Nell'ora della
luna, forse,
anche chi è caduto
può tornare angelo
e volare.
...molto tempo prima...
Il furore dell'incendio illuminava a giorno la notte e smorzava
il vago chiarore dell'alba imminente, oltre il folto degli alberi.
Sedeva ancora senza fiato sull'erba umida, quando li vide. Il sangue
fu il primo particolare che notò. Il suo rosso, vivo e accecante,
messo in risalto dalle fiamme, le ferì gli occhi: ce n'era dovunque,
in rose oscure sui loro abiti anneriti e in uno scarlatto sudario
sul corpo inerme che trasportavano. Gli ricadeva in infinite pieghe
sul petto e sul ventre, ornava come pizzo la mano che sobbalzava
candida nella luce, piccole gemme brillavano sulle labbra socchiuse
e ricamavano le lunghe ciglia e i capelli ...
Le deposero davanti il cadavere e lei fissò ammutolita la testa
bionda adagiata nell'incavo del suo braccio: lui sembrava
addormentato e aveva un'espressione estremamente dolce e serena.
Non sapeva cosa fare, non sapeva proprio cosa fare...Li guardò,
smarrita, ma nei loro occhi lesse solo disperazione e dolore.
...molto tempo dopo...
Quando il malessere giunse, sulle prime non comprese da dove
avesse origine: il capo le girava, vampate di calore s'alternavano a
brividi di freddo e in fondo al suo ventre si agitavano strani
movimenti. Cercò di resistere ma dovette rinunciare al dolce e
congedarsi con la scusa di essere stanca.
Finalmente sola si gettò sul letto, impaurita e confusa da quegli
strani dolori che la trafiggevano come spade e la costringevano a
piegarsi su sè stessa. Scivolò sul tappeto e fu allora che la vide,
sulla coperta bianca: una macchia di sangue. E ne vide un'altra, più
grande, sulla sua gonna azzurra. Se la sollevò, tremante di dolore,
e c'era sangue anche lì, le scendeva lungo l'interno delle cosce, e
poi sempre più giù, fino a gocciolare sul parquet. Rimase immobile,
inebetita. E guardò le gocce rosse cadere una dopo l'altra, fino a
quando la porta della sua stanza si aprì.
PARTE PRIMA
LE OMBRE, AL TRAMONTO, SI ALLUNGANO
Siamo lampi di luce
bagliori di colore
nelle stanze buie di una vita
nell'oscurità del tempo
§ 1 §
La Via Lattea era nitida, quella notte. Dal divanetto a dondolo,
sotto il piccolo portico, Lara riusciva a vederne le radici, che si
diramavano in nugoli di stelle tra il fogliame della siepe, al
limitare del suo giardino. Era seduta lì da prima che il sole
tramontasse, con le gambe ripiegate sotto il corpo esile e un libro
inutilmente aperto tra le mani.
Quasi non lo sentì arrivare. Si accorse che era in piedi sulla
porta aperta, solo quando la fiammella del suo accendino bruciò per
un istante,mentre si accendeva una sigaretta. Lara trasalì. Il nuovo
ospite della camera 3, quello giunto la sera precedente. Doveva aver
dormito per oltre ventiquattro ore...
"Buonasera", disse lui.
"Buonasera. Tutto bene ? La stanza è di suo gradimento ?
Signor...Mi scusi, non ricordo più il suo nome...".
"La stanza è perfetta, grazie. E può chiamarmi William".
Lara si girò di lato, lo osservò. Di media statura, sembrava
dimostrare circa trentacinque anni, anche se era difficile
giudicare. Vestiva sportivo, con un paio di jeans e una camicia
nera. I capelli erano biondi ma lasciavano intravedere un accenno di
ricrescita più scura. Il viso scolpito, distante. Gli occhi,
bellissimi. Lei li aveva notati subito. Così come non le era
sfuggita la sua pelle bianca.
Non mi sbagliavo, pensò, è proprio un vampiro. Uno strano vampiro
, però...
"Ha dormito molto, William...".
Lui sorrise impercettibilmente. "Ero...Sono stanco. Torno da un
viaggio. Lungo e difficile".
"E casa sua è ancora lontana ?".
"Lontanissima. Come se non esistesse". La sua voce. Profonda,
modulata. Triste.
"C'è almeno qualcuno ad aspettarla ?".
Questa volta lui sorrise per davvero. Si mise a ridere, anzi. E
se possibile, questo lo fece sembrare più triste ancora. "No. E'
passato il tempo in cui avevo qualcuno che mi aspettava. Forse non
c'è nemmeno mai stato".
Un vampiro, pensò di nuovo Lara, decisamente uno strano vampiro.
Dio mio, possibile che...?
§ 2 §
Il giorno dopo, Spike scese di sotto un pò prima, nel tardo
pomeriggio, quando l'aria cominciava a rinfrescare e la luce,
all'esterno, andava diluendosi.
Si era accorto che la proprietaria della pensione lo osservava e
non desiderava incuriosirla ulteriormente restando troppo chiuso in
camera sua. La trovò in cucina, un locale accogliente, piastrellato
di giallo e con un soffitto di vecchie travi. Lei stava preparando
la cena. Verdura o qualcosa del genere, a giudicare del profumo.
"Ben alzato", lo salutò Lara. Era bassa di statura ed esile,
ancora giovane,ma i capelli, lunghi e raccolti senza eccessiva cura,
erano quasi del tutto grigi.
Spike si appoggiò al tavolo. "Deve scusarmi se dormo tutto il
giorno...".
"A parte che non sono affari miei, me l'ha già spiegato ieri
sera, no ?
E' stanco. E poi dorme molto, sì, ma decisamente male, vero?".
Si voltò a guardarlo, attraverso il vapore delle pentole. "Sono
passata diverse volte davanti alla sua stanza, stamane, e mi è parso
che stesse avendo degli incubi...".
"Già...",confermò lui, a occhi bassi. "Gliel'ho detto...Torno da
lungo viaggio. E porto con me brutti ricordi...".
Mentre parlava la porta si spalancò di colpo e una ragazzina fece
irruzione carica di sacchetti della spesa.
"Virginie!", la rimbrottò Lara, agitando un cucchiaio di legno.
"Non scapicollarti in questo modo!".
"Scusami, zia...", replicò Virginie con un sorriso disarmante.
Spike si stupì della sua bellezza. Sembrava che il sole l'avesse
presa tra le braccia per non lasciarla più, risplendendo attraverso
l'oro della massa di riccioli sciolti lungo la schiena e screziando
il verde degli occhi. Se la sfioro, potrei bruciare in un'unica
vampata, pensò il vampiro.
E avvertì anche qualcos'altro: l'odore inequivocabile , almeno
per lui, dell'eccitazione sessuale. Le guance di Virginie non erano
arrossate solo per via della corsa...La piccolina nascondeva i primi
peccatucci alla zietta.
"Non hai messo il cappello", stava borbottando Lara. "Lo sai che
ti scotti facilmente...E sei in ritardo!".
Al di sopra dei sacchetti , Virginie scambiò un'occhiata
esasperata con Spike, che le sorrise comprensivo. "E' quasi
sera,zia. Il cappello non serve. E poi, giù al negozio, hanno
impiegato un'eternità per servirmi, impegnati com'erano a discutere
della novità del giorno...".
"Sì ? Chi ha tradito chi con chi ?".
"Zia! Smettila ! Come sei perfida!", ridacchiò Virginie. "No,
pare che qualcuno voglia ricostruire la Villa Nera".
Il cucchiaio che Lara aveva in mano le sfuggì e lo riprese al
volo, prima che cadesse. Spike notò il suo improvviso pallore, il
sudore in un velo di perle sulla sua fronte.
"Davvero?", replicò la donna con disinvoltura. Troppa.
"Già", confermò Virginie. "In paese è arrivato uno straniero e si
è stabilito nella vecchia dipendance vicino ai ruderi. Molti dicono
di ricordarsi di lui, dovrebbe essere uno degli Alexandrei. E' alto
e bruno. E zoppica".
Questa volta il cucchiaio cadde irrimediabilmente a terra.
"Dannazione!", bisbigliò fra i denti Lara, ma Spike la sentì.
"Zia! Oggi hai proprio le mani di burro !".
Lara rivolse un sorriso forzato alla nipote e, raccolto il
cucchiaio, si diresse risoluta al lavello per sciaquarlo. "Già...Che
vuoi farci...Senti, tesoro, vai a fare il bagno, che si fa tardi".
"La Villa Nera...Che nome curioso...", commentò Spike, non appena
Virginie fu uscita dalla cucina.
Le spalle di Lara ebbero un fremito, ma continuò a rimestare nel
lavello. "Non ne ha mai sentito parlare ?". Nella voce, flebile, una
nota di sospetto.
"No...Ero già stato in Italia, prima, ma mai in questa zona delle
Alpi".
Lei sospirò e si voltò a guardarlo. Sembrò rilassarsi. O
desiderare disperatamente di poterlo fare. "L'hanno sempre chiamata
così per via del colore del marmo sulla facciata. Una costruzione
bruttissima, a mio avviso. Era la residenza estiva di una famiglia
straniera, gente ricchissima che non vi metteva praticamente mai
piede. Poi vent'anni fa è bruciata. Tutto qui. Non è una storia poi
così affascinante, vero?".
Azzardò un sorriso un pò più realistico di quello riservato
precedentemente a Virginie, ma il sospetto continuò ad albergare
evidente sul suo volto. "Rimane a cena con noi, William ?".
Spike si era preparato a una simile domanda. "No, la ringrazio.
In effetti sono stato rinchiuso tra quattro mura davvero troppo.
Andrò a farmi una doccia e poi scenderò a cenare in paese". Sperò di
risultare convincente.
§ 3 §
Le aveva mentito. Lui, Angelus, Darla e Drusilla erano passati
per quel paesino nascosto tra i monti più di un secolo prima, in
fuga da alcuni cacciatori di vampiri, dilettanti, ma particolarmente
fastidiosi.
Però non aveva mentito sulla Villa Nera. Non se ne ricordava. In
realtà ricordava a malapena l'intero paese. A suo tempo, vi erano
rimasti pochissimo : Angelus amava le grandi città e le sue grasse
ed invitanti moltitudini.
Spike sorrise fra sè, camminando lungo un sentiero del bosco
scelto a caso, le mani in tasca. Dopo tanti anni, lui era venuto a
rifugiarsi lì proprio perchè quel luogo sembrava dimenticato da Dio
e da pressochè tutti i demoni. Perchè aveva bisogno di silenzio, di
spazio. Di aria, anche se non poteva respirarla.
Ma quella donna...La proprietaria della pensione lo osservava con
strani occhi. Lo metteva a disagio.
Nelle tasche, le mani si strinsero a pugno. Disagio...Lui.
William,il Sanguinario, Spike, il duro, che non temeva nulla, che
giocava a mettere in imbarazzo il prossimo con selvaggia
sfrontatezza e disarmante mancanza di pudore...Ed eccolo,ora. Non
più disarmante, ma disarmato.
Gli alberi si aprirono in una piccola radura. Spike sedette
sull'erba ancora calda del sole estivo e si sdraiò, intrecciando le
mani dietro la nuca. Era così stanco...
Ah,sì ! Ecco un'altra sensazione nuova e sconosciuta. Gli pareva
che i suoi oltre cent'anni di non-vita fossero arrivati tutti
insieme e d'un colpo a chiedergli di pagare pegno.
Intorno al vampiro, nel ventre del bosco, i bagliori fatati delle
lucciole si accendevano fugaci e sopra la sua testa, gelide,
distanti e innumerevoli, scorrevano le stelle. Buffo. Era abituato
alle stelle, costanti, fidate compagne di ogni notte...Ma non si era
mai soffermato ad imparare i loro nomi, i loro percorsi...
Doveva essere bello poterle riconoscere, nelle tenebre.
§ 4 §
Rientrò alla pensione molto prima dell'alba.
Sentendo una voce soffocata provenire dal salottino, si fermò.
Era Lara. Parlava al telefono. Strano che fosse ancora in piedi a
quell'ora...
Lascia perdere, si disse Spike, stanne fuori, non t'immischiare...Non
ne hai la forza, in questo momento. Ma mentre lo pensava, già si
stava accostando alla porta socchiusa.
Gli giunsero stralci di una tesa conversazione.
"...devi sbrigarti...Ma perchè ? Perchè è tornato proprio adesso
?".
Silenzio. Solo il respiro contratto di Lara.
"Un cambiamento ? Di che tipo ?
No...Non c'è stato alcun cambiamento...Va...Andava tutto come al
solito...Io non capisco. Non me l'aspettavo...".
Altra pausa.
"Pensi veramente che si tratti di una coincidenza ?... Cosa ? Che
significa che non c'è da preoccuparsi perchè è auntentico ? Ce ne
sono di finti, forse ?".
Una risatina nervosa, al limite dell'isterismo.
"Oh, ti prego, fai presto...E' come se non fosse trascorso
nemmeno un giorno e ho paura esattamente come allora...".
Spike comprese che la donna stava per chiudere la comunicazione e
si allontanò, raggiungendo le scale che portavano al piano di sopra.
Un dolore improvviso e lancinante gli attraversò il capo e cadde in
ginocchio sui gradini, con le mani serrate contro le tempie. No...Di
nuovo. Non assomigliava alle fitte penetranti provocate dal chip:
questo era un malessere diffuso e sottile, che lo aggrediva e
ghermiva ormai da giorni, in regolari ondate sempre più frequenti,
come se qualcosa di troppo grande per il suo corpo stesse lottando
per uscirne...
Si trascinò fino al pianerottolo, in preda alle vertigini e alla
nausea. Per l'inferno...Che mi succede ? Cos'altro ?
Poi, un tocco lieve e fresco lo fece sussultare. Aprì gli occhi e
si ritrovò a guardare in quelli verde e oro di Virginie.
Accovacciata accanto a lui, nella sua semplice camicia da notte di
cotone bianco, era così bella e viva da fargli venire voglia di
gridare.
"Si sente male, William ?".
Ancora quell'odore. La ragazza aveva addosso l'odore di un uomo.
Percepirlo, fin nei recessi più reconditi dei muscoli e delle ossa,
aumentò ulteriormente il senso di capogiro. Si sforzò di imitare un
sorriso. "Credo di aver preso l'influenza...Incredibile in questa
stagione, no?".
Lei gli posò il palmo della mano sulla fronte. "Infatti è caldo...Probabilmente
ha la febbre. Venga, la aiuto a tornare in camera, poi le porto
un'aspirina con latte e miele. Funziona, mi creda".
Il vampiro avvertì quel piccolo corpo aderire al suo per
sorreggerlo e desiderò di trovarsi altrove, dovunque, in nessun
posto, per non provare l'acuto, disperato bisogno di contatto che
invece gli stava scorrendo nelle vene al posto del sangue. Ma una
pesante, velenosa debolezza gravava su di lui e non si oppose, nè
protestò. Fingiamo, pensò, fingiamo davvero di essere un turista
vittima di un'infreddatura...Fingere è sempre più facile.
Soltanto quando fu sdraiato al sicuro sul letto, la stanza
impegnata a volteggiargli intorno, realizzò cosa gli aveva detto
Virginie. Che aveva la febbre...Che la sua pelle, la pelle di un
uomo morto da oltre cent'anni, era calda...
§ 5 §
Il sole sorse e tramontò. Lui trascorse quelle lunghe ore tra
incubi, attacchi di nausea e dolore, a scribacchiare versi sconnessi
su un quaderno malconcio e a ubriacarsi di bourbon corretto col
sangue, senza trovare alcun oblìo.
Un varco...Una via di fuga... Aveva lasciato Sunnydale, sperando
di acquietare la frustrazione e la sorda rabbia che lo divoravano,
per non fare più del male alla Cacciatrice o forse per tornare un
giorno e farle di peggio... La Cacciatrice...Il suo amore come la
lama di un coltello, efficace e mortale...
Tentò di scendere dal letto e crollò a terra, nel petto un pugno
di chiodi conficcati nel suo cuore immobile, un'innaturale
sensazione di calore...Stava morendo, ne era certo, quella doveva
essere la morte. Scopriva solo ora, a conti fatti, che la morte, la
morte definitiva, non era gelida, bensì ardente.
Il fuoco iniziava a divampare dall'interno, una scintilla che
attecchiva nel buio e poco a poco diveniva un rogo inarrestabile...E
quello dentro di me, pensò, è un incendio immane, perchè ad
alimentarlo c'è la mia vecchia anima disseccata...
E allora così sia, brucerò. Forse una volta cenere, più leggero,
sarò libero e troverò il varco, la scìa di luce...
Si abbandonò smise di resistere. Al Diavolo Sunnydale e i suoi
complicati abitanti che giudicavano senza mai perdonare e
predicavano da pulpiti fasulli. Al Diavolo. Basta.
...suoni...ovattati...distorti...
...voci...sovrapposte...
....mani...fresche...acqua di fonte sulla morte ardente...gentili...
Confusamente, un minuscolo recesso di coscienza sepolto nel suo
delirio, gli suggerì che qualcuno lo stava rimettendo a letto.
Dedusse, più che sentirlo davvero, che lo spogliavano e lo lavavano
con una spugna. Gli diedero anche del sangue, da una ciotola. E
piano piano, le voci cominciarono a farsi chiare e comprensibili.
"Non credevo che a voi vampiri potesse venire la febbre...".
Questa era Lara.
"Infatti non può. La sua non è febbre. Sta semplicemente reagendo
a qualcosa a cui non era più abituato, una sorta di rigetto
psicosomatico". Un'altra donna. Una voce bellissima, di velluto.
Spike cercò di aprire gli occhi, invano.
Una gelida mano di vampiro lo sfiorò sul volto, con delicatezza.
"Sta meglio. Si rimetterà presto".
Sì, quella voce era velluto. Seta.
"Sei proprio sicura che non sia una delle sue spie?". Ecco Lara.
Sempre sospettosa, all'erta.
"Te l'ho già detto. Non si servirebbe mai di uno autentico".
Sì, seta. Quella voce ti scivolava addosso come seta.
La successiva domanda di Lara gli giunse meno nitida. Loro
stavano uscendo dalla stanza, oppure lui si stava addormentando.
Forse entrambe le cose.
"Mi vuoi spiegare questa faccenda dell'autentico ? Che...?".
Poi il buio. E i sogni. Sogni di tanto tempo prima, dimenticati
da decenni. Sua madre. La sua stanza di ragazzo. Il latte bollente
per calmare la tosse e le coperte rimboccate con cura. Sogni che non
aveva più avuto il coraggio di sognare.
§ 6 §
Si risvegliò di notte. La stessa notte. O quella seguente. O
cento notti dopo...Non poteva esserne sicuro. Nella stanza regnavano
il silenzio e l'oscurità, ma i suoi occhi di vampiro gli permisero
di vedere distintamente la figura, in piedi accanto allo stipite
della portafinestra che conduceva sul balcone.
Una donna. Anzi, un altro vampiro : non percepiva in lei alcun
calore corporeo o battito cardiaco. La circondava solamente un vago
profumo di magnolia. Aveva capelli corti e neri e vestiva di bianco,
pantaloni e un leggero spolverino.
Dandogli le spalle, sembrava intenta a leggere.
"Non importa...". La sua voce - velluto e seta - risuonò
all'improvviso.
"Non importa
se il varco
si aprirà per un unico
istante,
se il passaggio
della luce
sarà veloce
come la fuga
di una meteora.
Non importa,
io cadrò,
mi lascierò cadere,
mi lascierò prendere
dalla scìa,
riconoscerò il luogo,
saprò di esserci
già stato.
Non importa
se poi il varco
si richiuderà
e la mia sarà
una caduta breve.
Senz'ali rimpiangerò
il volo
ma resterà
la sensazione
del vento sul viso".
Spike stentò a riconoscere i propri versi scritti con la
sincerità disperata del delirio e, ancora confuso e diffidente,
decise di agire come di consueto, attaccando prima di essere
attaccato, almeno fino a quando non capiva cosa accidenti stava
accadendo.
"Ti piace ?
Puoi pure tenertela, se vuoi...", bofonchiò. "Tu chi sei ? ".
La sentì ridere piano. "Come stai ?".
"Bene...". Spike si accorse di essere nudo e radunò intorno a sè
le lenzuola, per scendere dal letto. " Che...E' l'anima che mi ha
fatto questo?".
"Direi piuttosto l'idea che tu hai dell'anima". La sconosciuta si
girò di sbieco, ma non abbastanza perchè lui potesse scorgerne il
volto. "L'anima non è che un accessorio sopravvalutato. Là fuori è
pieno di persone con un'anima che uccidono, seviziano, ingannano e
brutalizzano i propri simili. Non sono meno mostri di noi.
Un artificioso abbellimento...Ecco cos'è l'anima".
Spike fischiò, scettico. "Affascinante teoria...Però io ho
conosciuto qualcuno per cui l'anima ha significato la differenza".
Lei sollevò una mano, in un gesto noncurante e Spike si sorprese
nel notare che indossava guanti di pelle nera. "Angelus è un serial
killer di natura. L'anima gli è servita come filtro psicologico per
frenare i propri istinti. Ma quando si tratta di Angelus, parliamo
di un caso limite...Tu,invece, Sanguinario, sei molto meno
eccezionale...".
"Ok. Frena un secondo", protestò Spike, incespicando fino alla
portafinestra. "Sai chi è Angel, sai chi sono io...E tu? Di grazia,
tu chi diavolo sei ?".
Lei non accennò a voltarsi e uscì sul balcone. "Melissande
Alexandrei".
"Alexandrei ? Come i proprietari della Villa Nera?".
"Già". Un sospiro. "Hai centrato il bersaglio".
"E cosa vuoi da me?", la incalzò Spike a muso duro.
Melissande non si scompose. "Povero, insicuro, Sanguinario...Solo
perchè mi sono presa cura di te, dovrei avere un secondo fine,
vero?". Ridacchiò. "Beh, si capisce...Non ho un'anima, io".
Lui sferrò un pugno contro lo stipite della portafinestra e,
ancora malfermo sulle gambe, rischiò di cadere. "Non prendermi in
giro e non chiamarmi...". Si interruppe perchè era chiaro che
Melissande non lo stava ascoltando.
Appoggiata alla ringhiera, il quaderno di poesie stretto tra le
mani guantate, contemplava il cielo. "Vedi quella stella laggiù,
color del sangue ?
La chiamano Antares. E più o meno in quella direzione, c'è il
centro della nostra galassia, nascosto da inaccessibili nubi di
polveri e gas interstellari...Fa venire voglia di aggrapparsi a
qualcosa per non precipitare, vero?
E vuoi sapere che posto abbiamo noi vampiri in tutto ciò ?
Lo stesso di chiunque altro, Sanguinario. Siamo polvere. Un
giorno il nostro sole morirà e noi saremo polvere che si allontanerà
nel vuoto dello spazio...". Finalmente si voltò e guardò Spike. "E'
confortante, non trovi?".
Sconcertato, lui la fissò. Aveva grandi occhi di un profondo nero
notturno e,dalla tempia sinistra, la cicatrice irregolare di
un'ustione le attraversava il viso fino a un angolo della bocca, ma
anche così era bella in modo prodigioso.
"Cerchi un varco di luce, Sanguinario? ", sussurrò Melissande con
la sua voce di velluto, seta nera sul corpo esposto di Spike. "Beh,
non è qui, te lo assicuro. "
Gli mise una mano guantata sulla nuca e avvicinò le labbra al suo
orecchio. Rabbrividendo, Spike strinse di più il lenzuolo. "A parte
la tua poesia, non voglio nulla da te", bisbigliò lei. "Se sei
furbo, vattene e non voltarti indietro. E' un consiglio
spassionato".
Inspiegabilmente turbato, Spike si rese conto che Melissande
aveva lasciato la stanza solo dopo qualche istante. "Adesso ho un
problema", brontolò tra sè. "Perchè non credo di essere mai stato
davvero furbo..."
Nell'ora della luna, forse,
anche chi è caduto
può tornare angelo
e volare. |
...molto tempo prima...
Il fuoco era vivo. Il fuoco non aveva pietà. Non aspettava. Glielo
disse, glielo urlò, le tese la mano, disperato, ma lei nemmeno lo
degnò di uno sguardo. E poi le fiamme furono tra loro, dividendoli.
"Al Diavolo!", imprecò lui, voltando le spalle alla figura vestita
di bianco, sangue e furore, in ginocchio fra la cenere, lambita da
un mare di fiamme.
Quando però,mentre zoppicava nel cunicolo sotterraneo verso la
salvezza e un ignoto futuro, gli giunse il rombo assordante del
soffitto del salone che crollava, sentì sulle labbra il sapore delle
lacrime.
...molto tempo dopo...
"Padre, te ne prego".
"Sai che non sono tuo padre".
"Sai che per me sei sempre stato più di questo. Te ne prego, padre,
guariscimi. Tu hai scelto. Lascia che anch'io scelga".
"Io ho dovuto scegliere. Per te".
"Hai dovuto, sì. Ma per lei. Per essere certo di trovarla. E anche
io devo. Tu devi. Di nuovo".
"Di nuovo...".
"Te ne prego, padre, non abbandonarmi. Il giorno è stato troppo
lungo e doloroso...Donami una notte tiepida e fresca".
"E sia. Ma sarà una notte gelida, più di quanto tu possa
immaginare".
PARTE SECONDA
LA NOTTE SI AVVICINA VESTITA DI SILENZIO
Siamo momenti,
fragili istanti,
scelti a caso
dall'eternità...
§ 1 §
Con l'imbrunire, giunsero nubi nere cariche di pioggia e fulmini.
Spike rinunciò a proseguire il viaggio e restò sdraiato sul
giaciglio di fortuna che si era ricavato in un piccolo capanno,
trovato lungo il cammino. Ci si era nascosto per tutto il giorno. In
realtà, non doveva essersi allontanato dalla pensione più di un paio
di km.
Sì, era poco furbo, probabile. Ma anche molto orgoglioso e
Melissande Alexandrei l'aveva mandato in bestia. Voleva che se ne
andasse ?
Bella forza. Benvenuta nel club. Volevano sempre tutti che lui se ne
andasse. Almeno gli avessero specificato dove... All'Inferno?
Troppo generico. Per sè pretendeva un maggior sforzo di fantasia.
E poi, maledizione, una tediosa punta di curiosità continuava a
stuzzicarlo...
Come mai un'anonima albergatrice di montagna conosceva così bene i
vampiri ?
Chi era lo straniero bruno e zoppo arrivato al villaggio ?
E perchè la piccola Virginie non gli sembrava poi tanto innocente ?
E Melissande...
Dannazione, aveva finito le sigarette! Ahi, ahi, Spike...Non cambi
mai, vero ?
Poteva quasi vederla, lì, nella penombra del capanno, la sua bionda
ossessione, la Cacciatrice, che dall'alto del suo piedistallo lo
guardava, non si capiva se con disprezzo o pietà... Oh, già! Era la
misericordiosa tolleranza di chi è nel giusto. Tu sei dal lato
sbagliato del fosso, caro mio, e continui a cercare di saltarlo, ma
lo sai bene che ha rive scivolose...
Spike mugugnò tra sè, desideroso di spaccare qualcosa, una cosa
qualsiasi, a patto che frantumandosi producesse un gran rumore, come
la sua rabbia.
In quell'istante, la porta malconcia del capanno si spalancò .
§ 2 §
Virginie si fermò di fronte alla camera n°2, reggendo la biancheria
pulita.
Strano...Da quando lei e la zia avevano sistemato la vecchia
pensione dei nonni, si erano visti ben pochi avventori e tutti
terribilmente noiosi. Ma ecco, all'improvviso, due nuovi ospiti
affascinanti, giunti entrambi di notte, e sempre chiusi nelle loro
stanze...
Bussò e le venne aperto quasi immediatamente. Per qualche momento,
non riuscì a proferire parola, ipnotizzata dalla cicatrice che
deturpava il volto di Melissande Alexandrei, poi la luce di un
fulmine spezzò l'incantesimo.
"Scusi, non volevo disturbarla, ma dovrei sostituire asciugamani e
lenzuola", balbettò Virginie. Lo sguardo di quella donna era anche
più inquietante della sua cicatrice. E, accidenti, perchè portava
guanti di pelle in piena estate ?
"Nessun problema. Il temporale mi ha svegliata. Scendo di sotto",
replicò asciutta Melissande, oltrepassandola in una scìa delicata di
profumo di magnolia.
Sfiorata dal tessuto impalpabile della sua lunga tunica di seta
bianca, Virginie rabbrividì e si affrettò a scomparire nella stanza,
senza accorgersi che l'altra si era fermata per voltarsi ad
osservarla.
Melissande sostò così per un attimo, gli occhi neri ridotti a due
fessure, poi proseguì decisa verso il piano inferiore, fino alla
cucina, dove trovò Lara intenta ad ammirare la furia del temporale
dalla finestra.
"E' incredibile come si fa presto a dimenticare...Prima di tornare
qui, non ricordavo quanto potesse essere mutevole il tempo in
montagna...".
"Già...Si fa presto a dimenticare", commentò Melissande, sedendosi.
"O a non capire...Ti avevo raccomandato di tenermi aggiornata su
ogni cambiamento".
Lara lasciò ricadere le tendine e si girò, stupita. "Ed è quello che
ho fatto! A parte la comparsa di quel pittoresco vampiro che tu
chiami Sanguinario, non è accaduto nulla di rilevante...Almeno fino
a...Beh, lo sai!".
Melissande continuò a fissarla con disapprovazione. "Ho appena
incontrato Virginie. E' cresciuta. E' diventata...donna". Indugiò
sull'ultima parola.
Lara sorrise. "Oh...Le prime mestruazioni,sì...Le sono arrivate il
mese scorso. Una sera ha rifiutato il dolce e si è rinchiusa in
camera sua. L'ho trovata con tutto il vestito macchiato...Era un pò
spaventata, ma è naturale". Aggrottò la fronte. "Quando parlavi di
un cambiamento, alludevi a questo?
Perchè ? Credevo fosse una bella cosa... Un segnale positivo...".
"Il segnale che lui stava aspettando", disse Melissande.
L'altra impallidì. " Intendi dire che lui è tornato per questo?".
"Intendo dire che lui era già qui. Forse c'è da quando vi siete
trasferite. Forse vi seguiva già da prima".
Lara scosse il capo. "Ma perchè...Oh!". La sorpresa e poi l'orrore
si dipinsero sul suo volto. Con le mani cercò freneticamente il
bordo del tavolo. "Vuole ricostituire la famiglia...".
Melissande annuì. La sua espressione dura si addolcì, divenne
triste. "Lui ha sempre creduto nella famiglia".
"Lo sapevo...", piagnucolò Lara, oscillando avanti e indietro con il
corpo. "Non dovevamo tornare...Ma io...dove...non c'erano più
posti....io...".
"Siediti!", le intimò Melissande esasperata. "Quando sei nervosa,
non termini mai le frasi. Mi fai venire le vertigini!". Sospirò.
"Abbiamo anche un altro problema... Virginie ha contatti fisici con
un uomo".
"Un uomo?!", esclamò Lara. "No! E' impossibile...E' solo una
bambina...Non penserai che...".
"Che abbia perso la verginità ?", la interruppe una voce maschile.
"No...Ma di certo ha fatto pratica con i preliminari".
Lara e Melissande si voltarono verso la porta sul retro, dove Spike,
bagnato fradicio, stava strizzando la giacca.
§ 3 §
"Ehi, ragazze, calmatevi! Tutta questa gioia per il mio ritorno
potrebbe darvi alla
testa ! ". Spike si passò le mani tra i capelli bagnati e fece un
cenno amichevole a Lara, che lo stava guardando inebetita.
Melissande invece era impassibile come una sfinge: doveva essersi
accorta della sua presenza parecchi minuti prima che lui parlasse.
"Perchè è qui ?", mormorò Lara. "Se n'era andato...Cosa vuole ? Cosa
ha sentito?". La sua voce era appena un soffio, sembrava svuotata,
in trance.
Melissande appoggiò i gomiti sul tavolo e si prese il volto tra le
mani guantate. "Sì, Sanguinario, illuminaci".
Spike si mise a cavalcioni su una sedia, senza fretta. "Me n'ero
andato,infatti...Ma poi, nel capanno in cui mi ero fermato durante
il giorno, sono arrivati un anziano signore e il suo cane, in cerca
di un riparo dalla pioggia: per una qualche, spiritosa, follia della
natura ero simpatico al cucciolo, così sono rimasti a farmi
compagnia...".
"Struggente", osservò Melissande.
"Vero?
Ed è venuto fuori che il vecchio è nato, cresciuto e vissuto sempre
in questa ridente località...Gira che ti rigira, abbiamo finito per
parlare della Villa Nera e di quell'estate di circa trent'anni fa in
cui andò a fuoco...". In mancanza di una sigaretta, Spike afferrò
una pesca dalla fruttiera accanto a sè e inizio a rigirarsela
languidamente tra le dita. "Curiosa storia...Quasi una fiaba, che
racconta di una ricca famiglia straniera composta perlopiù di
giovani vestiti di bianco e belli come dèi e della più bella di
tutti loro, così bella da fermarti il cuore nel petto, una favolosa
creatura dallo strano nome ...". Gli occhi blu del vampiro si
soffermarono su Melissande. "...che iniziava per m ... E della
passione che divampò fra lei e uno dei becchini del cimitero
locale...". Spike sghignazzò, poi tornò serio, concentrandosi sulla
pesca. "... che si chiamava Daniel ed era il fratello maggiore della
gentile signora che ha da poco riaperto la pensione...". Questa
volta, Spike guardò verso Lara, immobile come una tragica statuina.
" ...e anche di uno dei numerosi fratelli della splendida fanciulla
dallo strano nome, un tipo alto e bruno, particolarmente possessivo,
che ostacolò in ogni modo la relazione della sorella e...".
"Willy, amore...", lo incalzò Melissande. " Stringi...".
"Così sciupi la complessità della trama!", protestò Spike, mettendo
un piccolo broncio. " E francamente preferirei che continuassi a
chiamarmi Sanguinario, se proprio devi...Comunque sia, ad un certo
punto, la bellissima creatura svanì nel nulla e anche molti ragazzi
del luogo, compresi Daniel e la sua sorellina, presero il volo,
gettando nello sconforto l'intero villaggio. Non molto tempo dopo,
la Villa Nera bruciò e anche il resto degli Alexandrei tagliò la
corda".
"Mio fratello aveva il cuore spezzato", sospirò Lara, lo sguardo
perso nel vuoto. "Non sopportava più di restare qui. Io lo adoravo,
così lo seguii. E' morto qualche anno fa, in un incidente stradale,
con sua moglie, e a me è rimasta solo Virginie...".
Melissande la ignorò. "Morale della favola ?".
Spike si strinse nelle spalle. "Morale ?
Nessuna. Le morali non sono mai state il mio forte...Piuttosto , la
conclusione ?
Mi chiedo se ce ne sia stata una... Capisci, io sono come quella
gatta del vecchio detto... Che certo non fa una bella fine, ma...Bah...Che
mi importa ?
L'ho sempre saputo che non avrei fatto una bella fine... E credo di
intuire anche un altro paio di cosette. Per esempio, quello
straniero che vi mette tanta paura...alto e bruno...E' lui, vero?
Quel tuo fratello guastafeste...".
"Alekòs. Mio fratello Alekòs", confermò Melissande.
Per un frazione di secondo, il suo autocontrollo si incrinò,
permettendo a Spike di scorgere al di là di esso lo spettro di
un'emozione violenta. Angoscia...o dolore... Non poteva esserne
certo. Non ancora almeno. Ma era sulla strada giusta. "E il suo
ritorno, in qualche modo, è un pericolo per Virginie, giusto?
E' per lei che siete così preoccupate,esatto?
Conoscevo una ragazzina della stessa età di Virginie", continuò
Spike. "Anche lei minacciata dal male, senza nessuna colpa...Mi
chiesero di proteggerla ed io feci del mio meglio...".
Lara si agitò sulla sedia. "Ci sta offrendo il suo aiuto ?
Grazie, William, ma non è necessario. Possiamo cavarcela".
"Ne sei sicura ?", intervenne stancamente Melissande. "Perchè io non
lo sono più, alla luce degli ultimi fatti...E anche se ammetto che
all'apparenza non si direbbe, il Sanguinario potrebbe essere un
ottimo alleato...".
"Ehi...!", borbottò contrariato Spike.
"Ma...è...è un estraneo...non sa...", balbettò Lara. "Chiamiamo...sì,
chiamiamo Redena e gli altri...".
Melissande scattò in piedi, spostando il tavolo di parecchi
centimetri. Persino Spike si spaventò e la pesca gli sfuggì. Lara
sembrò rimpicciolire.
"Redena e gli altri?!
E' quasi oltraggioso che sia proprio tu a proporlo ! Avrebbero
rappresentato la soluzione migliore per te, a suo tempo, ma non hai
mai voluto rivolgerti a loro. E adesso pretendi che sia io a farlo ?
Ora, quando sono liberi e non devono più niente a nessuno ? ". La
vampira tacque, deglutendo la rabbia.
Poi guardò Spike. " Quanto a te, e sia. Mi auguro soltanto che tu
riesca a ricordare cosa significare essere di nuovo il grande
vampiro che sei stato . E' di lui che avrò bisogno".
§ 4 §
Dopo il temporale, la notte scese profumata e fiorita di stelle
quanto un giardino. Melissande e Spike camminavano in silenzio nel
bosco, sulle tracce di Virginie: la ragazzina era sgattaiolata fuori
dalla propria stanza verso la mezzanotte, senza accorgersi che i due
vampiri la stavano spiando tra i cespugli.
Per quella particolare uscita, Melissande aveva rinunciato ai suoi
consueti indumenti bianchi e ora indossava jeans e una maglia neri,
aderenti come guanti.
Spike, restandole dietro di qualche passo, la osservava. Non era
sottile e nervosa come Drusilla, nè piccola e solare come la
Cacciatrice, ma alta, eterea e al contempo carnale, con un modo di
muoversi lento e fluido. C'era in lei qualcosa del cigno e della
tigre, un felice, intrigante connubio di grazia e puro istinto.
Oh, sì...Il vecchio aveva ragione, pensò il vampiro biondo, se il
mio cuore fosse ancora in grado di battere, lei potrebbe fermarmelo
nel petto...
Ehi! E adesso che diavolo gli prendeva ?!
Per usare un eufemismo, le donne l'avevano trattato alla stregua di
un biscotto secco, da sbriciolare finemente, e questa... Per
l'inferno, questa qui sembrava più pericolosa di tutte le altre
messe insieme !!
Si stava trasformando in un miserevole masochista...
Melissande si bloccò di colpo e lui, distratto dalle proprie
elucubrazioni, quasi la investì. Per evitarla - per non toccarla,
soprattutto - rischiò di sbattere contro un albero e finì carponi.
"Che c'è, Sanguinario ? ", gli chiese Melissande tendendogli una
mano. "L'anima è troppo pesante ?".
Spike rifiutò il suo aiuto e si rialzò con ostentata disinvoltura.
"Una buca", bofonchiò.
"Balle", lo provocò lei. "Guardati...Sei diventato rosso come le
scarpette di Dorothy".
Il vampiro aggrottò la fronte interdetto e Melissande precisò : "Il
Mago di Oz...".
"Oh...Ma certo!! Ma che adorabile citazione !", esclamò lui dandole
una gomitata. "Un autentico peccato che Virginie non ci abbia
lasciato una stradina di mattoni gialli da seguire...Perchè
l'abbiamo persa, non è così ?".
Ringalluzzito dall'espressione di disappunto della vampira, Spike
recuperò ulteriore arroganza. "Non sento più il suo odore, nè il suo
calore corporeo...E tu, o grande predatrice ?".
Melissande non raccolse la sfida e si limitò ad allargare le
braccia. "No, nemmeno io...Le gallerie, è chiaro". Riprese a
camminare.
"Quali gallerie ?", volle sapere Spike. " Necessito di una
spiegazione che superi le due sillabe, se per te non comporta un
eccessivo dispendio di energie".
"Smettila con quel tono da portinaia petulante, Sanguinario, per
cortesia...
Dai sotterranei della Villa Nera, si diramano dozzine di gallerie
scavate nella roccia che proseguono nelle viscere della montagna.
Non ci sono mai scesa, ma Alekòs e gli altri miei fratelli le hanno
esplorate per intero. Questa zona del bosco fa parte del parco della
villa...Probabilmente ci sono delle vie d'accesso nascoste".
"Perciò abbiamo la prova che l'innamorato di Virginie è davvero
Alekòs".
"No. Qualcuno mandato da lui. Alekòs non...". Melissande venne
interrotta dal tonfo di Spike che finiva lungo disteso.
"Sanguinario...Comincio a credere che tu abbia seri problemi di
equilibrio!".
Lui schizzò in piedi più in fretta di quanto fosse caduto,
guardandosi rabbiosamente intorno. "Sono inciampato in qualcosa,
maledizione!".
Notò una pietra grigia e rettangolare emergere dal terreno muschioso,
poi un'altra e un'altra ancora. Ne contò circa una decina, a brevi
intervalli regolari. "E queste che diavolo sarebbero?".
Melissande non parlò, ma quasi subito Spike comprese da sè. "Oh...Tombe".
Le osservò meglio. "Di bambini. Tombe di bambini". Si chinò su una
di esse, per riuscire a leggerne l'iscrizione incisa in caratteri
gotici. "E sono tutti Alexandrei...".
"Sì", disse Melissande, immobile, le mani guantate sui fianchi.
Rieccolo, pensò Spike, quel rumore di fondo percepibile nella sua
voce, lo schianto lontano di cristallo in frantumi, di un grido
durato per anni...
Lei si accorse della sua espressione indagatrice e lo zittì con un
gesto. "Me lo hai già chiesto e io ti ho già risposto. Non ho
nessuna intenzione di raccontarti la storia della mia famiglia. Non
oggi, almeno".
"Una domanda. Una sola. E giuro che non riguarda queste tombe", la
pregò Spike, sfoderando il suo migliore sorriso da cattivo con un
cuore.
Funzionò. Melissande cedette. "Spara".
"Il vecchio del capanno ricordava in ogni particolare la prima volta
in cui ti vide, in una tersa mattina di primavera: indossavi un
vezzoso abitino bianco con le spalline sottili...".
"E' possibile. Avevo un vestito simile. E allora ?".
"Allora ?!
Allora, te ne stavi sotto il sole di maggio!", esclamò Spike. "Tu
sei un vampiro!".
"Sanguinario, dopotutto deve esserci un cervello sotto quegli
assurdi capelli ossigenati...Un vampiro può stare sotto il sole ? ".
"No!!".
Melissande sorrise e i suoi denti candidi spiccarono per un istante
nel buio. "Ne consegue, dunque, che all'epoca io non lo ero !
Facile, no?
Elabora il concetto e basta con le domande. Torniamo alla pensione.
Mi resta solo una cosa da scoprire, questa notte".
Spike, ammutolito, restò a fissare la sua schiena, mentre si
allontanava.
§ 5 §
L'alba della breve notte estiva filtrava attraverso le persiane
accostate e Virginie, con la sua camiciola di cotone stampato e i
capelli color dell'oro sparsi sul cuscino, dormiva profondamente.
Persino troppo, si disse Spike.
Tutto ciò che faceva Melissande Alexandrei gli risultava in genere
inesplicabile e infatti non capiva perchè ora si trovassero lì, muti
e freddi come spettri, accanto al letto di una quindicenne. Quando
la vampira si chinò sulla bocca della ragazzina, presumibilmente per
odorarne il fiato, lo capì ancora meno e la sua perplessità non fece
che aumentare all'istantanea reazione di Melissande, che si tirò
indietro e lasciò la stanza nel giro di un istante.
Annusò anche lui il respiro di Virginie e gli sembrò che sapesse di
rose... Qual era il problema ? La piccola usava un dentifricio
inappropriato ?
Scuotendo il capo, Spike uscì nel corridoio. Vide Melissande
appoggiata al muro, le braccia conserte. Piangeva. Oh, certo, gli
occhi erano asciutti, non emetteva alcun suono, ma piangeva, nel
modo in cui piangono coloro che non hanno più lacrime, a cui restano
solo rabbia e frustrazione, incastrate in gola in un grumo che si
rifiuta di scendere o di salire. Piangeva come certe volte arriva a
piangere un vampiro con l'anima.
Istintivamente, Spike tese una mano verso di lei e la punta delle
sue dita sfiorò la cicatrice sulla guancia, senza vederla veramente.
Melissande sussultò, sottraendosi a quel contatto, e il suo volto si
trasformò rapidamente in quello della caccia. Durò solo un momento,
il tempo di un respiro, poi ritornò normale, bellissima e ferita,
negli occhi lo sgomento e l'imbarazzo per aver perso il controllo di
fronte a lui.
Lo fissò ancora un attimo, quasi sul punto - Spike ne fu sicuro - di
abbandonarsi tra le sue braccia. "Vado a cercare Lara", disse
invece.
Nell'ora della luna, forse,
anche chi è caduto
può tornare angelo
e volare.
...molto tempo prima...
Una lampada rossa, una malinconica sala troppo grande. Lei si mosse
come uno spettro, nel vestito bianco. Fissò le spade antiche
incrociate sul muro. "Sarebbe facile", sussurrò.
Sguainò una delle spade e la accarezzò lentamente con il palmo della
mano, spingendo la lama nella carne. Fissò la traccia rossa sul
palmo. "Questo sangue... Tutto per questo sangue...".
Lui si avvicinò, pallido in volto e afferrò la lama a sua volta,
puntandosela al petto. "Se intendi farlo, allora uccidi prima me ".
Lei guardò le mani di lui riempirsi di sangue e con un singhiozzo
lasciò cadere la spada per abbandonarsi tra le sue braccia,
macchiandogli la giacca bianca di gocce scarlatte.
Si strinsero come se quell'abbraccio avesse potuto fermare il tempo
e lasciarlì così, per sempre.
...molto tempo dopo...
La notte. Rugiadosa. Morbida. Un oceano profumato e oscuro in
continuo movimento.
Niente a che fare con l'accecante e polveroso giorno, tutto spigoli
e brutale banalità.
Si stiracchiò, selvatica, pronta, lasciando che l'erba, sotto di
lei, si adattasse al suo corpo .
Il ragazzo le trascinò davanti il proprio fardello, sbuffando per la
fatica. La puzza del suo sudore le fece arricciare il naso : come
tutti gli umani era tristemente grossolano, privo di qualsiasi
eleganza. Ma serviva a più di uno scopo.
Rimirò il suo dono: un uomo svenuto. Sì, era perfetto. Sangue
giovane, ricco.
Sarebbe stato un buon pasto.
PARTE TERZA
LA NOTTE NON HA UNA, MA MOLTE VOCI
Per chi ci amerà
saremo forse
più di una scintilla
§ 1 §
Lara fece l'iniezione con mano ferma, in silenzio, il volto
impassibile.
Troppe emozioni da gestire. Spike conosceva fin troppo bene quell'atteggiamento
: a Sunnydale era di moda, là quasi tutti avevano una personale
camera stagna in cui sigillare i sentimenti scomodi...
E poi, naturalmente, Melissande. Il vampiro la raggiunse nel
corridoio.
"Dunque...So di essere solo un modesto gregario in tutta questa
bizzarra situazione, ma...", disse scegliendo con cura le parole.
"...ma abbiamo appena imbottito di sedativi e incatenato al letto
una ragazzina di quindici anni...Forse mi sfugge qualcosa, però mi
pareva di aver capito che la piccola fosse l'innocente da
proteggere...O no ? ".
Melissande si stava massaggiando con insistenza il braccio sinistro,
proprio come qualcuno prossimo all'infarto. Rivolse a Spike uno
sguardo assente. "Sono stanca. Vado a riposarmi".
Un attimo ed era sparita, la porta della sua stanza chiusa a chiave.
Spike scosse la testa bionda. "E meno male che quella disturbata mi
sembrava la cacciatrice...".
§ 2 §
L'acqua del ruscello, fresca. Le stelle, uno sterminato incanto. E
loro due, stretti l'uno all'altro, a indicare le costellazioni con
le mani e a regalare sogni alla notte.
Sogni in cui sarebbero stati sempre insieme e sempre bambini. Perchè
già avevano nell'anima l'intuizione del dolore...
Correvano e Alekòs rideva, trascinandola. E la chiamava. Nessuno
aveva mai pronunciato il suo nome come lo pronunciava lui. "Melissande",
diceva, ed era come se ogni volta dicesse "amore".
"Melissande...Melissande...".
Melissande capì di non stare più sognando ancora prima di svegliarsi
del tutto.
Qualcuno le teneva una mano premuta all'altezza dell'ombelico: un
gesto tipico di Alekòs.
Aprì gli occhi: lui sedeva sul bordo del letto, vestito di lino
bianco, i capelli corvini sempre un pò troppo lunghi, il volto di un
gatto divenuto per magia umano. La mano, guantata di pelle, posata
su di lei. Non era cambiato. Tranne che per una cosa: nessun battito
cardiaco, nessun calore nel suo corpo.
"Quando è successo ?", sussurrò Melissande.
Alekòs si strinse nelle spalle. "E' successo. E basta".
"Che stai facendo ? Fratello, che stai facendo ?". Lo chiese con un
filo di voce, senza tentare di muoversi.
Lui si protese leggermente in avanti. "Nulla di male ".
"Nulla di male?! E Virginie ?!".
"Quella non è stata una mia idea".
Qualcosa di simile a una risata gorgogliò nella gola di Melissande.
"No? E di chi allora ?".
Alekòs esitò. "Le ho raccomandato di non avere fretta, ma lei è
molto impulsiva".
"Lei ? Di chi parli ?
Non di nostra madre...". Gli occhi di Melissande si restrinsero. "Perchè
l'ho ammazzata io...Dunque, di chi ? Chi diavolo ti sei portato
dietro ?".
Lui scosse il capo e i capelli neri gli scivolarono sulla fronte,
esattamente come quando era bambino. "Vorrei poterti risparmiare
tutto questo, Melissande...Ma sei ciò che sei. Sempre testarda.
Inarrestabile".
Infastidita da quella sua voce roca che conosceva così bene, lei si
tirò su a sedere e furono faccia a faccia. "Verrò a cercarti, questa
notte".
Alekòs sorrise. Aveva conservato il suo sorriso felino. Una malìa.
"Lo so. Ma, credimi, non ti piacerà quello che troverai".
Si sfidarono con lo sguardo e il silenzio si fece pesante, mitigato
soltanto dal cinguettìo degli uccellini nell'alba tiepida. Alla fine
fu Melissande a cedere: guardò le mani di lui, nascoste da guanti
molto simili ai suoi.
"Perchè li porti ?", chiese ritirandosi verso la testiera del letto.
"Anche tu li porti", ritorse Alekòs, ritraendosi a sua volta.
Stizzita, lei si tolse un guanto e gli mostrò la mano. "E dovresti
intuirne il motivo".
"Allora non farmi domande stupide", la rimproverò lui con un mesto
sorriso, poi si alzò in piedi e si sollevò la camicia. "Il motivo è
lo stesso".
Melissande impietrì. Sulle prime faticò a collegare ciò che vedeva
con ciò che sapeva. O che credeva di aver sempre saputo. E invece...
Un singhiozzo le sfuggì e gli occhi del fratello s'ìncupirono.
In quello stesso istante, Spike forzò la maniglia della porta e la
spalancò.
§ 3 §
Avvenne tutto in pochi secondi.
Spike vide un'ombra abbandonare velocissima il letto e scagliarsi
fuori della finestra protetta da una coperta. Melissande invece non
si mosse, gli occhi sbarrati, come se avesse appena visto un
fantasma.
E forse era così.
"Era Alekòs ?", esclamò lui. "Quello era Alekòs ?".
Poi se ne accorse. Lei non indossava un guanto e poteva vedere
chiaramente la sua mano. Indugiò su di essa con lo sguardo, senza
quasi rendersene conto: era completamente e profondamente ustionata.
Un orribile scempio.
Deglutendo, distolse gli occhi e incontrò quelli di Melissande,
adesso lucidi. E colmi di inaspettata ferocia.
"Stai...stai bene ?", domandò, sentendosi subito un idiota. Certo
che non stava bene. Per niente.
Lei saltò giù dal letto, cogliendolo di sorpresa, il volto
trasformato, un ringhio minaccioso dal fondo della gola. "Che cosa
guardi ? ". Sollevò la mano martoriata. "Questa ? E perchè ? Che
t'importa ? Cosa vuoi ?".
Spike strinse la mascella. "Non voglio nulla. Soltanto aiutarti ".
"Oh, già...William il Sanguinario ora ha l'anima...", disse
Melissande, la voce di seta divenuta aspra e tagliente. "Come dovrei
chiamarti dunque ? Il buon samaritano ? William il Saggio ?".
Senza preavviso colpì un vaso di fiori sul comodino, mandandolo in
frantumi. Acqua dall'odore vagamente putrido e fiori di campo si
sparsero ai suoi piedi. "Stronzate, mio caro ! Un grosso,
ingombrante cumulo di stronzate... Vuoi la verità? La vuoi ? ".
Lui percepiva la sua furia repressa montare come un'onda. Si
raddrizzò pronto a fronteggiarla. "Perchè no ?
Dopotutto, immagino che me la diresti comunque...".
Un altro ringhio. Melissande avanzò. "La verità è che non sei
nessuno, Sanguinario. Ti trovi qui, a ficcare il naso in cose che
non ti riguardano, perchè hai il terrore di tornare da dove sei
fuggito e avere la conferma che nessuno ha sentito la tua mancanza...Nessuno
". Altri soprammobili, su un cassettone, finirono in pezzi. "Tu sei
sempre stato l'ospite indesiderato, vero, Sanguinario ?
Mai l'amico di cui ci si preoccupa...Una spina sotto un'unghia. Ecco
cosa sei".
Si fermò davanti a lui . "Quindi fammi il favore di non compatirmi.
Non ne siete all'altezza, tu e la tua piccola, patetica anima".
Lo centrò con un pugno incredibilmente poderoso in pieno mento. Per
qualche istante, Spike non vide che una violacea oscurità, poi lei
prese a riempirgli lo stomaco di calci, l'ultimo dei quali lo
scagliò brutalmente contro la parete opposta.
Il buio che lo avvolgeva, adesso, era scarlatto, attraversato da
nere onde di dolore, ma, da qualche parte, scattò una luce di
consapevolezza. No, pensò il vampiro, no, sono stanco di lasciarmi
picchiare. E' il momento di finirla.
Si rialzò a fatica, ma riuscì a bloccare il nuovo attacco di lei e
facendola girare su stessa, la intrappolò contro il proprio corpo,
piegandole un braccio dietro la schiena e serrandole la gola. Era
difficile, dannatamente difficile. Melissande era più forte di
quanto avesse mai immaginato.
"D'accordo", le sussurrò ansimando all'orecchio. "D'accordo. Sono
patetico. E' vero. L'ombra di ciò che sono stato. Gioco a fare il
duro, ma ho permesso alla Cacciatrice di masticarmi e sputarmi. E mi
ostino a prendere per i fondelli il buon vecchio Angel, mentre
probabilmente sono più solo del suo cane, casomai ne avesse uno...".
Continuò a stringerla, i muscoli che minacciavano di scoppiargli per
lo sforzo. "Soddisfatta ?
Eccolo qua, William il Sanguinario, Spikey Spike in tutto il suo
meschino, polveroso, splendore. Lo confesso. Sono colpevole ". Si
fece più vicino a lei, le sue labbra le sfiorarono il collo. "Però
ora è arrivato il tuo turno. Tocca a te confessare. Perchè io credo
che siamo entrambi sulla stessa barca. Una barca che affonda, non è
così, Melissande ?".
La sentì dibattersi debolmente : la sua resistenza stava venendo
meno, la furia cieca fluiva via da lei come sangue durante
un'emorragia.
"Hai ragione", continuò Spike. "Non sono stato che una spina sotto
l'unghia...Mai un amico. Lascia che lo sia per te... Lascia che ti
tenga tra le braccia mentre la barca affonda...". La liberò,
limitandosi ad accarezzarle circospetto le spalle. "Questo lo so
fare, sai ?".
Lei si voltò, il viso di nuovo umano, il mento che tremava, le prime
di molte lacrime già impigliate tra le ciglia. Lui la accolse contro
il petto. " Non avere paura", le bisbigliò. "Ti tengo io. Questo lo
so fare".
§ 4 §
Lei pianse, pianse a lungo e disperatamente. Poi cadde in un sonno
profondo.
Spike la tenne stretta a sè, senza muoversi, per ore, mentre
all'esterno il sole correva attraverso il cielo e ombre sempre
diverse si alternavano sulle pareti. Non era come stringere un corpo
vivo e caldo, questo no. Ma lo trovava ugualmente travolgente. E poi
lui che poteva saperne in realtà ?
La cacciatrice non gli aveva mai permesso di abbracciarla. Oh, sì,
si era lasciata prendere e possedere in quasi tutti i modi
conosciuti, ma qualcosa di veramente intimo come un abbraccio...?
No...Il vecchio, lurido Spike non si meritava tanto.
Capiva molte cose, ora. Il suo metro di giudizio, per oltre un
secolo, si era basato su Angelus, il Male personificato, impossibile
da ferire, essendo privo di sentimenti e punti deboli. Aveva tanto
desiderato di assomigliargli, perchè lui invece riusciva a sentire
dolore al cuore come se ancora gli battesse nel petto...E attingendo
all'ingenuità del poeta che era stato, si era convinto di essere
speciale, diverso dagli altri.
E adesso, con quella vampira senz'anima che dormiva aggrappata alle
sue spalle come se non avesse mai veramente potuto riposare prima,
Spike comprendeva finalmente che il male di vivere non cessava con
la morte. Che la maggior parte delle altre creature della notte
conservava la capacità di sentire e di soffrire, esattamente come
lui.
Buffo, sembrava proprio che alla fine il caso più unico che raro
fosse Angelus, talmente intriso di oscurità e sentimenti negativi,
da non poter più sentire altro. O forse era stato soltanto molto
abile, usando la malvagità senza limite come un'arma appuntita e
avvelenata contro la dannata e inconcepibile sofferenza...
Eravamo uomini, pensò Spike, e nonostante tutto, siamo rimasti tali
anche dopo, con gli stessi difetti, le stesse debolezze e le stesse
paure, solo un pò più liberi, un pò meno ipocriti. Ma, sotto sotto,
nel profondo, pur sempre malati di umanità.
Mentre lui era perso nelle proprie intime elucubrazioni, Lara si
affacciò nella stanza, la crocchia di capelli precocemente grigi
semisfatta, gli occhi stanchi. "Si è calmata...", constatò , come se
quegli attacchi isterici di Melissande fossero per lei un fatto
abituale.
"Alla fine, sì", disse Spike, lasciando cautamente il letto.
Lara si strinse nelle spalle. "Dopotutto Alekòs è stato qui". Sempre
la stessa inflessione tranquilla nella sua voce.
Poi sorrise e il sorriso la trasformò fugacemente, restituendo a
Spike un frammento dell'immagine di lei più giovane e ancora ignara
dell'orrore a venire.
"Tu non ci capisci niente...eh, William ? ".
Lui inarcò un sopracciglio. "Non mi permettete di capire...".
Lara aggrottò la fronte, poi annuì. "Seguimi".
.§ 5 §
Normalmente i segreti si nascondono in soffitta o in cantina. Lara
teneva i suoi nell'armadietto delle scope, in una scatola da scarpe,
dietro i prodotti per il pavimento.
Singolare, pensò Spike, mentre lei gli porgeva un libro dalla
copertina spiegazzata , chiuso con un semplice elastico. Era una
copia di "Il mago di Oz".
"Osserva bene", gli suggerì Lara.
Perplesso, lui si rifugiò nella penombra della biblioteca e quasi
subito si estraniò dalla realtà circostante, catturato dal piccolo,
nuovo, mistero di quel libro.
Era stato letto molte volte, lo si capiva dal pessimo stato delle
pagine ingiallite e una scrittura femminile, precisa e minuta, ne
ricamava praticamente ogni spazio libero, riportando brani di altri
romanzi, versi famosi o pensieri liberi e sconnessi privi di un filo
logico. Qua e là, spuntavano poi fogli di ogni dimensione, infilati
tra un capitolo e l'altro come fiori da seccare: si trattava per lo
più di schizzi a carboncino o china, rappresentanti squarci di cielo
notturno, nebulose, fasi lunari, ma anche e soprattutto bambini,
tanti, di tutte le età, tra cui due, in particolare, un maschietto e
una femminuccia, neri di occhi e di capelli, che apparivano sempre
insieme.
Nel centro del volume, Spike trovò una vecchia fotografia in bianco
e nero, il ritratto di una ragazzina sui quindici anni, immortalata
in un ventoso giorno di sole : i capelli scuri le celavano in parte
il volto, che lei riparava dalla luce con una mano, ma la
rassomiglianza con Melissande era evidente.
Il vampiro girò la foto e vi scoprì una poesia d'amore, scritta
dalla stessa mano che aveva riempito di annotazioni il libro.
"Entrerai in me come acqua
e fluidamente ti consentirò
di attraversarmi,
così che potrai scoprire
quanto in profondità
si spingono i miei confini
e oltre quali zone d'ombra
respira la mia verità ultima.
Filtrerò in te come luce
e accecato ti lascerai
illuminare
così che potrò riscaldarti
insinuandomi nelle pieghe
delle tue percezioni
e fondere ogni spigolo
fino a consumarne la solitudine.
Cosa sarà il nostro ?
Amore ? "
(1912)
Rilesse la poesia più di una volta, poi si soffermò sulla data.
Qualcosa non quadrava. Secondo i pochi dettagli sul suo passato che
era riuscito ad estorcerle, Melissande doveva essere nata intorno
agli anni '40...Quindi non era lei l'autrice di quei versi e degli
appunti ...
Ma allora chi ?
Perchè diavolo Lara aveva pensato che quel volumetto malconcio
avrebbe potuto chiarirgli le idee ?
A dire il vero gliele stava ingarbugliando ancora di più...
Sentì dei passi famigliari scendere le scale e si affrettò a
nascondere il libro sotto la poltrona, infilandosi la foto nella
tasca posteriore dei jeans.
Quando si girò, Melissande era in piedi sulla porta. Indossava un
vestito estivo, lungo e bianco. E i guanti. Gli sembrò bellissima.
"Spike...", mormorò lei.
Incredibile. Non l'aveva mai chiamato così.
"Spike...volevo domandarti scusa".
Lui agitò lievemente una mano. "E per cosa ?".
"E anche dirti grazie". Un vago sorriso la illuminò rapidamente.
Spike gliene restituì uno dei suoi, di quelli che andavano dritti al
cuore. Anche se era un cuore morto. "Non c'è di che".
"Spike...", continuò Melissande.
"Piano...", la interruppe lui ridendo. "Attenta al mio nome, lo
sciuperai...".
Ah, ecco un altro sorriso, questa volta più concreto, incantevole.
"Ti prego...Sii serio. Io...Senti, credo sia giusto che ti racconti
tutto. Tutta quanta la storia".
Spike si alzò d'istinto dalla poltrona. Oh...La faccenda si faceva
molto, molto interessante...
Ma non ebbe tempo di replicare alcunchè : Lara sopraggiunse
trafelata, quasi andando a sbattere contro Melissande.
"Problemi con Virginie ?", le chiese quest'ultima.
Lara scosse il capo, più pallida del solito. "E' passato di qui uno
dei carabinieri del paese: dice che hanno rinvenuto un cadavere nei
boschi. Un escursionista". Ingurgitò. "Dissanguato. Con due strani
fori sul collo".
"Ehi!", esclamò Spike. "Giuro che non sono stato io !".
.
§ FINE TERZA PARTE §
continua...
NELL'ORA DELLA LUNA - PARTE QUARTA
di Franca Bersanetti
Nota : la ff è ambientata idealmente nell'arco di tempo intercorso
tra la sesta e la settima stagione di Btvs, ipotizzando che Spike,
dall'Africa, non sia tornato immediatamente a Sunnydale. Spike è
l'unico personaggio di Btvs presente e lo utilizzo senza il permesso
degli autori e non a scopo di lucro.
Il resto dei personaggi, poesie e versi compresi, sono frutto
esclusivo della mia mente.
Attendo pareri e critiche ai miei indirizzi : dreamhunter72@libero.it
e frankab@tin.it.
Nell'ora della luna, forse,
anche chi è caduto
può tornare angelo
e volare.
...molto tempo prima...
Nel parco le ombre erano solide, torri di oscurità in cui perdersi
per non essere mai più ritrovati...Lei lo avrebbe voluto, perlomeno.
Lui sedeva nel punto più buio. Poteva capire che era lì perchè ne
sentiva l'odore, mascolino, aspro, sudore e rabbia. Rabbia pura.
Terrore, forse.
"Sembra quasi che il bambino l'abbia capito...", mormorò. "...e non
voglia nascere...sembra che speri di tentare la fuga ancora prima di
vedere la luce...".
Non ricevette risposta. Percepì soltanto che in lui la tensione
stava aumentando.
"Come fai ?", le chiese improvvisamente. "Come riesci a non avere
mai paura ?".
Lei scosse impercettibilmente la testa. "Ci sono molti modi di avere
paura".
...molto tempo dopo...
Ancora una fermata, l'ultimo pulman. E poi di nuovo laggiù, in quel
luogo che si era lasciata alle spalle da trent'anni. Dove aveva
giurato di non tornare . Già ne avvertiva l'aura maligna, in spire
di presagi che serpeggiavano nelle viscere delle montagne, tra le
radici degli alberi. Il contagio del ricordo, del sangue, del
dolore.
Oh, madre, pensò, dopotutto hai avuto ciò che tanto desideravi...Uno
ad uno, camminiamo ancora all'indietro, verso il nido che ci hai
costruito.
PARTE QUARTA
ANDRANNO LAGGIU', DOVE IL BUIO HA ORIGINE
forse saremo
solo lucciole
nelle sere tranquille
e nulla di più
§ 1 §
Un'altra notte profumata. Di nuovo loro due, a camminare insieme
nell'oscurità.
Questa volta, Melissande sembrava sapere esattamente dove andare. E
Spike non manteneva le distanze, procedendo deciso al suo fianco. Di
tanto in tanto le loro mani si sfioravano ed entrambi lasciavano
silenziosamente che accadesse.
"Cosa stiamo cercando ?", chiese Spike, ad un certo punto, quasi
restìo a disturbare quell'intima, confortante, quiete.
"Nulla. Andiamo ai ruderi della Villa Nera", rispose lei. "Rivedere
Alekòs mi ha fatto ricordare il caminetto della sala delle spade: mi
pare che contenesse un passaggio segreto per le gallerie. Forse è
ancora in piedi".
"E se è così, che si fa ?".
"Ci sediamo ad aspettare che Alekòs venga da noi".
Spike si bloccò. "Ehi, dico...Hai mai sentito parlare del cosiddetto
effetto sorpresa?".
Melissande sospirò. Si voltò e parlò a pochi centimetri dal viso di
lui. "L'effetto sorpresa starebbe nel perderci nelle segrete e
rimanerci come due mummie per l'eternità ?
Sanguin...". Si interruppe, abbassò lo sguardo un istante. "Spike,
questa non è una caccia, non serve tendere agguati. La partita si
gioca tra me e Alekòs e lo sappiamo entrambi. Però ho bisogno di
te...Spike. Devo essere certa di non essere sola...Comincio...".
Esitò di nuovo. "Comincio a credere che potrei non avere la forza
necessaria per... Spike ? Mi stai ascoltando ?".
Sembrava proprio di no. Gli occhi blu del vampiro biondo erano fissi
su di lei, ma non attenti. Imbarazzata, Melissande gli mise una mano
sul petto e lo spinse.
Spike sbattè le palpebre. "Eh ? ....Ma, sì, è ovvio che ti stava
ascoltando...".
Oh, sì...Non si era perso una sola parola. Fin da subito, fin da
quando lei gli si era avvicinata e...per l'Inferno e il Paradiso,
era sempre stata così bella ?!
...Cioè, sì, l'aveva notato immediatamente che lo era, anche con
quella cicatrice...Non ti ricordi, pezzo di imbecille, che si dice
che possa fermare il cuore nel petto di un uomo e bla, bla, bla...?
...Già, però adesso c'era quella novità: lei aveva pianto tra le sue
braccia, anzi vi si era abbandonata, addormentata... Adesso lo
chiamava Spike...E adesso, sì, adesso - in questo preciso istante,
pezzo di cretino - non gli aveva appena detto di avere bisogno di
lui ?
Caspita...Perchè accidenti non teneva un diario ?
Questa era una di quelle cose da scrivere. Una di quelle cose
sensazionali da non dimenticare.
Scosse il capo, riprendendo contegno. "Sì, ti ascoltavo , Melissande
". Ok, la sua voce era ben impostata, nessun cedimento. Ottimo.
"Abbasso la caccia, abbasso
l' agguato . Solo tu e Alekòs. E io. Perchè...". Non poteva
evitarlo, doveva guardarla. E lo fece. In fondo al nero dei suoi
occhi, più in fondo possibile. "...tu hai bisogno di me".
Melissande deglutì, le labbra leggermente dischiuse. Poi raddrizzò
le spalle e riprese a camminare impettita. "Bravo. Hai seguito la
lezione".
§ 2 §
La Villa Nera. O meglio, ciò che ne restava.
Davvero non molto, pensò Spike. L'incendio doveva essere stato di
incredibili proporzioni. E sembrava essere scoppiato proprio nella
sala delle spade, il locale più devastato di tutti.
Eppure il grande caminetto, dalla massiccia cornice in granito,
troneggiava ancora in mezzo a tutta quella fuligginosa desolazione,
come una bocca spalancata sul buio.
Melissande sedette su di un frammento di scala che le stagioni
avevano ricoperto di muschio. L'emozione lottava in lei per
trasparire e si torceva le mani guantate con insistenza. Guardava lo
squarcio di cielo che si poteva vedere da quel punto, un ponte di
stelle tra le macerie e l'infinito.
Spike le si mise vicino, in silenzio. Aveva dimenticato cosa potesse
significare appartenere a un luogo e ritrovarlo dopo molto tempo,
distrutto e diverso, eppure ancora uguale. Una cosa che succedeva
anche alle persone...
"Da quella parte", sussurrò Melissande, indicando una porzione
esterna di mura annerite e in equilibrio precario, "c'era una torre.
Tenevo lassù il mio telescopio, in una stanza circolare, con
un'ampia finestra che si spalancava sulla notte. Ci ho
trascorso...". Si interruppe bruscamente a metà della frase. "Tira
fuori la foto".
Spike trasalì. "Scusa?".
"La foto. Quella che tieni infilata nella tasca posteriore dei
jeans". Si voltò di sbieco verso di lui, la cicatrice evidenziata da
quell'angolazione, gli occhi neri da animale notturno. "Sempre che
tu non preferisca che la prenda io".
In un altro momento Spike sarebbe stato tentato di provocarla ed
invitarla a farlo, ma, per la miseria, non era ancora abbastanza in
sè - se mai lo sarebbe stato di nuovo - per simili giochetti. Si
affrettò a sfilare la foto dalla tasca.
Melissande sorrise. "Mi hai scoperta, dunque...Anch'io scrivo
poesie...".
Già...La poesia sul retro della foto, che parlava di amore e
passione..."E' molto bella...", mormorò Spike, poi aggrottò la
fronte. "Ehi, piano...E' stata scritta nel...".
"Nel 1912 ", terminò lei. "Era un limpido pomeriggio di sole...Come
puoi notare tu stesso. Quella sono io. Ti sarai accorto della
somiglianza".
Il vampiro biondo era ammutolito, impegnato a contare mentalmente, e
c'era una gran confusione in quei numeri.
Melissande gli posò delicatamente una mano sul braccio. "Spike, io
sono nata intorno al 1864 ". Tacque, in attesa di una sua reazione.
"Certo, non conosco la data precisa...", aggiunse di fronte
all'espressione di stupore dipinta sulla faccia di lui. "Sì, è
vero", proseguì. "Ti ho raccontato che trent'anni fa non ero ancora
un vampiro. E non ho mentito. Non lo ero ".
"Ma avevi comunque...quanti ?... 108 anni ?", domandò Spike,
incredulo.
"Se la matematica non è un'opinione, sì. Anche se ne dimostravo
tutt'al più una trentina". Melissande sospirò, sorrise un'altra
volta, apparentemente più serena. "Posso spiegarti tutto. Se lo
vuoi".
Se lo voleva ?!...Se lo voleva ?!?!
Spike deglutì, prima di rispondere. "Melissande...Non puoi chiedere
seriamente una cosa come questa a un vampiro che ha appena riavuto
l'anima e che non è nemmeno del tutto sano di mente...Non puoi
proprio...A meno che tu non intenda renderlo pazzo in via
definitiva...".
Lei rise. "Devo dedurre che lo vuoi ?".
"Ardentemente", esclamò lui. "Con ogni mia fibra".
Il sorriso aleggiò brevemente sulla bocca di Melissande, poi si
stemperò fino a scomparire, mentre la fronte le si aggrottava e gli
occhi si facevano più scuri. "C'era una donna...", disse. "Una donna
bellissima, vedova di più di un anziano marito. L'ultimo, il barone
Alexandrei, oltre all'ennesima cospicua eredità, le aveva lasciato
anche un titolo e un cognome altisonante. E Leonor, questo il suo
nome, si godeva la fortuna accumulata, viaggiando per l'Europa,
frequentando personaggi famosi, riempiendosi il letto di giovani
amanti...Uno di questi, una notte, si rivelò essere un vampiro.
Leonor era una donna intelligente, anche troppo, e sfruttò quell'occasione
con una prontezza di riflessi sorprendente: stava raggiungendo la
maturità, spuntavano le prime rughe, sapeva bene che il denaro non
avrebbe mai potuto fermare il tempo...E lei invece ne voleva ancora.
Ancora tanto tempo. Così propose al vampiro un patto : se lui la
trasformava in un suo simile , la ricchezza di lei sarebbe stata
sempre a sua disposizione. Francamente non credo che il vampiro
abbia accettato per via dei soldi : doveva essere divertito
dall'intraprendenza della sua vittima e probabilmente lo fece per
vedere fin dove sarebbe stata capace di spingersi".
Parlava con un filo di voce. Spike si tese verso di lei d'istinto.
Melissande continuò.
"Per forse un secolo, Leonor se la spassò, eppure non era una
persona destinata ad essere felice. Faceva parte della schiera degli
eterni insoddisfatti, sempre alla ricerca dell'unica cosa che non
possono avere. E c'era una cosa che Leonor desiderava
disperatamente, che aveva sempre desiderato...Figli. Qualcuno che
perpetuasse la sua stirpe. Non importava che ormai lei stessa fosse
eterna. Voleva dei figli, una vera famiglia. E pensò bene di
procurarsela. Fu facile. Cominciò ad attaccare madri e balie e
portare via loro i bambini".
Spike sussultò. "Quindi...tu...?".
Melissande annuì, un leggero tremito al mento, lacrime in bilico ma
non ancore pronte ad uscire. "Già...Era il 1864 o giù di lì...Non so
dove...Non so nemmeno come mi chiamassi, in realtà...Dovevo avere un
paio d'anni...Ricordo solo una notte umida, l'aria tiepida carica di
pioggia...Qualcuno mi teneva in braccio, una donna, forse mia madre,
oppure una balia o una sorella maggiore, chissà...Poi un grido,
confusione...I ciottoli duri e bagnati della strada contro cui ho
sbattuto cadendo...Devo aver di certo pianto...E altre due braccia
femminili, una pelle diversa, calda ma non troppo, un profumo di
magnolia, pizzi che mi pungevano...".
"Leonor...", commentò Spike.
"Sì...E da quel momento in poi, ricordo soltanto il palazzo
Alexandrei, nel cuore dell'Europa orientale, le sue stanze immense...e
i bambini...tutti gli altri bambini...i miei fratelli...". Un'altra
pausa.
Il quadro, per Spike, iniziava a farsi più chiaro. "Quindi...tu e
Alekòs non siete veramente fratelli...".
Melissande si strinse nelle spalle. "Chi può dirlo ?
Devi aver visto quel nostro ritratto ad acquerello infilato nel
libro...L'ha fatto lui...Ci siamo sempre assomigliati moltissimo.
Forse è solo un caso, forse, in quella notte, la donna che mi teneva
in braccio trasportava anche Alekòs...Non lo saprò mai con certezza.
Leonor si è tenuta il segreto e ormai è polvere da tanto tempo".
Con la punta di una scarpa si dedicò a tracciare ghirigori nel
terriccio, raccogliendo idee e ricordi. Spike desiderò di toccarla,
di accarezzarle la schiena, gentilmente. Lo desiderò e non lo fece.
"E così... Leonor rapiva bambini e...", la incitò.
Lei sembrò scuotersi. "Non solo. Non le bastava. Architettò qualcosa
di ben più diabolico e macchiavellico...Voleva crearsi degli
autentici eredi. Era colta, si circondava di letterati, studiosi. E
di maghi e alchimisti. Di tanto in tanto, il suo sire tornava a
trovarla e lei gli chiese un pò del suo sangue, che mescolò al
proprio e ad altri misteriosi ingredienti che non svelò mai a
nessuno. Chiamò questa mistura l'Elisir e cominciò a
somministrarcene una dose una volta al mese...". Melissande afferrò
una mano di Spike, la strinse come se stesse cercando un appiglio,
mentre affondava nel passato. Lui ricambiò con forza, perchè sapeva
cosa significava scivolare, sentirsi cadere e annaspare nel vuoto.
"Molti dei bambini non lo sopportarono e morirono. Altri, noi, i più
forti, superammo le crisi iniziali e l'Elisir ebbe sui nostri corpi
strani, incredibili effetti...Ne rallentò il metabolismo e la
crescita. Quattro anni degli esseri umani normali per noi
equivalevano ad uno soltanto...Per questo io, nel 1912, quando
quella foto è stata scattata, dimostravo quindici anni, nonostante
ne avessi più di quaranta...Ed eravamo sensibili alla luce. Non ci
danneggiava, ma ci infastidiva. Tutto appariva troppo luminoso,
insopportabile, di giorno". Lasciò le mani del vampiro e si alzò,
come incapace di restare ferma, mentre il flusso della memoria
scorreva in lei. "Meglio la notte. Fresca. Dolce...Alekòs ed io la
passavamo a correre nei boschi e a studiare le stelle...Lui a volte
dipingeva, io giocavo con il telescopio o gli leggevo brani di Il
mago di Oz, il nostro libro preferito...". Chiuse gli occhi, un
istante. "E mangiavamo poco, così poco...Non percepivamo nessun
sapore. Eravamo vivi, eppure già morti, Spike...Non più umani, non
ancora vampiri...".
Per l'Inferno, pensò Spike...E improvvisamente comprese. Rivide
Melissande, la notte precedente, che si chinava sulla bocca di
Virginie per poi ritrarsi sconvolta...Aveva sentito l'odore
dell'Elisir!
"Lo stanno dando a Virginie, vero ?", la incalzò, raggiungendola e
imponendole di guardarlo. "Ma perchè ? Lei che c'entra ?". Le mise
una mano sulla guancia segnata dalla cicatrice, senza riflettere e
senza rendersi conto che Melissande non si ritraeva. "E perchè
Leonor vi ha torturati in quel modo ? Perchè non aspettare che foste
cresciuti per trasformarvi ?".
Lei scosse la testa mestamente. "Quante domande che fai,
Sanguinario...In effetti non ti ho...".
Un rumore stridente di pietre che scorrevano l'una sull'altra la
costrinse ad interrompersi e a voltarsi verso le fauci oscure del
caminetto. Spike la imitò.
Ah, finalmente...Eccolo.
Alekòs Alexandrei.
§ 3 §
Melissande aveva ragione, constatò Spike. Lei e Alekòs erano quasi
due gocce d'acqua, almeno di primo acchito...Però non si poteva
essere veramente certi che fossero consanguinei. Lui era alto,
notevolmente attraente, ma il vampiro biondo si disse malignamente
che tutto quel lino bianco non gli donava affatto. Sembrava pronto
per essere composto in un feretro...
"Credevo saresti venuta da sola",disse Alekòs.
Melissande fece per rispondere, poi si immobilizzò, in ascolto. Se
ne accorse anche Spike : c'era qualcun altro...
Una ragazza emerse dall'ombra. Anzi parve che fosse l'ombra stessa a
generarla, plasmandola con l'umidità e il profumo della notte.
Metteva in mostra, con sensuale naturalezza, un corpo statuario e
perfetto, fasciato come una seconda pelle da un abito color avorio.
E i capelli erano un torrente di luce bionda che accendeva il buio.
Ma l'attenzione di Spike si focalizzò su altri dettagli. Le mani...Solo
tre dita, contorte e adunche, per ciascuna. E il volto...uno
splendido ovale, lineamenti delicati e un unico, grande occhio
dall'iride verde intenso, leggermente decentrato verso la sinistra
della fronte. Impossibile smettere di guardarla... Per di più, gli
ricordava qualcuno, ma non riusciva a capire chi...
Anche Melissande appariva perplessa. Impercettibilmente, si portò
più vicina a lui.
"Perchè avrei dovuto venire sola?", chiese al fratello. "Tu non lo
sei... Chi diavolo è questa? Quella lei troppo impulsiva di cui
parlavi ieri ?". Il suo tono si indurì. "Quella che sta avvelenando
Virginie ?".
Alekòs non raccolse la provocazione. "Ti presento Lilith...".
"Melissande...". Tutti loro trasalirono nell'udire la voce della
ragazza misteriosa, infantile ed inquietante. "Attendevo da così
tanto tempo di incontrarti...Sei esattamente come ti descriveva
papà...".
"Sei...la figlia di Alekòs ?", domandò Melissande irrigidendosi.
Lilith sorrise e sul suo volto distorto quel sorriso risultò
grottesco e disturbante. "No...Ma mi sono sempre considerata
tale...".
Avanzò verso di loro con studiata, ipnotica lentezza. Spike,
sospettoso e vagamente disgustato, la vide protendersi per
abbracciare un'attonita Melissande e sussurrarle una parola
all'orecchio.
Una sola, unica, parola. Che lui, con i suoi sensi di vampiro,
riuscì ugualmente a sentire...E la sorpresa fu tale da sbalordirlo e
impedirgli di notare due particolari di fondamentale importanza : la
figura che sopraggiunse alle sue spalle per colpirlo alla testa con
una pietra e il piccolo pugnale che Lilith si sfilò da una manica
per affondarlo nello stomaco di Melissande.
Quell'unica, piccola parola...
Dopo, ci fu solo buio. E odore di sangue.
§ FINE QUARTA PARTE §
continua...
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