True colors


7. Inferni

AUTORE: Phoebes
SPOILER: prime tre stagioni di BTVS, con riferimenti specifici a “Anne” e “Dead men’s party”, prime due puntate della 3ª stagione.
PAIRING: nessuna.
RATING: AU, quindi probabili out of character.
TIMELINE: inizio terza stagione di BTVS.
SUMMARY: Ricominciare è difficile, soprattutto se si è da soli.
DISCLAIMER: i personaggi (tranne Silvia) purtroppo non mi appartengono, ma appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, la ME, la UPN e la Fox. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare al-cun copyright.
FEEDBACK: sì sì sì, sempre graditissimo! Scrivete pure per qualsiasi cosa: complimenti, insulti, chiarimenti.
NOTE: questa fan fiction mi ha richiesto più tempo di tutte, ma non tanto per la difficoltà, quanto soprattutto per la sfortuna che l’ha perseguitata: per ben due volte, e per motivi diversi, ho perso tutto quello che avevo scritto e ho dovuto ricominciare da capo! Ne è venuta fuori una storia che non è certo un capolavoro, anzi, tutt’altro. Ma se a qualcuno le vicende della fan fiction piacevano, posso assicurare che le prossime “puntate” saranno migliori. Questa fan fiction però mi serviva per fare da congiunzione con le successive; più di una volta, men-tre la scrivevo per l’ennesima volta, ho pensato di lasciar perdere e passare avanti, però non riuscivo a co-minciare la terza stagione senza un’introduzione. Perciò… eccola qua!
Come al solito, ho dato per scontato che la puntata è conosciuta da tutti, e quindi ho saltato a piè pari i pezzi che non mi interessavano.
Ancora un’altra piccola notazione: in questa fan fiction c’è una piccola citazione di “Un medico tra gli orsi”, al-tro telefilm che adoravo, e che sempre le varie reti mi hanno maltrattato.

Un’ultima cosa:
« » indicano i discorsi
< > indicano i pensieri
* * indicano qualcosa detta con enfasi

P.S.
Ringrazio tantissimo Dany che mi ha trovato una frase che mi stava facendo impazzire, e senza cui non riuscivo a fi-nire! Grazie cara!
 

                                       Inferni

Con quell’ansia dentro che
non ti fa capire se
sei tu inadeguato
o tutto il mondo che hai intorno è sbagliato.
(Max Pezzali – J Ax, “Noi parte 2”)


Los Angeles, 4 ottobre 1998

« Vieni, ti faccio fare un giro! »
Buffy uscì dalla cucina, mostrando a Lily il resto del piccolo appartamento, che consisteva in una sola stanza.
« Ehm.. ecco, qui si conclude il nostro giro! »
Lily era appoggiata al muro, si guardava intorno un po’ a disagio: « È molto carino. »
« L’affitto è pagato per le prossime tre settimane. » Buffy aprì l’armadio, tirandone fuori la sua divisa: « Ho parlato con Mitch al fast food. Ha detto che puoi cominciare giovedì. Lui è un tipo… repellente, ma… non ti darà troppi proble-mi. » Mentre parlava aveva posato l’uniforme sul letto, e Lily vi si era seduta accanto, sfiorandola un po’ con la mano.
« Ti chiamerò per sapere come stai », continuò Buffy.
« Io non sono… brava a prendermi cura di me stessa. »
« Vedrai che sarà facile. Facendo pratica. »
Lily non era molto convinta. Continuava a guardare l’uniforme, e notò il nome scritto sulla targhetta: « Hey... potrei essere “Anne”? »
Sorrise, finalmente, e Buffy le sorrise di risposta.

La fila alla biglietteria non era troppo lunga, tuttavia Buffy ebbe il tempo di rimanere un po’ a pensare, aspettando il suo turno. Forse non era ancora del tutto convinta della decisione presa. Perché tornare ed affrontare di nuovo la sua vecchia vita? Non era meglio rimanere a fare la cameriera, l’anonima Anne, invece che tornare a Sunnydale ed essere di nuovo…
« Buffy! Buffy Summers! »
La ragazza si voltò di scatto verso chi l’aveva chiamata: « Silvia! Che ci fai qui? »
« Quello che ci fai tu, credo. Ero venuta anch’io per comprare un biglietto per Sunnydale. E tu? Come mai qui a Los Angeles? »
« Ecco, io… » la fila si mosse, spingendo Buffy verso lo sportello. La ragazza lasciò passare gli altri avanti e raggiun-se l’amica alla fine della fila. Quando furono una di fronte all’altra, si sorrisero.
« Sono contenta di incontrarti! », disse Silvia.
« Davvero? Io credevo che… tu… ce l’avessi con me. »
« Bè, forse un po’, all’inizio, ma poi mi è passata. Certo, non è stato facile riprendermi dopo… » fece una pausa, e non riuscì più a continuare.
Rimasero un bel po’ entrambe in silenzio, come se avessero esaurito gli argomenti. Poi Buffy si decise a parlare: « Tu… dove sei stata tutto questo tempo? »
« Mah, un po’ qui, un po’ lì », rispose Silvia con tono noncurante. Ma poi, prima che il silenzio calasse di nuovo pe-santemente, aggiunse in fretta: « Sono andata a New York, ma presto mi sono stancata, e sono andata in Canada. È davvero uno splendido paese, freddo quanto basta. Posti meravigliosi, paesaggi magnifici. L’ho attraversato quasi tut-to. Poi sono arrivata fino in Alaska. Anche quello è un bellissimo paese. Sono stata per un po’ di tempo a Cicely, dove ho degli amici. Ha un nome odioso, ma è molto carina come città. Dopo sono venuta qui a Los Angeles. Allora mi sono detta: “Cavoli, se proprio devo stare in California, tanto vale che torno a Sunnydale!” e… eccomi qui. Tu, invece? »
« Niente di così avventuroso. Ho lavorato come cameriera in un fast food, e ho finto di essere una ragazza normale. Poi ho incontrato una che prima viveva a Sunnydale, che mi ha riconosciuta. Ho dovuto aiutarla, sono andata per un po’ all’inferno, e mi sono ricordata che significa essere una cacciatrice. »
« All’inferno? »
« Sì, ma per poco. »
« Sono contenta che tu abbia deciso di tornare, Buffy. Tornare in tutti i sensi. »
Di nuovo si sorrisero.
« Dicevi sul serio, prima? », chiese Buffy: « Che… non sei arrabbiata con me? »
« Sì, dicevo sul serio. Come ti ho detto, all’inizio ce l’ho avuta a morte con te. Ma poi ho capito che hai fatto solo quello che dovevi. A New York ho incontrato il Cantastorie. Mi ha detto che l’hai conosciuto. »
Buffy annuì.
« L’ho picchiato un po’, e mi ha raccontato tutto. Mi ha spiegato di Acathla. Idiota imbecille. Non poteva dirmelo prima? Sempre con quei discorsi “era destino”, “doveva andare così”. L’ho trovato odioso fin da quando l’ho conosciu-to! »
« L’hai… ucciso? »
« No. Non è cattivo. E non è colpa sua, lo so. L’unica persona che ancora non ho perdonato, sono io. »
« Tu?!?! »
« Oh, sì. Molte cose sono dipese da me… Sono stata orgogliosa, testarda… Insomma, completamente sconsiderata! » Sorrise nervosamente, e Buffy notò che gli occhi le si erano fatti lucidi. Silvia stette in silenzio per un po’, poi sorrise, stavolta anche con gli occhi, ed esclamò: « Ma sono molto contenta di averti incontrata! Anzi, sai che ti dico? Non ho voglia di prendere uno stupido autobus! Vieni con me! Ho un mezzo migliore. »
« Quale? … Cosa…? »

Una mezz’oretta dopo, Silvia e Buffy sfrecciavano in direzione di Sunnydale a bordo di una Harley Davidson del 1981, modello 883. Buffy si teneva stretta a Silvia, spaventata, un po’ per la guida piuttosto spericolata dell’amica, un po’ per via dei valigioni legati dietro di lei (che facevano inclinare ancora di più la moto nelle curve) un po’ inoltre per le condizioni non troppo rosee del motociclo, che sembrava palesemente aver conosciuto tempi migliori, e non tanto di recente. Oltretutto, faceva un rumore assordante, tanto che le ragazze dovevano gridare per sentirsi l’un l’altra: « Silvia! », urlò Buffy quando non ne poté più: « Ma… sei sicura di aver fatto bene a comprare questa moto? »
« Certo! Non è una meraviglia? Era a un prezzo eccezionale, solo che non me la sentivo di fare un acquisto del ge-nere, non ero dell’umore giusto, ma poi ti ho incontrata e ho cambiato idea! »
« E non ti fa pensare a niente il fatto che costasse così poco? »
« Bè, è un po’ vecchiotta, e allora? Fila che è una bellezza! »
< Sì, come no! > Buffy non era per niente convinta: obiettivamente la moto era ridotta piuttosto male, e ad ogni rantolo la cacciatrice si aspettava di vederle esalare l’ultimo respiro. Invece lo stoico veicolo le portò sane e salve a de-stinazione.
Buffy scese dalla moto di fronte al vialetto di casa sua. Silvia l’aiutò a slegare la valigia, e mentre rimetteva a posto la sua, Buffy rimase ferma, esitando.
« Vuoi che resti con te? », le chiese Silvia.
« No, no… non preoccuparti. È tutto ok. Tu… dove andrai? »
« Bè, penso che tornerò al mio vecchio appartamento. Le chiavi ce le ho ancora. Dovrò… darmi da fare con le pulizie, ma mi terrà occupata. Fatti sentire, eh? »
« Magari più tardi potremo vederci al Bronze per salutare Willow e gli altri. »
« Buona idea, sì. A più tardi, allora! »


5 ottobre

Grande festa a casa Summers! Dopo una iniziale titubanza, Buffy sembrava essere tornata la figlia e l’amica di sem-pre.
Sembrava.
In realtà il suo rapporto con la madre e coi compagni era diventato piuttosto freddo e sospettoso. Senza contare che il preside Snyder si era categoricamente rifiutato di riammettere la ragazza a scuola. Silvia non si era proprio posta il problema, non aveva più voglia di andare al liceo. Il suo desiderio di “una vita normale” le sembrava ora ancora più sciocco, oltre che inutile e irrealizzabile.
In ogni caso, in barba alle difficoltà, i solerti scoobies avevano organizzato una bella festa di “bentornato” a casa Summers. Peccato che Silvia non si fosse fatta vedere quasi per niente, e Buffy si sentisse come un pesce fuor d’acqua nella sua stessa casa, piena di gente e di confusione. Pensò di andare fuori, per prendere un po’ d’aria e allontanarsi da tutto quel chiasso. Purtroppo per farlo doveva passare davanti a Xander e Cordelia, e non aveva proprio voglia di spiegare perché voleva scappare dalla festa in suo onore. Per fortuna i due parevano molto intenti a pomiciare, e Buffy pensò che forse poteva passar loro davanti inosservata. Invece Xander si accorse di lei: « Hey, Buffy, dove vai? »
« Ehm… Volevo… prendere una pausa da tutto questo.. fantastico divertimento! »
« Una bella festa, eh? Scommetto che un sacco di gente è contenta che sei tornata! »
« Sembra che sono mancata anche alle persone che non conosco… Giles.. ha detto che avrebbe fatto tardi? »
« Ah, era seppellito in Biblioteca l’ultima volta che l’ho visto. Ma sarà presto qui! Vuole festeggiare il tuo ritorno a casa! Tutti noi lo vogliamo. Voglio dire, è bello riavere la nostra Buffy! » Leggermente a disagio, Xander cercò l’appoggio della sua ragazza: « Non è vero, Cordy? »
Lei era intenta a baciargli il collo: « Eh? Certamente! », rispose poco convinta: « Anche se… eri molto eccitante con quel look da ammazzavampiri, sai? », disse poi ammiccando a Xander.
« Dici sul serio? »
« Eccome, Falcone! »
Tornarono a baciarsi, e Buffy piuttosto imbarazzata balbettò un « Bè, io vado », e uscì fuori.
Il rumore della festa era forte, ma con la porta chiusa era almeno attutito. La ragazza sospirò. Non aveva immagi-nato così il suo ritorno. Aveva voglia di chiudersi in camera, e restare da sola. Ma non se la sentiva di tornare dentro e rivedere tutta quella gente. Decise di fare il giro della casa e rientrare dalla cucina. Ma arrivata alla porta di servizio, trovò Silvia seduta sulle scale, con un sigaretta accesa in mano.
« Non sapevo che fumassi », le disse.
« Infatti non fumo. Ci provo, ma non ci riesco. L’ho accesa, ma non ho fatto neanche un tiro. Mi fa tossire. Però te-nerla in mano mi rilassa… Non so poi perché lo faccio: io odio la gente che fuma! »¸ e così dicendo spense la sigaretta sui mattoni del vialetto. « Immagino che questo non migliori l’opinione che hai della mia sanità mentale… »
Buffy si strinse nelle spalle, poi si sedette sul gradino accanto a lei.
« Come mai te ne stai qui fuori da sola? », chiese dopo un po’ la cacciatrice.
« E tu? », le chiese l’altra di rimando.
« Non lo so, è che… non è proprio… insomma, mi sentivo… »
« Ti sentivi di troppo? »
Buffy annuì.
« Conosco la sensazione. » Storse la bocca in una smorfia che avrebbe voluto essere un sorriso: « Io, è tutta la vita che mi sento fuori posto. All’inizio pensavo che fosse colpa del luogo, che prima o poi avrei trovato un posto dove sen-tirmi “a casa”. Poi ho capito che non dipendeva da *dove* ero, ma da *come* ero. »
« Già, ti capisco. Anche io mi sento sempre così… », la cacciatrice si fermò notando che l’amica la fissava sorridendo con una strana espressione, quasi… canzonatoria?
« Che c’è, perché mi guardi così? »
« Scusami, Buffy, ma non credo che tu possa capire », disse Silvia scuotendo leggermente la testa, e tornando a guardare nel vuoto davanti a sé: « È vero, tu sei la cacciatrice, la prescelta, uccidi vampiri e demoni, e certo non è una cosa che capita a tutti. Ma da quanto lo fai? Due, tre anni? Io faccio l’ammazzavampiri da più di un secolo. Non voglio sminuire quello che provi, ma non credo tu possa capire come è *sempre* stato difficile, per tutti questi anni. Dovun-que andavo, non ero mai la benvenuta. Se non rivelavo chi ero, non potevo spiegare certe “stranezze” della mia vita, ed ero considerata, nel migliore dei casi, un’eccentrica, ma comunque sempre qualcuno da cui stare alla larga. Se in-vece rivelavo chi ero, nessuno in ogni caso voleva avere a che fare con me. La gente fatica ad accettare l’esistenza dei vampiri come nemici, figuriamoci come amici! È vero, io non sono proprio un vampiro, ma per molti non c’è poi tanta differenza. »
Buffy rimase in silenzio. Mentre parlava, aveva notato nell’inflessione della voce, e nell’espressione del viso dell’amica, qualcosa di cui non si era mai accorta prima: « Sai? », disse sottovoce dopo un po’: « Da quando ti conosco è la prima volta che mi rendo conto davvero che tu non sei una mia coetanea. Finora, dato il tuo aspetto, non mi era mai sembrato così evidente. »
« Già. Sai quel che si dice, che l’età non è quella anagrafica, ma quella che uno si sente? Bè, io me li sento tutti i miei 136 anni, mai come adesso mi sono sentita così vecchia! Ti ricordi quando vi ho detto che ero una dampyr? Mi avete chiesto quanti anni avevo, e non me lo ricordavo. Non ci pensavo per niente, allora! Bei tempi, quelli… »
Restarono in silenzio ancora per un po’, tutte e due con lo guardo perso nel vuoto. Poi Silvia aggrottò la fronte, come se si fosse all’improvviso resa conto di qualcosa, scosse la testa, poi sorrise: « Scusami Buffy, non volevo rattristarti! È che ultimamente sono molto incline alla depressione! Ma va tutto ok, no? Voglio dire… dentro è in corso una bella fe-sta, tutta per te! Non lasciarti contagiare dalla mia malinconia! Hai 17 anni, una madre che ti ama, degli amici stupen-di… »
Buffy stava valutando le parole dell’amica, quando questa si alzò, e si diresse verso l’uscita del vialetto: « Ehi! E tu dove vai? » la richiamò indietro.
« A casa. Te l’ho detto, mi sento… io *sono* fuori posto. Ma fossi in te, correrei dentro ad abbracciare tua madre! »
Si voltò per andarsene, e Buffy non la richiamò di nuovo. Rientrò in cucina, decisa a seguire il consiglio dell’amica.
Purtroppo, però, le capitò di ascoltare uno stralcio di conversazione tra sua madre e la sua nuova amica Pat. Con tutti i dubbi che la cacciatrice già aveva, quella era l’ultima cosa che le ci voleva. Joyce stava dicendo che rivedere la figlia non era stato come si era aspettata. Si lasciò sfuggire che forse stava meglio quando non c’era. Buffy corse nuo-vamente fuori triste e arrabbiata. Era l’ultima goccia. Rientrò di nuovo in casa dalla porta principale, e si precipitò in camera, a fare i bagagli.

Nel frattempo Silvia camminava tristemente per le vie di Sunnydale. Cavò di tasca il pacchetto di sigarette, ne sfilò una e l’accese. Fece ancora pochi passi, poi imprecando la gettò a terra e la spense col piede. Ad un certo punto notò del movimento in fondo alla strada: < Bene, un po’ di sano combattimento è giusto quello che mi ci vuole! >

Giles intanto si stava precipitando (per quanto il suo macinino gli permettesse di farlo) a casa di Buffy. Ripensava al colloquio avuto con Joyce quella mattina, quando lei gli aveva mostrato il suo ultimo acquisto < “Le piace la mia ma-schera? Non è incantevole? Fa anche resuscitare i *morti*!” Americani! >
Poco prima infatti Giles aveva rivisto quella stessa maschera in uno dei suoi libri: si trattava di Ovu Mobani – Occhio Malvagio, un demone zombie, una specie di dio dei morti viventi. Tutti gli zombie lo cercavano, perché chiunque aves-se indossato quella maschera, avrebbe avuto i poteri del demone.
Distratto da queste preoccupazioni l’Osservatore si accorse troppo tardi dell’uomo che all’improvviso era sbucato in strada, e lo investì con la macchina.
« Oh, Gesù! », esclamò. L’uomo era caduto a terra, e non si rialzava. Giles scese subito dall’auto: « Oh mio Dio! Sta bene? », chiese avvicinandosi: « È ferito? »
L’investito era sdraiato con la faccia rivolta verso l’asfalto. L’osservatore provò a girarlo, e vide che il suo volto era in avanzato stato di decomposizione.
« Buon Dio! », esclamò di nuovo. Prima di avere il tempo di riaversi dalla sorpresa, lo zombie lo afferrò per il cap-potto, mentre altri zombie si avvicinavano. Giles riuscì a liberarsi dalla stretta, e si rifugiò in macchina. Fece per ac-cenderla, ma non trovava le chiavi. Gli zombie intanto si erano avvicinati, e avevano cominciato a colpire e scuotere l’automobile, e Giles notò che le chiavi della macchina erano in mezzo alla strada, a qualche metro da lui < Oh, bravis-simo, ben fatto, Giles! >. Mentre febbrilmente pensava a qualche modo per risolvere la situazione, vide lo zombi ap-piccicato al finestrino venire all’improvviso allontanato via con forza. Poi una mano gli sventolò davanti le sue chiavi: « Ti possono servire, che dici? », lo prese in giro Silvia. Ma i morti viventi erano troppi perché la ragazza potesse af-frontarli da sola. Rapidamente entrò anche lei in macchina, e insieme si diressero a casa di Buffy, mentre Giles le spie-gava il mistero della maschera.

Giunti a casa Summers, si accorsero che gli zombi erano già arrivati anche lì, creando non poco scompiglio. L’importante era che nessuno dei morti-viventi indossasse la maschera di Ovu Mobani, altrimenti sarebbe diventato il dio in persona. Purtroppo Giles non aveva fatto in tempo a spiegare la cosa agli scoobies, che Pat, l’amica di Joyce, zoombizzata anche lei, aveva indossato la maschera. Ora aveva il potere di un dio, e i suoi occhi (non per niente lo chiamavano “Occhio Malvagio”) erano capaci di paralizzare chiunque avesse avuto l’ardire o la disgrazia di incrociarli. Per fortuna Buffy, senza troppi preamboli, gli conficcò una pala in mezzo alla fronte, non senza una certa soddisfazione vista l’antipatia che fin dall’inizio aveva nutrito per la nuova amica di sua madre. Ovu Mobani afferrò la pala tentando di togliersela, ma gli occhi, fonte dei suoi poteri, erano anche il suo punto debole, la cacciatrice non aveva sbagliato. In un lampo di luce bianca il dio scomparve.
Tutti gli zombi cessarono di essere “viventi”, e tornarono semplicemente morti.
Joyce, preoccupata, corse a cercare la figlia: « Tesoro! »
La abbracciò stringendo forte, e Buffy fece altrettanto. Quando si sciolsero dall’abbraccio, Joyce chiese, ancora preoccupata: « Stai bene? »
« Sì. »
« Così, questa per te è una tipica giornata di lavoro? »
« No. Questo non era niente. »
Anche gli altri intanto si erano avvicinati.
« Ottime mosse », si complimentò Xander con la cacciatrice.
« Anche tu », rispose lei.
Willow sorrise, e anche lei si avvicinò per abbracciare Buffy. Giles emise un profondo sospiro, poi si guardò intorno scrutando i presenti: non vedeva Silvia da nessuna parte.

La dampyr era andata via non appena aveva visto Buffy impalare il dio-zoombie. Lottare per un po’ contro qualche creatura del male era stato un piacevole diversivo, ma sempre troppo breve. Di nuovo, come poco prima, camminava sola e triste per le vie di Sunnydale. Si fermò però accanto a un cestino della spazzatura, e vi gettò dentro il pacchetto di sigarette e l’accendino.


6 ottobre

Buffy Summers era stata finalmente riammessa a scuola. Non si era mai accorta di quanto questa piccola certezza fosse importante per lei. Aveva, come tutti i suoi coetanei (Willow faceva eccezione) sempre odiato la scuola. Invece, tornandoci, si era accorta che le era mancata. Andare a vivere da sola le aveva fatto fare un ulteriore precoce passo verso il mondo degli adulti, in cui non si sentiva pronta ad entrare. Essere una cacciatrice era per lei già una grossa responsabilità; almeno nelle altre cose, era piacevole avere qualcuno che la aiutasse e “proteggesse”. Sua madre, pri-ma di tutto. Ma anche Giles, e Willow, e Xander, e Oz, e perfino Cordelia! Era tornata a casa. Erano di nuovo tutti con lei. Tutti insieme.

Era ancora mattina, ma era tutto buio nell’appartamento di Silvia. Nonostante quello che aveva detto a Buffy, non aveva ancora dato una pulita in giro: i mobili e il pavimento erano pieni di polvere, e a lei non sembrava importare. La tv era accesa, trasmettevano una televendita, ma la ragazza dava le spalle all’apparecchio. Era in piedi, ferma, da una buona mezzora, ormai, appoggiata allo stipite della porta. Guardava fisso davanti a sé, nella stanza, vuota, di Angel.