§ La donna in catene §

Scritto da Franca (dreamhunter72@libero.it e frankab@tin.it)
Spoiler: flashback di "Five by five", dalla prima stagione di ATS, riferimenti anche a "Becoming" della seconda stagione di BTVS
Pairing : Angelus/Chains e tutti e nessuno in particolare
Rating: NC17
Timeline : 1898
Summary : l'ossessione di Chains per Angelus degenera e porta a conseguenze inimmaginabili...
Disclaimer: i fatti e i personaggi di ATS e BTVS appartengono a Whedon, a Greenwalt, alla ME, alla FOX, alla WB e a quant'altri. Li uso senza il loro permesso e non a scopo di lucro. Chains è tutta mia.
 

§ CAPITOLO SESTO - 1898 §
§ L'URLO DELL'ANGELO §


§ Per cento anni, ho dato una morte orribile a chiunque ho incontrato.
E l'ho fatto con la musica nel cuore §
Angel - "Angel"



§ 1 §

Romania, dintorni di Bistrita

"Io non ti appartengo. Io non appartengo a nessuno".

"Lo so. Però era dolce credere il contrario. Insieme a me non saresti stata mai più sola".

...mai più sola...le fu data l'occasione...

"Non ho paura di stare da sola".

"E lo sarai, te lo assicuro. Perchè anche tu, prima o poi, brucerai per qualcuno...".

...brucerai ? ...pensi che brucerai...?

"Ma quel qualcuno non vorrà appartenerti. Tu stessa glielo impedirai. E quando lo capirai sarà troppo tardi. Allora sì, sarai sola. In catene con te stessa".

"Come te. Pensi che commetterò i tuoi stessi errori".

"E' ovvio. In te arde il mio stesso fuoco ".

...il fuoco...lo stesso fuoco...

"Per questo ti avevo scelta...Ed ora pago la mia presunzione. Mi ritrovo anch'io in catene".

"Allora non prolungherò ulteriormente la tua prigionia...Sire".

...ti ho fatto male ?...
...so di potertene fare molto di più...
...attendo quel momento con ansia...

"Se mi vuoi, prendimi, Chains".

Riemersi dall'incubo senza difficoltà, con un unico passo dal sonno alla veglia. Non potevo respirare, eppure il respiro mi mancava.

Come in quella notte lontana...Una notte di vento forte... E la polvere del mio sire mi era finita in gola, facendomi tossire fino alle lacrime...

Scesi dal letto. Il buio, all'esterno, stava cedendo a una traccia dorata di luce sull'orizzonte. Non persi tempo ad aprire la porta: nuda e sudata, scavalcai la finestra e rigettai un fiotto di sangue scuro e denso come melassa. Per qualche istante rimasi a fissarlo, scorgendovi bizzarri, inesistenti disegni .

Quando rientrai, l'uomo, un tipo ancora giovane, alto e un pò curvo, stava in piedi sull'uscìo della stanza da letto.

Vederlo lì, all'improvviso, mi spaventò, anche se non gli consentii di capirlo.

"Strigoi...", mormorò lui. "Ti porto le notizie che aspettavi".

"E' tutto compiuto ?".

L'uomo annuì. Spostava continuamente il proprio peso da un piede all'altro: doveva essere terrorizzato. Però nei suoi occhi sfuggenti, riconobbi una luce inequivocabile: rimiravano il mio corpo nudo e brillavano di lussuria. Il lato ipocrita della superstizione...

Il mio volto si trasformò. "Cos'hai da guardare, zingaro ?
Ti avverto: sono a stomaco vuoto...".

Un attimo ed era sparito.

Sputai un grumo di sangue sul pavimento.

Tutto era compiuto. Anche se avevo preferito non rimanere ad assistere mentre si compiva.

Ma ora dovevo tornare.

Per affrontare le conseguenze.


§ 2 §

Sebbene Borsa non distasse poi molto da Bistrita, la strada si allungava inoltrandosi nei territori impervi e negli oscuri boschi transilvani alle pendici dei Carpazi Orientali. Viaggiai per buona parte della giornata, nel rassicurante bozzolo di sedili in cuoio e spesse tende tirate di una carrozza.

Una carrozza molto simile a quella in cui avevo incontrato Angelus, l'ultima volta...

"Partivi senza nemmeno avvertire...Non si fa. Dovrei sculacciarti".
Occupava quasi tutto lo spazio, le gambe allungate, rilassato e allusivo. Gli occhi, una fitta tenebra di promesse di perdizione.

Con un sospiro, feci segno al cocchiere di allontanarsi, poi salii a bordo, chiudendo lo sportello dietro di me.

"Non ti avverto mai. Quale sarebbe la differenza,oggi ?". Rimanevo ostinatamente in piedi, un ginocchio puntato su un sedile, la testa incurvata per non sbatterla contro il soffitto.

E avrei voluto soltanto lasciarmi cadere su di lui, sentire il suo corpo solido sotto il mio... dentro il mio...

Si può desiderare a tal punto qualcuno ? Desiderarlo tanto da sognare di riuscire a fagocitarlo, per possederlo sempre, sotto la pelle, nel sangue, nella bocca ?

Oh, sì...Gli anni, le esistenze, si consumavano e rinascevano e la mia fame non si placava, il fuoco nero non si assopiva...Continuavo a volere Angelus con la stessa delirante e ossessiva concupiscenza.

E quel che era peggio, lui lo sapeva. Lo leggeva in ogni mio gesto, così come conosceva le sensazioni di tutte le sue vittime.

Lui lo sapeva e se ne nutriva. Desiderava il mio desiderio.

"Non te ne andavi da tanto tempo", osservò. Non intendeva essere una spiegazione, solo un'ovvietà.

Era vero: doveva essere trascorso almeno un lustro dal mio ultimo viaggio. Un lustro di passione e caccia sfrenate.

Sempre troppo veloce, come al solito, gli bastò dare un piccolo strattone alla mia giacca per farmi perdere l'equilibrio. Gli finii addosso e lui si sistemò meglio, in modo che mi fosse ben evidente la sua erezione.

"In certi casi, un commiato è doveroso....E devi riconoscere, Chains, che nessuno sa accomiatarsi come noi due". Mi sorrise, tronfio, sicuro del suo potere, della sua bellezza impura e velenosa. Un veleno senza antidoto.

Lo baciai, naturalmente, con la disperazione che si aspettava e mi strinse a sè, premendomi una mano sulla nuca, perchè il bacio divenisse ancora più profondo.

Il suo sapore... In eterno....Solo il suo sapore...

Aprii gli occhi. La carrozza doveva aver preso una buca. Mi tolsi un guanto e mi passai le dita sulle labbra : mi sembrarono gonfie, come dopo quel nostro ultimo incontro, ancora umide di lui e del suo micidiale veleno.

E' così che accade, a volte.

Il veleno ti sta uccidendo lentamente e tu sai di non avere scampo. Comunque vada, morirai di una morte lenta e crudele.

E allora ti riservi un colpo di scena , inutile ma molto teatrale : tagli la testa al serpente che ti ha morso.

Così all' Inferno avrai compagnia.


§ 3 §

Le campagne transilvane brulicavano di contadini superstiziosi, il che aveva indotto Darla e Angelus a scegliere una casa nel bel mezzo del dedalo di stradine acciottolate di Borsa. La trovai immersa nel freddo e nel silenzio, ma del resto era notte già da qualche ora.

Invece, non appena varcai la soglia, mi accorsi che c'era qualcuno, affondato nella poltrona davanti al caminetto spento. Una mano pallida e dalle dita sottili pendeva oltre un bracciolo, reggendo una bottiglia di liquore semivuota.

Spike.
Già, William, una volta concesso libero sfogo alla sua esuberanza di giovane demone in cerca di sensazioni forti, ci aveva imposto di chiamarlo in quel modo. Un appellativo appropriato, d'altronde: lui era davvero un tipo appuntito. E lasciava sempre il segno.

Mi avvicinai. Sembrava addormentato.

Portava i capelli più lunghi, ora. E i suoi abiti...Beh,chiaramente il concetto di eleganza non gli apparteneva... Feci per voltarmi e andarmene, quando lo sentii ridere piano.

Aveva aperto gli occhi. Il loro blu intenso si distingueva anche al buio. "Guarda, guarda... La nostra falena vagabonda...". Sollevò verso di me la bottiglia, in un cenno di benvenuto.

"Come mai sei qui ?
Davo per scontato che foste tutti a caccia...".

Indicò con la bottiglia una delle stanze da letto. "Dru non si sente bene. Non mi va di lasciarla troppo sola. Sono giorni che è tormentata da incubi e visioni più contorte del solito". Sbuffò. " Ah, già...poi c'è Darla, che è diventata acida peggio di una vergine attempata e mi aggredisce per ogni minima cosa...E sua maestà, il gran signore delle tenebre, è svanito nel nulla ...". Cercò il mio sguardo con deluso rancore. "Ma noi formiamo pur sempre una grande famiglia, giusto, Chains ? ".

Gli accarezzai i riccioli ribelli sulla fronte. "Piccolo...Abbiamo la luna storta, eh ?".

Lui scattò in piedi. "Non chiamarmi così!!", sbraitò e afferrandomi per i fianchi, premette il suo corpo contro il mio. "Non sono più piccolo da tanto tempo...",aggiunse, portandosi una delle mie mani ai genitali.

Non opposi resistenza. "Bene, Spike...Adesso che mi hai dimostrato quanto sei felice di rivedermi, che cosa dovrebbe accadere, di preciso ?".

Il mio tono condiscendente lo irritò. Mi stuzzicò le labbra con le sue, tenace. "Non saprei...Ricordo che a Venezia, anni fa, non ti sei dimostrata timida...".

"Già...Anni fa...E qui siamo in Romania...".

Ero riuscita a raffreddare i suoi bollenti spiriti. Indietreggiò, un'espressione ferita sul volto. "Non fai la ritrosa con Angelus...". Con un pugno colpì la cornice in pietra del caminetto. "Dannato inferno, nessuna di voi lo è mai , con lui !".

Lo presi per le spalle e lo spinsi gentilmente verso la poltrona. "Forse è il caso che tu ti calmi, Spike. Oltre a quella bottiglia, devi esserti anche bevuto qualcuno totalmente sbronzo...".

Scoppiò a ridere. "Non uno. Quattro. Uscivano dall'osteria".

"Ecco. Appunto". Lo costrinsi a sedersi e mi sistemai sull'ampio bracciolo della poltrona, tenendolo fra le braccia. "Il mio piccolo è tanto nervoso, questa notte...", mormorai, il mento tra i suoi capelli.

Lui mugolò di soddisfazione, strofinandosi contro di me. Dimostrando un'abilità non comune, senza far saltare nessun bottone, scovò un'apertura nel mio cappotto e un'altra nella camicia e catturò uno dei miei seni con infantile caparbietà.

Glielo permisi e continuai a sussurrargli parole dolci e insensate, fino a quando la tensione del suoi muscoli si attenuò e scivolò nel sonno.

Mentre mi rialzavo con cautela, la vocina flebile di Drusilla attraversò la stanza come il singhiozzo di uno spettro dal fiato gelido. "Ambra e smeraldo...".

Era in piedi, una delle sue tante, raccapriccianti, bambole di porcellana stretta al petto, i riccioli corvini sciolti sulla vestaglia bianca e trasparente. I suoi occhi viola stavano ammirando il mio lungo cappotto nero. "Ambra e smeraldo...Fiamme nei capelli...vestita con la notte...". Tentò di sorridermi, ma ne risultò una smorfia di sofferenza. "A volte non lo sento...E a volte è dappertutto, dentro di me, ovunque...".

"Che cosa, Dru ?".

"L'urlo". Si appoggiò allo stipite della porta. "L'urlo dell'angelo. E' per via delle ali. Sono spuntate, alla fine... Ma sono troppo grandi e pesanti. Gli impediscono di camminare e se le trascina dietro. E urla. Oh, se tu potessi udirlo... Non credevo che si potesse urlare così e non morirne...".

Scosse il capo, lo sguardo sperduto. "Trascina le sue ali troppo grandi e troppo pesanti nella mia testa...E il dolore è così profondo...". La bambola le cadde e il nasino di porcellana si frantumò, ma lei non parve rendersene conto. "Dov'è il mio angelo ? Chains, dov'è ?".

La abbracciai, cullandola lievemente. "Vieni...", dissi tenendola per mano come una bambina smarrita. "Riposa accanto al tuo Re di coppe...".

Lei mi obbedì, accoccolandosi ai piedi di Spike e posandogli la testa in grembo.

"Veglia sui suoi sogni...", le raccomandai. "Io esco, ma tornerò, d'accordo ?".

Drusilla mi ascoltava, con disarmante candore. "Vai a cercare la nonna ?".

Intenerita, le sfiorai la fronte corruciata con un bacio. "Sì. Vado a cercare la nonna".


§ 4 §

Darla era una facile da trovare. Colpa del profumo : ne metteva sempre troppo.

Sedeva meditabonda su un muretto nelle periferia della città. Elegante, ovviamente splendida . Però, fatto insolito, aveva gli abiti insanguinati e il cadavere che giaceva scomposto a poca distanza da lei , un giovane piuttosto belloccio da quel che potevo presumere, era in condizioni spaventose.

Darla raramente faceva scempio della preda , perchè più ancora della caccia, amava la perfezione delle forme, anche in un morto. E Angelus le aveva insegnato come dare un tocco di classe al luogo del delitto.

Ma quel poveretto era stato massacrato, ridotto in uno stato tale da rimescolare lo stomaco persino a me...

"Che è successo ? Non era buono ?", le domandai.

"Sapeva di niente...Sangue come acqua", mi rispose, guardando altrove. "Non si può essere così attraenti ed avere solo acqua nelle vene. E' contro natura".

Contro natura...Nella sua bocca quel concetto assumeva strane tinte.

"Ho parlato con Spike e Dru...",esordii circospetta. "Dicono che...Angelus se n'è andato".

"Sì...E' assolutamente vero. Angelus se n'è andato". Finalmente sollevò il volto, soffermandosi sul mio con i suoi occhi indagatori, stranamente grandi quella notte. Aveva sangue anche sul mento. "Il mio ragazzo non c'è più, Chains... Puff !!".

" Cosa intendi ? E' stato forse ucciso ?". Sperai che la nota di panico misto a sorpresa nella mia voce suonasse sufficientemente sincera.

"Oh, no...Perlomeno avrei avuto un pò di polvere da raccattare... ". Agitò le mani guantate. Sangue. Sangue anche lì. Sangue dappertutto su di lei. " Oh, no...E' andata peggio. Molto, molto peggio... Ti ricordi quella zingara ? Quella che volevo regalargli per il suo compleanno ?".

Annuii, indietreggiando di qualche passo. L'odore del sangue era troppo intenso.

"Beh, l'ho fatto. Gliel'ho regalata. " Ridacchiò. Diamine, i suoi denti...Scarlatti. "Oh, è stata una gran festa di compleanno...Avresti dovuto esserci...". Sembrò distrarsi. Mi fissò. "Già...dov'eri, poi ? ". Scrollò la testa bionda e goccioline rosse mi schizzarono sul cappotto. "Comunque sia... è accaduto che la tribù di quell'insulsa creatura ha lanciato una maledizione sul mio ragazzo per punirlo...". Fece una pausa con un'espressione esterrefatta. "Gli hanno ridato un'anima...Una sporca, sudicia anima!!".

Restai in silenzio quel tanto che poteva bastare a simulare una ragionevole incredulità.
"Il Rituale dei non-morti...Devono aver usato quello. Credevo se ne fosse perduta da tempo la memoria...".

"Non ho la minima idea di come l'abbiano fatto. Ma l'hanno fatto", ribadì Darla. "Li ho sterminati, sai ?". Di nuovo il suo macabro sorriso. "Non hanno voluto revocare la maledizione, quei bastardi...". Tornò seria. "Tu non l'hai visto...Piangeva, parlava delle grida, dei bambini...Quello...Quello non era più il mio ragazzo...era...". Esitò. "Era un abominio. Un disgustoso abominio... Ho tentato di eliminarlo e poi l'ho cacciato. Non sopportavo di averlo davanti ".

"Un vero peccato", commentai.

Darla ammutolì. I suoi occhi rimpicciolirono, restringendosi a due fessure. "Pare che la cosa non ti tocchi minimamente. Eppure avrei giurato che...".

"Avresti giurato che cosa, Darla ?".

Sostenne il mio sguardo. "Che tu lo adorassi".

"Infatti. Non si può fare a meno di adorare le cose belle ", confermai serenamente. "Ma quando si rompono, è praticamente impossibile riportarle al loro splendore originario, perciò tanto vale gettarle e comprarne di nuove".

Il cinismo faceva sempre presa su di lei. Infatti scoppiò a ridere. "Quanto sei abile, Chains... In tutti questi anni eri riuscita a farmelo dimenticare...".

"Che cosa?".

"Che sei imprevedibile. Che nessuno può sperare di indovinare i tuoi pensieri... ". Mi contemplò con quella che interpretai come ammirazione. "Vediamo se almeno ho compreso il tuo non troppo velato suggerimento...Mi stai dicendo che devo trovarmi un altro compagno e scordarmi di quello precedente?".

"Al tuo posto, Angelus lo farebbe".

Un'altra risata. "Oh, sì...Questo è sicuro ! Se mi fossi presentata a lui con un'anima, con ogni probabilità mi avrebbe polverizzata senza pensarci due volte e a quest'ora sarebbe a letto con te o con qualche, nuova, giovane accolita...". Si rabbuiò. "Dannazione, per questo ero pazza di lui...".

"Lo amavi ?". Che crudeltà da parte mia... Però era singolarmente appagante provocarla in quel modo.

Darla sussultò. "Amore ? L'hai detto veramente ? ". Si alzò in piedi, sistemandosi con puntiglio le pieghe della gonna inzuppata di sangue. "Per carità, Chains...Quella è un'infezione benigna, da cui si può guarire ".

Si avvicinò. L'odore pungente del sangue mi avvolse. "Noi due siamo abbastanza vecchie da sapere che esistono malattie ben più gravi". Afferrandomi per il collo, mi costrinse a ricevere un bacio dal sapore di morte. "Incurabili. Mortali", aggiunse in un sussurro.

Mi ripulii la bocca. "Allora auguriamoci di non caderne mai vittime".


§ 5 §

Francamente non ricordo come convinsi Darla a ritornare da Dru e Spike... Di quella notte rammento solo alcuni momenti, come squarci improvvisamente limpidi in un cielo nebbioso.

E, ironia della sorte, sono i momenti che, ora come ora, preferirei aver dimenticato...

La vecchia, ad esempio.

L'unico essere vivente nella desolazione di ciò che restava dell'accampamento degli zingari. Nella foga della carneficina, Darla, Dru e Spike non dovevano essersi accorti di lei.

I cadaveri sparsi dovunque si stavano già decomponendo e sull'area del massacro si concentrava una cappa di fetore pestilenziale: qualche contadino aveva provveduto ad impalettarne alcuni per sicurezza e qua e là si notavano ninnoli e talismani contro i demoni, ma nessuno si era azzardato a toccare nulla . Gli strigoi potevano tornare, meglio stare alla larga.

E la vecchia rimaneva, sola, in quella scheggia impazzita d'inferno. Stava inginocchiata e composta davanti al fuoco, i capelli candidi sciolti e ancora folti e la veste tradizionale pulita e in ordine. Sembrava pronta per il proprio sepolcro.

"Ti aspettavo, strigoi ", mi disse semplicemente.

"Lo so". Mi fermai alle sue spalle. Fin dalla prima volta in cui ci eravamo incontrate, si era sempre rifiutata di guardarmi in faccia. Ignoravo se la causa fosse la superstizione o se la spaventasse qualcosa di specifico nella sottoscritta.

"La formula del rituale era quella giusta. Devo ringraziarti per averci permesso di recuperarla, strigoi ".

"Non c'è di che", replicai , incapace di distogliere gli occhi dai resti della strage tutta intorno a noi. Non capivo come potesse riuscire a respirare quell'aria satura di morte.
"Avete avuto la vostra vendetta...Allora ? Adesso come ti senti ?".

La sua schiena restò diritta, nessun tremito o sussulto. "E tu ? Tu, come ti senti, strigoi?".

Mentre lo chiedeva, si spostò leggermente all'indietro, verso di me. Sapeva già quale sarebbe stata la mia risposta. Ed io non la smentii. Le spezzai velocemente il collo e mi assicurai di farlo con delicatezza: dopotutto è raro incontrare un essere umano che accetti di morire con tale dignità.

Accompagnai l'afflosciarsi del corpo con le mani, perchè non cadesse nel fuoco, e raccolsi il globo di Thesulah , posato nel suo grembo.

Per qualche istante mi soffermai a contemplarlo, alla luce delle fiamme, accarezzando la sua superficie liscia e opalescente. Nient' altro che una semplice sfera, piacevole al tatto e senza valore... Curioso : persino gli oggetti, a questo mondo, sono capaci di ingannare.

Lo stritolai nel mio pugno.


§ 6 §

Quella notte...

Chissà se è mai esistita una notte più lunga di quella. Una notte senza fine, resa ancora più cupa dalla fitta foresta transilvana e dai suoi alberi alti e scuri, come antichi viaggiatori intrappolati nell'ombra, muti osservatori dell'oscurità celata nel loro ventre di rami e silenzio.

Lui . Lo percepivo sempre più vicino. E quel che mi trasmetteva era così sconvolgente da provocarmi dolore fisico. Dru non aveva esagerato: lui stava urlando. Un grido di pietra, di quelli che nessuno è in grado di udire, ma che riduce a brandelli la carne all'interno, fino all'osso, al midollo.

Fino all'anima.

Misericordia, era quello dunque l'effetto dell'anima ?

Umanità che concedeva inumana sofferenza ?

In prossimità di un grosso tronco particolarmente vecchio, dovetti fermarmi, improvvisamente priva di equilibrio. Turbata, cercai un sostegno nella sua corteccia nodosa e fu come se di colpo le voci delle molte epoche, succedutesi intorno a quella pianta, mi esplodessero nel cervello. Una cacofonia di gemiti e sospiri e sopra ogni cosa l'urlo. Lacerante, ininterrotto.

Cercando di riprendere il controllo, sbirciai dall'altro lato dell'albero e, per un attimo, desiderai di avere un cuore pulsante, così che potesse arrestarsi e uccidermi .

Lui era lì. Rannicchiato tra le radici che emergevano dal terreno, i capelli arruffati, gli abiti sporchi. E piangeva.

Come Liam...Come la prima volta in cui l'avevo visto, in quel vicolo di Galway.

Scivolai in ginocchio e mi avvicinai lentamente. Non sapevo in che modo chiamarlo: era Liam o era Angelus, adesso ? O qualcos'altro ?

Lo toccai. "Amore...Amore, sono io...".

Che male c'era se sceglievo di chiamarlo così ?

Sobbalzò, scostandosi i capelli dalla faccia. I suoi occhi...Splendidi. Velluto scuro. Li riconoscevo. Esitò. "Chains...?".

"Sì, amore, sono io...".

"Chains...Chains...", continuò a ripeterlo, le lacrime che scendevano lente lungo le sue guance, poi la sua voce si incrinò, il suo sguardo divenne colmo di consapevolezza e orrore. "Chains ! Oddio, Chains!". E mi tese le braccia, come un bambino.

Oh, sì, avere un cuore...Avere un cuore e di nuovo morire...

Lo strinsi forte e mi lasciai stringere da lui. Nessuno dei due parlò. Esiste un tipo di disperazione che non necessita di esprimersi a parole.

Ancora oggi, mi capita di rivivere quell'abbraccio nei sogni e lo sento, contro di me, lo sento piangere e le sue lacrime mi bruciano la pelle. Sento il suo corpo, così familiare e inaspettatamente fragile, sotto le mie carezze.

Sento la sua anima. Che grida.

E mi risveglio gridando anch'io. Come quella mattina, nella foresta.

Già, la notte senza fine, dopotutto, si era conclusa, cedendo il posto a un giorno nuvoloso e grigio. Non correvo alcun pericolo : il bosco permetteva a ben poca luce di filtrare fino al suolo e il vecchio albero, con la sua enorme chioma, era un ottimo riparo.

Ciò nonostante, prima di andarsene, lui mi aveva coperta con la sua giacca.

Lui...Liam...Angelus...o qualco'altro ancora...

Rimasi ad attendere l'oscurità, tra le radici, la giacca e i miei pensieri come unici compagni. Tentai anche di piangere, credo. Ma non ne ero più in grado.

E' così che accade, a volte.

Tagli la testa del serpente che ti ha morso, condannandoti a morte.

Poi scopri che assistere alla sua agonia rende la tua ancora più atroce.

E che nessuno verrà con te all'Inferno.


* NB : "strigoi " in rumeno significa "vampiro", almeno a quanto sostiene Jeanne Kalogridis nei suoi "Diari della famiglia Dracula". Non conoscendo il rumeno, non so se sia vero, ma il termine mi piaceva.

Continua...