scritto da: Franca (dreamhunter72@libero.it e frankab@tin.it)
spoiler: alcuni dei flashback da
"Darla", seconda stagione di ATS
pairing : Chains/Angel(us), Chains/Darla
rating: NC-17, per l'atmosfera violenta
timeline: 1900
summary: nonostante l'anima, Angelus si
ricongiunge alla "vampire family", ma non riesce ad ingannare Chains...
disclaimer: Angelus, Darla, Spike, Dru
e i fatti raccontati nella serie appartengono a Whedon, Greenwalt,
la WB, la FOX, la ME, e quant'altri. Li uso senza il loro permesso
ma non a scopo di lucro. Chains èun personaggio di mia creazione.
§ CAPITOLO SETTIMO - 1900 §
§ TURBINE §
§ E' un cancro, quest'anima ! §
Darla - "Darla"
§ 1 §
Cina
Si potrebbe credere che i vampiri amino le guerre : cibo in
abbondanza, caos , i presunti innocenti, gli umani, che dimostrano
di essere mostri quanto noi, quelli senz'anima...
Per me non è così e in mezzo alle guerre mi sento a disagio. Non mi
piace vedere la gente che ammazza altra gente. Diamine, gli
assassini siamo noi!
Accettare e riconoscere la propria condizione di mostro è in qualche
modo confortante : non servono giustificazioni o analisi
cervellotiche, lo sei e basta, e ci si aspetta che tu ti comporti
come tale, perchè è nella tua natura.
Ma se anche coloro, che normalmente ti puntano contro un dito
accusatore, dall'alto della loro purezza, cominciano a compiere atti
simili ai tuoi o addirittura peggiori...Beh, allora ti chiedi chi
sono i mostri autentici e chi o cosa abbia tracciato la linea che
separa il bene dal male e che tanto spesso si fa indistinta e fin
troppo facilmente superabile...
Se rimanevo in Cina,dunque, nonostante la rivolta dei Boxer, era a
causa di Darla, che, al contrario , adorava assistere all'autodegradarsi
del genere umano. Credo la aiutasse a sentirsi superiore.
Restavo perchè sapevo che tutto stava per concludersi. E quando si
arriva a comprendere che non c'è più strada da percorrere,
improvvisamente si prova una triste, assurda, nostalgia per quella
alle proprie spalle.
E' buffo...Siamo mostri, è così, eppure in noi persiste un innato
senso della famiglia. E come in tutte le famiglie, accade il più
delle volte che la mancanza di un solo membro finisca per spezzarne
irrimediabilmente l'armonia. Di certo quella della nostra era andata
in frantumi, talmente piccoli che era impensabile sperare di poterli
rimettere insieme.
Ci trovavamo al crepuscolo di un'epoca, impossibile arrestare il
corso di quel tramonto.
Ma gli eventi possono prendere pieghe inaspettate, nel giro di pochi
secondi, il tempo per pronunciare una frase apparentemente innocua.
Come quel giorno, un giorno qualsiasi di violenza, mentre ero
intenta a combattere la noia con un libro.
Darla spalancò la porta della mia stanza senza bussare, il volto
raggiante, arrossato di eccitazione e sangue fresco. "Chains!",
esclamò, "Angelus...Il mio ragazzo è tornato!!".
§ 2 §
Urla, fuoco, spari.
Intorno a me, la rivolta era al culmine, ma la mia espressione
doveva essere ancora più spaventosa, perchè chiunque tentasse di
attaccarmi, desisteva spontaneamente, non appena mi vedeva in
faccia.
Angelus...
Avevo cercato di cancellarlo. Bruciando la giacca con cui mi aveva
coperta, prima di andarsene, nella foresta transilvana. Bruciando
tutti i vestiti indossati durante i nostri incontri, quei vestiti
che lui aveva toccato. Aggirando le città visitate insieme,
marchiate a sangue dal nostro passaggio. Esiliando il suo nome da
qualsiasi discorso.
Avrei voluto bruciare anche la mia pelle. Peccato che il mio istinto
di sopravvivenza sia sempre stato troppo saldo.
E comunque non potevo evitare di dormire, seppur solo per poche ore.
E non potevo evitare i sogni. Sogni lunghi, infiniti, ricchi di
particolari, di odori, di sensazioni e gusti. Ricchi di lui, dei
suoi occhi, della sua bocca, il suo corpo, la sua risata. Lui, che
predava ogni mio momento di riposo e di oblìo, occupandolo,
pretendendo spazio, vampirizzandomi attraverso il sonno.
Ed io... che come una stupida, quasi desideravo di addormentarmi...
Ma erano trascorsi solo due anni, mi dicevo. Due anni contro quasi
un secolo di passione condivisa. Occorreva tempo, per abituarsi, per
morire con almeno un pò di eleganza. Non era forse quello che avevo
sempre sostenuto ? Che occorre tempo?
Ora , però, sembrava proprio che il mio fragile castello di carte,
messe una sull'altra tanto faticosamente, fosse in procinto di
crollare...
Angelus era tornato... O meglio ero tornato il vampiro con l'anima,
che, a quanto mi aveva raccontato Darla, ancora si aggrappava
ostinatamente a quel nome, a quell'identità... Cosa poteva
significare ? Che l'anima aveva esaurito il suo devastante effetto
d'impatto e lui era riuscito a dominarla e sottometterla, come era
abituato a fare con tutto e tutti ? O che invece essa seguitava a
scavargli ferocemente dentro, tanto da indurlo a cercare di
ribellarsi alla sua nuova condizione ?
Darla non si era soffermata troppo a porsi domande. Chiunque fosse
il vampiro ritornato da lei, l'aveva circuita alla svelta, nel
miglior stile di Angelus.
Ritornato da lei...Già, da lei... Non da me.
Un'improvvisa ondata di collera mi investì. Afferrai la prima
persona che mi capitò a tiro e la mandai a sbattere con tale
violenza contro un muro da udire lo scricchiolìo delle sue ossa,
anche in tutto quel fracasso.
Mi ero sfogata su un buono o su un cattivo ?
E che differenza c'era, alla fine ?
Io sono un mostro. I mostri fanno queste cose.
E perchè mai lui, quello a cui non riuscivo più ad attribuire un
nome, sarebbe dovuto tornare da me ?
La vista, annebbiata dal furore ormai sopito, mi si schiarì e mi
bloccai di colpo. Le risposte mi stavano venendo incontro, tra le
fiamme e il sangue. Il quartetto infernale di nuovo al completo.
Spike, Dru, Darla. E Angelus.
§ 3 §
Sembrava lo stesso. Elegante, impeccabile, bello e pericoloso.
Ma i suoi occhi...Mi bastò vedere i suoi occhi...Dannazione, come
aveva potuto Darla non accorgersene ?
Lei, vestita di rosso, si appese al mio braccio e mi posò la testa
sulla spalla, pungendomi con il suo complicato cappellino. "Guarda
chi abbiamo qui, mia cara...", mi sussurrò. "Non lo saluti ?".
Non risposi subito. Nemmeno Angelus si mosse. Mi fissava e qualcosa
di sconvolgente traspariva dalla sua espressione...Emozioni.
E...umanità. Per tutti gli angeli e i demoni, sì, era umanità !!
Come sua abitudine, Darla detestava non essere al centro
dell'attenzione, specie di noi due. Mi strattonò bruscamente il
braccio. "Beh ? Sei diventata timida ?". Poi si rivolse ad Angelus.
"E tu ? Hai dimenticato la buona educazione ?".
Ci pensò Spike, a porre fine a quell'imbarazzante balletto di
silenzi. Spuntò fra di noi e mi sollevò di peso. "Salve, bella
falena !! Ci siamo tutti ora ! E bisogna festeggiare!! Lo sai cosa
ho fatto ? Lo sai ?". Era sovraeccitato, più trasandato del solito e
da una ferita al sopracciglio sinistro il sangue gli colava sul
volto.
Drusilla si unì al nostro abbraccio. "Sì, zia Chains, lo sai ? Lo
sai cosa ha fatto ?".
Spike mi baciò su entrambe le guance e sulla bocca. "Ho ucciso una
Cacciatrice!".
Gli sorrisi. "Bravo. Mi congratulo. Ti meriti un regalo. Cosa ti
piacerebbe ?".
Lui me lo sussurrò ad un orecchio e Drusilla ridacchiò. Scossi il
capo. "Magari ne riparliamo, d'accordo ? Adesso perchè non mi metti
giù ?
Per grazia ricevuta non respiro, altrimenti mi avresti
soffocata...".
Spike obbedì, totalmente pieno di sè e della propria gloria. A vent'anni
dalla sua vampirizzazione, era ancora un bambino non cresciuto. Ma
non avevo tempo di occuparmene : lo sguardo di Angelus mi stava
marchiando a fuoco.
E quando lo ricambiai, lui lo distolse. Angelus che distoglieva lo
sguardo per primo...No, impossibile...
Ma l'impazienza di Darla era palpabile. Attendeva, bramava una mia
reazione. La aspettava da due anni : non aveva mai davvero creduto
alla mia indifferenza, lo capivo solo ora. Che mistero, la mia
vecchia amica : così diffidente e ugualmente così pronta ad
illudersi...
Decisi di darle ciò che voleva. Scansai Spike e Drusilla concedendo
loro un paio di carezze e mi fermai di fronte a Angelus. "Lasciateci
soli ".
Un secco ordine, l'autorità di un vampiro antico. Che Darla traesse
pure le conclusioni che preferiva... Non la guardai, ma compresi
dalla sua risatina sprezzante, così affrettata, che quel mio
atteggiamento, ancora una volta, l'aveva sorpresa. "Ma certo,
tesoro, fate con comodo. I ragazzi ed io ce ne andremo a sterminare
un pò di missionari..."..
Quando fui certa che si fossero davvero allontanati, sollevai gli
occhi su di lui. Era rigido, ancora immobile, indeciso tra un paio
di emozioni. Potevo vederle, distintamente, sul suo viso : non gli
dispiaceva riincontrarmi, ma avrebbe preferito essere altrove, a
mille miglia da me.
Allungai una mano, la posai sulla sua guancia. Sussultò. Era più
facile leggergli dentro, adesso, e riuscii a avvertire il brivido
che gli percorreva l'intero corpo a quel contatto. Quale che fosse
la sua natura attuale, non aveva dimenticato i nostri trascorsi e il
mio tocco era ancora sufficiente a risvegliare il suo desiderio.
Evitai di pensare a quanto questo mi riempisse di...soddisfazione ?
"Sei caldo...Ti sei nutrito", constatai. "E chi era ? Un ladro ?
Meglio ancora, uno stupratore ?".
Angelus strinse le labbra, senza però sottrarsi alla mia ferma
carezza. "Non ne ho idea. Era una preda. Quando mai ha fatto
differenza, per te ?".
"Non è di me che stiamo parlando. E' di te. E tu adesso attacchi
solo i cattivi soggetti, non è così ?". La mia mano restava su di
lui e lui lasciava che ci restasse. E i suoi occhi...I suoi occhi
correvano, in cerca di risposte che non trovavano. "Non puoi più
uccidere gli altri, i buoni... Lo so. Lo vedo", continuai, fredda,
determinata. "La tua anima ti lacera la pelle, pretende aria".
"Stai farneticando", replicò, tradito dalla tensione dei suoi
muscoli. "L'anima non è un problema. Io sono sempre Angelus ".
Scoppiai spontaneamente a ridere, una risata sinistra e stonata.
"Oh, no...A quest'ora Angelus mi avrebbe già piegato il braccio a
novanta gradi nel verso sbagliato, per l'impudenza delle mie
parole...". Gli presi il volto e lo baciai, all'improvviso,
brutalmente. "Tu non sei più Angelus", aggiunsi indietreggiando e
leccandomi le labbra. "Non ne hai più nemmeno il sapore".
Il bacio lo confuse. Il commento lo ferì. "Vuoi che ti faccia del
male, Chains ?
E' questo che mi chiedi ? Devo farti provare dolore perchè tu mi
riconosca ?".
Mi avvicinai di nuovo, fino quasi a sfiorargli la bocca. "Toccami.
Avanti. Sono calda, come te. Però io non mi sono soffermata a
domandarmi se stavo per nutrirmi di un innocente o di un colpevole.
Non sono un giudice. Sono un predatore". Poggiai la fronte contro il
suo mento, senza più guardarlo. "Siamo mostri. Tutti noi. Ti
sporcherai le mani, ostinandoti a rimanerci accanto. E a un certo
punto saranno così sudice che nemmeno l'acqua santa potrà
ripulirtele". Lo allontanai con una brusca spinta. "Interroga la tua
anima : è a lei che devi chiedere cosa vuole, non a me".
Non ricordo con precisione cosa feci, dopo avergli voltato le
spalle, tranne che versai molto sangue, più di quanto il mio corpo
potesse assorbirne, non abbastanza per placare la mia
inquietudine...
Ma è uno dei vantaggi di non avere un'anima : se ti sporchi le mani,
nessuno ti impone di lavarle.
§ 4 §
Darla non impiegò molto ad arrendersi all'evidenza. Mi fu chiaro non
appena varcai la soglia del suo appartamento, qualche giorno dopo.
La grande vetrata orientale su un lato della sua stanza preferita
era in frantumi e lei, con indosso un bellissimo kimono di seta
chiara, sedeva pensierosa, fissando una culla vuota, rivestita di
pizzo bianco.
"Cosa è accaduto ?". Lo chiesi più per educazione che per curiosità.
"Tu l'avevi capito, vero?", replicò, con gli occhi lontani. "Per
questo, dopo aver parlato con lui, non ti sei più fatta vedere.
L'avevi capito e non me l'hai detto. Hai permesso che mi
ingannasse". Non c'era astio nella sua voce, solo vuota sorpresa.
Avanzai e le schegge di vetro scricchiolarono sotto i miei stivali.
"Ti riferisci a Angelus ? O meglio...al fatto che non è più Angelus
?". Quel nome bastò a catturare la sua attenzione. Il suo sguardo,
sottile come quello di una gatta pronta ad attaccare, si puntò su di
me.
"Suvvia, l'avevi capito anche tu...", continuai serenamente, per
nulla impressionata. "Sei stata tu a permettergli di ingannarti. Ti
mancava troppo...".
Si concesse un sospiro teatrale. "E' ovvio che mi mancasse...Senza
di lui non ho più avuto un orgasmo autentico ...Lui...Era lui che
placava i capricci di Drusilla...Lui che metteva a tacere le
intemperanze di Spike... Lui che ti teneva legata a tutti noi...".
Mi guardò. "Credi che non me ne sia accorta ?
Un tempo te ne andavi e ritornavi, ma era come una danza, un giro
più ampio e uno più stretto...Ora, ogni volta che ti allontani, non
sono mai certa che ti rivedrò. E anche quando sei qui, in realtà non
ci sei".
Si alzò in piedi, la seta del suo kimono frusciò mentre si
avvicinava. "Per centocinquant'anni è stato tutto perfetto...Così,
quando ho sentito di nuovo le sue mani su di me, il sapore della sua
bocca, io...ho desiderato, voluto,che davvero quell'anima non
contasse nulla...". Scosse la testa, i capelli biondi e raccolti
brillarono sotto le luci. "Ma...l'ho visto fermarsi prima di
uccidere...scegliere soltanto reietti...proteggere...oh, sì,
proteggere quelle che avrebbero dovuto essere prede...". Indicò la
culla. "Così l'ho messo alle strette. Gli ho offerto un neonato,
perchè mi provasse che era quello di sempre. E lui non ce l'ha
fatta. Ha preso il bambino ed è scappato, sfondando quella
vetrata...".
"Non poteva farcela, Darla. Non poteva andare contro la sua natura,
esattamente come tu e io non possiamo contrastare la nostra. E'
così".
"E' così...sì". Qualcosa di simile a un broncio le increspò il
mento. "Il mio Angelus non c'è più. L'ho perso...Di nuovo. L'ho
perso due volte...". Agitò una mano nell'aria, impotente. "Cosa avrò
mai fatto per dover essere punita in questo modo ?", si lamentò.
Mi strinsi nelle spalle. "Che vuoi farci...Noi siamo i mostri. C'è
sempre qualcosa per cui dobbiamo pagare".
"E adesso perderò anche te...", sussurrò lei, avvolgendomi col suo
profumo. "Questa volta te ne andrai per non tornare, vero ?". Mi
prese una mano, se la mise sul petto, gli occhi, grandi ora,
spalancati e smarriti. "Resta qui. Non voglio essere sola quando
verrà l'alba".
La abbracciai e lasciai che mi baciasse come un'amante, senza
oppormi, accarezzandola. "Resta...", bisbigliò, le labbra sulla mia
gola.
"Non posso. Non adesso". La tenni saldamente per le spalle. "Ho una
faccenda da sbrigare, ma tornerò prima che sorga il sole, d'accordo
?
Farò del mio meglio".
Darla annuì, seria, facendo un passo indietro. Non tentò di
trattenermi. Mi voltai, prima di uscire, a guardarla, la bionda dea
sconfitta, tra i cocci di un passato che non poteva rivivere. Lei mi
fece un cenno col capo.
Non mi disse addio, anche se sapeva che non sarei tornata mai più.
§ 5 §
Si era rifugiato in una casa devastata dalla rivolta, in parte
crollata, pericolante, a brandelli come il vestito di un
assassinato...o come doveva sentirsi lui in quel momento.
Aveva sistemato il bambino sopra alcuni cuscini impolverati ed ora
dormiva poco distante, per terra, la testa bruna contro un muro
sgretolato, le palpebre chiuse che fremevano , segno di un sonno
tutt'altro che sereno.
Per un pò restai assolutamente immobile, ad osservarlo, di nuovo lì,
inerme, davanti a me, come già lo era stato in altre occasioni. Nel
letto della locanda a Galway...Nella capanna sperduta nelle paludi
del Camargue... Nelle tante notti trascorse insieme... E ogni volta
avevo provato gli stessi, opposti, impulsi : il desiderio di
ucciderlo e la totale incapacità di farlo.
E stava accadendo anche adesso. Ero più forte, avrei potuto
eliminarlo velocemente e porre fine al suo tormento. Sarebbe stato
facile e persino pietoso.
Ma non potevo. Proprio non potevo. La sola idea mi paralizzava.
La mia tensione emotiva si insinuò nei suoi incubi e si svegliò di
soprassalto. Il predatore che, in qualche modo, ancorava dimorava in
lui, gli consentì di diventare immediatamente vigile e mi riconobbe
all'istante.
"Ti ha mandato Darla ?", mi chiese sulla difensiva, spostandosi
impercettibilmente verso il bambino.
"Ti risulta che abbia mai preso ordini da lei ?", replicai con
dolcezza.
Fissò gli occhi scuri nei miei, con la stessa fluida velocità di
Angelus : ma l'abisso dietro quello sguardo, adesso, era diverso,
velluto e dolore, una profondità incalcolabile. "Se non ti manda
Darla, allora perchè ? Perchè sei qui ?".
Mi appoggiai con cautela all'arco della porta, le braccia conserte.
"Questa casa è in procinto di crollare, dovresti cercarti un rifugio
migliore...".
"Non hai risposto alla mia domanda", insistette.
"No, non ho risposto", ammisi. "Fammene una più facile".
Tentavo di conservare un tono freddo e sarcastico, ma l'urgenza nei
suoi occhi, il bisogno totale che li riempiva, erano un pugno nello
stomaco. "Se fossi stata tu il mio sire...", mormorò a voce
bassissima, quasi tra sè. "Se fossi appartenuto a te e non a
Darla...".
Intuivo da quale dubbio nascesse il suo tormento. Un tormento che
non ero in grado di
guarire..."Vuoi sapere se saresti stato altrettanto crudele e
perverso ? Tu cosa credi?".
Sorrise, si passò le grandi mani sul viso e tra i capelli. "Ah,
già...Il tuo inattaccabile scudo di semantica...Mai una risposta,
mai una rivelazione...Solo tante parole infiocchettate come
specchietti per le allodole...".
"Quando hai una vita pressochè eterna finisci per rivalutare
l'importanza delle parole...Alcune le dimentichi, altre col tempo
perdono di significato...Molte non avresti mai voluto pronunciarle,
nè udirle...". Accennai col capo al bambino. "Cosa intendi farne ?".
Lui parve confuso. "Non lo so... L'ho portato via senza
riflettere...".
" E' troppo calmo: dev'essere debole. Presto avrà fame e freddo. E
verrà fame anche a te... Guardati, non riesci nemmeno a stargli
vicino". Feci una pausa. La mia mente accellerò : mille decisioni si
sovrapposero in pochi secondi. "Me ne occuperò io".
"Cosa?", esclamò sconcertato.
"Ehi... Quella di nutrirsi di cuccioli è sempre stata una
deprecabile forma di ingordigia della vostra sadica famigliola. Sai
bene che io preferisco prede più grosse", mi difesi.
" Intendevo che troverò qualcuno a cui affidarlo. Sarà semplice:
molti occidentali stanno fuggendo dal paese".
Era ancora sospettoso. "Perchè dovresti preoccuparti di salvarlo?".
"Quello di cui mi preoccupo io non...".
"Rispondi alla mia domanda, Chains", mi interruppe, deciso . " E non
mi dire che ne vuoi una più facile".
Bene...Basta con i sotterfugi : la strada terminava proprio lì, tra
quelle macerie... Mi accovacciai di fronte a lui, perchè potesse
vedermi bene in faccia . "E' per te... che lo farò", risposi. " E'
per te... che lo salverò. Ti basta ? Ti può bastare ?".
Mi scrutò. Improvvisamente mi era impossibile sondare le sue
emozioni, forse perchè io stessa avevo perso il controllo sulle mie.
Lo vidi ritrarsi nuovamente contro la parete. "Va bene. Prendilo".
Non aggiunse altro.
Raccolsi il piccolo. In effetti era piuttosto pallido, ma sembrava
robusto : gli offrii un dito e cominciò a succhiarmelo energicamente
, facendomi ridere per il solletico. E mentre ridevo, un senso di
vuoto mi si allargò nel petto, come se vi si fosse aperto un buco...
Sollevai gli occhi : se n'era andato.
Anche lui senza dire addio.
§ 6 §
La vecchia carrozza, malmessa, ma ancora efficiente, sostava in un
vicolo buio, nei pressi del porto, dove una nave stava per salpare,
consentendo a numerosi cittadini occidentali di mettersi in salvo.
Il mio travestimento continuava a non tradirmi. Nell'abitacolo poco
spazioso, il gentiluomo inglese guardava il mio lungo cappotto nero,
i capelli rossi di media lunghezza, gli abiti maschili e di classe e
vedeva esattamente ciò che voleva vedere : un ragazzo, al massimo
diciottenne, di buona famiglia e ben educato.
Un ragazzo con un neonato fra le braccia.
"L'ho trovato in grembo alla madre ormai cadavere. Non so nulla
della poverina...", stavo spiegando, nella voce un tono
adeguatamente sconvolto e impietosito. "Di certo si trattava di
un'europea, elegante e curata...Probabilmente stava fuggendo, quando
la morte l'ha raggiunta all'angolo di quella strada...Che cosa
orribile...".
L'uomo annuì, il volto tirato, le labbra strette. "Dio del cielo,
sì...E' un miracolo che non sia stato ucciso anche il piccolo...". I
suoi occhi grigi cercavano continuamente il bambino.
"Già...Mi ritengo un privilegiato nell'aver avuto l'opportunità di
salvare la vita così preziosa di questa creatura...Ma voi capite...Io
qui non ho che mio padre, un uomo ormai anziano e malato...E sono
così inesperto...Come potrei occuparmene ?". Mi sfuggì un
singhiozzo.
"Perchè non partite anche voi, signor...?
Scusate, temo di aver scordato il vostro nome...", mi chiese l'uomo,
colpito dalla mia apparente giovane età e dall'angoscia che
dimostravo.
"De Chaines", risposi, scuotendo il capo. "No...Non mi è possibile.
Come vi ho detto, mio padre è malato, non è in grado di affrontare
un viaggio per mare. Nessun tipo di viaggio, in verità...".
Sospirai. "Se dobbiamo morire, ebbene moriremo, ma questo povero
innocente...". Rimirai il neonato che agitava le manine,
osservandoci pacifico. "Non è che all'inizio della sua esistenza e
forse è stato un segno del destino che l'abbia trovato. E che abbia
trovato voi. Sapevo di questa nave, ho chiesto dei passeggeri e mi
hanno detto di voi...e della vostra tragedia personale...di vostra
moglie che ha perduto il figlio che aspettava a causa di questa
rivolta...".
"Purtroppo. Soffre molto, è distrutta dal dolore", mormorò lui
vicino alle lacrime. "Ed è colpa mia. Io l'ho portata qui".
"Posso immaginare quanto debba essere difficile per voi ed è per
questo...". Gli tesi il bambino, con aria speranzosa e umile. "
Vostra moglie potrebbe allattarlo...Allevierebbero la pena l'uno
dell'altra...Vi prego...Io non so più che altro fare...".
Mi ero aspettata di dover insistere a lungo, ma avevo sottovalutato
la disperazione di quell'inglese, colpito dal lutto e lontano da
casa. Quasi mi strappò il neonato dalle mani e lo rimirò come se
fosse un dono del cielo.
Se solo avesse saputo che era un dono dall'inferno...
Mi sorrise, commosso. "Signor De Chaines, non occorre che mi
convinciate. Sento che questa è la cosa giusta da fare. La migliore.
In Inghilterra, la nostra famiglia non è ancora a conoscenza di
quanto accaduto...E non lo sarà mai. Mia moglie amerà questo bambino
all'istante, ne sono certo, e lo alleveremo come se fosse nostro".
Mi strinse con affetto paterno una spalla. "Da tutto questo orrore
ne verrà qualcosa di buono, dopotutto...Forse ci siamo davvero
trovati tutti qui perchè lo ha voluto il destino...".
"E' consolante pensarlo", convenni con atteggiamento modesto, poi
aprii lo sportello della carrozza. "Torno da mio padre, ora. E
grazie per aver accolto questo innocente nella vostra famiglia".
Scesi. L'uomo, il fagottino tra le braccia, si sporse. "Grazie a
voi, piuttosto, signor De Chaines. Vostro padre può essere più che
orgoglioso del proprio figlio : siete un giovane con molto coraggio
e un grande cuore".
Gli feci un inchino, riuscendo persino ad arrossire un pò. "Faccio
del mio meglio, signor Wyndham- Price. Faccio solo del mio meglio".
Continua... |
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