Scritto da:
franca (dreamhunter72@libero.it e frankab@tin.it)
spoiler: accenni a "Becoming" della
seconda stagione di Btvs, a "Welcome to Hellmouth" dalla prima di
Btvs e vaghissimi a "City of" della prima di ATS e "Orpheus" della
quarta di ATS
pairing : nessuno
rating: Pg13, per stare sul sicuro
timeline : 1996
Summary: sono trascorsi novantasei anni
dall'ultimo incontro faccia a faccia tra Angel(us) e Chains, eppure
in qualche modo le loro esistenze sono ancora collegate...
Disclaimer: fatti e personaggi del
Whedonverse appartengono a Whedon, Greenwalt, la WB, la FOX, la ME e
quant'altri. Li uso senza il loro permesso ma non a scopo di lucro.
Chains e Maurice sono invece di mia creazione.
.
§ CAPITOLO OTTAVO - 1996 §
§ LA FALENA E IL CANTASTORIE §
§ Potresti prendere una qualsiasi delle due direzioni §
Whistler - Becoming Part 1
§ 1 §
Los Angeles, Stati Uniti
"L'hai trovato ?", domandai concentrata sul contenuto del mio
bicchiere.
"Naturale che l'ho trovato. Ti risulta che io mi sia mai perso
qualcuno ?", mi rispose lui, sovrastando il chiasso del locale con
quella sua irritante voce sempre così limpida e cristallina. "Vuoi
sapere come se la cava ? Come sta ?", aggiunse.
Buttai giù la vodka in un sorso solo. "No".
Lui ridacchiò scuotendo il capo. "Sì, che lo vuoi sapere. Eccome...Cristo,
Chains, hai paura che se dimostri qualche emozione gli altri avranno
una reazione allergica?".
Avrei voluto afferrare il suo assurdo cappellino da scommettitore
fallito e farlo a pezzi sotto i miei tacchi. Con la sua testa
dentro. "Ho detto che non mi interessa, Whistler. Perchè dovrebbe
?".
"Ah, non so, azzardo un'ipotesi...Perchè è lui ?
Andiamo...L'hai persino seguito in America e non vuoi sapere come se
la passa ?".
Che tipo insistente, il Cantastorie. E che faccia da schiaffi.
"Non l'ho seguito. Lui è arrivato a New York un anno dopo di me",
puntualizzai.
"Ah-ha!!", esclamò Whistler, con aria trionfante. "Cos'è ? Stavi di
vedetta sulla Statua della Libertà e ti è capitato per caso di
scorgerlo che scendeva da una nave?". Mi sorrise, un sorriso
insopportabile. "Tu lo aspettavi, bella mia. Eri certa che non
sarebbe potuto rimanere in Europa, dove ogni singola città gli
ricordava il suo passato sanguinoso...Tu lo hai sempre conosciuto
meglio degli altri".
Feci cenno a una cameriera di portarmi un'altra vodka. Che il
Cantastorie continuasse pure a parlarsi addosso, prego...
Whistler mi scrutava, quasi divertito. "L'hai aspettato, ma non ti
sei mai avvicinata a lui... Bontà tua, sei una creatura bizzarra,
Chains. Guardati, un vampiro di quasi seicento anni, di cui tutti,
persino il Consiglio degli Osservatori, ignora l'esistenza...Come
diavolo hai fatto a nasconderti alla storia ?". Osservò i miei
lunghi capelli rossi, che, sciolti, arrivavano a sfiorarmi i
fianchi, i miei occhi di due colori diversi, il top che lasciava
scoperta la schiena, i jeans attillati. "Eppure, per la miseria, non
passi inosservata...".
Mi strinsi nelle spalle. "Al contrario di molti altri, ho sempre
badato ai fatti miei".
Whistler ammiccò, sornione. "Mica sempre...Con lui ti sei
impicciata. E alla grande".
Ingurgitai la nuova vodka, ancora una volta d'un sol colpo. "Cos'è
che vuoi, Cantastorie? Vuoi che ti chieda come sta ?
D'accordo...". Abbassai la voce, strinsi il bicchiere. " Come sta?".
"Quando l'ho scovato nei bassifondi di Manhattan, sarò sincero,
stava maluccio. Era sul punto di cedere, dolcezza, magro come un
chiodo, soltanto topi e vermi come cibo...". Whistler sospirò. "Ma
adesso comincia a riprendersi. Gli ho dato uno scopo".
"La nuova cacciatrice".
"Già...". I suoi occhietti penetranti si restrinsero. "Dì un pò, tu
ne hai incontrata più di una, giusto ?
E non ne hai mai uccise...".
"Perchè avrei dovuto ?", replicai. "Occorre equilibrio nella catena
alimentare. E nutro il massimo rispetto per i cacciatori di demoni.
Almeno finchè non rappresentano un pericolo per la sottoscritta".
Lui rise. "Sei impagabile...Così generosamente egoista. Comunque
quella nuova è un tipo interessante. Giovanissima ma tosta. O almeno
lo spero, perchè a Sunnydale bollono in pentola parecchie cose e
nessuna piacevole".
"E' ovvio. Altrimenti che Bocca dell'Inferno sarebbe ?".
Ma Whistler era tenace, più dell'edera. "Chains, sul serio... Forse
dovresti andarci anche tu...Che ti piaccia o no, hai avuto un ruolo
importante nella vita del nostro comune amico e dati i perversi modi
che hanno di agire quelli del piano di sopra, tutto potrebbe anche
essere accaduto perchè...Beh, perchè doveva, capisci ?
Perchè tu fai probabilmente parte del quadro e...".
Una mia occhiata tutt'altro che pacifica lo indusse a tacere.
"Piantala. Ti ho già detto mille volte che questi discorsi
farneticanti non mi interessano. Io non ho nulla a che fare con Dio,
Buddha o qualsiasi altro inquilino dei piani alti,ok ?
Non c'è stata alcuna forma di altruismo in quello che ho fatto.
Volevo distruggerlo, non salvarlo". Mi alzai in piedi, iniziavo ad
essere stanca.
Il Cantastorie non sembrò intimidito, anzi rincarò la dose. "Ma
l'hai salvato, è questa la verità. Perlomeno gli hai offerto una
possibilità...Perchè l'aver compiuto una buona azione ti imbarazza
tanto ?
Considera che oltretutto fa bene alla pelle...".
Lasciai un paio di banconote sul tavolino. "Beh... allora speriamo
che non mi spunti
anche l'aureola...Sarebbe un problema spinoso cacciare con quella".
Mi allontanai senza salutare. Sapevo che Whistler riusciva ad avere
ogni volta l'ultima parola. E infatti la sua voce mi raggiunse
quando ero già sulla porta.
"Ah, Chains! Se può farti stare meglio...o peggio forse, non
saprei...lui è sempre spudoratamente bello...".
Non mi voltai e uscii nella notte luminosa di Los Angeles. Maledetto
Cantastorie.
§ 2 §
Whistler non si sbagliava. Dannazione a lui, non sbagliava mai.
Ero arrivata in America nel 1901, dopo aver distrutto i miei rifugi
europei e avevo finito col trattenermi a New York più del previsto.
Ogni giorno, preparavo i bagagli per lasciare la città e ogni sera
li disfavo e mi recavo ad assistere all'arrivo delle navi, a
scrutare qualsiasi straniero alto e bruno. E ogni notte, parecchi
ignari newyorkesi pagavano per la mia rabbiosa delusione.
Perchè lui non arrivava. Eppure io sapevo, sentivo, che non mancava
molto. Che presto, tormentato dall'anima, avrebbe sentito il bisogno
di trovare un luogo totalmente nuovo e sconosciuto in cui
ricominciare, o almeno provarci. E l'unico luogo possibile, per
tutti i disperati di quel tempo, era l'America.
Mi piacciono gli Stati Uniti. Rispetto a quella donna matura che è
l'Europa, con troppi ricordi e troppi amanti alle spalle e molta
decadente malinconia, l'America è come un adolescente, un paese
immaturo, impulsivo, vivace, ancora pieno di grandi sogni.
E dove esistono i sogni, vanno quelli come me. Il male si nutre di
sognatori. Di strade pulsanti di vita, suoni e luci come quella
losangelina, lungo cui stavo camminando, confusa fra i passanti, una
ragazza fra le altre, a cui fischiare dalle auto decappottabili.
I tempi erano cambiati. Ora potevo andarmene tranquillamente in giro
vestita come la donna che sono e lo trovavo liberatorio. Nonchè
vantaggioso : per cacciare mi bastava scoprire un pò di pelle.
Già, la mia pelle...Quella notte era fredda come ghiaccio. Non avevo
mangiato e grazie al Cantastorie la fame mi era passata del tutto.
Un vampiro giovane e con l'aria poco sveglia mi si parò davanti
minaccioso, all'imbocco di un vicolo che usavo abitualmente come
scorciatoia. E voilà, anche questa mi ci voleva...
" Razza di fesso, non li riconosci i tuoi simili ?", lo apostrofai e
, prima che potesse sbalordirsi adeguatamente , lo mandai a
polverizzarsi contro un pezzo di asse che pendeva da una scala
antincendio. Al diavolo, non ero la crocerossina dei vampiri
inesperti...
Seccata, mi avviai per un lungo viale costeggiato di grandi palazzi,
fino ad un portone a vetri. Il mio appartamento, al numero 103, era
nel seminterrato : legno, pietra, metallo, fresca penombra e una
botola per accedere al sottosuolo della città e spostarsi così anche
di giorno. Un posticino accogliente, dove poter stare lontani dal
resto del mondo.
Ma non da coloro a cui , disgraziatamente, in un momento di
confusione mentale, si dà la chiave per entrare.
"Sì,lo so. Sono sul tuo letto", sospirò una voce, mentre mi liberavo
dei sandali dai tacchi alti.
"Appunto, Maurice. Il mio". Usai un tono di rimprovero, consapevole
di quanto fosse inutile.
Udii cigolare le molle del letto e un rumore di passi strascicati,
poi Maurice si trascinò con la sua tipica andatura dinoccolata fino
al divano e lì crollò con consumata eleganza. "E' che passavo da
queste parti e all'improvviso mi sono sentito così stanco...". Si
stiracchiò, incrociando le lunghe gambe all'altezza delle caviglie.
" Il guaio è che al giorno d'oggi abbiamo tutto. Troppo. Viviamo in
un'epoca di opulenza che non ci fa più assaporare le piccole gioie
della quotidianità... La tensione della caccia, inseguire la preda...Ora
basta che metti il piede fuori di casa e migliaia di vittime ti si
offrono, così, senza alcun preliminare...".
"Già...", commentai sedendo in una poltrona e massaggiandomi la
fronte. "E pensa che non esistono più nemmeno le mezze stagioni...".
Lui fece una smorfia. "...Mhm...avverto dell'acidità in te... Che
c'è ? Ti sei bevuta una zitella ?".
"Non lo sai che in quest'epoca di opulenza le chiamano singles ?",
replicai piccata.
"Oh...adesso è tutto chiaro...". I suoi occhi acquamarina mi
studiarono con interesse scientifico. "L'ha trovato...".
Lo ignorai, risoluta. Ma Maurice era peggio del Cantastorie. Molto
peggio. Lui mi conosceva davvero.
"Whistler ha trovato il tuo vampiro con l'anima. Ecco perchè hai
quella faccia". Si alzò e venne ad accucciarsi sul tappeto, accanto
ai miei piedi. "Allora ? Quali sintomi stai manifestando ? Vertigini
? Tremori ? Scoppi d'ira ?", mi chiese, la bella bocca incapace di
trattenere un sorriso.
"Non è divertente".
"No, non lo è", ammise. "Però è la verità. Chains, dovresti
deciderti a riconoscerlo...Quando c'è di mezzo quel gran pezzo di
figliolo, non importa se in versione di bastardo o penitente, non
hai via di scampo : lui è il treno in corsa e tu sei
irrimediabilmente legata sui binari".
Lo guardai. "Quel gran pezzo di figliolo ?".
"Assolutamente. Sono rari i vampiri belli quanto me: se ne incontro
uno, gli rendo onore". Ridacchiò tra sè, poi tornò serio dedicandosi
a rassettare la propria camicia di seta, di un viola impossibile.
"Davvero, tesoro...Ti ho vista giocare alla signora Tatcher per
secoli...State tutti lontani, sono la lady di ferro...Ma sappiamo
entrambi che quella non è la tua vera natura. Tu sei diversa. Che
Satana l'abbia in gloria, Il nostro sire se n'era accorto e il nome
che ti aveva dato...".
"Non pronunciare quel nome", lo interruppi bruscamente. L'ultima
volta che qualcuno l'aveva fatto, l'ultima volta che ero stata tanto
avventata da rivelarlo... era avvenuto in un'occasione che mi faceva
male ricordare.
Maurice non si scompose e proseguì come se neanche avessi parlato.
"...quel nome mi piaceva. Era fatto apposta per te, per quella che
eri allora. Non come questo Chains che ti sei autoimposta...Da
quando ti fai chiamare così, hai finito col diventare veramente come
una vecchia, pesante, arrugginita catena...".
Mi chinai in avanti, lo fissai. "Sta attento. Quando una vecchia,
pesante, arrugginita catena ti si stringe attorno al collo...ti
strozza".
Di nuovo nessuna reazione, solo un altro sorriso. " Strozzarmi ?
Mhm...Tutt'al più sporcarmi di ruggine, dato che non respiro...
Cara, non c'è alcun bisogno di minacciarmi. Non sono io il tuo
problema. Devi semplicemente arrenderti all'evidenza: sei legata a
lui". Si sollevò, mi mise le mani sulle ginocchia. "Hai portato tu
Darla a Galway, tu hai rinunciato ad ucciderlo dando la possibilità
a lei di farlo, sempre tu - per ben due volte - hai scelto di
salvarlo dalle grinfie di Holtz. E ancora tu, infine, gli hai ridato
un'anima.
Tu...Tu stessa hai forgiato la tua catena". Mi accarezzò
delicatamente una guancia. "E solo tu puoi decidere se trattenerlo o
se lasciarlo andare".
Mi abbandonai all'indietro contro lo schienale della poltrona. "Cosa
ho fatto per meritarti ?
E ti pregherei di cogliere la sottile ironia della mia domanda...".
Maurice si rimise in piedi. Lo osservai lisciarsi con cura i
pantaloni di pelle. Ci assomigliavamo in modo quasi impressionante,
solo che i suoi capelli erano di una tonalità di rosso più chiara.
Il nostro sire aveva sempre avuto un debole per quel colore.
"D'accordo, tolgo il disturbo...". Mi mandò un bacio. "Sogni d'oro,
sorellina...Che un volo di vampiri con l'anima ti conduca al tuo
riposo...".
Se la svignò prima che potessi tirargli qualcosa di contundente e il
silenzio mi avvolse, misericordioso, pacificatore, sonnolento.
Accompagnato da frammenti di pensieri e ricordi.
Rammentavo in ogni particolare la notte del suo arrivo a New York,
lo straniero alto e bruno che attendevo da mesi. La stessa notte in
cui avevo lasciato la città. Lo avevo aspettato e quando finalmente
era giunto, io ero fuggita per non restargli troppo vicina.
Esattamente come adesso... Trattenerlo o lasciarlo andare ?
Maurice non si sbagliava. Dannazione a lui, non sbagliava mai.
§ 3 §
Sempre lo stesso bar. Sempre lo stesso tavolino.
Purtroppo anche la stessa faccia, dall'altra parte. Quella di
Whistler.
Gli allungai una grossa borsa.
"Ohibò...Cos'è ?", esclamò lui. " Uno dei tuoi tanti scheletri
nell'armadio che finalmente ti sei decisa a mostrarmi ?".
"Sono vestiti nuovi ".
Si portò le mani al volto, ostentando un'esagerata espressione di
stupore. "Pour
moi ?".
Non mi abbassai a rispondere.
Whistler sghignazzò. " Scherzavo. Sono per Angel, l'avevo
capito...". I suoi occhietti impertinenti brillavano di interesse.
Annuii. "Lui...Cioè...Ad Angelus hanno sempre donato gli abiti di
classe...Era fatto per essere elegante...E ho pensato che...".
Maledizione, perchè balbettavo come una liceale ?
"Tranquilla...Avrà anche un'anima, ora, ma rimane sempre uno snob ",
disse il Cantastorie con aria divertita. "Era ancora ridotto come un
sudicio barbone e ha subito tenuto a sottolineare che non voleva
andare in giro conciato come me...".
"Incredibile", commentai asciutta.
Ridacchiando, lui afferrò la borsa e la infilò sotto il tavolo. "A
parte gli scherzi, è stata una buona idea. Naturalmente tu non vuoi
che gli faccia sapere da chi arrivano...".
"Naturalmente". Tirai fuori un astuccio quadrato dalla tasca del
giubbotto in pelle. "E c'è anche questo".
Incuriosito, lo prese , lo aprì e lo richiuse dopo una breve
occhiata. "Una croce...La tua è una ingegnosa forma di masochismo a
distanza...".
"Non è per lui, idiota. La darà alla Cacciatrice, a suo tempo ".
...Mhmm... lo avevo sorpreso, questa volta...
"Come puoi non fidarti di un vampiro che ti regala una croce ?",
aggiunsi per spiegarmi meglio.
Whistler soppesò l'astuccio, pensieroso. "Chains...Tu ovviamente ti
rendi conto che queste sono due buone azioni, così, di colpo, una
dietro l'altra...".
"Attenzione. Non darmi mai per scontata. Angelus lo ha fatto e
guarda cosa gli è andato a capitare...". Non era una minaccia
autentica. Non si poteva minacciare uno come Whistler. Al massimo ci
avrebbe fatto sopra una risata.
E infatti andò esattamente così. Rise, fingendo di proteggersi con
un braccio alzato. "Ok..Ok...Calma! A cuccia!". Tornò serio. Mi
fissò. "E adesso cosa succede, Chains? Che farai ?
Presto Angel lascerà Los Angeles. Tu non vuoi vederlo. E non vuoi
seguirlo. Cosa vuoi dunque ?".
Mi alzai, lasciando la solita mancia. "Non voglio niente. Gli ho
procurato un secolo di sofferenza e mi sembrava simpatico donargli
qualcosa per iniziare la sua nuova esistenza dalla parte dei buoni.
E siccome io invece resto dalla parte dei cattivi, ora ognuno andrà
per la sua strada, com'è giusto che sia".
Il Cantastorie mi guardava, con uno strano , fastidioso sorriso. A
corto di pazienza, mi avviai verso la porta.
"Ah...Chains...?".
Certo. Come volevasi dimostrare.
Mi voltai, sperando che i miei pensieri risultassero ben evidenti
sul mio volto.
Whistler non parve turbato. Mi fece l'occhiolino. "Senti...Mandami
una cartolina, quando arrivi a Sunnydale, ok ?".
Maledetto, maledetto Cantastorie.
Continua...
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