La riunione parte 2

 
Quando giunsero all’Hyperion si scontrarono quasi con Xander e Spike, in arrivo da direzioni opposte ma con la stessa espressione cupa di fronte alla serata che gli si prospettava.
Ad aprire la porta fu Drusilla: “Dalle vostre facce direi che non ne sapete più di ieri, su questa storia….”
“Perché, voi siete più informati?”
“In un certo senso…Ho avuto una visione, specchi e riflessi come dicevate voi, ma non siamo riusciti a capire cosa significhi.”
“Noi abbiamo avuto un incontro con un paio di tuoi simili chiacchieroni. E’ possibile che Darla c’entri qualcosa?”
“Non saprei, certo non è impossibile. Sarà meglio parlarne a Angel. Venite, lui e Mari si stanno allenando.”
In quel momento si sentì un colpo violento che fece rimbombare i muri, come se qualcosa vi fosse stato scaraventato contro. Drusilla, senza farci minimamente caso, li guidò fino ad una porta dietro la quale si trovava una rampa di scale. Mentre scendevano i colpi continuarono a ripetersi, finché una volta arrivati in fondo trovarono chi stavano cercando, anche se non come si erano aspettati di trovarli: Angel e Marianne, ciascuno mostrando il proprio volto demoniaco, stavano lottando senza un attimo di tregua, con forza e violenza inaudite. I colpi si susseguivano ai colpi, il minimo punto debole veniva attaccato senza alcuna esitazione , ogni vantaggio era presto perduto, poiché i contendenti avevano pressoché la stessa forza e abilità. Ad un certo punto Marianne sferrò un calcio al petto del fratello che, bloccandolo, cercò di colpirla a sua volta con un pugno, che la ragazza però riuscì ad afferrare prima che andasse a segno. Per qualche istante rimasero così, allacciati, perfettamente alla pari, poi i lineamenti da belve si stemperarono nei loro perfetti visi umani e, ridendo, si liberarono reciprocamente.
“Complimenti, sorellina, niente male davvero.”
“Grazie, anche se avrei preferito batterti…”
“Dovresti saperlo che non riusciremo mai ad avere un vincitore, tra di noi. Prevediamo troppo bene le mosse dell’altro.”
Buffy si intromise furibonda: “Ma dico, siete ammattiti?! Vi sembra questo il momento di litigare? E in ogni caso, che bisogno c’era di ricorrere alle mani? Dovreste vergognarvi!”
I due la guardarono come se fosse uscita di senno. “Litigare?? Veramente noi ci stavamo solo allenando, Buffy! Dru non ve l’ ha detto?”
“E tu questo lo chiami allenarsi, Angel? Allora quando litigate cosa fate, usate direttamente croci e paletti?”
Vedendo la mala parata, Marianne decise di intervenire per distogliere l’attenzione dal fratello: “A dire la verità, a volte i paletti li usiamo anche. E’ bene tenersi pronti, sai? Se cerchi degli allenamenti da signorine farai meglio a rivolgerti a qualcun altro, qui si fa sul serio. E poi credo che Dru abbia dimostrato ieri sera che ho ragione: non è stata brava?”
Venne interrotta da un asciugamano che le piombò in testa, lanciatole da Angel: “Sembri una madre al saggio di pianoforte della figlia!” le disse ridendo mentre si avvicinava. Poi, rivolto a Buffy: “Drusilla vi ha detto della sua visione? Wesley sta cercando di capirci qualcosa, ma per ora non siamo approdati a niente. Voi?”
“Noi forse abbiamo una traccia: Darla. Tu che ne dici?”
“Conoscendola, e sapendo che ci sono di mezzo io, non mi sento di escluderlo. Andiamo di sopra, magari a Wes potrebbe essere utile saperlo.”
“Ok…ah, senti, conosci una vampira di nome Manuela?”
“Manuela…credo di sì. Dovrebbe aver circa una decina d’anni meno di me, l’ ho incontrata qualche volta quando ero ancora Angelus. Dovrebbe essere qui a Los Angeles, almeno da quel che si dice in giro. Sempre che parliamo della stessa persona. Perché?”
“No, niente…l’ ho incontrata stasera, in un certo senso è stata lei a passarmi l’informazione su Darla.”
“Non faccio fatica a crederci, quelle due non si possono vedere.”
“Ah sì? E come mai?”
“Te lo spiego io, è tutta da ridere!” si intromise Spike col suo miglior sorriso strafottente. “A quanto ne so io, un po’ più di un secolo fa Manuela cercò di infilarsi nel letto del tuo ex sotto il naso di Darla, che non gradì affatto la cosa e lo dimostrò facendole fuori i suoi schiavetti. A sua volta Manuela ricambiò la cortesia incendiando il suo rifugio. A quanto pare col tempo sono rinsavite entrambe per quanto riguarda Angel, ma l’odio rimane dov’era. Probabilmente Manuela spera di chiudere i conti una volta per tutte facendo levare a te le castagne dal fuoco.”
Il silenzio che si era creato grazie al tatto di Spike venne presto interrotto da Marianne: “Avete appena ascoltato la migliore interpretazione di Spike sul tema ‘Brutta cosa, l’invidia’!”
L’imbarazzo si spense nella risata generale.


Ridere, ridere…un accidente, ridere!
Sul momento si era lasciata trascinare dall’allegria generale, e poi in effetti la faccia che aveva fatto Spike una ghignata la poteva anche meritare…solo che in quel momento, passata l’euforia, ecco, non trovava proprio che cosa c’era da ridere.
Più quella storia andava avanti e più vedeva Angel circondato da donne.
Donne del passato e del presente.
Donne buone o cattive.
Donne assenti o presenti.
Donne pericolose o innocue.
Donne diverse, ma con qualcosa in comune.
Gli erano state vicine.
E alcune di loro lo erano ancora.
Mentre lei doveva stargli lontana.
Perché lei doveva essere l’unica a farlo?
Lei che lo aveva amato…
Lei che lo amava ancora, forse?
Non lo sapeva, non lo voleva sapere.
Sarebbe servito solo a farla soffrire di più, e lei lo aveva fatto abbastanza.
Marianne, Drusilla, Cordelia…gli stavano accanto.
Manuela gli era stata accanto.
Darla gli era stata accanto. E avrebbe voluto riprenderselo o vendicarsi.
E lei, lei che cos’era, in mezzo a loro?
Un ricordo, un’insignificante briciola del passato?
Una delle tante?
Non lo pensava veramente, lo sapeva.
Voleva solo compatirsi un po’, crogiolarsi nella sua gelosia mai ammessa.
Perché, qualunque cosa rappresentasse Angel per lei adesso, in passato lo aveva amato.
Follemente.
Totalmente.
Appassionatamente.
Col corpo e con l’anima.
In modo irrazionale e possessivo.
E voleva che fosse solo suo.
Che lo fosse sempre stato.
Che non ci fosse mai stata nessun’altra.
Solo lei, lei e ancora lei.
E invece il castello di vetro della ragazzina che era stata sembrava sgretolarlesi fra le mani sempre di più, ad ogni momento che passava, sotto le mazzate della realtà.
E lei si sentiva sempre più sola.
Piccola e sperduta.
Con una gran voglia di correre via a rifugiarsi in camera, a piangere e pensare al suo Angel, che le sorrideva dolcemente, stringendola con tenerezza, quasi come se lei fosse stata una bambola di porcellana che si sarebbe rotta se l’avesse stretta troppo.
Che la baciava in punta di labbra, lievemente, o a fondo e con passione, ma sempre con struggimento e adorazione.
Come se fosse una continua dichiarazione d’amore, come se fosse una continua preghiera.
Angel, che viveva per lei.
Angel, che sarebbe morto per lei.
E che era suo, solo e soltanto suo.
E lei avrebbe voluto chiuderlo in uno scrigno come un gioiello prezioso, perché nessun altro lo vedesse, per non spartire con nessuno nemmeno la sua vista.
Sciocchezze da bambina.
Sciocchezze da innamorata.
Sciocchezze che erano state belle e consolanti, e che ora le facevano male al cuore.
Perché erano in rovina da quando lui se n’era andato, e adesso lei doveva distruggerle del tutto.
Guardando in faccia la realtà
Guardando i visi delle donne intorno ad Angel.
E sapendo che nessuno di quei visi era il suo.
E mentre il castello di vetro crollava del tutto, si costruiva una baracca di piume.
Un’altra illusione.
L’illusione che forse il suo viso fosse dentro Angel.


L’attacco fu improvviso.
Veloce, violento.
Nessuno se lo aspettava.
Tutti erano presi da qualcos’altro.
Libri, pensieri, parole…
All’improvviso la porta d’ingresso era caduta con uno schianto, abbattuta dalle due dozzine di vampiri che si erano subitaneamente riversati dentro, attaccandoli.
Una buona metà di loro polverizzandosi all’istante, consumati da fiamme apparse dal nulla su di loro, combusti dalla pirocinesi dei vampiri fratelli.
Tuttavia l’altra metà, anche se sorpresa in un primo tempo dalla fine improvvisa dei compagni, si era ricomposta velocemente per far fronte all’attacco della cacciatrice e degli altri due vampiri, che si erano slanciati contro di loro.
La mischia era troppo serrata ed Angel e Marianne non avrebbero potuto usare ancora il loro potere senza rischiare di colpire i propri amici, così stavano per gettarsi a loro volta nel corpo a corpo, quando dall’ombra sbucò fuori una massa enorme e irta di lame, che aveva tutta l’apparenza di avercela con loro: più rapidamente di quanto la sua stazza non avrebbe fatto supporre, il Kuhdron gli si avventò addosso, esibendo un armamentario di armi da taglio naturale che avrebbe fatto la gioia di qualsiasi serial killer da film di serie B.
Con un colpo di reni Marianne saltò di lato, riuscendo ad evitarlo per un soffio, anche se riportandone una ferita al braccio, mentre il fratello, meno fortunato, si ritrovò a terra, con una lama a trapassargli la spalla.
A quella vista la vampira era più che pronta a far esplodere il bastardo in mille disgustosi pezzettini, con una sapiente combinazione pirocinesi-telecinesi, ma prima che potesse farlo, il bastardo in questione mollò la presa su Angel e se la svignò dalla porta divelta, senza che nessuno, nel mezzo del combattimento, provasse a fermarlo.
Poco dopo, arrancando nella sua scia, i vampiri superstiti sparirono a loro volta.
“Scusa tanto, fratellino, ma questa non l’ ho capita. Quel coso, che a tutta vista aveva intenzione di farci la pelle, ha una lama nella tua spalla e l’opportunità di usarne un’altra per mozzarti la testa, prima di essere ridotto in briciole, e che fa? Scappa?! Mi hai contagiata col tuo vizio di rimuginare o qui c’è davvero qualcosa che non torna?”
“A dire il vero questo attacco non convince molto neanche me: teoricamente quel demone sembrava essere l’arma segreta per farci fuori, e invece non ci ha fatto praticamente niente, ad eccezione di due ferite che nel giro di tre minuti si saranno già rimarginate!”
“E non è tutto.” disse Drusilla “Sapete spiegare perché dei vampiri che attaccano qualcuno apparentemente con lo scopo di ammazzarlo, quando vengono attaccati a loro volta si limitano a schivare i colpi o a pararli, facendo solo lo stretto necessario per non farsi ridurre in cenere?”
A giudicare dal silenzio nessuno sembrava avere una buona risposta sottomano, almeno finché qualcuno propose: “Scusate, ma…e se lo chiedeste a lui?”
Voltandosi dove una volta c’era stata la porta tutti poterono ammirare una scena decisamente notevole: un vampiro, che forse avrebbero potuto riconoscere per uno dei loro assalitori se non avesse avuto l’aria di essere appena passato in un tritacarne, era abbattuto sul pavimento e, dietro di lui, con l’espressione di un gatto che ha leccato la panna, stava quella che lo aveva ridotto in quello stato.
La cacciatrice.
L’assassina.
La rinnegata.
La redenta.
Faith.


“Ciao, Angel, sono felice di…” Le parole le morirono in gola alla vista di Buffy.
Non si era accorta di lei.
Non immaginava di trovarla lì.
E non aveva la più pallida idea di come affrontarla, dopo tutto quello che le aveva fatto.
Anche se al momento la sua più grande paura era che la cacciasse via.
E che Angel glielo permettesse.
“Buffy…i-io non..” balbettò a fatica.
“Cosa ci fai qui?”
“Io…volevo solo…”
L’altra cacciatrice non le lasciò nemmeno terminare la frase. “Sparisci. Vattene da qui. Adesso.”
Doveva aspettarselo.
Non c’era spazio per lei.
Mai. In nessun posto.
“Faith, fermati.”
Quella voce…gentile, calda…
Non l’aveva abbandonata.
L’avrebbe aiutata.
Buffy, dal canto suo, era molto meno estasiata dall’intervento di Angel. “E come no! Figurarsi se non stavi dalla sua parte! Perché dovrebbe andarsene, dopotutto è solo un’assassina, no? Dopotutto ha solo cercato di rendere la mia vita un inferno, ma tanto a te cosa vuoi che importi, vero? Guarda, quasi mi chiedevo come mai non si fosse ancora vista, con tutte le tue amichette in circolazione! Cos’è, la tenevi in serbo per il gran finale? Figuriamoci se poteva mancare al campionario, Faith!”
“Veramente ci sarebbe anche Kate…” Marianne cominciava a perdere le staffe. Nel controllatissimo modo tipico di famiglia, ma cominciava a perderle. Poteva quasi sentirle crescere le unghie, mentre parlava con quel suo tono ronzante e fin troppo pacato.
“Kate??”
“Una poliziotta. A quanto ne so, dovresti averla già incontrata: bionda, occhi chiari, apparentemente glaciale ma probabilmente con un fuoco nascosto, di recente un po’ meno nascosto, a chi sa vedere. Ci si sente abbastanza spesso, specie da quando siamo riusciti a farla tornare in servizio, dopo che era stata congedata.”
“Ah, davvero? Ma che carini!” esclamò Buffy con un sorriso al cianuro.
“In realtà carine.” la corresse Marianne. “Io, Dru e Cordy siamo riuscite ad avvicinare i suoi capi in un contesto diverso e, come dire…a presentare la situazione da un altro punto di vista, con le parole giuste, le dovute maniere…insomma, è stata reinserita nel suo grado e con più respiro di prima. Collaboriamo piuttosto di frequente, negli ultimi tempi.”
“Ma bene! Pure la poliziotta! Certo che per essere uno in cerca dell’espiazione ti dai da fare!E non si può dire che tu non sia di larghe vedute…vampira e cacciatrice…poliziotta e delinquente…chi sono le prossime? Demonessa e angelo femminile, magari?”
Stavolta aveva esagerato. Angel era abituato ai suoi insulti e recriminazioni, e poteva sopportarli. Ma che venissero coinvolte altre persone nei loro problemi, persone a lui care, questo no, non era disposto ad accettarlo: “E anche se fosse? Non vedo come la cosa possa riguardarti. Anche tu hai fatto la tua parte. Io non posso nemmeno avere delle amiche? Tu ti sei fatta le tue storie, ti sei divertita. E si può dire che anche tu sia di larghe vedute: vediamo un po’…prima ci sono stato io…poi il soldatino ‘bravo ragazzo - ammazzademoni’…adesso di chi è il turno? Spike? Anche se nel tuo caso più che di larghe vedute si può parlare di oscillazioni, non ti pare?”
Buffy rimase senza fiato, abituata com’era a sputare veleno senza riceverne indietro la giusta dose, mentre Angel le girava la schiena, riprendendo il suo solito tono calmo e rassicurante: “Lasciando perdere queste cose, Faith, vorrei sapere anch’io come mai sei qui. Non che non sia contento di vederti, ma…”
“Ehi, non sono evasa!” si affrettò a dichiarare Faith, alzando le mani. “Mi hanno liberata! Scarcerata! Sono fuori per buona condotta! Ma non ti è arrivata la lettera?”
“Quale lettera?”
“Quella che ti ho spedito tre giorni fa…lo sapevo, la mia solita sfiga! Sarà tra quelle che sono rimaste ferme e sono partite dopo…” brontolò la cacciatrice.
“Vuoi dire che…sei libera?” Angel sembrava ancora confuso.
“Libera come l’aria! Posso andare dove voglio, fare ciò che voglio e vedere ciò che voglio. Sono uscita più o meno un’ora fa e sono venuta qui, te l’avevo anche scritto, ma se non ti è arrivato niente…beh, insomma, quando arrivo vedo l’amico lì e i suoi compagni che se la svignano alla grande. Sono riuscita a beccare lui e ho pensato che avresti gradito il pensiero, così, a titolo di ringraziamento per quello che hai fatto.”
“Ah sì? E che avrebbe fatto?”
“Niente che ti riguardi, Buffy. E’ in grado di parlare?”
“Credo di sì. Volevo andarci piano, ma sai com’è…dopo così tanto riposo forzato mi sono un po’ fatta prendere la mano. Succede.” Scrollò le spalle.
“Hai detto che li hai visti fuggire, giusto? C’era anche un Kuhdron con loro?”
“Un cosa? Ehi, tradurre. Io i demoni posso ammazzarli, ma da qui a riconoscerli…”
“Davvero li ammazzi? E da quando? A quel che ricordavo dovreste essere amiconi.”
“Buffy…I Kuhdron sono grandi, grossi e pieni di lame. Hai visto qualcosa di simile?”
“Altroché se l’ ho visto! Non passa certo inosservato! Si è infilato nel retro di un camion, i vampiri dietro e sono partiti sgommando.”
“Bene. Il resto ce lo dirà il nostro amico, se non l’ hai conciato troppo male.”


Se anche il prigioniero non fosse stato in grado di parlare sicuramente avrebbe trovato il modo di farlo in ogni caso, pur di evitare di essere ridotto peggio di quanto già non fosse, e vedere un pezzo di legno incenerirsi di colpo sotto una semplice occhiata di Marianne lo illuminò sulla sua sorte qualora avesse creato complicazioni.
Quindi Dru, Wesley ed Angel si trovarono a raccogliere le sue “confidenze” mentre Faith, recuperato lo zaino con i suoi effetti personali, veniva sistemata provvisoriamente nella stanza di Marianne.
“Sei sicura? Guarda che io sto anche su un divano.”
“Ma nemmeno per sogno! Esci di galera e ti metti su un divano? Fidati, non ci sono problemi. Vorrà dire che mi farò cedere metà del letto di mio fratello: se giuro di non tirare calci come quando eravamo piccoli può anche darsi che riesca a convincerlo.”
Faith si ritrovò a sorridere prima ancora di rendersene conto.
Aveva sempre considerato Angel, pensando anche alla sua natura di vampiro, come ad una delle persone più forti che avesse conosciuto.
E lui era forte, non solo fisicamente, com’era ovvio che fosse, ma anche e soprattutto dentro.
Forte perché da un secolo viveva nei rimorsi e nel dolore senza impazzire o ricadere indietro; forte perché in ogni situazione cercava di dare tutto sé stesso per il bene altrui; forte perché non si era arreso davanti alle sue dichiarazioni d’odio e aveva continuato a darle altre opportunità a discapito di tutto, finché lei non si era decisa a coglierle; forte perché non si era limitato ad indicarle un cammino, ma l’aveva percorso con lei, sorreggendola passo dopo passo e facendosi carico anche delle sue paure, incertezze e incubi.
Sì, lui era forte. Le era sempre apparso come la persona che più potesse farle capire ogni significato della parola “forza”.
E adesso pensava a lui come ad un bambino umano, con una sorellina più piccola che, magari spaventata da un incubo, chiedeva di dormire con lui, scalciando poi nel sonno fino ad impedirgli di addormentarsi. Poteva quasi sentirli bisticciare come certamente dovevano aver fatto dopo.
Sorrise di nuovo, mentre metteva a posto le sue cose.
Le era simpatica, Marianne.
Anche se non le era ben chiaro il perché.
Anche se la prima volta che l’aveva vista, in carcere, sorridente al fianco di Angel, il primo impulso che aveva avuto, senza saperne la ragione, era stato di rompere il vetro che le separava e saltarle alla gola.
Evidentemente la ragazza era alquanto perspicace, visto che si era avvicinata al telefono, sempre fissandola, e quando Faith aveva meccanicamente sollevato a sua volta la cornetta, si era limitata a dirle: “Ciao, Faith. Io sono Marianne, la sorella di Angel. Felice di conoscerti.” prima di tornare ad allontanarsi, sedendosi qualche metro più in là in totale calma e sorridente compostezza, mentre lei cercava di riprendersi da un attacco di cuore.
Angel le aveva poi spiegato a grandi linee la situazione, ma il solo risultato che aveva ottenuto era stato di farla assalire da un’ondata di panico assolutamente enorme e irrazionale. Il suo cervello andava a tutta birra, ma, come un criceto che continuasse a correre inutilmente a rotta di collo dentro la sua ruota, non riusciva a formulare che un unico pensiero: “Ha una sorella…ha una sorella…ha una sorella…”
Lui aveva una sorella.
E per di più una sorella che gli voleva bene e a cui lui voleva bene.
Lei sarebbe rimasta sola.
Ora non ci sarebbe più stato tempo per lei.
Ancora una volta aveva perso.
Faith continuava a pensare, lasciando montare lentamente la marea del suo sconforto, lasciandosi sommergere da quel dolore sordo che si espandeva dal cuore fino a insinuarsi in ogni fibra del suo essere.
E in quel momento la ragazza si era avvicinata di nuovo. Si era rivolta al fratello inarcando lievemente le sopracciglia e non appena lui le aveva lasciate sole: “So a cosa stai pensando, Faith, ma ti assicuro che non hai motivo di preoccuparti. Non ho intenzione di togliertelo e tenermelo tutto per me. Primo, perché non ci riuscirei. Secondo, perché non voglio. Terzo, ho anch’io i miei limiti e Angel è talmente complicato che basta e avanza per tutt’e due, non credi?” aveva concluso, strizzandole l’occhio.
Faith era rimasta di stucco.
Come aveva fatto quella ragazza a capire?
E, soprattutto, quanto aveva realmente capito?
“Io e te non ci conosciamo, lo so, ma mio fratello mi ha parlato di te. E’ molto orgoglioso di quello che stai facendo.”
Una nuova ondata, stavolta di gioia, l’aveva travolta.
Non c’era niente che desiderasse, niente che volesse più disperatamente che rendere Angel orgoglioso di lei, fiero di lei.
Se ci fosse riuscita, se fosse riuscita a diventare ciò che lui sperava, allora…
Non importava.
Ciò che contava era che lui era orgoglioso di lei e lo era al punto di parlarne con la sorella appena ritrovata.
La sorella a cui voleva bene e che era la sua famiglia.
E lui le aveva parlato di lei, come se anche lei ne facesse parte.
Le aveva riconosciuto un posto nella sua vita.
Aveva alzato le spalle: “E’ solo merito suo.”
“No, affatto. Non è lui che si è costituito e ora è in galera. Non è lui che tutti i giorni fa i conti col tuo passato, le tue paure, i tuoi incubi e i tuoi impulsi. Sei tu a farlo.”
“Solo perché mi ha convinta lui.”
“Ma sei tu che ti sei lasciata convincere. Tu che ti sei fidata. E ancora tu che gli hai chiesto aiuto, prima.”
“Volevo che mi uccidesse.”
“Sapevi benissimo che non l’avrebbe fatto.”
“Non lo so…Non capisco ancora perché non l’ ha fatto. Di sicuro non perché non avesse dei buoni motivi per farlo.”
“Perché ti conosceva. E ti capiva. Sapeva ciò che volevi davvero e aveva deciso di aiutarti, come aveva già cercato di fare. E poi perché ti vuole bene.”
Di nuovo il cuore di Faith aveva perso un battito, per poi lanciarsi in una corsa folle.
Le orecchie erano coperte da un rombo insistente e il suo cervello, come prima, si era fissato su quell’ultima frase, come in corto circuito.
Le voleva bene…
Lui le voleva bene.
Lui le voleva bene!
No no no no no!
Non doveva, non doveva, non doveva fare così!
Non poteva essere così dannatamente cretina!
Era una pazzia, non aveva nessuna speranza, come le era saltata in mente una cosa simile, come era potuto succedere?
E quella che, calma calma, le spiattellava lì una frase simile…che diavolo pensava?
“Tutto ok, Faith?”
“Sì. Sì, certo. Come fai a dire una cosa simile?”
“Perché lo conosco. E perché se non fosse così non mi avrebbe chiesto di venire con lui a trovarti.”
“Capisco. E allora?”
“Allora penso che abbia ragione quando dice che sei una ragazza in gamba, che ha scelto una strada e ha ottime possibilità di arrivare fino in fondo. Specie se qualcuno le darà una mano.”
“Angel?”
“Angel ed io.” aveva replicato prima di andarsene.
Pensando a quel giorno, Faith ricordò l’euforia che le era rimasta in circolo a lungo, dopo quel colloquio, talmente tanto da sorprendere anche le secondine, pur abituate al suo umore radioso dopo le visite.
Marianne era tornata altre volte, in genere dopo Angel, e a poco a poco era riuscita, come il fratello, ad incrinare la corazza che Faith si era creata attorno.
E adesso l’aveva accolta fra di loro amichevolmente, arrivando a cederle provvisoriamente la propria stanza.
Era felice di essere lì, nonostante tutto.
Soprattutto nonostante Buffy.
Aveva una bella sensazione, come di calore al cuore.
Era diverso da quello che provava ogni volta che vedeva Angel.
Allora il cuore sembrava prendere fuoco, come le sue guance rifiutavano di fare, e picchiava con tanta forza e tanto velocemente che sembrava volesse sfondarle il petto, tanto da spaventarla quasi.
La confondeva.
Le faceva male.
Quello…quello era un calore tiepido, rassicurante.
E se l’altro un nome, per quanto terribile e negato a lungo, l’aveva, questo era ancora ignoto.
La voce di Marianne la riscosse dalle sue meditazioni.
“Eh, scusa?”
“Dicevo: tutto a posto?”
“Sì, tutto ok.”
“Se vuoi fare una doccia il bagno è qui fuori, puoi usare il mio accappatoio. Io vado a vedere come procedono le cose.”
“Ok, grazie.”
La vampira si diresse alla porta.
Un attimo prima di chiudersela alle spalle si voltò a sorriderle: “Non preoccuparti, Faith. Adesso sei a casa.”
L’attimo dopo la ragazza era sola.
Forse adesso sapeva di cosa si trattava.


“Ripeto: secondo me ci ha presi per i fondelli.”
“Nessuno ti ha obbligato a venire, Spike, anzi. Se vuoi andartene sei ancora in tempo.” E dal tono di Marianne si capiva che personalmente sarebbe stata deliziata di vederlo sparire.
“Non contarci, bella. Qui sono e qui intendo restare.”
“E ci resterai senza denti, andando avanti di questo passo.”
Questa interessante conversazione aveva luogo lungo la strada, se così poteva essere chiamato quel dedalo di budelli che correva sotto la città, che portava a quel che doveva essere il covo di Darla, almeno stando alle informazioni biascicate dal prigioniero.
“Angel, è una mia impressione o tua sorella e Spike non vanno molto d’accordo?”
“Diciamo che non si conoscono ancora bene, Faith.”
“Nel senso che poi sarà peggio?” chiese sorridendo.
“Probabilmente.” le rispose il vampiro, restituendole il sorriso.
Discussioni, indagini, pensieri capziosi e passi furono però bruscamente arrestati da una massiccia porta in ferro. A quel che pareva, Darla si era preoccupata di non rendere il suo territorio accessibile a chiunque.
“E adesso?”
“Mari, Angel...direi che fa per voi.”
“Giusto, Dru. Sei pronto, fratello?”
“Quando vuoi.” rispose Angel, afferrando la mano che la sorella gli tendeva. Entrambi si rivolsero a quella porta, fissandola. L’attimo dopo l’aria sembrò vibrare e, come abbattuta da un ariete invisibile, la pesante massa di ferro volò via dai cardini con uno schianto, aprendo loro la via.
“Complimenti, bel lavoro. Silenzioso, soprattutto.”
“Ok, Spike, la prossima volta lasceremo fare a te.”
Il sotterraneo, da cui si dipartivano varie vie per altre zone, sembrava deserto. Tuttavia nessuno poteva trattenersi dal provare un sottile brivido di inquietudine al pensiero tutt’altro che improbabile di una trappola. Pensiero che si rivelò straordinariamente esatto quando, sbucando da ogni dove, un discreto numero di vampiri, maggiore del precedente e molto più agguerrito, si gettò su di loro. Il secondo successivo la mischia era ormai furibonda, specie intorno a Drusilla, riconosciuta come traditrice, che però grazie all’aiuto di Faith e alle sue nuove abilità riusciva a cavarsela piuttosto bene.
“Ehi, angioletto! Che ne direste tu e la tua sorellina di riscaldare un po’ l’ambiente?!”
“Rischieremmo di mandare a fuoco tutto e così non capiremmo mai cosa volesse fare Darla!”
In quell’istante entrambi i vampiri alzarono lo sguardo, cogliendo il bagliore di due occhi gialli, un ghigno malefico e beffardo…e il luccichio di una balestra puntata verso Buffy.
“Buffy! NO!!”
Come un’unica persona i due si slanciarono verso la cacciatrice ignara, travolgendo gli uomini di Darla nella loro frenesia. E in quel momento il vampiro tirò.
Il grilletto scattò seccamente, la corda si rilasciò con un suono roco e profondo e la freccia attraversò l’aria con un sibilo ferino…finché con uno schiocco non si infisse nel bersaglio.
Passato lo stupore, dalle gole di quattro donne eruppe un urlo di dolore e rabbia, destinata presto a mutarsi in furia cieca: “Angel!!”


Angel…
No, non era vero, non era possibile..
Ero io il bersaglio di quella freccia…io che avrei dovuto riceverla in mezzo alla schiena…
Ed era lui che si era messo in mezzo, salvandomi la vita…
Istintivamente…senza pensarci…nonostante non fossi più la sua ragazza…
Mi aveva salvato la vita…rischiando la sua…
La sua preziosa vita, con la pace che si era conquistato brano a brano…lui l’avrebbe sacrificata per me, come se non fosse cambiato nulla rispetto al passato, come se fosse la cosa più naturale del mondo…
Lui sarebbe ancora morto per me…
E mentre stavo lì ferma, quasi schiacciata dal suo peso, fissando come ipnotizzata la freccia che per poco non lo aveva incenerito, non riuscivo a pensare ad altro che alle parole cattive e malevole che gli avevo detto neanche un’ora prima.
E a dispetto delle quali lui mi aveva salvato la vita, a rischio della propria.
Come aveva potuto?
E soprattutto come avevo potuto io?

Se anche non avessi creduto alla fortuna avrei cambiato idea su due piedi.
Angel era vivo per miracolo, un solo centimetro e la freccia gli avrebbe trapassato il cuore, polverizzandolo.
Non avevo bisogno della veggenza per sapere che lui non ci aveva nemmeno pensato, a quello.
Tutto ciò che sapeva era che Buffy non doveva morire, a nessun costo.
Nessun costo…ma non quello!
Non aveva visto che anche Spike era lì?
Non poteva lasciare che fosse lui a stramazzare a terra vivo per puro caso?
Non avrebbe potuto essere egoista e pensare che era un occasione d’oro per sbarazzarsi di un rivale?
No, con ogni probabilità non si era accorto di niente, tranne del pericolo che correva Buffy.
Per l’ennesima volta capii quello che doveva provare Angel quando pensava alle atrocità commesse in passato: qualcosa di simile a ciò che provavo io al pensiero delle torture che avevo inflitto, oltre tre anni prima, a qualcuno capace di rischiare la propria vita per amore di una ragazza che poco tempo avanti l’aveva coperto di veleno.
Qualcuno che meritava di vivere.

No!
Non lui! Non lui!
Chiunque ma non lui!
Non poteva averlo fatto davvero, non poteva essere davvero a terra che boccheggiava dal dolore…
Era un incubo…solo un incubo…
Adesso mi sarei svegliata nel mio letto, in cella, da sola e avrei capito che avevo fatto solo un brutto sogno, che lui stava bene, che non era quasi morto per amore di Buffy, che non ero libera ma non faceva niente perché voleva dire che lui stava bene…
E invece era tutto vero.
Angel stava male, era ferito, il cuore salvo per un soffio. Ed era tutto vero.
Ma perché? Perché doveva succedere?
Come aveva potuto colpirlo quel bastardo?
Come aveva osato?!
Sentii l’istinto della caccia svegliarsi prepotente, il ruggito del furore crescere fino a coprire ogni cosa e il battito del mio cuore risuonare come un tamburo da guerra.
Non vedevo, non sentivo più niente.
L’unica cosa che avevo in testa erano le ceneri di quel figlio di puttana-vampira.


Il dolore mi aveva squassato il petto, trapassandomi da parte a parte come aveva fatto la freccia con mio fratello.
Era già successo, quando Buffy gli aveva piantato una spada in corpo scaraventandolo all’inferno. Ero in Malaysia, allora, ed essendo giorno stavo ancora riposando. All’improvviso mi sentii come se qualcuno mi stesse aprendo in due, tutto il mio corpo sembrava gridare e la mia mente era come trascinata in una spirale di agonia e disperazione. Poi tutto si placò, lasciando solo il più terribile senso di…vuoto che avessi mai sperimentato.
Angel era morto.
Non apparteneva più a questo mondo.
Lo sapevo.
Era la stessa sensazione che avevo sentito oltre duecento anni fa, nel cuore di quella notte, quando Darla uccise mio fratello per poterlo poi far rinascere col suo sangue.
Anche quella volta avevo capito che gli era accaduto qualcosa. Lo avevo capito molto prima che venissero a riportare a casa il corpo.
Non sapevo nulla di Darla, ma sapevo di chi era colpa se mio fratello aveva potuto essere ucciso. Gridai a mio padre che era un assassino, gli urlai contro e lo maledissi. Avrei voluto ucciderlo, ma da sola non avevo poteri con cui vincere la sua forza.
Stavolta Angel era vivo e io avevo il potere.
E lo avrei usato per uccidere chi gli aveva fatto quello.


Angel era accasciato a terra, fiaccato dal dolore, ancora parzialmente addosso a Buffy, su cui si era gettato appena in tempo per evitarle di essere trafitta.
Stranamente, a quella vista il vampiro che lo aveva colpito sembrò confuso, come se non riuscisse a capire qualcosa, e poi, apparentemente dopo che l’ebbe compresa, spaventato al punto da darsi alla fuga, imitato da alcuni dei suoi compagni.
“Dove credete di andare?”
Era stata Marianne a porre quella domanda, la calma nella sua voce fredda più pericolosa dell’ira, perché vibrava d’odio puro e semplice, sul punto d’esplodere e consumarsi senza pietà.
E insieme al gelo nella sua voce, venne il fuoco, improvviso e devastante, lanciato senza esitare in direzione dei fuggitivi, mentre quelli che erano rimasti venivano attaccati in un lampo da Faith e Drusilla.
Erano uno spettacolo terribile e affascinante, quelle tre ragazze dalle bocche serrate e gli occhi sfavillanti di rabbia, tese con tutto il loro essere a uccidere e distruggere, alla vendetta per quanto era accaduto a qualcuno cui tenevano.
Dopo il primo attacco anche Marianne era passata allo scontro fisico, il suo viso mutato in quello del demone, le zanne in mostra e un ruggito basso da belva ferita che le usciva dal petto. Procedeva al massacro metodicamente, spaccando colli, incenerendo a distanza ravvicinata e facendo letteralmente saltare teste.
Per qualche minuto tutto fu grida, tonfi ed esplosioni di corpi ridotti in cenere, poi d’improvviso si fece il silenzio.
Un silenzio che sembrava voler sottolineare e amplificare la strage che era appena avvenuta, come un terribile monito per l’avvenire.
Nessuno parlò subito, temendo di urtare ulteriormente le ragazze che restavano immobili, ansanti. Poi fu la stessa Marianne a rompere quella quiete innaturale, tornando verso il gruppo e chinandosi sul fratello, accanto a Buffy.
“Come ti senti?”
“Sono stato meglio ma tutto sommato non mi lamento, sorellina. Tu però hai rischiato di fare un disastro, qui dentro, usando il fuoco.”
“Per quel che me ne frega…Se proprio devo essere onesta non ci ho nemmeno pensato..e se solo ti azzardi a dire qualcosa del tipo che io non penso mai, quello che non ha fatto la freccia lo faccio io, chiaro?” dichiarò truce.
“Chiarissimo, non ho detto una parola…”
“Bene, allora vediamo di andare a casa, è meglio se la freccia te la togliamo lì, così possiamo curarti subito la ferita. Pensi di resistere?” Ad un cenno affermativo proseguì: “Wes, tu e Drusilla restate qui e vedete se trovate qualcosa che ci aiuti a capire le intenzioni di Darla, ok? Non credo che arriveranno altri di quei simpaticoni, ma nel caso direi che sapete come cavarvela. Ci vediamo a casa.”
Così dicendo aveva preso Angel fra le braccia, sollevandolo come fosse un bambino. “Se stai per fare storie è meglio che cambi idea! Non devi sforzarti, e lo sai!”
“Ehi! Ma come fai? Vabbé essere forti, ma lui è almeno il doppio di te!”
“Sì, il triplo…Xander, guarda che non è mica un lottatore di sumo, e io sono molto più forte di quanto credi, com’è giusto che sia per un vampiro, specie della mia età. E poi posso sempre aiutarmi con la telecinesi, no?”
Wesley e Drusilla li sentirono procedere su questo tono per un pezzo, finché le loro voci non si spensero in lontananza. Si sorrisero e si misero al lavoro.


“Non credo di aver capito bene. Ti spiace ripetere? Perché vedi, non posso credere che tu abbia veramente colpito Angel con quella balestra. Non sapendo quanto mi sarebbe dispiaciuto.”
Il vampiro ai piedi di Darla stava tremando come in preda a un attacco di febbri. “Mia signora, ascoltami…non l’ ho fatto di proposito, era la cacciatrice il bersaglio, ma lui si è messo di mezzo e così è stato colpito. Credevo che sarebbe stato l’altro a farlo e…”
“E così, per colpa della tua stupidità il mio piano rischia di andare a monte. O vuoi forse dire che non dovrebbe importarmene?”
Gli occhi di Darla non si staccavano un istante dal suo servo scampato al massacro, la sua espressione la stessa del pitone in procinto di soffocare la preda.
“Ma mia signora…dopotutto ciò che tu vuoi è ucciderlo, no? Che differenza fa?”
“La minuscola, fondamentale differenza che così potrebbe tornare come è accaduto a me, e non so le possibili conseguenze di una simile situazione. Mentre nel mio modo ciò non potrà verificarsi. Ti sembra forse poco?” chiese la vampira con voce di seta.
“No, affatto…ma…io non sapevo, è stato solo un errore…”
“Sei stato un idiota. E io non ho bisogno di idioti.”
“Ma mia signora, aspetta…riparerò, vedrai, io…”
Il resto della frase si spense nel fischio di una lama attraverso l’aria e il fruscio della cenere che ricadeva a terra. Con un sol colpo il Kuhdron aveva mozzato la testa allo sfortunato vampiro.
“Che intendi fare adesso?”
“Niente.” sbuffò Darla. “Per la semplice e ottima ragione che non posso fare niente. Posso solo sperare che se la cavi e procedere in ogni caso. Dopotutto sarebbe un peccato sprecare tutti i preparativi che abbiamo fatto e il mio angelo ha dimostrato di essere alquanto resistente, oltre che fortunato. Ho tutto quello che mi occorre, per il rito, devo soltanto aspettare finché gli astri non saranno nella giusta posizione…e poi rischierò il tutto per tutto.” A dispetto delle sue parole l’inquietudine le serpeggiava in corpo. Cercò di calmarsi traendo un profondo quanto inutile respiro. “Adesso vattene, non voglio essere disturbata.”
Quando il demone fu uscito Darla si alzò, avvicinandosi all’angolo del suo nuovo covo in cui era stato sistemato lo specchio. Vi si appoggiò contro, come sul petto di un amante.
“Non osare morire.” sussurrò. “Non adesso. Ho bisogno di te, Angelus.”


All’Hyperion, intanto, si giocava all’allegro chirurgo.
“Ok, Angel, pronto?”
“Pronto. Strappa.”
Marianne eseguì, strappando al fratello, assieme alla freccia, un lieve mugolio.
“Fatto. Adesso vediamo di rattopparti. Meno male che ci abbiamo fatto l’abitudine.” Il sorriso le si spense all’istante, osservandolo. “Angel, cos’ hai?”
“Non lo so. Mi sento…” Angel barcollò paurosamente, e lei e Faith si affrettarono a sorreggerlo.
“Lo sapevo, sei debole. E’ meglio che ti stenda e…”
“No. Non è la freccia, mi è successo di peggio che quello. Non capisco, mi sento…come se bruciassi…”
“D’accordo, stiamo calmi. Ti portiamo a letto, poi cercheremo di capire di che si tratta.”
Qualche minuto dopo, con Angel a letto, assistito da Cordelia, Willow avanzò l’ipotesi che nessuno osava esprimere.
“E se fosse…veleno?”
“Assassino dei Morti, dici? Ma la freccia era diretta a Buffy, è stato un caso se lui è stato colpito.”
“E’ vero, ma in quella lotta erano coinvolti anche dei vampiri. Avrebbero potuto usare il veleno tanto per cautelarsi, nel caso avessero mancato un colpo. E non sappiamo che effetti potrebbe avere quella sostanza sugli umani.”
“Angel ha detto che si sente bruciare…è la stessa cosa che ha detto quella volta…”
“Willow ha ragione.” intervenne Faith, che stava osservando la freccia “E’ l’Assassino dei Morti. Riconosco il suo odore.”
“Chissà come mai…” Buffy sembrava volerla trafiggere con lo sguardo, poi si alzò e si diresse decisa verso la camera di Angel.
Il vampiro era madido di sudore e Cordelia stava per appoggiargli nuovamente sulla fronte una pezzuola bagnata, quando la cacciatrice fece il suo ingresso seguita dagli altri.
“Angel, si tratta di veleno. Lo stesso con cui hai già avuto a che fare, e sai qual è la cura.” Arrivata al capezzale si scostò la maglietta dal collo. “Bevi.”
Nella stanza si fece il gelo. Tutti aspettavano la mossa successiva.
Che fu l’esplosione incredula di Spike: “Cosa, bevi? Ma ti sei ammattita?? Vuoi suicidarti, è questo che vuoi?!”
“Occorre il mio sangue, Spike, quindi sta’ zitto e bada ai fatti tuoi!”
“Sono fatti miei, biondina! Se credi che…”
“No.”
Dimentichi della discussione, tutti fissarono Angel.
“Non berrò da te, Buffy. Non di nuovo.”
Il silenzio che seguì era diverso dal precedente. Più…denso.
E stavolta fu Buffy a insorgere.
“Ma sei impazzito? Che significa ‘no’? Ti sembra il momento di fare l’idiota, vuoi di nuovo suicidarti o devo prenderti a pugni un’altra volta? Bevi!!”
“No, Buffy, è troppo rischioso. Non ho idea di come sia riuscito a fermarmi appena in tempo, allora, e non so come potrebbe finire stavolta.”
“Chi se ne importa, correremo il rischio! Non sarà né il primo né l’ultimo che…”
“Non è necessario.”
Evidentemente era destino che quella sera i silenzi la facessero da padrone. L’annuncio di Faith ne determinò uno incuriosito, del quale la ragazza approfittò per spiegarsi meglio: “Quello che occorre è il sangue di una cacciatrice, no? Beh, anch’io lo sono, e il mio sangue è buono quanto quello di Buffy. Se Angel lo beve guarirà lo stesso. Così non ci sono problemi.”
“Che trucco sarebbe, questo, Faith?”
“Nessun trucco, Buffy. Non sei l’unica a volere che Angel resti in vita. E se non sbaglio due anni fa non eri contraria a dargli il mio sangue: bene, adesso sono d’accordo anch’io.” la sfidò Faith. “Qual è il punto?”
“Che potrei ucciderti. Questo rischio rimane, di chiunque si tratti.”
“E invece no, fratellino. Forse ho un piano per evitarlo. Faith, tu sei sempre dell’idea?”
“Certo.”
“Allora vieni con me. Cordelia, dì a Gunn di andare all’ospedale e seguici, ti spiegherò quello che dovrete fare.”


“Si può sapere perché non posso farlo io?”
“Perché Faith ha detto che lo farà lei, è in condizioni fisiche migliori delle tue e non c’è nessuno che faccia storie come nel tuo caso. E poi dannazione, cosa importa? Non è una gara a chi si svena di più per mio fratello. Qui bisogna salvargli la pelle, chi se ne frega di chi lo farà!” esclamò Marianne esasperata.
“Hai ragione, scusa.”
“Ma sei sicura che andrà bene lo stesso?”
“Direi proprio di sì. L’antidoto al veleno è il sangue di una cacciatrice, ho controllato, ma non ho trovato scritto da nessuna parte che la cacciatrice debba per forza essere morsa. Penso che la cura sarà altrettanto efficace se preleveremo il sangue di Faith in un altro modo e in un secondo tempo lo faremo bere ad Angel per via, per così dire, ‘indiretta’.”
“E perché hai mandato Cordelia e l’altro all’ospedale?”
“Si dà il caso che l’altro abbia un nome, che potresti anche degnarti di usare, Xander. Comunque li ho mandati là a rubare qualche sacca di sangue e le attrezzature necessarie per una trasfusione. Quasi certamente Faith ne avrà bisogno, e non mi sembra il caso di farla ricoverare appena uscita di prigione.”
“Scusa, hai detto proprio…rubare?”
“Devo sillabartelo o preferisci un bel vocabolario?” si stizzì la vampira. “E non fare quella faccia, Gunn non è un idiota. Non se ne accorgerà nessuno, di loro. E penso che non sia poi così sorprendente se, con tutto il sangue che ho preso direttamente dal collo di non so neanche quanta gente, non perdo il sonno per pochi litri rubati a un ospedale.”
“E come pensi di…estrarre il sangue a Faith?”
“Ha detto che provvederà da sola. Adesso è in cucina. Buffy, potresti andare da lei? So che non ti piacerà, ma dopotutto tu, a parte Angel, sei l’unica a sapere più o meno quanto sangue occorre. Se vedi che inizia a perdere conoscenza, fermala e chiamami. Io vado a tenere d’occhio mio fratello.”
Appena fu uscita, Spike si stiracchiò ostentatamente: “Non possiamo lamentarci, la ragazza ha pensato a tutto. Peccato, Buffy, dovrai aspettare un’altra occasione per vendicarti: ho idea che non le piacerebbe se Faith dovesse tirare le cuoia. Questo nel caso che, per coincidenza, dovesse sfuggirti se sta esagerando…sai com’è, le disgrazie possono sempre succedere…”
“Non a me. Quindi chiudi il becco e fai qualcosa di diverso dal rompere le scatole…così, tanto per cambiare, una volta tanto.”
Nell’andarsene Buffy voltava loro le spalle, ma tutti potevano immaginare la sua espressione, e Faith non ebbe bisogno di alzare lo sguardo dal rivolo di sangue che scorreva dal proprio polso fin dentro una caraffa per controllare se avesse indovinato, quando sentì i suoi passi in cucina, alle proprie spalle.
“Pensi che così s’innamorerà di te?” La durezza del tono la rese più un’affermazione che una domanda.
Una domanda cui fece eco il nulla.
“Fammi il piacere di rispondermi! Oh sì, l’ ho capito. E’ così evidente che è come se ce lo avessi scritto in faccia. Sei innamorata di lui, è vero? E’ solo per questo che fai la santarellina. Bell’idea, complimenti. Come psicopatica hai fallito, ci riprovi facendo la brava bambina. Ripeto: bell’idea. Ma me non mi freghi. Tu non sei cambiata, sei sempre la stessa: vedi, vuoi e prendi, non è così che dicevi? Hai cambiato il sistema di prendere, te ne do atto, ma nient’altro.”
“Non è vero, Buffy. Sono cambiata, almeno un po’. E non è stato facile. Dammi ancora un po’ di tempo.”
“Mi spiace, Faith, ma io non ti credo. Neanche un po’. L’ ho fatto in passato e non è finita bene: non mi piace ripetere gli errori. E direi che sono già a sufficienza, a crederti, forse anche troppi. Intanto non hai ancora risposto alla mia domanda: credi che così s’innamorerà di te? Pensi che basti questo?”
“No. E non mi interessa, non lo faccio per quello. Lo faccio perché voglio che viva. Lo faccio perché lo amo, non perché mi ami lui.”


Lo aveva ammesso.
Oddio, lo aveva detto.
Dopo tutto il tempo passato a raccontarsi bugie, aveva ammesso di amare Angel…e a chi le era venuto in mente di fare la sua confessione, tra tutte le persone al mondo?
A Buffy.
Forse era vero che non era cambiata.
Doveva per forza essere ancora una pazza, per fare una cosa simile.
Eppure che altro avrebbe potuto fare?
Lasciare che continuasse a pensarla come un’ipocrita, che continuasse a sputare sul lavoro che Angel era riuscito a fare con lei?
Non le importava granché l’opinione che Buffy aveva di lei, in fondo se l’odiava aveva le sue buone ragioni, ma per una volta che faceva qualcosa col cuore, qualcosa che non fosse solo uccidere e fare del male, qualcosa per qualcuno a cui teneva…non voleva che venisse scambiata per una delle sue passate macchinazioni dettate dall’egoismo.
Non quando l’egoismo finalmente l’aveva lasciato da parte per un po’.
Ma forse voleva solo reagire alle sue provocazioni, abbattere tutta quella sicurezza.
Forse non lo sapeva neanche lei perché lo aveva fatto.
Non ci aveva nemmeno pensato, prima di farlo.
Le era sfuggito senza che il suo cervello registrasse quello che aveva detto, se non quando ormai era troppo tardi.
Però, dopotutto, aveva semplicemente detto la verità.
Amava Angel, e voleva che vivesse.
Se per quello doveva dare il suo sangue, allora lo avrebbe dato.
Quello era tutto ciò che sapeva.
Quello era tutto ciò che sentiva.
Quello era tutto ciò che aveva detto.
E non se ne pentiva.


“Smettila.”
“Cosa?” Non era esattamente la reazione che si aspettava.
“Ho detto smettila, basta così. Circa mezza caraffa basterà, penso.”
“Oh, sì.” Parlava del suo sangue. In effetti cominciava a sentire una certa sonnolenza.
“Resta qui, chiamo Marianne.”
“Buffy, aspetta…”
Non si voltò. “Sì?”
“Quello che ho detto…ecco io…”
“Non mi riguarda, Faith. Sono solo fatti tuoi.” Ma chi voleva prendere in giro?
Passò davanti ai suoi amici senza realmente vederli e informò Marianne delle condizioni di Faith automaticamente.
Quando la vampira lasciò la stanza di Angel, la seguì, infilandosi in una stanza deserta cosparsa di libri. Le tracce delle ricerche di Angel e Wesley.
Si diresse alla finestra, perdendosi nelle mille luci che rendevano la Los Angeles notturna una città da fiaba, finché qualcuno non la richiamò alla realtà: “Hey.”
Si voltò ad osservare l’artefice dell’interruzione. Willow.
“Hey.” Tornò al panorama.
“Tutto bene?” Willow le si avvicinò.
“Certo, tutto ok. Angel?”
“Marianne lo ha aiutato a nutrirsi, quindi fra pochi minuti sarà in piedi. Cordelia e Gunn sono appena tornati e si stanno occupando di Faith.” A quel nome notò un’ombra passare negli occhi della sua migliore amica. “E’ successo qualcosa? Avete litigato? Non ascoltarla, lo sai che…”
“Lo ama.”
Willow aggrottò le sopracciglia fin quasi a farle toccare fra loro: “Lo ama? Che significa? Chi è innamorato di chi? C’è qualcosa che non so, per caso?”
“Faith è innamorata di Angel, è chiaro adesso? Quella puttana pazza e omicida è innamorata del mio…ex.”
In un altro momento Willow si sarebbe soffermata a riflettere che probabilmente ex non era la parola che Buffy intendeva usare realmente, ma in quel momento era troppo occupata a non stramazzare per la sorpresa per badare a cose simili. Le sua sopracciglia schizzarono verso l’alto, raggiungendo quasi l’attaccatura dei capelli. “Scusa, non ho capito. FAITH sarebbe innamorata di…ANGEL??? Ommioddio, e tu come lo sai?”
“Perché me l’ ha detto lei. Ti rendi conto? Quella piccola carogna ha avuto la faccia tosta di dirmi in faccia che è innamorata di lui! Non che non l’avessi capito, no, era chiaro, ma…” Finalmente si girò a guardarla in viso. Aveva quasi la stessa espressione di quando le aveva riferito la decisione di Angel di andarsene. “Ma…sentirglielo dire…E’ stato tremendo. Non…non lo dimenticherò mai.” Prese un respiro. Non aveva intenzione di mettersi a piangere, anche se Dio solo sapeva se non ne sentisse il bisogno.
“Beh, dopotutto che fosse attratta da lui lo sapevamo, lo abbiamo anche sfruttato per sapere i piani del sindaco per l’Ascensione…” Si rese conto troppo tardi che ricordare quella sceneggiata che l’aveva tanto scossa era l’ultima cosa di cui Buffy avesse bisogno. Al contrario, lei non sembrò farci caso.
“Ma è diverso! Will, non sto parlando di attrazione, quella sarebbe ovvia, io sto parlando di amore! Capisci? A- m- o- r- e . Ti è più chiaro, adesso? E sai la cosa peggiore? Che è vero. Non si tratta di attrazione, libidine, o altro, ma di amore. Faith è innamorata sul serio. Non pensavo ne fosse capace.”
“Se è per questo, io non lo credo ancora.”
“Non si dà il proprio sangue a qualcuno solo per attrazione, Will. Lo so meglio di chiunque altro.”
“Allora…pensi che sia una cosa seria?”
“Sì, ne sono sicura. L’ ho vista mentre lo diceva, e per quanto possa sembrare assurdo ho capito che era sincera.” Si voltò bruscamente. “E non lo sopporto! Non sopporto l’idea che lo ami! Lei non può amarlo! Non è capace di amare! Ho sempre pensato che fosse così e invece adesso…adesso mi viene a dire che è innamorata di lui…”
“Cosa pensi di fare?”
“Cosa pensi che potrei fare? Niente. Non posso fare niente. Teoricamente non posso nemmeno stare male, non ne ho motivo. Ricordi? Vite separate, non abbiamo niente a che fare…”
“Buffy, adesso mi ascolti tu, ok? Lo sa il cielo se quella storia tra voi non vi ha ferito entrambi, e onestamente, quando se n’è andato, ho dovuto ammettere che non aveva torto a dire che avevi diritto ad una vita più normale, anche se mi rendo conto che una strega gay non è la più adatta a parlare di normalità. E mi sembrava che tu fossi d’accordo con me, non è vero? Con Riley è finita male, ma non per colpa tua: insomma chi poteva immaginare che avrebbe fatto una cosa come…quello che ha fatto? E se poi non è stato in grado di affrontare le conseguenze e ha preferito andarsene…beh, sono fatti suoi, anche se è ovvio che ti abbia fatto soffrire. Ma è anche vero che, anche se di certo non mi piace ammetterlo, non ho potuto fare a meno di notare che per lui non hai sofferto come per Angel. Te l’ ho già chiesto e non mi hai risposto, Buffy, adesso sii sincera: tu sei ancora innamorata di Angel, vero?”
“Io non lo so.”
“Sì che lo sai, Buffy, non mentirmi.”
“E va bene, sì! Sì, maledizione, sì! E non sopporto che Faith lo ami! Lei non può averlo!”
“Dolente di contraddirti, principessina,” l’apostrofò qualcuno dalla porta. “ma questo non è amore. A casa mia si chiama solo smania di possesso. E credimi, ne so qualcosa.”


Adesso ne aveva proprio piene le scatole.
Passi che Buffy era capace di ridurre il cuore di Angel in polvere senza bisogno di nessun paletto, che se per sbaglio era sereno gli bastava posare lo sguardo sulla sua foto per ripiombare nella depressione più nera, che se aveva passato momenti in cui era poco più di uno straccio era solo per colpa sua, ma a tutto c’era un limite.
La sopportazione di Cordelia aveva abbondantemente oltrepassato il proprio.
Da quando Marianne aveva invaso la vita del fratello come un ciclone, Angel era diventato quasi un’altra persona, era meno cupo, meno triste, lo si poteva vedere chiacchierare (lui!) con la sorella, ridere, scherzare, litigare anche, come una persona normale.
Non che all’inizio non avesse avuto delle riserve sulla nuova arrivata ma, tralasciando che le aveva salvato la pelle un paio di volte, le sarebbe bastato vedere come faceva sentire il fratello grazie alla sua semplice presenza, per adorarla.
Poi era arrivata Drusilla, a farle compagnia con le visioni, e infine Faith, che era riuscita a fare ciò che quasi tutti, tranne Angel, avevano creduto impossibile e che ora gli aveva dato il suo sangue.
Era come se a poco a poco, intorno ad Angel, si stesse formando la famiglia che meritava di avere, un microcosmo di pazzi che aveva in comune il fatto di voler bene al più pazzo di tutti loro.
E che lei potesse essere dannata se avrebbe lasciato che quella maledetta biondina rovinasse la sua famiglia in generale e Angel in particolare!
Lui aveva avuto fiducia in lei, aveva guardato oltre la sua bella faccia, si era preoccupato di chi fosse realmente. Si era scordato della ragazzina vanitosa e frivola che aveva cercato di rimorchiarlo e si era preso cura della giovane donna ferita. L’aveva fatta piangere sulla sua spalla dopo la morte di Doyle e le aveva perdonato le cose orribili che gli aveva detto mentre era a pezzi per l’influenza di Darla, quando l’aveva abbandonato mentre gli sarebbe dovuta stare accanto. L’aveva ascoltata, consolata e capita, le era stato vicino quando lei pensava che nessuno l’avrebbe fatto, e aveva sopportato le sue frecciate e stupidaggini.
Fosse stata sua sorella come lo era Marianne, non avrebbe potuto fare di più, per lei.
Fosse stato suo fratello, non avrebbe potuto volergli più bene.
E se la cara Buffy aveva intenzione di giocare ancora col suo cuore, allora avrebbe prima dovuto vedersela con lei.


“Cordelia, se hai voglia di discutere ti avverto che non sono dell’umore adatto.”
“Ottimo, Buffy, vuol dire che abbiamo qualcosa in comune.” replicò l’altra, avanzando. “Perché, vedi, nemmeno io sono dell’umore giusto per ascoltare le tue idiozie. Sono una delle varie cose che ho lasciato a Sunnydale che non mi mancano.”
“Strano, potrei dire la stessa cosa di te.”
“E che potresti dire riguardo ad Angel? Che è ancora tuo? Che guai a chi gli mette gli occhi addosso? Che nessuna lo ama come te? Svegliati, tesoro, tu non lo ami. Perché se lo amassi ti augureresti che potesse trovare qualcuna con cui stare bene, ti preoccuperesti della sua felicità. Invece tutto quello che sai fare è imprecare perché te lo senti sfuggire dalla presa. Ti sembra che lui si sia comportato così quando ti sei infilata nel letto di Parker? O in quello del tuo caro soldatino scemo, Riley? O pensi che a lui non importasse? E’ questo ciò che pensi? Gli importava eccome, invece, ha sofferto come un cane, se vuoi saperlo, solo che, guarda un po’, si preoccupava più della tua felicità che del suo dolore. Magari avrebbe fatto meglio a cambiare scala di priorità, ma lo sai com’è fatto…o almeno dovresti saperlo.”
“Cordelia, smettila! Come puoi dire queste cose? Buffy…”
“Oh, per una buona volta, Willow, stanne fuori!” scattò irritata. “Per una buona volta piantala di giustificarla e lascia che ci parliamo senza prenderci in giro! Tu neanche sai di cosa sto parlando!”
“Anche Buffy è stata male, cosa credi? Tu non hai il diritto di…”
“Di cosa? Di dirle in faccia che è un’egoista? Che mentre qui Angel ancora un po’ e si ammazzava da quanto stava male, lei a casa saltava da un letto a un altro? Che ogni volta che l’ ha visto l’ ha trattato come una pezza da piedi? Che l’amava, certo, l’amava tanto, ma cercare di capirlo mai, cercare di mettersi nei suoi panni, di fargli dire cos’aveva dentro, di aiutarlo coi suoi problemi - che fidati, non sono pochi – neanche una volta? Che il tempo di rifarsi il trucco e uscire col ragazzo di turno l’aveva ma intanto a Angel non una telefonata, almeno a sentire se era ancora vivo? E’ questo che non devo dire? Beh, carina, mi dispiace ma è ora che la tua amichetta si svegli e si decida a crescere non solo fisicamente! Così magari capirà anche che Angel non è un orsacchiotto che deve sempre essere lì quando hai bisogno di coccole e che poi butti in un angolo e te ne dimentichi!”
“Sta’ zitta!! E’ stato lui a buttarmi in un angolo! Lui a lasciarmi!!”
“Certo, piccola, e sai perché l’ ha fatto? Perché è un idiota. Un idiota innamorato che ha il brutto vizio di pensare agli altri prima che a sé stesso. Perché, guarda un po’ che strano, lui ci teneva a te, e voleva che fossi felice, che avessi tutto ciò che lui non poteva darti e che tu non mancavi mai di sbattergli in faccia che volevi: una vita normale! Ma, notizia straordinaria, non potevi avere tutto e così ha deciso ancora di accontentarti, come ha sempre fatto, e ha scelto per te, perché avessi ciò che volevi, strafregandosene di sé e dei propri sentimenti! E anziché ringraziarlo tutto quello che sei capace di fare è venire qui a reclamarlo, come se fosse una tua esclusiva proprietà!”
“Tu non capisci, non hai mai capito.”
“No, è vero, non ho mai capito che cosa vedesse Angel in te, ma ho sempre capito una cosa: che non lo meritavi!” ribatté aspra Cordelia. “E non lo meriti neanche adesso! Lui per te ha rinunciato a tutto, tu a niente! Ma quel che ha fatto lo ha fatto di sua volontà, non perché è tuo, chiaro? Lui non è tuo, non è di nessuno, è di sé stesso e basta! E se hai intenzione di rovinargli la vita di nuovo con la tua insensibilità proprio adesso che la situazione sta migliorando, ti consiglio di non provarci nemmeno, se non vuoi che ti cavi gli occhi! E ti assicuro che ne sarei capace, dovessi pure sciuparmi lo smalto!”
Cordelia ormai era senza fiato, sentiva di star definitivamente perdendo il controllo, e anche se le sarebbe piaciuto mollare una bella sberla in faccia a quella mocciosetta frignante che si pretendeva dovesse salvare il mondo, sapeva anche che Angel non glielo avrebbe mai perdonato. Scartata l’ipotesi migliore non le restava che girare i tacchi e andarsene, prima di cambiare idea. Aveva già aperto la porta quando si voltò a fissare le due ragazze pietrificate dalla sua sfuriata. “Sai, Buffy, potrai anche essere la cacciatrice, potrai essere un’eroina, potrai aver salvato il mondo e tutto il resto…ma per me sei solo una perdente.” E non lo aveva mai detto con più convinzione, nemmeno quando era ancora la reginetta del liceo e non sapeva ancora chi fosse davvero quella biondina che finiva sempre nei guai.
A giudicare dalla faccia che aveva fatto Buffy doveva averlo capito anche lei.
Bene, forse dopotutto aveva fatto bene ad accantonare l’idea della sberla: quell’ultima frecciata era stata molto più soddisfacente, oltre che efficace.
Sbatté la porta e si recò a controllare come procedesse la trasfusione di Faith.
Cominciava a starle simpatica, quella ragazza…


Fronte corrugata, labbra serrate, sguardo poco convinto.
“Te lo assicuro, Mari, sto bene.”
Nessuna reazione. Continuava ad osservarlo.
“Avanti, non fare così. Il sangue di Faith ha funzionato perfettamente, sono guarito. Mi passi quella camicia?” L’indumento gli volò in mano. “Grazie. Lei come sta?”
“Ha finito la trasfusione poco fa. Nessun problema. Sei sicuro di aver recuperato del tutto le forze?”
“Assolutamente sicuro, sorellina, è andata così anche l’altra volta. Ah, prima mi è sembrato di sentire qualcuno alzare la voce. E’ successo qualcosa?”
‘Buffy ha avuto una crisi semi-isterica e Cordelia le ha dato della puttana egoista. A parte questo, niente.’…no, probabilmente non era esattamente la risposta che Angel avrebbe voluto sentire.
“No, niente.”
“In altre parole, non me lo vuoi dire. D’accordo. Ma smettila di preoccuparti, o almeno controllati: sento la testa che mi vibra, con tutto quello che trasmetti.”
“Ok, ok, come vuoi.” Lo seguì alla porta. “In fondo sei solo quasi morto un’altra volta, perché mai dovrei essere preoccupata? In fondo Darla starà macchinando un’altra carognata in cui avrai un ruolo fondamentale, ma che importa?” Improvvisamente si ritrovò avvolta in un abbraccio solido e affettuoso. Si appoggiò al petto del fratello, passandogli le braccia attorno alla vita. Aveva sempre adorato essere abbracciata da lui, le trasmetteva sempre così tanto calore…perfino adesso che erano entrambi morti…
“Va meglio, adesso?” Angel si scostò da lei e le passò una mano tra i capelli scompigliati.
“Solo se mi prometti che starai attento. Sarai un rompiscatole ma sei l’unico fratello che ho. Non voglio perderti.”
“Non mi perderai, te lo prometto. Ma tu non preoccuparti. Qualsiasi cosa succeda saremo insieme, no?”
“Sì, e allora niente ci farà del male.” Le loro vecchie frasi di quando erano bambini, alle prese con un padre despota e brutale e una madre che era solo un’ombra muta e pallida. Oltre due secoli, da allora…e quelle frasi infantili non avevano perso nulla del loro potere consolatorio, della loro capacità di infondere speranza. Per qualche istante si poteva ancora credere che finché si era insieme niente di male avrebbe potuto realmente accadere…
“Ehi, gente! Siamo tornati!” Quella voce allegra ed eccitata, esplosa all’improvviso, li fece uscire dai ricordi e tornare alla realtà.
“Drusilla sembra su di giri, devono aver trovato qualcosa. Andiamo?”
“Certo.”
Alla spicciolata, chi da una parte, chi dall’altra, si riunirono tutti per sentire il risultato delle indagini. Per ultima, sorretta da Gunn, giunse una Faith pallida e con un polso vistosamente fasciato.
“Faith…e quello cos’è?”
“Niente di grave. Diciamo che ho saldato un certo debito. Piuttosto, voi che avete trovato?”
“Veramente, ‘io’ ho trovato. Se aspettavamo il cervellone…”
“Drusilla, ti ricordo che sono stato io a capire cosa esattamente tu avessi trovato. Se così non fosse stato, adesso…”
“E piantala, Wes! Non abbiamo a disposizione tutta l’eternità, qui, o almeno non tutti quanti. Vuoi venire al punto prima che mi vengano i capelli bianchi?”
“D’accordo, Cordelia, ci arrivo subito. Apparentemente l’intero sotterraneo è stato svuotato di qualsiasi cosa contenesse, tuttavia Drusilla è riuscita a recuperare una scheggia di un qualche cristallo, evidentemente staccatasi nel trambusto del trasloco. Se posso fare ipotesi, propenderei per considerarlo proveniente da un particolare tipo di cristallo, il Rendjor. E qui iniziano i problemi. A quanto ricordo, i cristalli Rendjor, peraltro estremamente rari e difficili da procurarsi, sono utilizzati in riti in cui ci si propone di evocare e far incarnare determinate entità, generalmente assai potenti. Possiamo quindi supporre che sia proprio questo, lo scopo di Darla.”
“Ok, Wes, stiamo per avere ospiti.” riassunse Marianne. “Sappiamo anche quali?”
“Sfortunatamente no, credo che per questo occorreranno ulteriori ricerche. Il campo è alquanto vasto.”
“Capito. Il che significa che tu, il fratellino e Dru andrete a rinchiudervi nel vostro mondo di libri. Noi esseri comuni possiamo esservi utili?”
“Non dare fuoco alla casa e non ammazzare nessuno, sorellina, sarà già abbastanza. Al massimo, Willow può chiamare Giles e riferirgli le novità, potrebbe scoprire qualcosa anche lui.”
“Certo, lo farò. Ah, dopo potrei venire anch’io ad aiutarvi? Sai che me la cavo, con le ricerche.”
“Sicuro, grazie. Tu come strega non sai nulla?”
“Purtroppo no, mi spiace. Forse, Tara…chiederò qualcosa.” La rossa si diresse al telefono e gli altri sparirono a caccia di risposte.
Nella stanza non si respirava certamente un’atmosfera rilassante. Cordelia ribolliva ancora di rabbia, Buffy era persa nella sua depressione e Faith non si era mai sentita più in imbarazzo per quello che aveva fatto. Marianne era semisdraiata su una poltrona, con un auricolare del walkman nell’orecchio, e osservava evidentemente divertita i tre uomini che non nascondevano di sentirsi totalmente fuori posto.…
Tic- tac, tic- tac, tic- tac, tic- tac…
Il tempo passava, Willow aveva raggiunto i colleghi nelle ricerche, Spike aveva convinto Xander a giocare a poker e vinceva barando vergognosamente. Cordelia e Buffy erano trincerate ognuna dietro una rivista, mentre Faith, ancora esausta, si era assopita.
Più in generale, si stagnava. L’apatia e la demoralizzazione avevano preso il sopravvento. Tant’è che, quando si sentì bussare alla porta, dal momento che Gunn aveva raggiunto certi amici suoi per una battuta di caccia nei quartieri bassi, solo Marianne sembrò interessata ad appurare di chi si trattasse.
Gli altri la sentirono salutare il visitatore con molto calore e poco dopo dall’ingresso si levarono due risate femminili. Quasi subito Marianne fu di ritorno, ma al suo fianco camminava decisa una giovane donna dai capelli biondi. Era vestita con un certo gusto, con dei pantaloni neri e un maglioncino aderente, azzurro chiaro come i suoi occhi. Una borsa nera le pendeva dalla spalla destra, sopra la giacca in pelle rosa che indossava.
Dopo appena un’occhiata alla nuova venuta, Cordelia aveva lasciato cadere a terra la rivista ed era balzata in piedi, come se la poltrona fosse stata disseminata di spilli. La sua faccia era il ritratto dello stupore. “Kate? Che ti è successo? Niente camicie incolori e felpe sformate? Stai male o hai solo avuto un’illuminazione divina che ti ha fatto ricordare che sei una donna? Oh, ci sono! Hai un appuntamento con un super-fusto milionario, è così?”
Le labbra della donna, appena velate di lucidalabbra, unico segno di trucco nel suo viso acqua e sapone, si piegarono in un sorriso. “No, Cordelia, mi dispiace ma l’unico appuntamento che ho in vista è quello con una doccia calda e un letto comodo, e non immagini quanto ne abbia voglia, dopo tutto il lavoro che ho dovuto fare per voi! A proposito, Angel?” Il tono si addolcì impercettibilmente, nel pronunciare quel nome.
“Sta facendo delle ricerche. Arriva subito, gli ho detto che sei qui.”
In quel momento lo sguardo di Kate si concesse una panoramica della stanza, registrando senza particolare interesse o curiosità i suoi vari occupanti, finché non si posò su Buffy: si ricordava di quella biondina, e l’animosità insita nel suo carattere fece nuovamente capolino, stendendo una patina di gelo sui suoi occhi già color ghiaccio. La ragazza ricambiò fino all’ultima briciola di astio: anche lei non aveva dimenticato.
Appellandosi ad ogni singola oncia del suo autocontrollo, ancora saldo nonostante i colpi subiti, fece scivolare oltre il suo sguardo, incontrando il corpo di Faith raggomitolato nel sonno. “A quanto sembra, la pecorella smarrita ha trovato in fretta un ovile accogliente.” sorrise.
“Perché, ne dubitavi?”
“Conoscendovi, no.” dovette riconoscere.
“Ciao, Kate, va tutto bene?”
“Ciao, Angel. Certo, perché non dovrebbe?” La voce le tremava solo un po’ a ricordare il periodo ancora troppo recente in cui andava tutto fuorché bene. Un periodo che senza di lui non sarebbe finito, tranne che in una tomba. “Vi ho portato le informazioni che mi avevate chiesto.” proseguì, frugando nella borsa e traendone fuori un floppy disk e un fascicolo sottile. “Qui c’è tutto quello che sono riuscita a trovare sul dottor Branwell, per adesso. Forse riuscirò a procurarvi qualcos’altro, ma per il momento dovrete accontentarvi. Anche recuperare questo poco non è stato facile, quel tipo è più sfuggente di un’anguilla e più blindato di Fort Knox.”
“Normale, per un cliente della Wolfram & Hart. Grazie dell’aiuto, Kate, ci sarà molto utile.”
“Di niente. Serve altro?” Non sapeva nemmeno lei se voleva scappare via di corsa o piantare le tende lì, a fissare quegli oceani color cioccolata che erano i suoi occhi.
“No, hai già fatto fin troppo. Grazie, Kate.” Ma perché aveva la dannata abitudine di ripetere il suo nome ogni volta che le parlava? E perché il suo cuore aveva l’altrettanta dannata abitudine di fare una capriola ogni volta che lo ripeteva?
“Figurati. Allora…ci vediamo, Angel. Ciao, ragazze, e tenetela d’occhio.” concluse, riferendosi a Faith.
“Non mancheremo, ma sta’ tranquilla: è a posto. Ciao, ci si vede in giro.”
“Ehi, aspetta un attimo! Non vorrai andartene via così?! Angel, non hai niente da dirle?” Cordelia, ovviamente.
“Niente da…dirle? E che cosa?”
“E’ inutile, sei un caso disperato!” sospirò la ragazza. “Ad esempio che ne diresti di dare un’occhiata ai suoi vestiti che per una volta sono degni di questo nome? O di notare che, forse per la prima volta in vita sua, appare come la donna che si presume sia? O magari di farle i complimenti per come sta, dopo aver lasciato perdere il penoso tentativo di travestirsi da uomo?”
Angel sembrò perplesso. Fissò Cordelia, sbirciò la sorella come a chiedere aiuto e infine si decise ad osservare Kate, come se cercasse di capire cosa ci fosse che non andasse e che cosa ci si aspettasse da lui.
Marianne faticò a trattenere la risata esplosiva che le vibrava in gola: sembrava un bambino chiamato alla lavagna senza aver studiato!
Dal canto suo, Kate pensò di essere sul punto di andare a fuoco mentre la percorreva da capo a piedi con quel suo sguardo tenero e incerto. Sapeva quanto fosse difficile parlare, per lui, specie quando veniva messo di fronte a situazioni imbarazzanti come quella, e ogni volta che lei ci si trovava coinvolta non poteva fare a meno di chiedersi se lo stesso viso di ragazzo che aveva davanti era davvero quello di chi aveva massacrato migliaia di persone innocenti, aveva reso pazza una ragazza inglese col dono delle visioni, era stato ad un passo da mandare letteralmente il mondo all’inferno o anche solo del guerriero capace di mozzare la testa ad un demone senza battere ciglio. Le maturava dentro una gran voglia di piangere, in quei momenti, mista all’irrefrenabile istinto di stringerlo forte a sé e non lasciarlo fino alla fine dei tempi, fino a far sparire il suo dolore, fino a che entrambi non avessero più niente da desiderare.
Ma perché, perché non parlava? Stava davvero così male?
Lo sapeva, non avrebbe dovuto vestirsi in quel modo!
“Certo che sta bene, Cordelia…” Angel sembrava non aver la minima idea del significato della domanda. “Sta sempre bene.” La sua voce aveva un’inflessione da ‘Mi sembrava ovvio, perché me l’ hai chiesto?’, e Kate si diede dell’idiota: possibile che non l’avesse ancora capito?
Angel era l’ultima persona al mondo del cui giudizio dovesse preoccuparsi, un maglione infeltrito o una camicia di alta sartoria per lui erano esattamente la stessa cosa. Non guardava gli abiti, ma la persona che li indossava.
E un tipo del genere si ritrovava circondato da tre, ora forse quattro, ragazze che ogni giorno o quasi erano vestite sempre con qualcosa di nuovo!
Che fosse un’altra clausola alla sua maledizione?
Una qualche legge del contrappasso?
Non riuscì davvero a impedirsi di sorridere. Un sorriso a metà tra quello indulgente di una madre di fronte ad una marachella del figlio e quello della donna che ha appena realizzato di aver fatto l’ennesima cretinata.
“Grazie, Angel.”


Ma per l’inferno!!
Tutte a lui! Tutte!
Ma che diavolo aveva di tanto irresistibile?
Il fascino dello sfigato?
Considerò l’ipotesi, la voltò, la rivoltò e la scartò: non poteva essere, altrimenti lui stesso avrebbe lasciato interi sciami di vittime al suo passaggio!
Senza falsa modestia, in quanto a sfiga, specie con le donne, lui era decisamente imbattibile, sia considerando la vita che la morte!
Bene o male, Spike se l’era sempre chiesto, anche se avrebbe preferito ammirare il sole del mezzogiorno in pieno Sahara piuttosto che ammetterlo, perfino con sé stesso.
Stavolta però la curiosità aveva prevalso sull’orgoglio.
Anche perché…che orgoglio poteva avere, a quel punto…
Finalmente si era deciso a sciogliere il mistero: che cavolo ci faceva, Angel, alle donne?
Poteva ancora capire Angelus: il fascino del male, del bastardo a tutto tondo, della carogna senza appello e tutte quelle storie lì…Non spiegava perché, in passato, quando lo aveva ancora anche lui, Drusilla gli avesse concesso i suoi favori solo quando non concedeva tutto il resto al suo Sire, ma spiegava tutte le altre. Che era sempre meglio che niente.
Angelus…quanto lo aveva odiato…
Lo aveva odiato tanto quanto lo aveva ammirato, tanto quanto lo aveva invidiato.
Perché non aveva dubbi. Perché era forte. Perché era rispettato.
Perché era tutto ciò che lui aveva sempre voluto essere senza riuscirci.
Perché era il padre o il fratello maggiore che aveva desiderato senza poter avere.
E che non aveva nemmeno allora.
Così Spike aveva deciso di far finta di niente.
Di comportarsi come se lo fosse, un padre o un fratello egoista e crudele.
Se non poteva avere il suo affetto, la sua ammirazione o anche solo il suo rispetto, allora avrebbe avuto il suo disprezzo e il suo odio.
Si sarebbe fatto picchiare e umiliare, e ancora l’avrebbe fatto infuriare e abbassarsi al suo livello.
Decenni passati in quella maniera stupida e inutile.
Decenni ad essere solo il secondo.
Faceva male, inutile negarlo.
Lui voleva essere il primo, il migliore, quello superiore a tutti, il più famoso, temuto e rispettato. Voleva essere tutto quello che non era stato da vivo, e non gli interessava se lo voleva per sé stesso, Drusilla o Angelus.
Lo voleva e basta.
E non riusciva ad esserlo.
Nemmeno dopo che il primo si era levato dai piedi.
Perché dopo di lui era arrivato un altro primo.
Con la stessa faccia ma con un’anima in più.
Quell’anima che di nuovo lo aveva reso secondo.
Ecco quello che non capiva. Quello che non accettava.
Passi essere il secondo di Angelus…poteva rompere, e rompeva, ma tutto sommato era un rospo che si riusciva ad ingoiare. Anche se al momento lo stagno nel suo stomaco doveva esporre il cartello ‘Tutto esaurito’!
Ma il secondo di Angel….quello poi no!
Poteva tradire Angelus, cercare di farlo fuori, di spedirlo all’inferno e quant’altro, ma se lo faceva era solo perché avrebbe dato l’anima che per fortuna non aveva per essere al suo posto! Un motivo c’era, e pure buono.
Ma nemmeno tra un migliaio di secoli avrebbe voluto essere come Angel, come quel depresso cronico che di sicuro sarebbe stato più a suo agio in un eremo su un monte che in una metropoli come Los Angeles, che tanto non si godeva!
E invece doveva essere anche il suo secondo!
Che fosse stato maledetto anche lui senza che se ne fosse accorto?
O magari semplicemente la sua era una sfiga genetica, per dirla nel linguaggio del tempo?
Inutile, il problema in questione non era lui. Era Angel.
Prendersi in giro non serviva a niente: Buffy lo amava ancora.
E lo sapevano praticamente tutti tranne il diretto interessato.
Spike personalmente lo sapeva da sempre.
Non che ci avesse fatto l’abitudine, ma insomma…almeno era un passo avanti agli altri.
Quello che aveva appreso solo quella sera, tramite un accurato lavoro di ficcanaso, era altro, ed era stato sufficiente a fargli ringraziare il destino di averlo privato, se non del cuore, almeno del battito cardiaco. In caso contrario avrebbe temuto seriamente per le sue coronarie!
La brunetta innamorata di Angel…
Miss Fuori di Testa che si trasformava in fatina buona ad opera del novello salvatore dell’umanità.
Che si costituiva, stava in galera senza farla diventare un cimitero e usciva con un cuoricino nuovo, splendente, accuratamente purificato e che batteva per il suo eroe non-morto.
Che sacrificava il suo sangue per salvargli la vita, o ciò che ne rimaneva: che romantico!
Un’altra cacciatrice che perdeva la testa per Mr Depressione del nuovo millennio…
Non una, due! Due cacciatrici a innamorarsi di lui!
Che fosse per bilanciare le due che lui, Spike, aveva ucciso?
Uno le ammazzava, l’altro le faceva innamorare?
No, passi il soprannaturale, ma quella era fantascienza…e detto da uno che aveva un chip in testa non era poco!
Chi altro c’era?
Darla…ma quella voleva Angelus, e non potendo averlo voleva far fuori il gemello buono…no, lei poteva lasciarla perdere.
Kate…oh-ho! Bocconcino prelibato, la bionda appena uscita! La seconda rivelazione della serata! Donna di ghiaccio che si scioglie quasi sul pavimento sotto uno sguardo del tenebroso! Che probabilmente cambia look solo per lui e ormai soccombe alla tachicardia di fronte ad un complimento che quello non si era neanche accorto di fare! Tipo difficile da conquistare, ma abbattuta anche lei! Ah, le donne…
Innamorate no, ma Drusilla e Cordelia avrebbero forse dato un braccio, per Angel.
Onestamente aveva quasi avuto la tentazione di scollare l’orecchio dalla porta dove si trovava, a pochi centimetri da quello di Marianne, per entrare ad applaudire la ragazza, durante quella sua magistrale tirata…dopo essersi auto-convinto a non squarciarle la gola per come stava trattando Buffy: dopotutto era Miss Liceo ad avere ragione, aveva ancora abbastanza spina dorsale da ammetterlo. E dal canto suo, lui le aveva detto pure di peggio.
A Drusilla non voleva neanche pensare. Se voleva un mal di testa gigante bastava il chip a procurarglielo, non aveva bisogno di cercarselo. Cos’era rimasto della sua principessa debole e pazza in quella creatura vibrante di forza ed energia? Da dove venivano quella risata cristallina, quell’intelligenza, quella vivacità, quella sicurezza, quella…sì, anche quella bellezza nuova, luminosa e decisa…?
Come aveva fatto a cambiarla tanto, Angel?
E lei, perché era cambiata?
Lei come Faith…
Ultima ma non meno importante, la cara sorellina.
Finché lei era nei paraggi, meglio calmare i suoi bollenti spiriti nei confronti del fratellone.
Finire in cenere non era uno dei suoi obiettivi più prossimi.
Però doveva ammettere che anche a lui sarebbe piaciuto avere una sorella così, che gli volesse sempre bene e si preoccupasse per lui. Che non lo lasciasse solo a rompersi la testa, che gli stesse accanto, che lo facesse stare bene.
Che gli rompesse anche le scatole o con la quale litigare.
Forse era davvero ora che si decidesse a crescere…
Ma che poteva farci se non gli piaceva stare solo?
Era così sbagliato volere al proprio fianco qualcuno che gli volesse bene al di là di tutto, che non lo piantasse come poteva fare una ragazza? Era sbagliato volere una sorella?
Beh, lui l’avrebbe voluta.
E invece l’aveva Angel. Tanto per cambiare.
Ora, per tornare al punto, lasciando perdere le ultime tre che non ne erano certamente innamorate, Marianne per ovvi motivi, Cordelia perché troppo amici e Drusilla…meglio per lei che non lo fosse…ne restavano comunque altre tre a struggersi per l’angioletto.
Il che lo riportava alla domanda iniziale: perché Angel? Che aveva di tanto speciale?
A quanto ricordava del proprio aspetto non gli sembrava di essere meno bello di lui.
Aveva anche più senso dell’umorismo di lui.
Ed era un vampiro proprio come lui.
Quindi, perché alle donne non faceva lo stesso effetto che faceva lui?
Che fosse la sua povera, piccola, patetica anima tormentata? Che suscitasse l’istinto materno?
E perché allora il suo chip non inteneriva nessuna? Non faceva mica meno male!
Invece le donne lo ignoravano, almeno quanto…quanto Angel ignorava loro!
Eccola, l’illuminazione che cercava!
Era un dato di fatto!
Ci si sarebbe giocato mezza eternità!
Effettivamente, a parte Buffy (ma lei era un caso a sé stante), era probabile che il buon vecchio Angel non pensasse ad una ragazza in quel modo neanche per sbaglio, preso com’era da quella sua santa missione, dall’espiazione!
Tombola! Ce l’aveva fatta, finalmente!
Svelato l’arcano!
Per attirare le donne doveva solo ignorarle e concentrarsi su altro, non vederle neanche o quasi! Allora sarebbero arrivate come api al miele!
D’allora in poi, le donne, specie Buffy, erano bandite dai suoi pensieri!
Era una decisione irrevocabile!
Peccato che, conoscendosi, sapesse benissimo che due secondi dopo sarebbe stato daccapo…

                    
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