§ La donna in catene §

 

scritto da:
Franca (dreamhunter72@libero.it e frankab@tin.it)
spoiler: alcuni dei flashback da "Darla", seconda stagione di ATS
pairing : Chains/Angel(us), Chains/Darla
rating: NC-17, per l'atmosfera violenta
timeline: 1900
summary: nonostante l'anima, Angelus si ricongiunge alla "vampire family", ma non riesce ad ingannare Chains...
disclaimer: Angelus, Darla, Spike, Dru e i fatti raccontati nella serie appartengono a Whedon, Greenwalt, la WB, la FOX, la ME, e quant'altri. Li uso senza il loro permesso ma non a scopo di lucro. Chains èun personaggio di mia creazione.


§ CAPITOLO SETTIMO - 1900 §
§ TURBINE §


§ E' un cancro, quest'anima ! §
Darla - "Darla"



§ 1 §

Cina

Si potrebbe credere che i vampiri amino le guerre : cibo in abbondanza, caos , i presunti innocenti, gli umani, che dimostrano di essere mostri quanto noi, quelli senz'anima...

Per me non è così e in mezzo alle guerre mi sento a disagio. Non mi piace vedere la gente che ammazza altra gente. Diamine, gli assassini siamo noi!

Accettare e riconoscere la propria condizione di mostro è in qualche modo confortante : non servono giustificazioni o analisi cervellotiche, lo sei e basta, e ci si aspetta che tu ti comporti come tale, perchè è nella tua natura.

Ma se anche coloro, che normalmente ti puntano contro un dito accusatore, dall'alto della loro purezza, cominciano a compiere atti simili ai tuoi o addirittura peggiori...Beh, allora ti chiedi chi sono i mostri autentici e chi o cosa abbia tracciato la linea che separa il bene dal male e che tanto spesso si fa indistinta e fin troppo facilmente superabile...

Se rimanevo in Cina,dunque, nonostante la rivolta dei Boxer, era a causa di Darla, che, al contrario , adorava assistere all'autodegradarsi del genere umano. Credo la aiutasse a sentirsi superiore.

Restavo perchè sapevo che tutto stava per concludersi. E quando si arriva a comprendere che non c'è più strada da percorrere, improvvisamente si prova una triste, assurda, nostalgia per quella alle proprie spalle.

E' buffo...Siamo mostri, è così, eppure in noi persiste un innato senso della famiglia. E come in tutte le famiglie, accade il più delle volte che la mancanza di un solo membro finisca per spezzarne irrimediabilmente l'armonia. Di certo quella della nostra era andata in frantumi, talmente piccoli che era impensabile sperare di poterli rimettere insieme.

Ci trovavamo al crepuscolo di un'epoca, impossibile arrestare il corso di quel tramonto.

Ma gli eventi possono prendere pieghe inaspettate, nel giro di pochi secondi, il tempo per pronunciare una frase apparentemente innocua. Come quel giorno, un giorno qualsiasi di violenza, mentre ero intenta a combattere la noia con un libro.

Darla spalancò la porta della mia stanza senza bussare, il volto raggiante, arrossato di eccitazione e sangue fresco. "Chains!", esclamò, "Angelus...Il mio ragazzo è tornato!!".

§ 2 §

Urla, fuoco, spari.

Intorno a me, la rivolta era al culmine, ma la mia espressione doveva essere ancora più spaventosa, perchè chiunque tentasse di attaccarmi, desisteva spontaneamente, non appena mi vedeva in faccia.

Angelus...

Avevo cercato di cancellarlo. Bruciando la giacca con cui mi aveva coperta, prima di andarsene, nella foresta transilvana. Bruciando tutti i vestiti indossati durante i nostri incontri, quei vestiti che lui aveva toccato. Aggirando le città visitate insieme, marchiate a sangue dal nostro passaggio. Esiliando il suo nome da qualsiasi discorso.

Avrei voluto bruciare anche la mia pelle. Peccato che il mio istinto di sopravvivenza sia sempre stato troppo saldo.

E comunque non potevo evitare di dormire, seppur solo per poche ore. E non potevo evitare i sogni. Sogni lunghi, infiniti, ricchi di particolari, di odori, di sensazioni e gusti. Ricchi di lui, dei suoi occhi, della sua bocca, il suo corpo, la sua risata. Lui, che predava ogni mio momento di riposo e di oblìo, occupandolo, pretendendo spazio, vampirizzandomi attraverso il sonno.

Ed io... che come una stupida, quasi desideravo di addormentarmi...

Ma erano trascorsi solo due anni, mi dicevo. Due anni contro quasi un secolo di passione condivisa. Occorreva tempo, per abituarsi, per morire con almeno un pò di eleganza. Non era forse quello che avevo sempre sostenuto ? Che occorre tempo?

Ora , però, sembrava proprio che il mio fragile castello di carte, messe una sull'altra tanto faticosamente, fosse in procinto di crollare...

Angelus era tornato... O meglio ero tornato il vampiro con l'anima, che, a quanto mi aveva raccontato Darla, ancora si aggrappava ostinatamente a quel nome, a quell'identità... Cosa poteva significare ? Che l'anima aveva esaurito il suo devastante effetto d'impatto e lui era riuscito a dominarla e sottometterla, come era abituato a fare con tutto e tutti ? O che invece essa seguitava a scavargli ferocemente dentro, tanto da indurlo a cercare di ribellarsi alla sua nuova condizione ?

Darla non si era soffermata troppo a porsi domande. Chiunque fosse il vampiro ritornato da lei, l'aveva circuita alla svelta, nel miglior stile di Angelus.

Ritornato da lei...Già, da lei... Non da me.

Un'improvvisa ondata di collera mi investì. Afferrai la prima persona che mi capitò a tiro e la mandai a sbattere con tale violenza contro un muro da udire lo scricchiolìo delle sue ossa, anche in tutto quel fracasso.

Mi ero sfogata su un buono o su un cattivo ?
E che differenza c'era, alla fine ?
Io sono un mostro. I mostri fanno queste cose.

E perchè mai lui, quello a cui non riuscivo più ad attribuire un nome, sarebbe dovuto tornare da me ?

La vista, annebbiata dal furore ormai sopito, mi si schiarì e mi bloccai di colpo. Le risposte mi stavano venendo incontro, tra le fiamme e il sangue. Il quartetto infernale di nuovo al completo.

Spike, Dru, Darla. E Angelus.


§ 3 §

Sembrava lo stesso. Elegante, impeccabile, bello e pericoloso.

Ma i suoi occhi...Mi bastò vedere i suoi occhi...Dannazione, come aveva potuto Darla non accorgersene ?

Lei, vestita di rosso, si appese al mio braccio e mi posò la testa sulla spalla, pungendomi con il suo complicato cappellino. "Guarda chi abbiamo qui, mia cara...", mi sussurrò. "Non lo saluti ?".

Non risposi subito. Nemmeno Angelus si mosse. Mi fissava e qualcosa di sconvolgente traspariva dalla sua espressione...Emozioni. E...umanità. Per tutti gli angeli e i demoni, sì, era umanità !!

Come sua abitudine, Darla detestava non essere al centro dell'attenzione, specie di noi due. Mi strattonò bruscamente il braccio. "Beh ? Sei diventata timida ?". Poi si rivolse ad Angelus. "E tu ? Hai dimenticato la buona educazione ?".

Ci pensò Spike, a porre fine a quell'imbarazzante balletto di silenzi. Spuntò fra di noi e mi sollevò di peso. "Salve, bella falena !! Ci siamo tutti ora ! E bisogna festeggiare!! Lo sai cosa ho fatto ? Lo sai ?". Era sovraeccitato, più trasandato del solito e da una ferita al sopracciglio sinistro il sangue gli colava sul volto.

Drusilla si unì al nostro abbraccio. "Sì, zia Chains, lo sai ? Lo sai cosa ha fatto ?".

Spike mi baciò su entrambe le guance e sulla bocca. "Ho ucciso una Cacciatrice!".

Gli sorrisi. "Bravo. Mi congratulo. Ti meriti un regalo. Cosa ti piacerebbe ?".

Lui me lo sussurrò ad un orecchio e Drusilla ridacchiò. Scossi il capo. "Magari ne riparliamo, d'accordo ? Adesso perchè non mi metti giù ?
Per grazia ricevuta non respiro, altrimenti mi avresti soffocata...".

Spike obbedì, totalmente pieno di sè e della propria gloria. A vent'anni dalla sua vampirizzazione, era ancora un bambino non cresciuto. Ma non avevo tempo di occuparmene : lo sguardo di Angelus mi stava marchiando a fuoco.

E quando lo ricambiai, lui lo distolse. Angelus che distoglieva lo sguardo per primo...No, impossibile...

Ma l'impazienza di Darla era palpabile. Attendeva, bramava una mia reazione. La aspettava da due anni : non aveva mai davvero creduto alla mia indifferenza, lo capivo solo ora. Che mistero, la mia vecchia amica : così diffidente e ugualmente così pronta ad illudersi...

Decisi di darle ciò che voleva. Scansai Spike e Drusilla concedendo loro un paio di carezze e mi fermai di fronte a Angelus. "Lasciateci soli ".

Un secco ordine, l'autorità di un vampiro antico. Che Darla traesse pure le conclusioni che preferiva... Non la guardai, ma compresi dalla sua risatina sprezzante, così affrettata, che quel mio atteggiamento, ancora una volta, l'aveva sorpresa. "Ma certo, tesoro, fate con comodo. I ragazzi ed io ce ne andremo a sterminare un pò di missionari..."..

Quando fui certa che si fossero davvero allontanati, sollevai gli occhi su di lui. Era rigido, ancora immobile, indeciso tra un paio di emozioni. Potevo vederle, distintamente, sul suo viso : non gli dispiaceva riincontrarmi, ma avrebbe preferito essere altrove, a mille miglia da me.

Allungai una mano, la posai sulla sua guancia. Sussultò. Era più facile leggergli dentro, adesso, e riuscii a avvertire il brivido che gli percorreva l'intero corpo a quel contatto. Quale che fosse la sua natura attuale, non aveva dimenticato i nostri trascorsi e il mio tocco era ancora sufficiente a risvegliare il suo desiderio.

Evitai di pensare a quanto questo mi riempisse di...soddisfazione ?

"Sei caldo...Ti sei nutrito", constatai. "E chi era ? Un ladro ? Meglio ancora, uno stupratore ?".

Angelus strinse le labbra, senza però sottrarsi alla mia ferma carezza. "Non ne ho idea. Era una preda. Quando mai ha fatto differenza, per te ?".

"Non è di me che stiamo parlando. E' di te. E tu adesso attacchi solo i cattivi soggetti, non è così ?". La mia mano restava su di lui e lui lasciava che ci restasse. E i suoi occhi...I suoi occhi correvano, in cerca di risposte che non trovavano. "Non puoi più uccidere gli altri, i buoni... Lo so. Lo vedo", continuai, fredda, determinata. "La tua anima ti lacera la pelle, pretende aria".

"Stai farneticando", replicò, tradito dalla tensione dei suoi muscoli. "L'anima non è un problema. Io sono sempre Angelus ".

Scoppiai spontaneamente a ridere, una risata sinistra e stonata. "Oh, no...A quest'ora Angelus mi avrebbe già piegato il braccio a novanta gradi nel verso sbagliato, per l'impudenza delle mie parole...". Gli presi il volto e lo baciai, all'improvviso, brutalmente. "Tu non sei più Angelus", aggiunsi indietreggiando e leccandomi le labbra. "Non ne hai più nemmeno il sapore".

Il bacio lo confuse. Il commento lo ferì. "Vuoi che ti faccia del male, Chains ?
E' questo che mi chiedi ? Devo farti provare dolore perchè tu mi riconosca ?".

Mi avvicinai di nuovo, fino quasi a sfiorargli la bocca. "Toccami. Avanti. Sono calda, come te. Però io non mi sono soffermata a domandarmi se stavo per nutrirmi di un innocente o di un colpevole. Non sono un giudice. Sono un predatore". Poggiai la fronte contro il suo mento, senza più guardarlo. "Siamo mostri. Tutti noi. Ti sporcherai le mani, ostinandoti a rimanerci accanto. E a un certo punto saranno così sudice che nemmeno l'acqua santa potrà ripulirtele". Lo allontanai con una brusca spinta. "Interroga la tua anima : è a lei che devi chiedere cosa vuole, non a me".

Non ricordo con precisione cosa feci, dopo avergli voltato le spalle, tranne che versai molto sangue, più di quanto il mio corpo potesse assorbirne, non abbastanza per placare la mia inquietudine...

Ma è uno dei vantaggi di non avere un'anima : se ti sporchi le mani, nessuno ti impone di lavarle.


§ 4 §

Darla non impiegò molto ad arrendersi all'evidenza. Mi fu chiaro non appena varcai la soglia del suo appartamento, qualche giorno dopo.

La grande vetrata orientale su un lato della sua stanza preferita era in frantumi e lei, con indosso un bellissimo kimono di seta chiara, sedeva pensierosa, fissando una culla vuota, rivestita di pizzo bianco.

"Cosa è accaduto ?". Lo chiesi più per educazione che per curiosità.

"Tu l'avevi capito, vero?", replicò, con gli occhi lontani. "Per questo, dopo aver parlato con lui, non ti sei più fatta vedere. L'avevi capito e non me l'hai detto. Hai permesso che mi ingannasse". Non c'era astio nella sua voce, solo vuota sorpresa.

Avanzai e le schegge di vetro scricchiolarono sotto i miei stivali. "Ti riferisci a Angelus ? O meglio...al fatto che non è più Angelus ?". Quel nome bastò a catturare la sua attenzione. Il suo sguardo, sottile come quello di una gatta pronta ad attaccare, si puntò su di me.

"Suvvia, l'avevi capito anche tu...", continuai serenamente, per nulla impressionata. "Sei stata tu a permettergli di ingannarti. Ti mancava troppo...".

Si concesse un sospiro teatrale. "E' ovvio che mi mancasse...Senza di lui non ho più avuto un orgasmo autentico ...Lui...Era lui che placava i capricci di Drusilla...Lui che metteva a tacere le intemperanze di Spike... Lui che ti teneva legata a tutti noi...". Mi guardò. "Credi che non me ne sia accorta ?
Un tempo te ne andavi e ritornavi, ma era come una danza, un giro più ampio e uno più stretto...Ora, ogni volta che ti allontani, non sono mai certa che ti rivedrò. E anche quando sei qui, in realtà non ci sei".

Si alzò in piedi, la seta del suo kimono frusciò mentre si avvicinava. "Per centocinquant'anni è stato tutto perfetto...Così, quando ho sentito di nuovo le sue mani su di me, il sapore della sua bocca, io...ho desiderato, voluto,che davvero quell'anima non contasse nulla...". Scosse la testa, i capelli biondi e raccolti brillarono sotto le luci. "Ma...l'ho visto fermarsi prima di uccidere...scegliere soltanto reietti...proteggere...oh, sì, proteggere quelle che avrebbero dovuto essere prede...". Indicò la culla. "Così l'ho messo alle strette. Gli ho offerto un neonato, perchè mi provasse che era quello di sempre. E lui non ce l'ha fatta. Ha preso il bambino ed è scappato, sfondando quella vetrata...".

"Non poteva farcela, Darla. Non poteva andare contro la sua natura, esattamente come tu e io non possiamo contrastare la nostra. E' così".

"E' così...sì". Qualcosa di simile a un broncio le increspò il mento. "Il mio Angelus non c'è più. L'ho perso...Di nuovo. L'ho perso due volte...". Agitò una mano nell'aria, impotente. "Cosa avrò mai fatto per dover essere punita in questo modo ?", si lamentò.

Mi strinsi nelle spalle. "Che vuoi farci...Noi siamo i mostri. C'è sempre qualcosa per cui dobbiamo pagare".

"E adesso perderò anche te...", sussurrò lei, avvolgendomi col suo profumo. "Questa volta te ne andrai per non tornare, vero ?". Mi prese una mano, se la mise sul petto, gli occhi, grandi ora, spalancati e smarriti. "Resta qui. Non voglio essere sola quando verrà l'alba".

La abbracciai e lasciai che mi baciasse come un'amante, senza oppormi, accarezzandola. "Resta...", bisbigliò, le labbra sulla mia gola.

"Non posso. Non adesso". La tenni saldamente per le spalle. "Ho una faccenda da sbrigare, ma tornerò prima che sorga il sole, d'accordo ?
Farò del mio meglio".

Darla annuì, seria, facendo un passo indietro. Non tentò di trattenermi. Mi voltai, prima di uscire, a guardarla, la bionda dea sconfitta, tra i cocci di un passato che non poteva rivivere. Lei mi fece un cenno col capo.

Non mi disse addio, anche se sapeva che non sarei tornata mai più.

§ 5 §

Si era rifugiato in una casa devastata dalla rivolta, in parte crollata, pericolante, a brandelli come il vestito di un assassinato...o come doveva sentirsi lui in quel momento.

Aveva sistemato il bambino sopra alcuni cuscini impolverati ed ora dormiva poco distante, per terra, la testa bruna contro un muro sgretolato, le palpebre chiuse che fremevano , segno di un sonno tutt'altro che sereno.

Per un pò restai assolutamente immobile, ad osservarlo, di nuovo lì, inerme, davanti a me, come già lo era stato in altre occasioni. Nel letto della locanda a Galway...Nella capanna sperduta nelle paludi del Camargue... Nelle tante notti trascorse insieme... E ogni volta avevo provato gli stessi, opposti, impulsi : il desiderio di ucciderlo e la totale incapacità di farlo.

E stava accadendo anche adesso. Ero più forte, avrei potuto eliminarlo velocemente e porre fine al suo tormento. Sarebbe stato facile e persino pietoso.
Ma non potevo. Proprio non potevo. La sola idea mi paralizzava.

La mia tensione emotiva si insinuò nei suoi incubi e si svegliò di soprassalto. Il predatore che, in qualche modo, ancorava dimorava in lui, gli consentì di diventare immediatamente vigile e mi riconobbe all'istante.

"Ti ha mandato Darla ?", mi chiese sulla difensiva, spostandosi impercettibilmente verso il bambino.

"Ti risulta che abbia mai preso ordini da lei ?", replicai con dolcezza.

Fissò gli occhi scuri nei miei, con la stessa fluida velocità di Angelus : ma l'abisso dietro quello sguardo, adesso, era diverso, velluto e dolore, una profondità incalcolabile. "Se non ti manda Darla, allora perchè ? Perchè sei qui ?".

Mi appoggiai con cautela all'arco della porta, le braccia conserte. "Questa casa è in procinto di crollare, dovresti cercarti un rifugio migliore...".

"Non hai risposto alla mia domanda", insistette.

"No, non ho risposto", ammisi. "Fammene una più facile".

Tentavo di conservare un tono freddo e sarcastico, ma l'urgenza nei suoi occhi, il bisogno totale che li riempiva, erano un pugno nello stomaco. "Se fossi stata tu il mio sire...", mormorò a voce bassissima, quasi tra sè. "Se fossi appartenuto a te e non a Darla...".

Intuivo da quale dubbio nascesse il suo tormento. Un tormento che non ero in grado di
guarire..."Vuoi sapere se saresti stato altrettanto crudele e perverso ? Tu cosa credi?".

Sorrise, si passò le grandi mani sul viso e tra i capelli. "Ah, già...Il tuo inattaccabile scudo di semantica...Mai una risposta, mai una rivelazione...Solo tante parole infiocchettate come specchietti per le allodole...".

"Quando hai una vita pressochè eterna finisci per rivalutare l'importanza delle parole...Alcune le dimentichi, altre col tempo perdono di significato...Molte non avresti mai voluto pronunciarle, nè udirle...". Accennai col capo al bambino. "Cosa intendi farne ?".

Lui parve confuso. "Non lo so... L'ho portato via senza riflettere...".

" E' troppo calmo: dev'essere debole. Presto avrà fame e freddo. E verrà fame anche a te... Guardati, non riesci nemmeno a stargli vicino". Feci una pausa. La mia mente accellerò : mille decisioni si sovrapposero in pochi secondi. "Me ne occuperò io".

"Cosa?", esclamò sconcertato.

"Ehi... Quella di nutrirsi di cuccioli è sempre stata una deprecabile forma di ingordigia della vostra sadica famigliola. Sai bene che io preferisco prede più grosse", mi difesi.
" Intendevo che troverò qualcuno a cui affidarlo. Sarà semplice: molti occidentali stanno fuggendo dal paese".

Era ancora sospettoso. "Perchè dovresti preoccuparti di salvarlo?".

"Quello di cui mi preoccupo io non...".

"Rispondi alla mia domanda, Chains", mi interruppe, deciso . " E non mi dire che ne vuoi una più facile".

Bene...Basta con i sotterfugi : la strada terminava proprio lì, tra quelle macerie... Mi accovacciai di fronte a lui, perchè potesse vedermi bene in faccia . "E' per te... che lo farò", risposi. " E' per te... che lo salverò. Ti basta ? Ti può bastare ?".

Mi scrutò. Improvvisamente mi era impossibile sondare le sue emozioni, forse perchè io stessa avevo perso il controllo sulle mie. Lo vidi ritrarsi nuovamente contro la parete. "Va bene. Prendilo". Non aggiunse altro.

Raccolsi il piccolo. In effetti era piuttosto pallido, ma sembrava robusto : gli offrii un dito e cominciò a succhiarmelo energicamente , facendomi ridere per il solletico. E mentre ridevo, un senso di vuoto mi si allargò nel petto, come se vi si fosse aperto un buco...

Sollevai gli occhi : se n'era andato.

Anche lui senza dire addio.


§ 6 §


La vecchia carrozza, malmessa, ma ancora efficiente, sostava in un vicolo buio, nei pressi del porto, dove una nave stava per salpare, consentendo a numerosi cittadini occidentali di mettersi in salvo.

Il mio travestimento continuava a non tradirmi. Nell'abitacolo poco spazioso, il gentiluomo inglese guardava il mio lungo cappotto nero, i capelli rossi di media lunghezza, gli abiti maschili e di classe e vedeva esattamente ciò che voleva vedere : un ragazzo, al massimo diciottenne, di buona famiglia e ben educato.

Un ragazzo con un neonato fra le braccia.

"L'ho trovato in grembo alla madre ormai cadavere. Non so nulla della poverina...", stavo spiegando, nella voce un tono adeguatamente sconvolto e impietosito. "Di certo si trattava di un'europea, elegante e curata...Probabilmente stava fuggendo, quando la morte l'ha raggiunta all'angolo di quella strada...Che cosa orribile...".

L'uomo annuì, il volto tirato, le labbra strette. "Dio del cielo, sì...E' un miracolo che non sia stato ucciso anche il piccolo...". I suoi occhi grigi cercavano continuamente il bambino.

"Già...Mi ritengo un privilegiato nell'aver avuto l'opportunità di salvare la vita così preziosa di questa creatura...Ma voi capite...Io qui non ho che mio padre, un uomo ormai anziano e malato...E sono così inesperto...Come potrei occuparmene ?". Mi sfuggì un singhiozzo.

"Perchè non partite anche voi, signor...?
Scusate, temo di aver scordato il vostro nome...", mi chiese l'uomo, colpito dalla mia apparente giovane età e dall'angoscia che dimostravo.

"De Chaines", risposi, scuotendo il capo. "No...Non mi è possibile. Come vi ho detto, mio padre è malato, non è in grado di affrontare un viaggio per mare. Nessun tipo di viaggio, in verità...". Sospirai. "Se dobbiamo morire, ebbene moriremo, ma questo povero innocente...". Rimirai il neonato che agitava le manine, osservandoci pacifico. "Non è che all'inizio della sua esistenza e forse è stato un segno del destino che l'abbia trovato. E che abbia trovato voi. Sapevo di questa nave, ho chiesto dei passeggeri e mi hanno detto di voi...e della vostra tragedia personale...di vostra moglie che ha perduto il figlio che aspettava a causa di questa rivolta...".

"Purtroppo. Soffre molto, è distrutta dal dolore", mormorò lui vicino alle lacrime. "Ed è colpa mia. Io l'ho portata qui".

"Posso immaginare quanto debba essere difficile per voi ed è per questo...". Gli tesi il bambino, con aria speranzosa e umile. " Vostra moglie potrebbe allattarlo...Allevierebbero la pena l'uno dell'altra...Vi prego...Io non so più che altro fare...".

Mi ero aspettata di dover insistere a lungo, ma avevo sottovalutato la disperazione di quell'inglese, colpito dal lutto e lontano da casa. Quasi mi strappò il neonato dalle mani e lo rimirò come se fosse un dono del cielo.

Se solo avesse saputo che era un dono dall'inferno...

Mi sorrise, commosso. "Signor De Chaines, non occorre che mi convinciate. Sento che questa è la cosa giusta da fare. La migliore. In Inghilterra, la nostra famiglia non è ancora a conoscenza di quanto accaduto...E non lo sarà mai. Mia moglie amerà questo bambino all'istante, ne sono certo, e lo alleveremo come se fosse nostro". Mi strinse con affetto paterno una spalla. "Da tutto questo orrore ne verrà qualcosa di buono, dopotutto...Forse ci siamo davvero trovati tutti qui perchè lo ha voluto il destino...".

"E' consolante pensarlo", convenni con atteggiamento modesto, poi aprii lo sportello della carrozza. "Torno da mio padre, ora. E grazie per aver accolto questo innocente nella vostra famiglia".

Scesi. L'uomo, il fagottino tra le braccia, si sporse. "Grazie a voi, piuttosto, signor De Chaines. Vostro padre può essere più che orgoglioso del proprio figlio : siete un giovane con molto coraggio e un grande cuore".

Gli feci un inchino, riuscendo persino ad arrossire un pò. "Faccio del mio meglio, signor Wyndham- Price. Faccio solo del mio meglio".

Continua...