Ho cominciato da bambina a tenere un diario, e ho continuato per anni.
Ma era un diario da bambina, con pensieri da bambina e sogni da bambina.
Anche quando bambina non lo ero già più, e il mondo che mi si torceva
intorno avrebbe dovuto trasformarmi in donna.
Forse perché c'è sempre stata una parte di me che non voleva crescere.
Un 'autodifesa, o solo la mia natura che si rifiutava di essere forzata...
Il mio diario era la mia via di fuga, un modo per dimenticare quanto fosse
reale ciò che stavo vivendo...
Reale... e pericoloso.
Era la mia favola personale.
Questo no.
Questo diario mi serve.
Mi serve per vivere.
Per non impazzire.
Per sfogare in qualche modo tutto quello che mi porto dentro, prima che mi
divori l'anima.
E per chiedere scusa a tutti quelli che da tanti anni sto ingannando.
Sono sempre stata una ragazza espansiva, vivace, una chiacchierona...
Questo segreto, adesso, mi sta uccidendo... senza nemmeno un 'Osservatore
a cui poter parlare...
Sono ...
No...
Io ero una ragazza.
Ero.
Ora, finalmente, sono una donna.
Una donna di ventiquattro anni che a volte si sente come se ne avesse
cento.
La donna che avrei dovuto essere quanto tutto è cominciato...
Per capire... per non commettere tanti di quegli errori...
E invece ero soltanto una bambina, una studentessa sedicenne con la testa
perennemente fra le nuvole...
Adesso invece...
Adesso sono un 'altra persona.
Pur restando sempre io.
Buffy Summers.
La Cacciatrice di vampiri.
*****
Angel era ferito.
Gravemente ferito.
Tanto da non potermi accompagnare.
Lui che mi aveva sempre seguita.
Che se n'era andato a Los Angeles per regalarmi una vita normale, ma che
era sempre tornato da me, ogni volta che avevo avuto bisogno di lui ...
Ingoiando in silenzio le mie accuse e i miei rimproveri.
Bevendo stilla dopo stilla il mio veleno.
Perché io lo amavo, ma non gli avrei mai perdonato di aver scelto per me.
Dolce, oscuro, silenzioso Angel...
In tutta la mia vita non gli avevo mai visto sul volto un sorriso che non
fosse velato di tristezza. Imbevuto delle tenebre a cui lui apparteneva.
Angel che mi aveva preso il cuore e me lo aveva spezzato.
Lasciandomi in cambio il suo, anche se allora ero troppo infantile per
rendermene conto...
Per capire che la malinconia nei suoi occhi aveva anche il mio nome...
Angel che era sempre identico a qual primo giorno, mentre io ero
cresciuta.
Senza di lui, e senza smettere di amarlo.
E che ora si trascinava verso di me, con il volto sporco di sangue e uno
dei tentacoli di Jishmen ancora avvolto alle gambe, spezzate di netto.
Era un vampiro.
Sarebbe sopravvissuto.
E in pochi giorni sarebbe anche guarito.
Ma non poteva seguirmi.
Nessuno dei miei amici poteva farlo.
Perché io ero la sola ad essere ancora in piedi...
La lotta con Jishmen era stata terribile.
La peggiore che avessi mai affrontato.
Come sia Giles che Anya avevano previsto.
Per questo Angel era venuto.
Per questo era accorso da Los Angeles in mio aiuto, anche se questo aiuto
io non glielo avevo chiesto e non lo volevo.
Per combattere questa creatura terrificante, così potente e
incontrollabile che persino il Maestro non aveva mai osato evocarla.
E che era sempre misteriosamente sfuggita alla distruzione, in un modo che
nessuno aveva mai scoperto...
Avevo riso dell'offerta di aiuto di Angel. Eppure era lui che mi aveva
salvata.
Ancora una volta.
E ora era così massacrato da riuscire a stento a muoversi...
Si era messo fra me e Jishmen, aveva preso il mio posto fra le sue
spire... e lui gli aveva stritolato le gambe fino a romperle...
Solo grazie ad Angel ero riuscita a distruggere il mostro.
O meglio... cedevo di esserci riuscita.
Quando il suo corpo era esploso in una paurosa deflagrazione, scomparendo
in una specie di squarcio nella materia, una fessura stretta e nera i cui
contorni si sfilacciavano e ricomponevano in continuazione.
Ma dopo un attimo, dopo aver assaporato per un secondo la vittoria,
Cordelia aveva urlato alle mie spalle:
- E' così che riesce a scappare!
Si apre un varco in un 'altra dimensione e si nasconde per rigenerarsi!
Per questo è sempre ritornato...-
Io la fissai, il cuore che mi si era improvvisamente fermato in gola.
Sapevo che non era lei a parlare.
Non la Cordelia viziata ed egoista che avevo conosciuto il mio giorno di
scuola. Non l'idolo del liceo di Sunnydale, la regina delle Ceerleaders,
l'ex ragazza di Xander Harris.
Era la voce di ciò che di inumano c' era in lei a farlo.
Del demone che l'aveva amata e che le aveva lasciato in dono una parte di
se.
E che non si era mai sbagliato nella sua chiaroveggenza.
*****
Mi guardai intorno, rapidamente, una parte di me che tremava al solo
pensiero di immergermi in quel buco nero e spaventoso... e di farlo da
sola.
Xander, Giles e Anya erano svenuti, mentre Cordelia si premeva un fianco
con la mano, una smorfia di dolore sul bellissimo volto.
Willow era sveglia, ma un braccio, probabilmente rotto, le pendeva inerte
da un lato.
Inginocchiata a terra, sporca e scarmigliata, reggeva la testa di Spike
sulle ginocchia, tamponandogli dolcemente lo squarcio che gli apriva la
gola.
Anche lui era cosciente , ma sembrava che la ferita gli avesse succhiato
via la forza, facendolo sembrare ancora più magro del solito. Abbandonato,
inerte, chiunque avrebbe potuto finirlo.
Soltanto i suoi occhi bruciavano come sempre.
E mi fissavano .
Perché il mio vecchio nemico sapeva ciò che stavo per fare.
E sapeva che lo avrei fatto da sola.
Come lo sapeva Angel.
Per questo stava tentando disperatamente di raggiungermi.
Se avesse potuto farlo, sarebbe andato lui al posto mio, avrebbe di nuovo
scelto per me...
Ma non poteva alzarsi.
E io dovevo agire in fretta.
Prima che la porta si chiudesse.
Sapendo che forse non sarei più tornata. E senza la minima idea di cosa mi
aspettasse .
*****
Indugiai per un ultimo istante sul volto di ciascuno dei miei amici,
salutandoli dentro di me.
Ognuno aveva un posto speciale nel mio cuore e Angel ... Angel era il mio
cuore.
Vidi Spike stringere per un attimo gli occhi, e quando li riaprii ciò che
vi lessi fu : " vai".
Mentre quelli di Angel mi supplicavano di non farlo.
Sembravano due possibilità diverse, e invece era un inganno.
Io non potevo scegliere. Lo avevo imparato molti anni prima.
Io ero la Cacciatrice...
Fissai ancora Angel, ipnotizzata, come se il mio sguardo non potesse
lasciarlo.
Poche ore prima c' era stato così tanto risentimento nelle mie parole per
lui, e ora, forse, gli dicevo addio...
Fissai i suoi occhi, la sua bocca, la mano che tendeva verso di me...
L'ultima cosa che sentii, mentre saltavo attraverso la porta, fu la sua
voce gridare il mio nome.
*****
Mi ero aspettata tenebre, vortici, enormi corridoi di materia in
movimento... e, invece , saltare da una dimensione all'altra fu davvero
come attraversare una porta.
Un 'istante prima ero a casa, quello dopo non più.
E in mezzo... niente.
Atterrai in piedi, istintivamente, piegandomi sulle ginocchia in posizione
di difesa.
Ma non c'era niente lì che potesse minacciarmi...
Tutto parlava di pace nel luogo in cui ero giunta.
Tutto era bellissimo.
Un prato di un verde intenso, ricoperto di erica e di fiori gialli e
bianchi, digradava dolcemente fino a una scogliera chiara, frastagliata,
oltre cui un mare azzurro e limpidissimo si infrangeva sulle rocce,
portando al mio orecchio la sua eterna canzone.
In tutta la mia vita non avevo mai visto uno spazio aperto così immenso,
che procedeva in una serie di basse colline, fino a una macchia scura di
alberi che nascondeva l'orizzonte.
Alla mia destra, una torre di pietra, conica e altissima, con uno strano
tetto a punta, svettava decisa verso soffici nuvole bianche.
Mi guardai attorno, cercando di scacciare ammirazione e stupore.
Avevo creduto di trovare cielo e terra invertiti, e invece quella sembrava
ancora la mia realtà...
Pensai che forse Cordelia aveva inteso questo per dimensione... solo un
cambiamento di luogo... Dopotutto, lo spazio era una dimensione...
A quel pensiero provai un senso istintivo di sollievo, eppure imposi a me
stessa di non rilassarmi.
Sapevo che il pericolo era atterrato in quello stesso luogo, ed ero lì per
distruggerlo.
Per annientare Jishmen una volta per tutte.
- Porca miseria!- Imprecai a labbra strette.- questo posto è così enorme
che potrebbe essere ovunque...-
-
Già... e la cosa peggiore era che non sapevo nemmeno che cosa dovessi
cercare...
La creatura mostruosa, tantacolata ed enorme che avevo affrontato a
Sunnydale o... cosa? Un fantasma alla ricerca di un corpo, o una parte
dello Jishmen che avevo conosciuto, o... una larva, oppure...
Mi passai una mano fra i capelli, rimpiangendo che Giles non fosse insieme
a me.
Lui avrebbe saputo cosa fare.
Lui lo sapeva sempre.
Cercai di immaginare cosa mi avrebbe detto, e quasi rividi il suo volto,
mentre si aggiustava gli occhiali sul naso, cercando di darsi un contegno
il più severo possibile.
Bè, certamente avrebbe esordito intimandomi di mantenere la calma, di
fermarmi a riflettere, e poi mi avrebbe consigliato di fare un passo per
volta...
- Allora... - Domandai a me stessa- se fossi un mostro schifoso che ha
bisogno di rigenerarsi, e capitassi qui, dov'è che potrei andarmi a
nascondere ?-
Mi guardai ancora attorno, il cuore che mi batteva forte in barba a tutti
i miei propositi.
- Se fossi io mi cercherei un posticino tranquillo, riparato, dove nessuno
possa venire a rompermi le scatole...-
Non certo una collina esposta al vento, nè una scogliera, o un bosco
brulicante di animali selvatici...
A dire il vero non restava molto... solamente...
Ma si, certo, la torre!
Isolata, protettiva, e ancora abbastanza solida...
- Bingo! - Esclamai, lasciando che rabbia e determinazione cancellassero
dalla mia mente le incertezze e la consapevolezza del dolore fisico.
-
Mi avviai come una furia verso la torre diroccata.
Un passo per volta, vero?
Bè, il mio primo passo sarebbe stato far esplodere il cervello a quel
bastardo che aveva fatto del male ai miei amici.
Che aveva spezzato le gambe di Angel.
Ero così arrabbiata, così piena di furia distruttiva che quasi non mi
accorsi dell'attacco.
Quasi.
Dopotutto, ero sempre la Cacciatrice.
E Giles era un ottimo maestro.
Non lo vidi, ma sentii un movimento alle mie spalle.
Un fruscio strano, cupo, quasi impercettibile.
Mi voltai, proteggendomi il volto con il braccio un attimo prima che
qualcosa si schiantasse con violenza contro di me.
Sentii la pelle friggere e bruciare attraverso il maglione e lanciai un
grido, mentre gettavo all'indietro la cosa.
Strinsi i denti, cercando di controllare il dolore, e con un balzo mi
rimisi in guardia.
Eccolo.
Jishmen.
Come un 'idiota, accecata dalla mia ira, non mi ero accorta di averlo
superato.
Non avevo nemmeno pensato che nella sua forma primordiale potesse non
possedere la velocità che aveva reso colpirlo un 'impresa così difficile.
Per mia fortuna... o quasi... sembrava che si ricordasse di me, e non
aveva resistito al desiderio di attaccarmi.
Era orribile.
Ripugnante.
Una disgustosa ameba senza forma che si muoveva su una moltitudine di
aculei, probabilmente il primo stadio dei suoi terribili tentacoli.
- Sentivi la mia mancanza, non è vero?!- Esclamai, stringendo i denti per
combattere il terribile dolore al braccio.
La cosa sembrò contrarsi in se stessa e poi espandersi, come se stesse
respirando.
- O credevi forse di potermi prendere di sorpresa?! -
Jishmen fischiò e vibrò tutto.
Poi attaccò di nuovo.
Probabilmente aveva intuito di aver commesso un errore, e di non poter
rimediare.
Cercò di arrivarmi al volto, ma io lo intercettai con un calcio,
gettandolo di nuovo in terra.
- Ti piacerebbe, eh!-
Ancora un attacco. Ancora un calcio.
Non dovevo assolutamente permettergli di toccarmi la pelle...
La suola del mio stivale frigolò e si consumò a contatto con l'acido,
sbilanciandomi all'indietro quando tornai ad appoggiarlo in terra.
Caddi sulla schiena, imprecando contro me stessa, e lui ne approfittò
immediatamente, saltandomi addosso ed eruttando il suo veleno da ogni
parte del corpo.
Io rotolai, ansimando, e afferrata una pietra gliela lanciai contro,
centrandolo in pieno.
Jishmen precipitò con tutto il sasso, finendo su quella che reputai fosse
la schiena.
Tutt'intorno, l'acido stava bruciando l'erba, mentre la creatura
contorceva disperatamente gli aculei, schiacciata e imprigionata dal peso.
Peccato che non avessi con me uno dei miei fidati paletti... comunque, mi
sarei arrangiata...
Strinsi i denti, e piena di rabbia afferrai un 'altra pietra, ancora più
grossa, e la scagliai con tutta la mia forza contro il mostro.
Jishmen fischiò di dolore, vibrando spasmodicamente gli aculei.
- QQQqQQ uesto è per me!- Urlai, colpendolo di nuovo.
- Questo è per Giles! ... e per Willow! ... e per Spike!-
-
Gridai ancora, mentre il corpo della creatura si disfaceva davanti a me.
Sembrava che non avesse ossa, ne organi, ma fosse fatto di una specie di
gelatina, un 'unico muscolo tenuto insieme dalla forza della sua
malvagità.
- Questo è per avermi trascinata fin qui! E questo...- Ansimai, fissando i
frammenti staccati liquefarsi come il corpo di una medusa. - è per Angel!-
-
Fu un colpo così violento che lo spaccò in tre parti che continuarono a
muoversi e contorcersi per alcuno istanti, fino a che furono scossi da uno
spasmo, e smisero di vivere.
Io ansimai, sconvolta dalla mia stessa furia, e mi lasciai cadere
sull'erba, sedendo di fronte al mio nemico.
Era stato più facile del previsto, nonostante il braccio che mi doleva
terribilmente e quella rabbia selvaggia che non voleva lasciarmi.
Cercai di rallentare il ritmo del mio respiro, travolta da un 'improvvisa
voglia di piangere.
Era finita...
Jishmen, il mostro che aveva ucciso così tanta gente, che aveva quasi
ammazzato i mie amici... lui... era finito.
E il suo corpo si disfaceva ed evaporava a velocità impressionante.
Presto, di lui non sarebbe rimasto più nulla...
Nulla, tranne ciò che aveva fatto.
Mi strinsi la fronte fra le mani, tremando.
Non dovevo lasciarmi andare... dovevo reagire... dovevo tornare a casa...
Ma ero appena uscita dal combattimento più estenuante della mia vita, non
sapevo dov'ero, nè cosa ne fosse dei miei amici.
Singhiozzai, incapace di fermarmi.
E quando finalmente riuscii a smettere, al posto di Jishmen restavano solo
due sassi scheggiati dall'urto.
Mi alzai, barcollando, e con un sospiro mi afferrai uno dopo l'altro i
tacchi, torcendoli e spezzandoli alla base.
Almeno, così sarei riuscita a camminare...
Intorno me, tutto era tranquillo.
Sembrava quasi che nulla fosse mai accaduto.
Almeno ero finita nel mondo che conoscevo.
Ad Angel non era andata altrettanto bene...
Dalla cima della collina, poco distante, intravidi una strada sterrata,
che fiancheggiava il bosco in tutta la sua lunghezza.
Poco comodo, con tutti quei sassi, ma se c'era un sentiero dovevano
esserci anche delle case, prima o poi.
La raggiunsi in fretta, cercando con gli occhi un 'indicazione che mi
spiegasse dov'ero esattamente.
A vederla svolgersi davanti ai miei occhi, la strada sembrava
terribilmente lunga, e faceva così caldo...
Troppo caldo.
Doveva essere quasi mezzogiorno e nemmeno il vento freddo del mare
riusciva a contrastare il sole a picco sulla mia testa.
- Di sicuro non sono in Russia!- Mormorai fra me e me.- Resta solo da
capire dove...-
Mi chiesi se i miei amici stessero bene. E se fossero preoccupati per me.
Poi, qualcosa attirò la mia attenzione, una forma squadrata al margine del
sentiero.
Forse... si... una pietra miliare...
- Oh., meno male...- Sospirai.- non sarà un cartello turistico, ma
almeno...-
-
Strinsi gli occhi, accecata dal riverbero del sole sulla superficie chiara
e leviga6ta.
Galway, un miglio e mezzo.
Galway...
- Oh, mio Dio!- Esclamai.
Fra tutti i posti al mondo ero finita proprio in Irlanda, e fra tutti i
posti in Irlanda ero finita proprio a Galway!
Non poteva essere una semplice combinazione.
Forse Jishmen non sceglieva a caso le sue mete... forse non le sceglieva
affatto...
Angel era l'ultimo con cui avesse avuto un contatto fisico, e, dal momento
che quel mostro era anche un telepate, poteva aver catturato uno dei suoi
pensieri...
Il ricordo di qualcuno in pericolo mortale...
Il ricordo di ... casa...
- Bè, Angel, grazie tante! Ci vorranno più di dieci ore di volo per
tornare a Sunnydale!
E meno male che non sei nato al polo... -
Un miglio e mezzo... nemmeno tanto...
Mi ero sempre domandata come fossero i luoghi in cui Angel era cresciuto,
e ora mi guardavo intorno con spirito nuovo, fissando gli alberi, la
campagna selvaggia, i cespugli coperti di fiori rossi e bianchi. Sentendo
dentro una tenerezza assolutamente speciale al pensiero che forse, due
secoli prima, lui aveva camminato su quella stessa strada, inspirando
quella stessa aria pulita.
Magari era passato a cavallo, o su un caro, come quelli che avevo visto al
cinema o come... come quello che mi veniva incontro adesso!
Mi fermai, a bocca aperta per la sorpresa.
Era proprio un carro, trainato da un cavallo molto male in arnese...
In vita mia non ne avevo mai visto uno... e del resto neanche il ragazzino
che lo portava doveva aver mai visto una donna, a giudicare
dall'espressione stupefatta del suo volto.
Ci incrociammo fissandoci come due idioti, e anche dopo avermi superata
lui continuò a guardarmi, torcendo il collo e le spalle verso il traino
ingombro di sacchi di tela.
Scossi la testa, dandomi dell'idiota.
Dopotutto mi trovavo in campagna... e magari i carri erano ancora una cosa
normale lì... forse ero io ad essere esageratamente cittadina...
Ridendo della mia reazione, ripresi a camminare, ma dopo poco più di un
miglio mi imbattei in una sorpresa molto, molto più grande.
Qualcosa di veramente incredibile.
Arrivai a Galway.
La Galway del 1753.
*****
Ci misi dei minuti interi per capirlo.
Minuti durante i quali mi agirai come ubriaca fra le strade di pietra
acciottolata della periferia cittadina, vibrante di ogni genere di
attività.
Uomini e donne avvolti in abiti antichi si muovevano fra basse case con i
tetti di ardesia e botteghe con le insegne di legno dipinto attaccate a
sostegni di ferro.
Poco lontano da me, un uomo che tirava un carretto vendeva del pesce a
delle donne in grembiule bianco, con delle grandi cuffie a coprir loro i
capelli. Più oltre, una ragazzina prendeva acqua a una fontana.
Sembrava il set di un film, ma io non mi illusi nemmeno per un istante che
lo fosse davvero.
- Ehi, bellezza, non è un po' presto per cominciare a lavorare?-
L'accento di quella voce biascicata era così marcato che faticai a capire
le parole, ma il tono era assolutamente inconfondibile.
Non mi rendevo conto di come mi vedesse la gente, con i miei pantaloni
attillati, il maglione abbassato sulle spalle e i cappelli sciolti, e così
lo sguardo libidinoso del tizio che aveva appena parlato, un uomo sulla
quarantina, sporco da far impressione e appoggiato insieme ad altri ad un
muretto, riaccese nel mio cuore la rabbia che credevo ormai sfogata.
- Hai qualche problema?- Lo sfidai, con i pugni sui fianchi, allontanando
da me confusione e stupore.
- Con una come te?- Ghignò lui.- E chi potrebbe averne? Peccato che non
abbia una moneta nemmeno per vedere com'è fatta! -
L'affermazione fu seguita da una serie di risate sguaiate e frasi oscene,
la maggior parte delle quali non riuscii nemmeno a comprendere.
- Però- Continuò il tipo, toccandomi un fianco.- magari vuoi divertirti
anche tu , per una volta...-
Probabilmente non solo non avevo ancora smaltito tutta la mia rabbia, ma
ero anche sconvolta dalla consapevolezza di non trovarmi più nella mia
epoca... e inoltre quel maiale mi faceva davvero schifo.Fatto sta che
risposi d'istinto, esattamente come avrei fatto con un vampiro, e un
attimo dopo l'uomo era a terra, con la spalla slogata, che frignava come
il porco che era.
- Troia!- Gridò uno dei suoi amici, e tutti insieme si lanciarono contro
di me.
Troppo facile.
Ero abituata ad avversari non umani, d'accordo, ma questi erano
addirittura subnormali!
Stenderli, anziché divertirmi, mi irritò ancora di più. E quando infine
sollevai la testa gli sguardi della gente fecero il resto.
Mi fissavano come se fossi un animale raro.
Chi con disprezzo, chi con paura, qualche donna addirittura con orrore.
In vita mia non mi ero mai sentita così... sbagliata!
Ed era una sensazione che non mi piaceva affatto!
Dovevo assolutamente andarmene di lì, dovevo trovare il modo per tornare
al mio tempo.
Che stupida, che stupida idiota!
Se ci fosse stato Giles lui avrebbe considerato subito che lo spazio non
era l'unica dimensione!
Il tempo... questo aveva inteso Cordelia...
Molto probabilmente Jishmen apriva i suoi passaggi servendosi dei ricordi
di quelli con cui veniva a contatto, e questo voleva dire che...
Ah, perfetto, voleva dire che oltre ad essere squadrata come un mostro da
un nutrito gruppo di cittadini stupefatti e bigotto avrei potuto voltare
un angolo e trovarmi faccia a faccia con Angelus!
Ci mancava solo questo!
- Ehi, tu!- Esclamai, afferrando per i capelli il maiale di poco prima. -
In che anno siamo?-
- Va a farti...-
- Riposta sbagliata!- Lo interruppi io, sbattendogli la testa contro la
pietra. - Ma c'è sempre una domanda di riserva! Allora, in che anno
siamo?!-
- 1753... - Biascicò lui.
Strinsi gli occhi, cercando di ricordare ciò che avevo letto sul diario
degli Osservatori.
1753... 1753...
Ma perché dovevo essere così negata per le date?!
E, del resto, il rumoreggiare della folla attorno a me mi suggerì che in
quel momento avevo cose più importanti da fare che esercitare la memoria.
Ogni attività nella piccola piazza sembrava essersi fermata, e gli occhi
di tutti erano puntati su di me. E non si trattava certo di sguardi
benevoli...
Secondo la loro mentalità avrei potuto essere da una sfacciata in abiti
scandalosi che se ne andava in giro a malmenare la gente a una strega
dalla forza sovrumana... e infatti, come appresi anni dopo, fu proprio per
una strega che mi scambiarono allora...
Mi alzai, e senza attendere oltre mi infilai in un vicoletto buio,
sperando che i miei ammiratori fossero ancora troppo stupiti per seguirmi,
o che ne avessero paura.
Non ero mai stata ferrata né in storia né in geografia, ma due cose me le
ricordavo: primo, nei secoli passati le streghe, o presunte tali, non se
l' erano mai passata troppo bene.
Secondo, Angel mi aveva detto che una caratteristica innata degli
Irlandesi era sempre stata quella di credere istintivamente a qualunque
cosa sapesse di sovrannaturale.
E io non avevo voglia di combattere contro una fola inferocita.
Continuai zigzagare per i vicoli della città, riflettendo sulle
conseguenze di tutto quel pasticcio.
Fra le altre cose, in quel tempo esistevano due cacciatrici vive
contemporaneamente, e per esperienza sapevo che una simile eventualità
poteva provocare una gran confusione... come minimo.
In una casa vicina al fiume Carrib rubai un vestito che qualcuno aveva
appeso fuori ad asciugare, e lo infilai sopra i pantaloni, liberandomi del
maglione.
Mi arrivava fino ai piedi, mi stava largo e probabilmente la gonna avrebbe
dovuto essere riempita con qualcosa, ma almeno la gente mi guardava come
una stracciona e non come un 'aliena scesa dalla luna.
Intanto, la sera si allungava sulle case, e senza nemmeno sapere come ci
fossi arrivata mi ritrovai in una zona probabilmente più centrale, con
strade più larghe e case più grandi.
Passai accanto a un 'imponente castello, con lo stemma di due grifoni
rampanti scolpita sulla facciata, e a parecchie chiese di pietra, ma fu
l'insegna di una bottega in una via laterale a colpirmi più di ogni altra
cosa.
Una sirena su campo d'oro, circondata di simboli alchemici.
Proprio ciò che stavo cercando...
Stavo avviandomi in quella direzione quando fui quasi travolta da un uomo
di mezza età, alto e robusto, con un 'espressione accigliata sul volto
severo e squadrato.
Lo scartai per un pelo, investita dalla furia delle sue parole.
- Se li paghi da solo i suoi vizi! Io non sborserò più un soldo per quel
degenerato!
Mi hai capito, nemmeno un soldo!-
L'uomo era paonazzo per la rabbia, e stava uscendo dal negozio di un
sarto.
Evidentemente non si era accorto che lo avevo evitato, poiché si voltò
verso di me, chinando brevemente la testa.
- Perdonatemi, signorina- Si scusò rapidamente.- ero così arrabbiato che
non vi nemmeno vista.-
Io annuii, sperando che fosse ciò che dovevo fare, ma l'uomo non mi
rivolse molta attenzione, perché un altro, forse il sarto, era sbucato
dalla bottega, afferrandogli un braccio.
Io rimasi immobile.
C'era un non so che nel volto di quell'uomo... non un tratto, o una
somiglianza, ma qualcosa che mi apparve stranamente familiare...
- Ma master. Malahide, è vostro figlio!- Lo implorò il sarto.- se non paga
i suoi debiti verrà arrestato...-
- Che lo arrestino allora! Non mi riguarda!
Non ho lavorato una vita per farmi dissanguare da lui!
Che vadano! Lo troveranno di certo in un bordello!-
- Master Malahide, ragionate...-
- Taci, Beckett!- Lo interruppe bruscamente l'uomo.- Tu sei colpevole
esattamente quanto lui!
Sai bene cosa penso, non avresti mai dovuto frali credito!
Per quel che mi riguarda io ho chiuso con lui!
Liam dovrà imparare a tirarsi da solo fuori dai guai!-
Liam... Liam...
Mi appoggiai al muro, con l'impressione che le gambe non mi reggessero
più.
Non era possibile.
Malahide... Liam...
A Galway... nel 1753.
D'un tratto, quel ricordo, quel frammento di memoria che mancava, tornò. E
il quadro fu completo.
Il 1753 era l'anno in cui Angel era stato vampirizzato.
In cui Liam Malahide si era trasformato in Angelus.
Mi gettai letteralmente sull'uomo, che stava già andandosene.
Senza pensare.
Senza nemmeno considerare quel che stavo facendo.
Improvviasamente dimentica di tutto... della bottega dell'alchimista, del
mio desiderio di tornare a casa... di qualsiasi cosa che non fosse
l'incredibile scoperta che avevo appena fatto.
Giles avrebbe scosso la testa. Una Cacciatrice non avrebbe mai dovuto
seguire il suo cuore...
- Lei è il padre di Liam Malahide! -
Esclamai, afferrandolo.
Lui mi guardò, accigliato e chiaramente furioso.
- Giù le mani, ragazza!- Gridò quasi.- Io non ti conosco!-
- Ma io conosco suo figlio!- Insistetti.
- Il che non mi sorprende.- Replicò, riprendendo a camminare.- Mezza
popolazione femminile di Galway ha avuto a che fare con Liam, e non è
certo la metà delle donne oneste!-
- Mi ascolti- Riprovai, seguendolo.- ho assoluto bisogno di sapere dove si
trova adesso! -
- Non hai sentito, prima? In un qualunque postribolo del porto! Va a
cercarlo lì!-
Ma com' era possibile...
Come poteva quell'uomo arrogante, sgarbato, sgradevole, essere il padre di
Angel?
Del mio Angel...
- Io non so neanche dov'è il porto!- Gridai, esasperata.- mentre ho
bisogno di parlargli ora. Si tratta di una cosa di vitale importanza!-
- Pfhhh- Sbottò lui. - e quando non lo è!-
Io battei un piedi in terra, rabbiosamente, e lo afferrai di nuovo per il
braccio, bloccandolo e costringendolo a voltarsi. .
Vidi i suoi occhi sgranarsi per la sorpresa.
Evidentemente non si era aspettata tanta forza da una ragazzina vestita di
stracci e dalla dubbia reputazione.
- Piccola impudente- cominciò, ma io non lo lasciai finire.
Era furioso, ma mai quanto lo ero io.
E la mia rabbia aveva una storia molto, molto lunga.
- Sarà ucciso!- Gridai. - Una di queste sere sarà ammazzato come un cane e
lasciato in un vicolo, e poi... poi...- Mi bloccai, appena in tempo.
Non potevo continuare...
Perché non mi avrebbe mai creduto.
E perché era già abbastanza sconvolto.
Ogni traccia di colore era improvvisamente scomparsa dal suo volto, e
sembrava quasi che gli occhi stessero per schizzargli dalle orbite.
- Chi?- Ansimò, prendendomi a sua volta dalle spalle.
Mollato di scatto, il suo bastone da passeggio cadde in terra, battendo
cupamente sull' impugnatura d'argento.
- Chi vuole uccidere mio figlio?-
Io lo fissai.
Non sapevo cosa quell' uomo fosse o non fosse pronto ad ascoltare, e non
avevo molto tempo per capirlo.
Nonostante le parole adirate di poco prima, l'idea che qualcuno facesse
del male a suo figlio lo aveva terrorizzato...
Strinsi i denti.
Dietro di lui, il sole, implacabilmente, cadeva.
- Mi creda...- Mormorai.
Non potevo rischiare che mi prendesse per pazza... che decidesse di
mandarmi a qual paese e mi negasse il suo aiuto.
– So che vogliono ucciderlo. Non posso dirle di più, ma bisogna
assolutamente impedirgli di uscire con il buio...-
- Liam! - Esclamò lui, ridendo amaramente.- Ma se Liam non torna mai a
casa prima dell'alba... quando pure lo fa ...-
Si passò una mano sulla fronte, in un gesto che per un secondo mi fermò il
cuore nel petto.
Lo stesso gesto di Angel...
- Dio...- Mormorò. - potrebbe essere ovunque...-
- E noi lo cercheremo ovunque!- Dichiarai decisa.
Sperando con tutta me stessa che non fosse troppo tardi.
*****
Fino ad allora avevo creduto di conoscere la notte. Ma quella sera
compresi di non averla mai incontrata.
Avevo pensato che fosse buia e silenziosa, ma non sapevo nemmeno di cosa
stessi parlando.
Non sapevo cosa fosse il buio.
Le tenebra di una strada deserta in un mondo che non era il mio.
Un 'oscurità lontana da ogni immaginazione.
Lì, fra le strade di Galway, essa era densa , nera, assoluta, e le flebili
luci dei pochi lampioni e dei riflessi delle case sembravano spiriti
leggeri che cercavano invano di combattere qualcosa di molto più grande di
loro.
Niente lampadine dalla luce irreale, niente insegne al neon selle facciate
dei negozi, niente fari d'automobile...
E quel silenzio...
Un silenzio che non si lasciava sfilacciare fra rumori di clacson ed echi
lontani di musica, o programmi televisivi.
Così profondo che ogni passo risuonava come lo scoppio di una bomba, ed
ogni goccia d'acqua da una grondaia era un brivido di paura lungo tutta la
schiena.
Nonostante l'abitudine alle perlustrazioni e alla caccia, avevo i nervi a
fior di pelle percorrendo quelle vie spettrali, alla ricerca dell'uomo che
sarebbe stato Angel.
E ogni suono, ogni minimo movimento d'ombra fra le tenebre mi faceva
scattare come una molla impazzita, pronta a combattere, il lungo paletto
che mi ero rapidamente costruita stretto saldamente fra le mani.
Il padre di Angel mi guidava da taverna a taverna, da bordello a
bordello... freneticamente.
Non avevo mai saputo nulla di lui. Angel non me ne aveva mai parlato.
Solo che era molto ricco, appartenente ad una importante famiglia di
mercanti... che non andava d'accordo con suo figlio...
E che Angelus lo aveva massacrato, insieme al resto della sua famiglia.
Eppure, ora che tutto doveva ancora avvenire, la vittima cercava
febbrilmente il suo carnefice, e il padre il figlio che non aveva mai
saputo capire.
Forse non pensava alle loro dispute, in quel momento. Forse nemmeno le
ricordava più.
Sapeva solo che suo figlio era in pericolo, e questo bastava.
Nemmeno io pensavo.
Con il cuore che mi batteva a mille nel petto e nella gola, correvo
forsennatamente per quella città sconosciuta, assordata dal rumore dei
miei passi.
Incontrammo ubriachi, prostitute, delinquenti di ogni genere, ma sembrava
che di Angel non ci fosse traccia.
Che la notte lo avesse inghiottito.
E, forse, lo aveva fatto davvero.
Ma io non volevo neanche pensarci... non volevo che fosse così.
Continuammo camminare per ore, a chiedere per ore... con le risposte che
ci venivano date in un misto di Inglese e Gaelico che non riuscivo a
capire.
Però capivo l'espressione di Mr. Malahide, e la compresi anche quando gli
vidi trattenere il fiato, afferrare per la gola l'ennesimo oste.
- Dov'è? - esclamò, quasi ringhiando. - Dov'è andato?-
Quello sembrò spaventarsi moltissimo, e indicò il dedalo di strade buie
tutt' attorno a me.
- Era qui- Mi spiegò il padre di Angel dopo averlo liberato. - è uscito
con un amico, due minuti fa...-
Ci voltammo insieme, scrutando nella notte, e una terribile sensazione
trapassò il mio cuore.
Mi sembrava quasi di ripetere una scena già vissuta, o che, forse, mi era
stata raccontata...
- Dividiamoci- Ordinai- e se lo trova prima di me, mi lanci un grido.
Assolutamente.-
Lui mi fissò, sconcertato dalla decisione e dalla durezza delle parole di
questa strana ragazzina, ma non disse nulla, avviandosi da una parte con
il suo bastone stretto nel pugno come fosse un 'arma.
Io corsi nella direzione opposta, entrando in una strada deserta
fiancheggiata da case di pietra.
Non c'era neanche una lanterna a illuminarmi il cammino, tranne quella
della luna, e per un attimo, mentre voltavo un angolo, tutto mi sembrò
sospeso, come in attesa, in un luogo senza tempo ne spazio.
Come in un sogno.
O in un incubo.
Poi voltai di nuovo, e li vidi.
Angel.
E Darla.
Lui mi stava dando le spalle, e i suoi capelli erano diversi da quelli che
conoscevo, piuttosto lunghi e spettinati.
Ma ogni muscolo del suo corpo era marchiato dentro di me...
Lo avrei riconosciuto sempre... e ovunque.
Anche Darla era la stessa che ricordavo.
Quella contro cui avevo lottato, quella che aveva morso mia madre e che
Angel aveva ucciso.
E che poi era tornata per trasformare la sua vita in un incubo.
Era stretta a lui, i lunghi capelli biondi acconciati in una morbida
cascata di riccioli, e il volto... il volto era quello del suo demone...
Orribile, malvagio come la paura.
Con la bocca dischiusa e i denti che scintillavano, illuminati dalla luna.
Vicinissimi al collo di Angel.
Io gridai.
Gridai il suo nome con tutta la forza che avevo in corpo, e Darla mi
sentì, e sollevò gli occhi stupefatta.
Anche Angel cercò di voltarsi, ma prima che riuscisse a farlo, lei lo
spinse rudemente di lato, gettandolo in terra.
In quel tempo, Darla non mi aveva mai vista, eppure mi odiò all'istante,
come la odiai io.
Mi ringhiò contro come una belva, e io le risposi correndo verso di lei, e
colpendola con una calcio allo stomaco, e poi con un colpo al viso.
Un fioto di sangue le colò sul mento, e lei lo asciugò con la lingua,
passandosela poi sulle labbra in un modo perverso e sensuale.
- Una bambina che combatte come un guerriero- Ghignò.- se non sapessi che
è impossibile direi proprio che sei la Cacciatrice...-
-
- Per te , anche l'impossibile!- Risposi, soffocata dalla rabbia., e la
colpii un 'altra volta in faccia.
Darla ondeggiò all'indietro e io saltai, per arrivarle alla testa con un
altro calcio.
Ma la lunga gonna che indossavo mi bloccò all'improvviso le gambe, e io
caddi in terra,sbattendo con violenza la schiena.
Mi fu addosso in un secondo, le mani, che afferrai per un soffio, come
artigli verso la mia gola, il volto trasformato in un ghigno di rabbia.
Strinsi i denti, col suo peso che i schiacciava mozzandomi il respiro,
lottando disperatamente per tenere le sue dita lontane da me.
Bloccata in quella posizione, non c'era altro che potessi fare.
Non riuscivo a muovermi.
Ed erano quasi ventiquattro ore che non smettevo di combattere.
Con un terribile ruggito, Darla spinse un ginocchio contro il mio stomaco
e io ansimai, voltando la testa per impedire alle sue unghie, sempre più
vicine, di graffiarmi il viso.
Nel buio, poco distante da me e dalla mia battaglia, il figlio del signor
Malahide ci guardava, sorpreso e impaurito, schiacciato contro il muro di
una casa.
I suoi occhi erano quelli di Angel. La sua bocca, il naso, il suo corpo
erano quelli dell'uomo che amavo.
Ma lui non era ancora Angel.
C'erano orrore e paura nel suo sguardo, e io credetti davvero che
sarebbero state le ultime cose che avrei visto nella mia vita.
Perché Darla era troppo forte, e io davvero troppo stanca.
Poi, all'improvviso, qualcosa la colpì alla schiena, e lei scattò
all'indietro, ringhiando di nuovo. Con velocità impressionante rotolò sul
fianco e si rimise in piedi.
- Lascia stare mio figlio, mostro!- Gridò il padre di Angel, brandendo il
suo bastone contro di lei.
Io saltai in piedi a mia volta, ma esitai quando mi accorsi di avere perso
il mio paletto.
Lo cercai nel buoi per un attimo, e il mio errore costò un prezzo troppo
alto.
Vidi Darla scagliare l'uomo contro un muro, e poi afferrargli la testa,
sbattendola con violenza alla parete.
Una, due volte, prima che io potessi intervenire.
Senza fiato, raccolsi da terra il bastone del signor Malahide e lo usai
come una spada, passando Darla da parte a parte.
Un 'espressione di stupore si dipinse sul suo volto.
La stessa, identica espressione che aveva avuto quando Angel l'aveva
colpita.
Un attimo prima di trasformarsi in polvere.
Come ora.
E ancora una volta, come qual giorno, io rimasi immobile, quasi senza
respirare.
Finche il fiato non mi uscì dalla gola tutto insieme, in un sospiro
strozzato.
Ma allora Angel era la creatura tenebrosa, forte e malinconica che
conoscevo.
Ora era solo un ragazzo spaventato, che strisciò fino a me sulle
ginocchia, senza nemmeno riuscire ad alzarsi.
- Padre...- Mormorò. -padre...-
Mi superò come se non esistessi e si fermò accanto a lui, sollevandogli
dolcemente la testa.
Solo allora mi accorsi di quanto fosse grave.
E scorsi il sangue colare giù dalla parete alle sue spalle.
Lentamente, mi inginocchiai, incredula, premendomi una mano sulla bocca,
mentre Liam stringeva contro di se il corpo inerte di suo padre.
- Per favore...- Mormorava disperato.- per favole... no...-
Stava piangendo, e vederlo così devastato mi sconvolse fin dentro l'anima.
All'improvviso, il signor Malahide aprì leggermente gli occhi e lo fissò,
con un debolissimo sorriso sulle labbra.
- Non era vero... - Mormorò .- che sei solo una delusione ... non era ...
vero... io ...ti ho... io ti ho sempre... amato...-
Solo poche parole prima di spirare.
Per mano di Darla.
In un assurdo gioco ad incastro, il padre prendeva il posto del figlio.
E quella notte, infine, riceveva il suo tributo di sangue.
Lo stesso sangue.
Il sangue di Angel.
Eppure, Angel non esisteva ancora.
Nel buoi, Liam sollevò il capo verso il cielo, stringendo a se il corpo
senza vita di suo padre, e gridò.
E per un attimo, la sua voce fu quella del tormento che conoscevo così
bene.
L'urlo del dolore e del rimorso.
Strisciai fino a lui, senza riuscire a trattenere le lacrime, e lo
abbracciai.
Lo tenni stretto come un bambino disperato, come infinite volte aveva
fatto lui.
Non mi aveva mai vista, eppure aveva bisogno di me.
Quanto, forse, Angel non aveva mai avuto.
*****
Nei tre giorni successivi non pensai a tornare a casa.
Tutto fu così frenetico, vorticoso, che quasi non ne ebbi il tempo .
Dovetti adattarmi alla vita in un ' epoca storica che non era la mia, e
fingere di trovarmi a mio agio, come se ci fossi nata.
Per stare accanto a Liam.
Non più Angel, Liam.
Fu difficile pensare a lui in questo modo, e ancora non avevo idea di
quanto nel futuro quel nome che tanto amavo sarebbe diventato per me fonte
di incertezza e confusione.
Ma non avevo scelta.
Lui non era Angel.
Non era l'uomo che occupava il mio cuore.
Era un ragazzo viziato e insoddisfatto, a cui un padre troppo possessivo
aveva sempre impedito di vivere, di osare, e che non aveva mai avuto il
coraggio di farli da solo.
Scaricando ogni responsabilità su di lui, come 'era più facile fare, e
passando da un piacere all'altro, per noia e per dispetto. Per punire lui,
quando invece chi davvero voleva punire era solo se stesso.
Pr la sua debolezza.
Per il modo in cui consentiva a qualcun altro di dirigere la sua vita
senza avere il coraggio di fare nulla di costruttivo per cambiarla.
E che ora non solo aveva perso il suo capro espiatorio, ma aveva scoperto
che il padre con cui si era sempre scontrato lo aveva amato al punto da
sacrificare per lui la sua stessa vita.
Guardando per la prima volta negli occhi rimorsi e rimpianti terribili
come quelli di Angel, che, ora dopo ora, divoravano la sua preziosa anima.
Liam era distrutto da ciò che era successo.
Annientato.
E il dolore e il senso di colpa avevano spazzato via la paura e la
sorpresa normali in un uomo che all'improvviso si trovi di fronte alla
notte e alle sue creature.
O a cui venga raccontata una storia assurda come la mia.
Chiunque altro non mi avrebbe creduto, o, se lo avesse fatto, sarebbe
stato sconvolto da quel che gli dissi..
Lui invece si limitò a fissarmi, seduto davanti al caminetto della sua
stanza, i gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani.
I suoi bellissimo occhi gonfi e cerchiati di rosso, che ogni volta che li
guardavo mi ferivano il cuore.
- Tu mi hai salvato la vita...- Mormorò, dopo che ebbi finito, mentre già
mi chiedevo perché mai gli avessi detto tutto.Forse perché quegli occhi
erano pur sempre gli occhi di Angel.E io avrei fatto qualunque cosa per
loro. - E io non so nemmeno il tuo nome...-
Gli avevo detto chi ero.
Gli avevo rivelato i miei segreti.
Ma di fronte a quella domanda, qualcosa, dentro di me, si incrnò.
Lui non mi conosceva...
E non sapeva quanto amavo il suo volto.
Il nome Buffy non avrebbe avuto senso per lui.
E io non avrei sopportato i sentirglielo dire...
- Angel...- Mormorai, attaccandomi a quella bugia infantile come se avesse
il potere di rendere tutto meno duro.- il mio nome è... Angel... -
-
Avevo detto il primo nome che mi era passato per la mente, quello che
riempiva tutto il mio cuore, e ora abbassai gli occhi, vergognandomi di me
stessa.
- Angel...- Mormorò lui lentamente.
E io fui di nuovo lì... in un vicolo di Sunnydale, con la musica del
Bronze nelle orecchie e il cuore che mi batteva forte, mentre Angel, per
la prima volta, mi diceva il suo nome.
Liam allungò una mano e mi sfiorò il polso con le sue dita lunghe e
sottili.
- Ho paura, Angel...- Mormorò.- mi sembra di impazzire...-
Io singhiozzai, e lo abbracciai di nuovo.
*****
Rivolevo il mio Angel.
Con una forza che la rabbia e il dispetto nei suoi confronti mi avevano
sempre imposto di nascondere. Persino a me stessa.
E quando il frastuono e la confusione seguiti all' assassinio del signor
Malahide si furono placati, e Liam mi sembrò più tranquillo, questo
desiderio mi espose nel cuore come una stella che nasce.
Senza contare che mentre io ero bloccata nel 1753 i miei amici, a
Sunnydale, erano in balia di qualunque entità maligna si fosse alzata con
il piede sbagliato.
Che dopo tre giorni nel diciottesimo secolo non riuscivo più a sopportare
di restarci nemmeno per un altro secondo... e che Liam rischiava di
legarsi troppo a me.
Mi sarebbe andata bene qualunque cosa pur di tornare a casa... un vecchio
libro di magia smarrito in soffitta, una strega a mezzo servizio, persino
un demone pentito o una...
- Principessa celtica?-
- Si- Rispose Liam, passandosi una mano in quei capelli che non mi sapevo
abituare a vedere così lunghi.- ma io non ho mai creduto che esista
davvero.
E ' una specie di mito... una favola che le madri raccontano ai figli per
farli addormentare...-
- Bè, se c'è una cosa che ho imparato in questi anni è che a volte i miti
contengono molta più verità di qualsiasi libro di scienza.-
Liam scosse le spalle, e di malavoglia mi raccontò la storia della
principessa dell'antico popolo celtico, che viveva sulla costa dell'isola
di Inishmore, nelle Aran, conservando dentro di se tutto il sapere degli
antichi druidi.
- Dicono che sia vecchia come il mondo.
E' stata identificata una volta con una donna, un 'altra con una vecchia ,
un 'altra ancora con una bambina di pochi anni... ma la verità è che
nessuno è mai stato sicuro di averla realmente veduta... probabilmente
perché non esiste affatto...-
Probabilmente non esiste affatto... Magari tutte le mie ricerche fossero
partite da un dato così certo...
Lui non credette alle sue orecchia quando gli dissi che ci sarei andata.
Nonostante tutto ciò che aveva visto, nonostante quello che gli avevo
raccontato, era ancora un uomo nato in un secolo in cui una donna molto
difficilmente avrebbe anche solo pensato di affrontare un viaggio simile
da sola.
E c' era qualcos' altro.
Quella specie di paura, di smarrimento che gli passò negli occhi quando
capì che facevo sul serio.
- Ma è ... assurdo!- Potrebbero esserci altri vampiri in giro, e anche se
tu sei la... Cacciatrice... non sai niente di questa terra... E' troppo
pericoloso.-
- Dici? Bè, ho sempre amato le sfide!-
- E per cosa? Per inseguire un mito, una leggenda, per tornare in un posto
dove magari ti hanno già dimenticata...-
Scossi una mano.
- Ma no! Io sono indimenticabile! Come il veleno. Chi mi prova non mi
scorda più.. sempre che riesca a sopravvivere...-
- No!- Esclamò lui, afferrandomi.- io non voglio che tu te ne vada!-
Io lo fissai negli occhi.
Mi sarei arrabbiata, sarei stata furiosa se non avessi imparato, in quei
tee giorni, quanta insicurezza nascondessero la sua prepotenza e la sua
rabbia contro il mondo. E se non fosse stato così simile ad Angel.
- Io voglio tornare a casa... -. Mormorai, decisa.- Dai miei amici. E
dall'uomo che amo...-
Lui mi lasciò, il volto percorso da quell'espressione cupa e ferita che
conoscevo tanto bene.
- Senza di te, ricomincerà tutto da capo, e la mia vita sarà di nuovo
vuota, e inutile...
nel giro di un anno mi sarò giocato tutto... questo... - Terminò,
indicando con le braccia la sua grande casa in stile Tudor.
- Il tuo futuro sarà quello che vorrai- Risposi io, leggermente irritata.-
in questa vita tu sei libero... hai una possibilità che altri non hanno
avuto, e l'hai pagata col sangue.
Hai una madre, una sorella, una bella casa... tante cose per cui vivere.
E se per un solo momento hai amato tuo padre non puoi permettere che il
suo sacrificio diventi inutile.-
Lui mi fissò, e forse si chiedeva come facessi a conoscerlo così bene, a
sapere quali corde tirare per mettere in moto il meccanismo del suo cuore.
Da molti anni avevo imparato che un richiamo alla coscienza era in
assoluto il miglior deterrente al mondo per la creatura che qual ragazzo
avrebbe potuto diventare.
E speravo che fosse così anche ora ...
*****
Naturalmente, la principessa Morgan Slieve Droghièda esisteva davvero, e
viveva presso un luogo chiamato Na Seacht d' Teampaill, sulla costa
dell'isola di Inishmore.
Ci mettemmo quasi un giorno a trovarla, e quando accadde neanche Liam, che
aveva insistito per accompagnarmi, mi parve poi tanto stupito. Segno che
le sue parole erano state più tese a far desistere me che dettate da reale
convinzione.
E, del resto, ciò che gli era accaduto negli ultimi giorni avrebbe aperto
la mente di chiunque...
Ciò che invece colpì entrambi fu ritrovarci davanti non una tetra megera
in una caverna tappezzata di ragnatele e ali di pipistrello, ma una
ragazza pressappoco della mia età, con lunghi capelli rossi, occhi chiari
e una montagna di lentiggini, che spazzava il viale di un minuscolo
cottage con il tetto di paglia, l'unica casa nei dintorni brulli delle "
Sette Chiese".
Aveva il volto saggio di una donna, nonostante la sua giovane età, e ci
accolse come se ci avesse visto arrivare, rivelandoci ella stessa la sua
identità.
Forse per questo nessuno l'aveva mai incontrata... perché nessuno si era
mai aspettato che fosse... così...
Fra le altre cose, parlava solo ed esclusivamente Gaelico, con buona pace
dei dominatori inglesi che ne avevano proibito l'uso, e di cui lei non
sembrava affatto preoccuparsi.
Il che mi riconciliò con l'idea di aver permesso a Liam si seguirmi, anche
se , con le sue attuali capacità, era ridicolo anche solo pensare che
potessi aver bisogno di lui.
Almeno, non per difesa.
Angel non era mai stato intonato, eppure le parole di Liam in quella
lingua antica suonavano come una canzone, una nenia malinconica e
frusciante come lo scorrere di un fiume, a cui la giovane principessa
rispondeva a frasi rapide e dolci.
Il canto di un uccello intrappolato nel corpo di una donna, che mi accese
per un attimo dentro una gelosia sciocca ed infantile.
- Dice che conosce la creatura che ti ha condotto qui- Tradusse
velocemente Liam.- anche se il nome che la sua gente gli ha dato è diverso
terribile a sentirsi...-
- Fantastico!- Esclami io.- chiedile qual è il modo per tornare a casa.
Magari potrebbe consultare una pergamena, o chiamare in suo aiuto uno
spiritello vagante!-
Di nuovo, Liam tradusse, e la ragazza sorrise con dolcezza.
- Non le servono pergamene.
Da secoli, nella sua famiglia, le arti magiche si tramandano di madre in
figlia, oralmente o con l'aiuto del... aspetta... del soffio delle
anime... -
- Bè, ancora meglio! Allora lo saprà a memoria qual è il trucchetto per
rispedirmi nel mio tempo!-
La principessa agitò rapidamente le mani, passando gli occhi da me a Liam.
- Esistono molti modi per... aprire una porta tra i mondi, tutti
pericolosi e tutti proibit dalle antiche leggi. Ma se tu vuoi tornare a
ciò che hai lasciato... al tuo futuro... al tuo... fiume del tempo...
allora devi usare la stessa porta che ti ha condotto qui...
- Ma quella porta non esiste più- Esclami io.- ... è sparita quando sono
arrivata. E Jishmen è morto...-
Morgan scosse la testa, un 'espressione preoccupata sul volto bellissimo.
- La porta era la creatura stessa che tu chiami Jishmen.
Nella sua natura era il potere di aprirla.E se tu vuoi evocare di nuovo
quell'identica porta c' è bisogno di colui che lo ha già fatto.Della
creatura , o almeno di una parte del tuo corpo... anche il più piccolo, il
più minuscolo frammento, perché in ognuna delle sue parti è racchiuso
tutto il suo potere.-
- Ma non c'è ! - Scattai io, piena di rabbia e frustrazione.- non è
rimasto nulla di qual bastardo schifoso! Nulla!-
Mi alzai, e senza dire un parola lasciai il cottage, sbattendomi
violentemente la porta alle spalle.
Non era possibile... non potevo essere bloccata lì... non potevo aver
distrutto con le mie mani l'unica via d'uscita...
Cercai di non perdere la calma, o almeno di non perderla del tutto...
Un passo alla volta, avrebbe detto Giles... ma se la principessa aveva
ragione non c'era un altro passo da fare... non c'era più niente da
fare...
- Angel ...- Mormorò Liam, avvicinandosi alle mie spalle. - resta insieme
a me...-
Sentii le sue braccia circondarmi la vita, e per un attimo trattenni il
respiro.
Conoscevo quelle braccia, qual modo di accarezzare, quello strano languore
per tutto il corpo, come fuoco liquido dentro di me...
Avevo sognato quelle braccia e sarebbe stato così facile perdermi in esse,
molto più facile che oppormi al loro incanto.
Lui mi fece voltare, e lentamente mi sfiorò le labbra con un bacio...
molto lentamente, come in una insopportabile tortura...
- No...- Mormorai, puntandogli le mani sul petto.- io devo tornare a
casa...
Questo... questo non è il mio posto...-
Lui sospirò, appoggiando la sua fronte alla mia.
- Lo ami tanto... - Domandò.- L'uomo che hai lasciato là?-
- No si tratta solo di questo...-
- Lo ami tanto?-
Io mi strinsi a lui, e per un attimo mi lasciai andare.
- Più della mia stessa vita...-
Liam sospirò, allontanandosi lentamente da me.
- Allora torna da lui... torna da quelli che ti aspettano...-
- Ma l'hai sentita? La porta non può essere aperta... non senza una parte
del corpo di Jishmen...-
Liam esitò, come se non fosse certo se parlare o no.
- Tu ce l'hai ... - Mormorò infine.- qui... - E delicatamente mi scoprì il
braccio, sfiorandomi l'enorme, orribile bruciatura.
Io la fissai.
Era vero... l'acido di Jishmen era penetrato in me... sotto la mia
pelle... piccolissimi frammenti di ciò che lui era stato...
Sorrisi, a Liam e a me stessa, ma il suo sguardo ora era pieno di
tristezza.
Avrebbe potuto non dirmi niente.
Io non ci avevo fatto caso, e probabilmente non lo avrei mai fatto...
Ora più che mai, nel suo volto, rividi quello di Angel.
Forse, il ragazzo cominciava a crescere.
*****
- Ci sono uomini e donne- Tradusse lentamente Liam.- che sono in grado di
amare una sola volta nella loro vita.E uomini e donne capaci di amare più
volte.
Nessuno può' dire quale sia, fra questi , il sentimento più puro... e
nessuno può dire chi fra loro possa essere più felice...-
Per un attimo, la principessa Morgan Slieve Droghièda si interruppe,
fissandoci entrambi.Poi fece cenno a Liam di uscire dal cerchio magico che
aveva composto sull'erba della grande scogliera e a me di tendere il
braccio in avanti, verso di lui.
- Quello che conte è riconoscere l'amore, e andargli incontro.
Quello che conta è non sprecare l'amore, perché potrebbe sparire in un
momento, e godere dei doni che ci fa...-
Non so se le parole che seguirono potessero o non potessero essere
tradotte, ma Liam non lo fece, limitandosi a guardarmi in silenzio, col
vento caldo del mare nei capelli scomposti.
E mente l'antica formula si perdeva lontana, fuggendo oltre le onde
all'orizzonte, all'improvviso, compresi il dono che lui mi aveva fatto,
regalandomi l'immagine di Angel illuminata dalla luce del sole.
Quel volto serio, intenso, di cui conoscevo ogni tratto, fu l'ultima cosa
che vidi, prima che la terra sotto i miei piedi si aprisse e io cadessi
verso il basso, riattraversando di nuovo la porta.
Questa volta, l'atterraggio mi riuscì meno bene.
Come una novellina, inciampai e rotolai per terra, finendo a pancia in
giù, con la testa fra le braccia.
L'odore di sangue, e il lezzo nauseante lasciato da Jishmen mi
confermarono immediatamente che ero davvero tornata.
Poi, vene la voce di Willow.
La mia dolce, tenera Willow, che mi prese le spalle stringendole piano.
. Buffy, Buffy, stai bene?-
Io ansimai, rivoltandomi sulla schiena e aprendo gli occhi.
- Mai stata meglio, e mai così felice di essere qui... e di esserci
adesso...-
Willow mi accarezzo la fronte, inginocchiandosi al mio fianco.
- Hai trovato Jishmen?- Mormorò a fior di labbra.
- Trovato e fatto a pezzettini.
Letteralmente.
Oh, Will, quando ti dirò tutto non crederai ad una sola parola...-
Ma voi eravate preoccupati? Sono stata via molto?-
- Pochissimo- Rispose la voce di Cordelia, da un punto imprecisato alla
mia destra.- non ce ne siamo nemmeno accorti.
Sei entrata in un buco ed uscita dall'altro... neanche un secondo...-
Neanche un secondo... per vivere tutto ciò che avevo vissuto... e per
capire tutto ciò che avevo capito...
Mi alzai con un balzo.
Mi ero aspettata di sentire subito la voce di Angel, ma probabilmente era
rimasto senza parole vedendomi tornare così in fretta.
Aveva un 'espressione così angosciata mentre tendeva verso di me la sua
mano, implorandomi con gli occhi di non andare... e invece...
Invece era stata la cosa migliore che potesse accadermi.
Perché ora non potevo più ingannare me stessa. Non potevo più negare il
mio amore per lui.
Sorridendo, corsi con gli occhi nel punto in cui lo avevo lasciato.
Ma lui non c'era.
Naturalmente potevo sbagliarmi... dopotutto, almeno per me, erano passati
più giorni ...
Mi voltai, esaminando ciò che restava del vecchio Luna Park abbandonato,
completamente distrutto dalla furia di Jishmen.
Le strutture crollate, i cavalli di legno spaccati e i loro frammento
dispersi in terra... tutto era pressoché identico a come lo ricordavo.
Dietro di me, ai piedi di una staccionata, Xander era ancora svenuto e
Cordelia era china su di lui.Più lontano, due ragazzi che non conoscevo, e
che forse erano stati attratti dal frastuono e coinvolti senza che nemmeno
me ne accorgessi, tentavano di mettersi in piedi.
Ma neanche una traccia di Angel.
Sembrava... sparito...
Il cuore iniziò a battermi più forte, mentre un' orribile sensazione di
angoscia cominciava a impadronirsi di me.
- Will... - Ansimai.- dov' è Angel?-
Willow aggrottò la fronte, alzandosi in piedi.
- Non capisco- Mormorò.- chi è Angel?-
*****
Non c'era più.
Angel, il mio Angel non c'era più.
Non c'era mai stato.
Non era mai nato in una scura notte irlandese, fra i vicoli di un 'antica
città, figlio della leggerezza di un uomo e della lussuria di una donna.
Quella notte un altro sangue era stato versato, e Angelus non aveva mai
preso possesso di lui.
Cambiando quel che era stato, accecata dal mio amore, avevo cambiato anche
ciò che era, e adesso la realtà a cui avevo tanto desiderato tornare era
un mondo che io non conoscevo affatto.
Un mondo senza Angel.
- Come chi è Angel!- Esclamai, fissando Willow.- Il mio Angel!
Era... era qui un attimo fa, e ora...
Ma ... Willow... i tuoi... capelli...-
Lei si toccò la testa, fissandomi piena di stupore.
Presa dal mio successo, sicura di essere tornata, non l'avevo nemmeno
guardata bene, e solo ora mi accorgevo che quella non era la Willow che
ricordavo.
Lo stesso volto, certo, gli stessi occhi, la stessa espressione ferma e
innocente insieme...
Ma la lucida tuta nera che indossava non era certo nel suo stile, e i suoi
capelli erano una serica massa color mogano, che le copriva completamente
la schiena.
Era sporca e provata dalla battaglia, ma non avevo mai visto sul suo volto
un 'espressione tanto sicura.
- Buffy- mormorò.- sei certa di stare bene?-
Io annuii lentamente, guardandomi intorno, il cervello soffocato da una
nebbia che mi impediva di capire.
Solo allora notai che i due ragazzi sconosciuti indossavano la stessa tuta
di Willow, come pure Xander, che finalmente ricominciava a muoversi.
Solo Cordelia sembrava quella di sempre...
Cercai con gli Spike, ma non riuscii a trovare nemmeno lui...
Ne Anya...
Ne Giles...
Senza fiato, mi portai istintivamente una mano alla bocca.
- Will... - mormorai piano.- e Giles...-
La mia amica mi accarezzo dolcemente una guancia, un 'espressione
preoccupata sul volto da bambina.
- Buffy, lo sai... Giles non doveva essere coinvolto... eravamo tutti
d'accordo...-
Io mi divincolai dalla sua stretta, scostandomi da lei.
La parte di verità intuita in qui primi momenti mi aveva sconvolta,
riempiendomi di una paura e una confusione che non potevo a controllare.
Riuscivo solo a pensare che se Giles c'era ancora, mi avrebbe aiutata...
Mi avrebbe ascoltata, mi avrebbe capita, avrebbe trovato un modo per
rassicurarmi, per allontanare da me quell'angoscia terribile ...
Indietreggiai. Come se le vista di Willow, della nuova Willow, potesse
farmi del male. E quando finalmente mi voltai sobbalzai per la sorpresa,
trovandomi di fronte Cordelia.
- Buffy...- Mormorò, fissandomi turbata.- ma che cos' hai? Che cosa ti è
successo?-
Era in piedi davanti a me, bellissima come sempre, e meno sconvolta dalla
lotta con Jishmen di quanto non ricordassi.
Allacciato alla sua mano, con una guancia premuta alla sua coscia, c'era
un bambino di circa due anni.
Un bambino che non avevo mai visto, con lunghi capelli e neri e degli
occhi incredibili, enormi e di un azzurro chiarissimo.
Che sembravano scrutarmi nell'anima.
Allora non potevo sapere quanto vicina fossi alla verità...
- Non avere paura... - Mormorò all'improvviso, mentre Cordelia chinava gli
occhi a guardarlo.- non c'è niente di cui avere paura...-
Le sue parole mi scesero fino al cuore, e, mentre un groppo mi saliva in
gola, scappai via.
Superai Cordelia e il bambino, lasciandomi alle spalle il vecchio Luna
Park, l'odore nauseante dello scontro con Jishmen e quelli che erano i
miei amici, ma che io non conoscevo più.
Corsi lontano, più veloce che potevo, senza mai fermarmi.
Senza respirare.
Attraversando le vie della città , mentre i polmoni mi scoppiavano nel
petto.
Con il vento che mi frustava il viso.
Strada dopo strada, casa dopo casa.
Sempre più forte.
Fino a che quasi non mi scontrai con la porta di Giles.
Bussai con entrambe le mani, come una pazza, e quando lui venne ad aprire
mi fissò come se lo fossi davvero.
Era senza occhiali, i capelli leggermente scompigliati, e dava l'idea di
essersi vestito in fretta e furia solo per venire ad aprire.
- Buffy!- Esclamò imbarazzato, abbottonandosi in fretta la camicia.- che
cosa è successo?-
Io mi precipitai dentro, con le mani fra i capelli, senza far caso
all'espressione del suo viso.
- Oh, Giles, mi sembra di impazzire! Dovevo assolutamente parlare con
qualcuno!-
Lui sollevò le sopracciglia, lanciando uno sguardo al piano di sopra.
- Va... va bene... - Mormorò, indicando il divano.- siediti...-
Esausta, mi lasciai cadere fra i cuscini, scuotendo senza motivo la testa.
- ... è ... cominciato tutto con Jishmen...-
- Jishmen!- Esclamò lui. - Mi avevi detto che ci eravamo sbagliati, che
non si trattava di Jishmen!-
Io sgranai gli occhi.
Evidentemente mi mancava un pezzo...
L'espressione di Giles era passata da stupita a furibonda, e io mi sentivo
sempre più confusa. Non avevo la minima idea di cosa dire, ma un attimo
dopo avevo già scordato tutto, distratta dal suono di una voce di donna.
Una voce che mi graffiò il cuore, riportandomi indietro.
- Rupert... tesoro...- Chiamò, da un punto sopra la mia testa- Chi era?-
Io sollevai gli occhi.
E la vidi.
In piedi, sul pianerottolo della camera da letto, dopo quattro anni da che
Angelus l'aveva uccisa, c'era Jenny Calendar.
*****
Indossava una corta vestaglia color sabbia, e mi guardò con la stessa
espressione imbarazzata di Giles pochi minuti prima.
- Buffy!- Esclamò, scendendo le scale. - Hai un aspetto orribile!
Rupert, per favore, valle a prendere un po' d'acqua...-
Io la guardavo avvicinarsi, e non riuscivo a credere ai miei occhi...
Jenny Calendar...il grande amore di Giles e il grande peccato di Angelus.
Che più di ogni altra cosa aveva condannato Angel al dolore e alla
solitudine.
Senza neanche che me ne accorgessi, gli occhi mi si riempirono di lacrime.
- Buffy... - Mormorò, sedendomi accanto e porgendomi l'acqua.- sembra che
tu abbia appena visto un fantasma...-
Di fianco a noi, Giles si passò una mano sulla fronte, prendendo il
telefono.
- Io chiamo Willow, Ana. Da che sono il suo Osservatore non l'ho mai vista
così in confusione.
Lei annuì.
Ana...
Non dissi una parola, per la paura di inciampare in un altro errore.
Io... l'avrei chiamata Jenny.
*****
Tutto il mio mondo era sconvolto.
Ed ero io ad averlo cambiato.
Uccidendo Darla
.
Impedendole di mordere Liam.
Quell'unico gesto aveva mutato innumerevoli volte il corso del tempo, in
un intrecciarsi di vite ed eventi, e in un modo che io ancora non potevo
immaginare.
Avevo appena cominciato a rendermi conto di quel che era successo, e non
vedevo che la punta dell'iceberg.
Bianca, scintillante alla luce del sole, mi abbagliava e mi confondeva
sempre di più.
Ed attraverso il ghiaccio trasparente vedevo il volto di Jenny, e i
cambiamenti di Willow, e l'assenza di Angel... senza riuscire a scorgere
ciò che si nascondeva oltre il pelo dell'acqua.
Mi ci sono voluti anni per comprendere la maggior parte dei cambiamenti.
Per smettere di chiedermi dove fosse finita l'altra Buffy.
La Buffy a cui apparteneva quel passato, che era tornata indietro come
me... e che forse adesso era confusa, e incerta, proprio come lo ero io...
Per abituarmi a questo nuovo mondo.
Anni in cui ho sempre mentito.
A tutti coloro che conosco e che amo.
E a cui non sono mai riuscita adire la verità.
A cui non posso dire la verità.
Me ne resi conto per la prima volta proprio quella sera, a casa di Giles,
quando i miei amici arrivarono di corsa invadendogli il soggiorno,
preoccupatissimi per me.
Giles, che in questa realtà era ancora il mio Osservatore, era quello più
in pena.
E il più arrabbiato.
Dalle parole degli altri scoprii che negli ultimi tempi gli avevamo tutti
mentito, facendogli credere di aver fatto un errore nell'identificare in
Jishmen la misteriosa creatura che aveva già fatto parecchie vittime.
Credendo di potercela cavare da soli.
Si era appena sposato, e non volevamo rovinargli la luna di miele...
La sposa, naturalmente, era lei, Ana, che non sarebbe mai stata Jenny
Calendar.
Quella Jenny che discendeva da una tribù zingara a cui cento anni prima
Angelus aveva ucciso una figlia, e che per questo lo aveva maledetto,
rendendogli l'anima.
Nata per controllare Angel, per vigilare sul vampiro e sulla precarietà
della sua condizione di semi- umano.
Ma nel mondo in cui ero tornata Angelus non c'era mai stato... e la tribù
di Ana, libera dal veleno della vendetta, si era dedicata a conservare le
proprie antiche tradizioni.
Non era stato Angel a portarla a Sunnydale, ma la sua passione per le
tradizioni popolari, il misticismo e l' occultismo in genere.
Cercava le leggende sulla Bocca dell'inferno... e aveva trovato Giles.
Nella biblioteca del liceo di Sunnydale, dove lo avevo conosciuto anch'io.
E per lui era rimasta molto più di quanto non avesse programmato.
Invischiandosi in tutta una serie di eventi che sarebbe stata assurda in
ogni altra parte del mondo che non si fosse chiamata Sunnydale.
E sposando il mio amico, il mio Osservatore.
Io, in quella cerimonia, ero stata una delle damigelle, insieme con
Willow... eppure non me ne ricordavo affatto. Non sapevo nulla di quello
che avrebbe dovuto essere il mio passato.
Perché nella mia memoria ce n'era un altro...
Assolutamente incompatibile con quello dei miei amici.
Come compresi quando Giles si allungò verso di me, guardandomi negli
occhi.
Avevano appena cercato di spiegarli ciò che era accaduto.
Molto, molto cautamente... perché questo Giles, nonostante le apparenze,
era ancora più attivo del mio...
- Buffy... - Mormorò, fissandomi intensamente.- durante il tuo viaggio nel
passato hai forse ... fatto qualcosa o... commesso qualche errore
involontario che possa aver influenzato il corso del tempo?-
Io lo guardai a mia volta.
E guardai Ana.
Che cosa potevo dirgli?
Che sua moglie era stata ammazzata dal vampiro che era anche l'uomo che
amavo, e lasciata nel suo letto?
Che aveva sofferto disperatamente, e non si era mai ripreso?
Che non aveva mai più amato qualcuno come aveva amato lei?
Ora.
A due giorni dal suo matrimonio...
- No.- Mormorai.- niente.-
E, per proteggerlo, cominciai ad ingannarlo..
Seduto davanti a me, il bambino dagli occhi azzurri mi fissava.
Lui sapeva che stavo mentendo.
*****
Non fu difficile convincere gli altri che quel viaggio, quel paradosso in
cui mi ero trovata, mi aveva in parte sconvolto la memoria, confondendo e
cancellando i miei ricordi.
In realtà, ero io il paradosso.
Il punto di unione fra due rette parallele.
Fra due linee temporali.
Due fiumi del tempo, come aveva detto la principessa Morgan Slieve
Droghièda.
Due fiumi che avrebbero potuto travolgermi se non ci fosse stato l'attacco
di una pericolosissima triade di vampiri a distrarmi, e a rigettarmi nella
mia routine di Cacciatrice.
Così intensa e frenetica in quel periodo da impedirmi di pensare troppo.
Poi, arrivò l'istinto di sopravvivenza.
E la mia reazione.
Qualunque cosa fosse accaduta, qualunque fosse il passato che ricordavo,
quello era il mio presente. Solo questo doveva contare.
Era la mia vita.
E Buffy Summers non era tipo da abbandonarsi alla depressione.
Anche se era difficile abituarsi a tutti quei cambiamenti.
E all'idea che Angel non esistesse più.
Non che fosse lontano.. non che se ne fosse andato per il mio bene, ma che
non esistesse.
Che se anche avessi desiderato rivederlo non avrei mai potuto farlo.
Era atroce.
Pensare a come lo avevo trattato, a quello che non gli avevo mai detto, e
a quanto avevo desiderato tornare al mio presente... Per lui...
riproponendomi di cambiare le cose, di cercare una soluzione che ci
consentisse di stare insieme. Perché lo amavo, e non gli avrei più
permesso di escludermi dalla sua vita.
E invece lo avevo perso... lo avevo perso per sempre... proprio come aveva
detto Morgan prima di rimandarmi a casa...
Avevo sprecato il mio amore, senza capire che sarebbe bastato un secondo
perché scomparisse dalla mia vita.
E adesso, nessuno poteva consolarmi.
Perché nessuno sapeva...
*****
Ci misi mesi a ricostruire ciò che era successo. Cercando, riunendo i
pezzi del mosaico in modo morboso e terapeutico insieme.
Sola.
Senza Angelus e Darla a seminare il terrore nel vecchio e nel nuovo mondo,
diffondendo ovunque il loro morbo, il numero dei vampiri era cresciuto in
modo immensamente più lento, e ciò aveva rallentato, fra le altre cose, la
liberazione del Maestro, ancora in vita e intrappolato da settant' anni
nelle viscere di Sunnydale.
Intralciato nei suoi piani distruttivi da una Cacciatrice, ossia io, non
più affiancata solo da amici fidati e volenterosi, ma da una vera squadra
di appoggio alla lotta contro i vampiri.
Le " Ali dell'eletta".
Xander, Willow, e i due ragazzi che avevo visto la prima volta al vecchio
Luna Park, Marck e David, erano fra i giovani che lo stesso Giles, al suo
arrivo a Sunnydale, aveva cominciato ad addestrare, per consentir loro di
sfruttare al meglio le proprie abilità, secondo le nuove regole del "
Consesso degli Osservatori", un 'altra novità a cui avrei dovuto
abituarmi.
Willow era una strega di altissimo livello, specializzata in incantesimi
di dislocazione ed illusione, il capo carismatico del gruppo ed una delle
ragazze più in vista della città.
Gli insegnamenti di Giles non l'avevano soltanto aiutata a sviluppare i
suoi poteri, ma l'avevano trasformata in una giovane donna matura e molto
sicura di se, pur conservando quella dolcezza e quella sensibilità che
tanto avevo amato.
Mi fu molto vicina in qual primo periodo...
Per assurdo, proprio Xander, che nella mia realtà aveva fatto tanto amale
con la sua iniziale indifferenza alla mia piccola, innocente amica, in
questa era follemente innamorato della bella strega dai capelli rossi.
E lei, naturalmente, non lo era...
Nel momento in cui la bambina si era trasformata in una donna affascinate,
il suo amore per il compagno di giochi si era esaurito, lasciando il posto
ad una grande tenerezza.
Anche la mia famiglia era diversa.
Senza Angelus, neanche Drusilla e Spike erano mai nati, e Sophie, una
delle cacciatrici assassinate da Spike, aveva avuto il tempo di
rafforzarsi, e di uccidere Lotar...
La palestra ella mia scuola a Los Angeles non si era mai trasformata in un
barbecue per vampiri e i miei genitori non avevano mai affrontato quell'
ultima crisi che lo aveva poi divisi.
Credo che mio padre ricorderà per sempre la mia faccia allibita quando
rientrai in casa, e lo trovai tranquillamente seduto in salotto, a
decidere insieme a Down quale film andare a vedere quel week end ...
Non avevo più il mio tempo.
Non avevo più la mie realtà.
E non avevo più nemmeno il mio amore.
Ma avevo una famiglia.
Una vera famiglia.
Una famiglia unita.
Ancora di più dopo il trasferimento a Sunnydale, ufficialmente dovuto al
lavoro di mio padre, ma giostrato in realtà ad arte dal " Consesso" in
persona.
Era stato papà ad accorgersi, con enorme anticipo, della malattia di mia
madre, e a farla curare.
Ed era stato lui il primo a scoprire chi fossi in realtà.
Naturalmente, si era opposto.
Aveva lottato, aveva proposto di lasciare la città.
Naturalmente, aveva perso.
La mia seconda iniziazione, che potevo solo ascoltare dai racconti degli
altri, era avvenuta più tardi rispetto a quella che invece ricordavo, in
contemporanea con il mio trasferimento a Sunnydale. Ma era stata anche
meno traumatica, perché stavolta non mi ero trovata da sola ad affrontare
il male che minacciava il mondo, ma ero stata subito affiancata da un
gruppo unito e preparato, e da un Giles in cui il " Consesso " aveva
sempre incentivato la propensione per la magia, e che aggiungeva
conoscenze di stregoneria, alchimia e una profonda preparazione all'arma
bianca al tradizionele bagaglio di ogni Osservatore.
Tradizionale... tradizionale per me, naturalmente.
Perché fra le scoperte più assurdo che dovevo ancora fare, la più
fantastica riguardava proprio il nuovo assetto degli Osservatori.
Come scoprii dopo circa un mese dal mio "quasi" ritorno.
Quando, calmatasi le acqua scombussolate dall'attacco della triade di
Dragh, decisissima a liberare il Maestro, e avuto il tempo di abituarmi
almeno all'idea del mio nuovo mondo e della mia nuova vita, incominciai a
cercare Angel.
Dicevo a me stessa che non era solo lui che volevo trovare, che cercavo le
tracce di tutti coloro che avevo conosciuto e che sembravano spariti nel
nulla.
Ma ero cos' abituata a mentire agli altri che ormai lo facevo anche con me
stessa.
Perché era a Angel che pensavo, più che a chiunque altro.
Che cercavo con una forza che era anche disperazione.
Volevo sapere cosa era stato di lui, cos' era accaduto dopo la mia
partenza.
Se lo avevo perso per sempre, almeno, volevo sapere se era stato felice.
Ne avevo bisogno.
Per trovare un po' di pace e zittire i miei sensi di colpa.
Per potergli dire veramente addio.
In un certo senso, la mia ricerca fu fruttuosa.
Non mi ero aspettata di trovare nulla su Anya, mentre dai libri di Giles e
dalla rete venni a sapere qual'era stata la sorte di Spike.
E di Drusilla.
Drusilla... un altro peccato di Angelus, che aveva perseguitato Angel per
tutta la vita.
Che egli descriveva come un meraviglioso, purissimo fiore che lui aveva
distrutto, terrorizzato e condotto alla follia.
In questo nuovo passato, Angelus non era mai comparso nella sua vita.
Ma Drusilla era impazzita ugualmente.
Di lei parlavano le cronache del tempo, e parecchi siti specializzati in
atroci delitti e macabre storie vere.
Con tanto di immagini che ritraevano la dolce fanciulla quando era ancora
la gioia della sua famiglia, e poi, più avanti negli anni, man mano che la
follia si manifestava in lei, sempre più forte.
In un parossismo di violenza ce l'aveva condotta ad assassinare e bere il
sangue prima dei suoi amati cuccioli, e poi, in una sola notte, della sua
infermiera e della sua stessa madre.
Catturata mentre si aggirava in un bosco, in preda al delirio, era stata
rinchiusa in un convento, e qui aveva consumato la sua esistenza, fino a
che una suora, impietosita, non aveva commesso l'errore di avvicinarsi
troppo.
Fuggita, Drusilla era scomparsa fra le montagne intorno all'eremo, e
nessuno aveva mai saputo che fine avesse fatto.
Com'è strana, a volte, l'esistenza.
Vite che si incrociano, fatti che accadono, attimi che si mischiano per un
numero infinito di volte, dando origine a combinazioni diversissime, o
portando sempre allo stesso risultato.
Anime spinte verso altre anime, o verso luoghi , o fatti diversi, o che
per il caso, o la volontà o l'errore se ne allontanano senza nemmeno
saperlo.
Casi che talvolta somigliano a destini.
Destini che somigliano a casi.
Assurdità.
Angel aveva continuato a piangere per Drusilla, a tormentarsi per lei.
Per la vita che le aveva tolto, per il male che le aveva fatto, per la
follia a cui l'aveva condannata.
E invece la pazzia era già dentro di lei.
Nella sua mente, nel suo DNA.
Una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, che Angelus aveva solo
innescato.
Forse, saperlo non avrebbe aiutato Angel, ma probabilmente avrebbe aiutato
me.
Mi avrebbe dato qualcosa mi meno da porre sulla bilancia dei suoi delitti,
quando li contavo, e glieli scaricavo addosso, e lo accusavo di ogni cosa.
Per farmi forza.
Per non cercarlo dopo che per sua volontà mi aveva abbandonata.
Per rinvigorire la mia rabbia nei suoi confronti...
Trovare Spike fu ancora più facile.
Fu la cosa più facile in assoluto.
Mi bastò aprire il frontespizio delle " Cronache e regole del nuovo
Consesso degli Osservatori", scritto nel 1905 da colui che tutti
conoscevano come " William il riformatore".
Il più giovane Osservatore del suo tempo.
Il più importante, colui che da solo aveva scardinato le fondamenta
dell'antichissimo ordine e lo aveva completamente rivoluzionato, dai
principi ai metodi.
Una leggenda sulla cui vita erano stati spesi fiumi interi di inchiostro.
Raccontando con i tono di una favola epica di un giovane poeta con il
cuore spezzato che aveva cominciato a vagare per l'Europa, alla disperata
ricerca di un po' di pace per lenire la sua pena, e della conoscenza che
lo distraesse da essa.
Fino a che, a san Pietroburgo, aveva accidentalmente incontrato Tanja
Nimikova, la Cacciatrice.
E lui, l'uccisore di Cacciatrici, si era innamorato di colei che, forse,
far le elette, era stata quella dalla vita più felice.
Dieci anni era durato il loro amore, prima che Tanja fosse uccisa dal
gelido abbraccio delle acqua della Neva, lasciando a William una figlia...
e un desiderio.
Pr proteggere lei, il giovane poeta inglese era diventato un guerriero,
entrando negli Osservatori.
Per proteggere tutte le cacciatrici che sarebbero venute aveva lottato per
cambiare le cose.
Scontrandosi contro regole vecchie di secoli.
E vincendo.
Era stato lui a fare in modo che gli Osservatori acquistassero un ruolo
più attivo, affinando ciascuno le proprie abilita, e imparando a
trasmetterle agli altri.
Ad addestrare per ogni cacciatrice un gruppo di sostegno, le " Ali
dell'eletta", per aiutarla fisicamente e psicologicamente.
E sempre sua era stata l'idea di costituire una rete capillarissima di
collegamento fra gli Osservatori, il "Consesso" e gli " aiutanti liberi",
per ottenere assistenza nel lasso di tempo più breve possibile.
Era questo nuovo ordine, queste maggiori umanità e comprensione per
qualcuno che considerare eletto era sempre stata una giustificazione per
abbandonare a se stesso, che aveva fato si che avessi ancora un
Osservatore.
Il " mio" Giles, un tempo, aveva creduto ciecamente alle regole del
Concilio, e aveva pensato che il loro fosse l'unico modo possibile.Ora,
parlava ammirato dell'uomo che le aveva sconvolte, e nell'ascoltarlo così
pieno di ammirazione per lui, come di un esempio , della guida dei suoi
anni turbolenti, una strana sensazione mi trapassava il cuore, ripensando
al tempo in cui lui e uno Spike dall'eterno aspetto di ragazzo avevano
vissuto nella stessa casa.
Grani di sabbia che il vento aveva allontanato e unito come un uragano.
Che pensiero poetico...
Non sembra neanche mio..
Sembra una frase di Angel.
Il mio dolce Angel...
Su di lui, non riuscii mai a trovare niente.
Nemmeno una parola.
Cercai in Internet, in tutti i libri della biblioteca, e in ogni volume
sull'Irlanda che riuscii a procurarmi.
Ne ordinai degli altri, e li lessi tutti.
Niente.
Un vago accenno alla sua famiglia, una delle quattordici più in vista di
Galway, ma solo questo...
Come se fosse scomparso.
Se non fosse mai tornato dalle isole Aran.
O non fosse mai esistito.
Quanto piansi su quei libri aperti ed ostili... quante volte battei pugni
pieni di frustrazione su quelle pagine inutili.
E quanto desiderai di mollare tutto e andarci di persona.
In Irlanda.
A galway.
Per cercarlo.
Per trovarlo.
Per sapere se era stato felice.
Ma una Cacciatrice non molla.
Già in passato avevo cercato di farlo, già in passato mi ero illusa di
riuscirci.
Avevo già perso Angel così tante volte, ed ero stata male.
Ma ora era diverso.. ora l'unica cosa che mi restava di lui era il suo
ricordo, un ricordo che era solo mio, che non potevo condividere con
nessuno.
Tranne, forse, con il piccolo Jhonatan.
Jhonatan, Chase, il bambino che in casa di Giles mi aveva letto nel cuore
e nell'anima con i suoi immensi occhi azzurri.
Il figlio di Cordelia.
E di quel Doyle che io avevo incontrato solo una volta nella mia vita...
per pochi minuti, nello studio di Angel...
Tutti ricordavano bene il giorno del suo arrivo a Sunnydale, per fuggire
da una massa di creditori inferociti, suscitando sorpresa prima, poi
sospetto, e infine simpatia... tutti tranne me naturalmente.
Io potevo solo ascoltarlo raccontare.
Da Willow, da Xander, e dalla stessa Cordelia... e immaginare il vecchio
amico di Angel, metà uomo e metà demone, agirarsi per le vie di Sunnydale,
coinvolto suo malgrado nelle avventure della Cacciatrice e delle sue
fedeli "ali" .
O sbirciare Cordelia che serviva al banco del Bronze, costretta a lavorare
dal tracollo dei suoi genitori.
Lo immaginavo farle discretamente la corte, e immaginavo lei rispondere
con una smorfia.
Cordelia non era una delle mie " ali", era quella, fra tutti noi, con meno
possibilità di legare con lui...
E invece, quando Doyle era tornato a Los Angeles l'aveva portata con se.
Litigando e discutendo per tutto il tragitto.
Per un po' erano stati felici, molto felici.
E dopo... dopo c'era stata una nuova visione... una nuova minaccia... e un
lampo ... che aveva tinto di verde le acqua calme del mare...
Quel lampo che aveva sempre perseguitato i sogni di Angel...
E c'era stato un sacrificio...
E Cordelia, con il suo bambino in braccio, che fissava piangendo un ultimo
messaggio su una videocassetta.
Destini?
Forse... ma se era destino perché Giles e Ana erano felici insieme?
E perché Spike si era trasformato da persecutore a protettore delle
Cacciatrici?
E perché Angel non era mai nato?
O era venuto al mondo il bambino di Cordelia ?
Quella creatura straordinaria, dotata di facoltà così complesse e
misteriose che nè Giles, nè Ana, nè il Consesso stesso sono mai riusciti a
venirne a capo...
Quel bambino vivace, chiacchierone, il ritratto di sua madre, con quegli
occhi che non sono umani... pur essendo lo specchio stesso dell'umanità
...
Jhonatan sa di possedere queste doti.
Sa di essere diverso.
E la cosa più incredibile è che nonostante ciò non si sente affatto un
bambino anormale.
Perché sua madre non lo ha mai trattato come tale.
E davvero, Cordelia è l'unica persona al mondo che potrebbe vedersi i
mobili levitare per casa ed esclamare: - Guai a te se li righi!-
Giles avrebbe desiderato che Cordelia tornasse a stabilirsi a Sunnydale
fin da quando i poteri di Jonathan hanno cominciato a manifestarsi, ma il
bambino ha sempre detto che deve stare a Los Angeles. Che esiste qualcuno
lì, per lui, che deve assolutamente incontrare, anche se non sa spiegare
né quando né perché.
E Cordelia gli crede.
Anche se vivere da sola si è già dimostrato terribilmente pericoloso.
Sono innumerevoli coloro che, umani o non, vorrebbero mettere le mani sul
suo bambino.
Sembra che i suoi poteri siano addirittura unici, e si sviluppano di anno
in anno, precoci quanto lui.
Giles, a volte, se ne dimostra molto preoccupato.
Teme il modi in cui potrebbero usarli le persone sbagliate, o lo stesso
Jhonatan, se un giorno dovesse scegliere la via del male.
Io sono più ottimista.
Cordelia, che ora è una giornalista scandalistica, è sempre la solita,
irritante, adorabile peste dai gusti raffinati e senza il minimo tatto. Ci
impiega sempre mezza giornata a scegliere la tonalità giusto di smalto e
piange per settimane se le sbagliano la piega.
Ma è un 'ottima madre.
Per lei Jhonatan è soltanto il suo bambino, e per difenderlo lotta giorno
dopo giorno contro pericoli da cui persino la Cacciatrice sarebbe
scoraggiata. Senza neanche un cedimento.
E mai, neanche per un momento, ha desiderato che lui fosse diverso.
*****
Solo Jonathan conosce il mio segreto.
Come lo abbia appreso, come riesca a comprenderlo, sono alcuni dei suoi
molti misteri.
Ma è stato lui, in parte, a ridare al mio cuore un po' di pace. E sempre
lui, dopo, a sconvolgerlo di nuovo.
Cominciò a Sunnydale, una sera, durante una delle sue visite insieme con
Cordelia.
Non ne avevamo mai parlato.
Di quello che lui era , di quello che sapeva o aveva intuito di me.
Mi pareva assurdo discutere simili argomenti con un bambino che per la
maggior parte del tempo si comportava come un normalissimo marmocchio...
con il carattere di Cordelia, per di più.
Ma quella sera, mentre lo reggevo per la collottola perché non si
fracassasse con il suo triciclo, per caso, passammo davanti alla vecchia
mansione di Angel.
E lui, fissando i muri sgretolati fra i quali da decenni nessuno metteva
più piede, sollevò le spalle, come per contemplare qualcosa di ovvio, e
poi parlò.
- Non ti preoccupare. non è così dappertutto... -
Io aggrottai la fronte, un po' indispettita.
Mi dava sempre fastidio che leggesse nei miei pensieri, soprattutto se
erano per Angel...
- Jonathan... - Lo rimproverai.- non si sbircia nella testa della
gente...-
- Io non sbircio nella tua testa!- Si ribellò lui, con una proprietà
linguistica assurda per un bambino così piccolo. - io guardo le altre
strade"-
- Si, d'accordo, come se d qui se ne vedessero molte...-
Lui mi fissò come se fossi stata io la bambina... una bambina non troppo
furba per giunta.
- Noo... non le strade queste... le altre strade... quella che sono questa
ma negli altri mondi!-
- Gli altri... mondi... ?- Ripetei, inginocchiandomi accanto a lui,
improvvisamente seria.
- Si... quelli che sono a fianco a questo.- Mi spiegò .- Io... a volte...
riesco a guardarci dentro....
Sono come.. stanze senza porte... se sei in una non sai che ce ne sono
delle altre, però ci sono...Io così vedevo sempre il mio papà... prima che
cominciasse a parlarmi...
Sai... lui non vuole che io guardi negli altri mondi...-
Io sedetti in terra, allibita.
Stanze senza porte... fiumi del tempo, come diceva la principessa Morgan
Slieve Drighièda...
Universi paralleli... identici, ma ognuno diverso...
Ne parlai a Giles, dopo, e lui mi disse che si trattava di una vecchia
teoria, secondo la quale ogni azione di ogni singolo uomo, ogni minuscolo
mutamento, avrebbe dato il via ad un suo proprio futuro... a un suo
universo... e tutti questi "mondi" sarebbero esistiti insieme e
contemporaneamente.
Ma non era mai stato dimostrato... e forse non lo sarebbe mai stato...
E del resto, pensai all'inizio, doveva esserci qualcosa di sbagliato,
perché se esistevano una moltitudine di dimensioni parallele io sarei
dovuta tornare nella mia, a quella il cui passato conoscevo... e in cui
Angel viveva...
Ma io avevo cambiato il passato... questo futuro lo avevo creato con le
mie mani...
Era... il mio...
Più di qualunque altro.
Tuttavia...
Tuttavia cominciai a pensare che dietro di me non ci fosse il vuoto, che i
miei ricordi non fossero solo il riflesso di qualcosa che non c'era.
Che esistesse un mondo in cui Angel mi aveva stretta a se quando ero
ritornata.
E uno in cui non avevo mai cambiato ciò che era stato.
E uno in cui non ero tornata affatto, e lui mi aspettava invano da sempre.
E uno in cui avevamo entrambi vinto il nostro orgoglio... ed eravamo...
felici...
Piansi tanto quella notte. Ma da allora, lentamente, cominciai a guarire.
*****
Fu in quel periodo che Cordelia mi chiamò da Los Angeles, chiedendomi se
suo figlio ne avesse combinata qualcuna delle sue.
Io dovetti pensarci un po'.
Non avevo mai avuto troppa pazienza con i bambini, per cui Jonathan era
rimasto quasi sempre con Ana, Down o Willow... soprattutto con Willow.
La mia amica lo aveva portato al cinema, in giro per tutta la città, e
persino al nostro vecchio liceo, dove sperava un giorno di poter
insegnare. E nessuno mi aveva mai riferito di qualcosa di strano.
- Ma... - Sbottò Cordelia all'altro capo del telefono. - tremo di paura
quando fa così.
Si guarda intorno e sorride da solo, come se avesse appena salvato il
mondo... e io aspetto solo che precipiti un razzo sulle nostre teste.-
Io non potei fare a meno di ridere, e cercai di rincuorarla.
Dopotutto, il suo era un bambino speciale, ma era pur sempre un bambino...
E a tutti i bambini piaceva organizzare degli scherzetti innocenti.
- E proprio questo a terrorizzarmi! - Esclamò lei. Ma io , presa dalla mia
vita, non ci pensai più.
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