Con un tonfo sordo la pallina colpì il fondale di legno, e rotolò
tristemente verso il bancone cui colei che l’aveva lanciata era
appoggiata.
“Bella mira” Angel fece una pausa e un
pigro sorriso canzonatorio gli increspò gli angoli della bocca
“poliziotta.”
Kate
si voltò con uno sguardo poco amichevole “Si dà il caso che io non
catturi i delinquenti a colpi di micidiali palle colorate.”
Il sorriso di
Angel si fece più largo “Bè,
quella” indicò la pallina, la terza ed ultima, tra le mani di lei
“è decisamente più grossa di una pallottola” si fermò e lei lesse
nella risata che minacciava di scoppiare sulle labbra di lui, che
non aveva finito “e non è che quei barattoli siano pieni di vita.”
Kate
incrociò le braccia con un’espressione che, pregava,
avrebbe dovuto oscillare tra l’offeso e
l’arrabbiato; poi commise un errore: gli porse la palla.
“Forza campione, sbalordiscici!”
Le sopracciglia di lui si alzarono ed
il lampo di divertimento che già si poteva leggere nei suoi occhi
nocciola, se possibile, divenne più intenso.
Angel
prese la palla e aggirò Kate,
sfiorandole una spalla con la propria per poi invitarla a
spostarsi di lato, con un gesto della mano, quando lei si voltò
verso di lui.
“Guarda e impara.”
Il tutto sotto lo sguardo divertito del ragazzo addetto a quel
tiro a segno; ragazzo che, lei ci scommetteva, stava scambiando
con il vampiro di fronte a lei occhiate di sciovinistica
condiscendenza.
Naturalmente sapeva che tali occhiate si sarebbero ripetute di lì
a poco, quando i sei barattoli sarebbero caduti al suolo dopo il
lancio di chi, tra le altre cose, aveva la capacità di centrare
con un paletto il cuore di un vampiro a diversi metri di distanza.
Così come lei aveva la media più alta di centri al poligono di
tutto il distretto.
Ma a quanto pare tale abilità,
trasferita in un Luna Park nei pressi della spiaggia di Los
Angeles, aveva per lei un risultato opposto.
Finse di starsene buona ad osservarlo e, con un cenno del capo, lo
invitò a tirare; poi, quando Angel si
voltò, gli si avvicinò e si appoggiò a lui, una mano sulla
schiena, la bocca a sfiorargli l’orecchio “Allora?
Sto aspettando” mormorò.
La piccola, bassa risata che sfuggì alle
labbra di lui svegliò quelle farfalline che, a quanto pare,
avevano residenza stabile giù nel suo stomaco, dal giorno in cui
un ‘veterinario’ aveva preso posto
accanto a lei su uno sgabello del D’Oblique.
Dimostrando un autocontrollo che credeva di non possedere, almeno
non quando si trattava di Kate così
vicina a lui da poter percepire il calore che irradiava dal suo
corpo, Angel si voltò lentamente
cingendole la vita con il braccio libero e appoggiando la fronte a
quella di lei.
Il cuore di lei perse un battito.
Se
qualcuno, parlando del suo futuro, le avesse mai predetto che si
sarebbe innamorata di un vampiro, la prima cosa che avrebbe fatto
sarebbe stato consigliare a tale persona di cambiare spacciatore.
E se, vampiro o meno, le avessero parlato
di un sentimento così forte da legarla a qualcun altro tanto da
sentirsi parte di lui, e lui parte di lei, il consiglio non
sarebbe cambiato.
E
invece ora era lì, in un luna park, ferma ad un banchetto di un
tiro a segno, completamente indifferente a tutto quello che la
circondava eccetto un paio d’occhi nocciola: felice.
Tanto da non ricordarsi com’era stata la sua vita prima che lui ne
facesse parte.
Sorrise mentre Angel si chinava a
sfiorarle le labbra, e lei sfiorava quelle di lui; e stava ancora
sorridendo quando, pochi istanti dopo, un rumore di latta contro
cemento, le arrivò alle orecchie. “Complimenti! Li ha buttati giù
tutti e sei signore!!”
Un piccolo grugnito di disappunto sfuggì a
Kate mentre si staccava da lui, e di nuovo la risata
di Angel le
arrivò alle orecchie.
Kate
sbuffò per quello che era cominciato come un tentativo di
distrazione, miseramente fallito.
La voce del giovane alle sue spalle attirò la sua attenzione “Dato
che li ha buttati giù con un solo tiro ha diritto al
pupazzo grande.”
Angel
sorrise nel vedere il viso di lei
illuminarsi, come difficilmente avrebbe fatto quello di un
qualsiasi altro adulto nella stessa situazione.
Il sorriso di Kate gli scese nel
cuore, e si chiese quante volte la bambina che era stata,
aveva sorriso nello stesso modo.
Probabilmente mai, o comunque non negli
ultimi venti anni. Dubitava che suo padre, dopo la morte
della madre, l’avesse mai portata ad un Luna Park.
Kate,
ignara dello sguardo di
Angel fermo sul suo viso, spostava gli
occhi azzurri da un pupazzo all’altro fino a che un sorriso
impertinente le sfuggì dalle labbra e, seguendo il dito del
giovane addetto, annuì “Voglio quello.”
Lui prese il grosso peluche e glielo
posò davanti “Ecco a lei. Buona serata.”
Fu solo quando lei si voltò che Angel
guardò per la prima volta il grosso pupazzo, e non seppe se ridere
o sentirsi lievemente offeso.
Perché Kate
stringeva fra le braccia un Paperino di dimensioni
decisamente spropositate che la superava di tutta una testa.
Un Paperino che indossava un lungo mantello
nero foderato di roso, con due piccoli denti aguzzi che spuntavano
ai lati del becco arancione.
Kate
si voltò e, seguita da Angel, riuscì a
fare solo una decina di passi con il grosso papero che le bloccava
la visuale, prima di scoppiare a ridere.
“Io non lo trovo divertente!”
“Oh dai” si voltò sorridendogli “un po’ di
auto ironia non ha mai fatto male a nessuno.”
E
di nuovo si voltò, sapendo che Angel,
dietro di lei, rideva divertito almeno quanto lei.
Il grosso papero-vampiro però, si stava rivelando un ostacolo
troppo ingombrante per la visuale di Kate,
la quale doveva spostare continuamente la testa da una parte
all’altra del grosso pupazzo per evitare di finire lunga e distesa
per terra.
“Dammi qua!”
Angel
prese il pupazzo e se lo mise sulle spalle tenendolo con entrambe
le mani, mentre Kate gli si
avvicinava; si guardarono un instante negli occhi, prima di
scoppiare a ridere entrambi.
Ed Angel si trovò a pensare che, in
effetti, era molto tempo che anche lui
non rideva così.
“Hey, amico. Che c’è di tanto
divertente?” Doyle
li aveva raggiunti senza che se ne accorgessero, accompagnato da
Cordelia, una mano in quella di lui, l’altra che reggeva dello
zucchero filato apparentemente alla fragola.
Poi lo sguardo dell’irlandese cadde sulle spalle dell’amico e
scoppiò anche lui a ridere, seguito prontamente da Cordelia.
“Non ci credo, neanche sei mesi di lotte contro i demoni e già ti
ritrovi con un pupazzo a celebrarti” disse
Doyle una volta che le risate si spensero.
L’espressione offesa che si dipinse sul volto
di Angel
non ingannò nessuno.
Poco dopo si ritrovò a camminare a fianco a
Doyle, mentre Kate e Cordelia
li precedevano di qualche metro.
“Adesso sarebbe il momento giusto per ringraziarmi.”
Angel
guardò perplesso l’amico.
“Sai, per averti tirato fuori dalla
bat-caverna…” guardò
Angel ma questi sembrava ancora non
afferrare quello che gli veniva detto “Tu…il mondo
esterno…coinvolgimento…”
Angel
sorrise.
“Ma” Doyle alzò le mani “basta una
molto maschile stretta di mano, anche solo un
grazie, o un cenno del capo. Niente più abbracci okay?
Rovinano la mia immagine.”
Il sorriso di
Angel si fece più largo mentre allungava un braccio e lo
appoggiava sulle spalle dell’amico al suo fianco, il cui tentativo
di sottrarsi si rivelò completamente e disastrosamente
infruttuoso.
Un tentativo che, rimanga tra noi, non fu poi così esagerato.
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