e se le trascina
dietro. E urla. Oh, se tu potessi udirlo... Non credevo che si
potesse urlare così e non morirne...".
Scosse il capo, lo sguardo sperduto. "Trascina le sue ali troppo
grandi e troppo pesanti nella mia testa...E il dolore è così
profondo...". La bambola le cadde e il nasino di porcellana si
frantumò, ma lei non parve rendersene conto. "Dov'è il mio angelo ?
Chains, dov'è ?".
La abbracciai, cullandola lievemente. "Vieni...", dissi tenendola
per mano come una bambina smarrita. "Riposa accanto al tuo Re di
coppe...".
Lei mi obbedì, accoccolandosi ai piedi di Spike e posandogli la
testa in grembo.
"Veglia sui suoi sogni...", le raccomandai. "Io esco, ma tornerò,
d'accordo ?".
Drusilla mi ascoltava, con disarmante candore. "Vai a cercare la
nonna ?".
Intenerita, le sfiorai la fronte corruciata con un bacio. "Sì. Vado
a cercare la nonna".
§ 4 §
Darla era una facile da trovare. Colpa del profumo : ne metteva
sempre troppo.
Sedeva meditabonda su un muretto nelle periferia della città.
Elegante, ovviamente splendida . Però, fatto insolito, aveva gli
abiti insanguinati e il cadavere che giaceva scomposto a poca
distanza da lei , un giovane piuttosto belloccio da quel che potevo
presumere, era in condizioni spaventose.
Darla raramente faceva scempio della preda , perchè più ancora della
caccia, amava la perfezione delle forme, anche in un morto. E
Angelus le aveva insegnato come dare un tocco di classe al luogo del
delitto.
Ma quel poveretto era stato massacrato, ridotto in uno stato tale da
rimescolare lo stomaco persino a me...
"Che è successo ? Non era buono ?", le domandai.
"Sapeva di niente...Sangue come acqua", mi rispose, guardando
altrove. "Non si può essere così attraenti ed avere solo acqua nelle
vene. E' contro natura".
Contro natura...Nella sua bocca quel concetto assumeva strane tinte.
"Ho parlato con Spike e Dru...",esordii circospetta. "Dicono che...Angelus
se n'è andato".
"Sì...E' assolutamente vero. Angelus se n'è andato". Finalmente
sollevò il volto, soffermandosi sul mio con i suoi occhi indagatori,
stranamente grandi quella notte. Aveva sangue anche sul mento. "Il
mio ragazzo non c'è più, Chains... Puff !!".
" Cosa intendi ? E' stato forse ucciso ?". Sperai che la nota di
panico misto a sorpresa nella mia voce suonasse sufficientemente
sincera.
"Oh, no...Perlomeno avrei avuto un pò di polvere da raccattare... ".
Agitò le mani guantate. Sangue. Sangue anche lì. Sangue dappertutto
su di lei. " Oh, no...E' andata peggio. Molto, molto peggio... Ti
ricordi quella zingara ? Quella che volevo regalargli per il suo
compleanno ?".
Annuii, indietreggiando di qualche passo. L'odore del sangue era
troppo intenso.
"Beh, l'ho fatto. Gliel'ho regalata. " Ridacchiò. Diamine, i suoi
denti...Scarlatti. "Oh, è stata una gran festa di compleanno...Avresti
dovuto esserci...". Sembrò distrarsi. Mi fissò. "Già...dov'eri, poi
? ". Scrollò la testa bionda e goccioline rosse mi schizzarono sul
cappotto. "Comunque sia... è accaduto che la tribù di quell'insulsa
creatura ha lanciato una maledizione sul mio ragazzo per
punirlo...". Fece una pausa con un'espressione esterrefatta. "Gli
hanno ridato un'anima...Una sporca, sudicia anima!!".
Restai in silenzio quel tanto che poteva bastare a simulare una
ragionevole incredulità.
"Il Rituale dei non-morti...Devono aver usato quello. Credevo se ne
fosse perduta da tempo la memoria...".
"Non ho la minima idea di come l'abbiano fatto. Ma l'hanno fatto",
ribadì Darla. "Li ho sterminati, sai ?". Di nuovo il suo macabro
sorriso. "Non hanno voluto revocare la maledizione, quei
bastardi...". Tornò seria. "Tu non l'hai visto...Piangeva, parlava
delle grida, dei bambini...Quello...Quello non era più il mio
ragazzo...era...". Esitò. "Era un abominio. Un disgustoso
abominio... Ho tentato di eliminarlo e poi l'ho cacciato. Non
sopportavo di averlo davanti ".
"Un vero peccato", commentai.
Darla ammutolì. I suoi occhi rimpicciolirono, restringendosi a due
fessure. "Pare che la cosa non ti tocchi minimamente. Eppure avrei
giurato che...".
"Avresti giurato che cosa, Darla ?".
Sostenne il mio sguardo. "Che tu lo adorassi".
"Infatti. Non si può fare a meno di adorare le cose belle ",
confermai serenamente. "Ma quando si rompono, è praticamente
impossibile riportarle al loro splendore originario, perciò tanto
vale gettarle e comprarne di nuove".
Il cinismo faceva sempre presa su di lei. Infatti scoppiò a ridere.
"Quanto sei abile, Chains... In tutti questi anni eri riuscita a
farmelo dimenticare...".
"Che cosa?".
"Che sei imprevedibile. Che nessuno può sperare di indovinare i tuoi
pensieri... ". Mi contemplò con quella che interpretai come
ammirazione. "Vediamo se almeno ho compreso il tuo non troppo velato
suggerimento...Mi stai dicendo che devo trovarmi un altro compagno e
scordarmi di quello precedente?".
"Al tuo posto, Angelus lo farebbe".
Un'altra risata. "Oh, sì...Questo è sicuro ! Se mi fossi presentata
a lui con un'anima, con ogni probabilità mi avrebbe polverizzata
senza pensarci due volte e a quest'ora sarebbe a letto con te o con
qualche, nuova, giovane accolita...". Si rabbuiò. "Dannazione, per
questo ero pazza di lui...".
"Lo amavi ?". Che crudeltà da parte mia... Però era singolarmente
appagante provocarla in quel modo.
Darla sussultò. "Amore ? L'hai detto veramente ? ". Si alzò in
piedi, sistemandosi con puntiglio le pieghe della gonna inzuppata di
sangue. "Per carità, Chains...Quella è un'infezione benigna, da cui
si può guarire ".
Si avvicinò. L'odore pungente del sangue mi avvolse. "Noi due siamo
abbastanza vecchie da sapere che esistono malattie ben più gravi".
Afferrandomi per il collo, mi costrinse a ricevere un bacio dal
sapore di morte. "Incurabili. Mortali", aggiunse in un sussurro.
Mi ripulii la bocca. "Allora auguriamoci di non caderne mai
vittime".
§ 5 §
Francamente non ricordo come convinsi Darla a ritornare da Dru e
Spike... Di quella notte rammento solo alcuni momenti, come squarci
improvvisamente limpidi in un cielo nebbioso.
E, ironia della sorte, sono i momenti che, ora come ora, preferirei
aver dimenticato...
La vecchia, ad esempio.
L'unico essere vivente nella desolazione di ciò che restava
dell'accampamento degli zingari. Nella foga della carneficina,
Darla, Dru e Spike non dovevano essersi accorti di lei.
I cadaveri sparsi dovunque si stavano già decomponendo e sull'area
del massacro si concentrava una cappa di fetore pestilenziale:
qualche contadino aveva provveduto ad impalettarne alcuni per
sicurezza e qua e là si notavano ninnoli e talismani contro i
demoni, ma nessuno si era azzardato a toccare nulla . Gli strigoi
potevano tornare, meglio stare alla larga.
E la vecchia rimaneva, sola, in quella scheggia impazzita d'inferno.
Stava inginocchiata e composta davanti al fuoco, i capelli candidi
sciolti e ancora folti e la veste tradizionale pulita e in ordine.
Sembrava pronta per il proprio sepolcro.
"Ti aspettavo, strigoi ", mi disse semplicemente.
"Lo so". Mi fermai alle sue spalle. Fin dalla prima volta in cui ci
eravamo incontrate, si era sempre rifiutata di guardarmi in faccia.
Ignoravo se la causa fosse la superstizione o se la spaventasse
qualcosa di specifico nella sottoscritta.
"La formula del rituale era quella giusta. Devo ringraziarti per
averci permesso di recuperarla, strigoi ".
"Non c'è di che", replicai , incapace di distogliere gli occhi dai
resti della strage tutta intorno a noi. Non capivo come potesse
riuscire a respirare quell'aria satura di morte.
"Avete avuto la vostra vendetta...Allora ? Adesso come ti senti ?".
La sua schiena restò diritta, nessun tremito o sussulto. "E tu ? Tu,
come ti senti, strigoi?".
Mentre lo chiedeva, si spostò leggermente all'indietro, verso di me.
Sapeva già quale sarebbe stata la mia risposta. Ed io non la
smentii. Le spezzai velocemente il collo e mi assicurai di farlo con
delicatezza: dopotutto è raro incontrare un essere umano che accetti
di morire con tale dignità.
Accompagnai l'afflosciarsi del corpo con le mani, perchè non cadesse
nel fuoco, e raccolsi il globo di Thesulah , posato nel suo grembo.
Per qualche istante mi soffermai a contemplarlo, alla luce delle
fiamme, accarezzando la sua superficie liscia e opalescente. Nient'
altro che una semplice sfera, piacevole al tatto e senza valore...
Curioso : persino gli oggetti, a questo mondo, sono capaci di
ingannare.
Lo stritolai nel mio pugno.
§ 6 §
Quella notte...
Chissà se è mai esistita una notte più lunga di quella. Una notte
senza fine, resa ancora più cupa dalla fitta foresta transilvana e
dai suoi alberi alti e scuri, come antichi viaggiatori intrappolati
nell'ombra, muti osservatori dell'oscurità celata nel loro ventre di
rami e silenzio.
Lui . Lo percepivo sempre più vicino. E quel che mi trasmetteva era
così sconvolgente da provocarmi dolore fisico. Dru non aveva
esagerato: lui stava urlando. Un grido di pietra, di quelli che
nessuno è in grado di udire, ma che riduce a brandelli la carne
all'interno, fino all'osso, al midollo.
Fino all'anima.
Misericordia, era quello dunque l'effetto dell'anima ?
Umanità che concedeva inumana sofferenza ?
In prossimità di un grosso tronco particolarmente vecchio, dovetti
fermarmi, improvvisamente priva di equilibrio. Turbata, cercai un
sostegno nella sua corteccia nodosa e fu come se di colpo le voci
delle molte epoche, succedutesi intorno a quella pianta, mi
esplodessero nel cervello. Una cacofonia di gemiti e sospiri e sopra
ogni cosa l'urlo. Lacerante, ininterrotto.
Cercando di riprendere il controllo, sbirciai dall'altro lato
dell'albero e, per un attimo, desiderai di avere un cuore pulsante,
così che potesse arrestarsi e uccidermi .
Lui era lì. Rannicchiato tra le radici che emergevano dal terreno, i
capelli arruffati, gli abiti sporchi. E piangeva.
Come Liam...Come la prima volta in cui l'avevo visto, in quel vicolo
di Galway.
Scivolai in ginocchio e mi avvicinai lentamente. Non sapevo in che
modo chiamarlo: era Liam o era Angelus, adesso ? O qualcos'altro ?
Lo toccai. "Amore...Amore, sono io...".
Che male c'era se sceglievo di chiamarlo così ?
Sobbalzò, scostandosi i capelli dalla faccia. I suoi occhi...Splendidi.
Velluto scuro. Li riconoscevo. Esitò. "Chains...?".
"Sì, amore, sono io...".
"Chains...Chains...", continuò a ripeterlo, le lacrime che
scendevano lente lungo le sue guance, poi la sua voce si incrinò, il
suo sguardo divenne colmo di consapevolezza e orrore. "Chains !
Oddio, Chains!". E mi tese le braccia, come un bambino.
Oh, sì, avere un cuore...Avere un cuore e di nuovo morire...
Lo strinsi forte e mi lasciai stringere da lui. Nessuno dei due
parlò. Esiste un tipo di disperazione che non necessita di
esprimersi a parole.
Ancora oggi, mi capita di rivivere quell'abbraccio nei sogni e lo
sento, contro di me, lo sento piangere e le sue lacrime mi bruciano
la pelle. Sento il suo corpo, così familiare e inaspettatamente
fragile, sotto le mie carezze.
Sento la sua anima. Che grida.
E mi risveglio gridando anch'io. Come quella mattina, nella foresta.
Già, la notte senza fine, dopotutto, si era conclusa, cedendo il
posto a un giorno nuvoloso e grigio. Non correvo alcun pericolo : il
bosco permetteva a ben poca luce di filtrare fino al suolo e il
vecchio albero, con la sua enorme chioma, era un ottimo riparo.
Ciò nonostante, prima di andarsene, lui mi aveva coperta con la sua
giacca.
Lui...Liam...Angelus...o qualco'altro ancora...
Rimasi ad attendere l'oscurità, tra le radici, la giacca e i miei
pensieri come unici compagni. Tentai anche di piangere, credo. Ma
non ne ero più in grado.
E' così che accade, a volte.
Tagli la testa del serpente che ti ha morso, condannandoti a morte.
Poi scopri che assistere alla sua agonia rende la tua ancora più
atroce.
E che nessuno verrà con te all'Inferno.
* NB : "strigoi " in rumeno significa "vampiro", almeno a quanto
sostiene Jeanne Kalogridis nei suoi "Diari della famiglia Dracula".
Non conoscendo il rumeno, non so se sia vero, ma il termine mi
piaceva.
Continua... |
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