L'anello

Parte seconda - Il presente



Dopo due anni, a volte, mi pareva che tutto fosse normale. Che le cose fossero esattamente come avrebbero dovuto essere, e i ricordi nella mia mente solo un ... sogno... molto reale, ma sempre più lontano.
Sempre più sfocato...
Studiavo al College, con gli alti e bassi dovuti un po' alla mia scarsa propensione, un po' al mio impegnativo mestiere di cacciatrice.
Uccidevo vampiri, e, quando mi capitava, amichevoli creature dello stesso genere, seguita a vista da Giles, che nemmeno il matrimonio con Ana e l'apertura di una libreria " Tradizionale e informatica" riusciva a distrarre dai suoi doveri di Osservatore .
La solita vita.
Non dovevo neanche preoccuparmi di rivelare qualcosa del mio precedente passato, perché tutti sembravano essere giunti alla comoda che, oltre che di amnesia, dovevo aver sofferto anche di una specie di complessa allucinazione, e le mie frasi tronche e all'apparenza assurde erano diventata il bersaglio prediletto di Xander.
Già... in assenza di Angel...
Willow era un po' in rotta con Giles.
Era ormai giunta ad un livello tale di preparazione che avrebbe voluto insegnare la magia ad altri, ma il mio Osservatore non era sicuro che fosse ancora in grado non tanto di trasmettere il suo sapere, quanto di giudicare oggettivamente i buoni propositi dei suoi studenti. E di non farsi ingannare.
Per qualche tempo, era andata in Canada, da certi parenti.
E al ritorno, in autobus, aveva conosciuto un ragazzo.
Un normalissimo ragazzo che studiava zoologia e suonava in una band.
Oz.
Per ora erano solo amici , ma guardandoli insieme avevo ben pochi dubbi circa il loto futuro.
Con gran rabbia di Xander.
Ecco, la normale, noiosa routine di una cacciatrice.
Che per giusta, a differenza di quanto mi era accaduto in passato, si ostinava a rimanere sentimentalmente libera.
Forse perché, con la liberazione del Maestro sempre più incombente, c'era moltissimo da fare, o perché non volevo altere complicazioni, o magari perché non c' erano più ripicca e senso di rivalsa a guidare le mie scelte...
Dopotutto, stavo bene da sola.
Nonostante il caos generato dal mio breve viaggio, la mia vita non era mais tata così semplice.
Mia sorella amava dire che avevo il cuore " sotto aldeide" , e si arrampicava sugli specchi per trovarmi un fidanzato.
Un po' per dispetto, un po' per affetto.
Fra i miei amici il suo costante impegno umanitario era diventato una specie di leggenda metropolitana, e ogni volta che la vedevano avvicinarsi con un 'espressione strana sul viso si lanciavano in scatenate illazioni sui quel liceale brufoloso, bidello contorto o negoziante petulante mi avrebbe presentato il giorno dopo.
Xander accettava scommesse che pagava dieci a uno.
E, sinceramente, la cosa avrebbe divertito anche me, se non mi avesse procurato tutta una serie di situazioni imbarazzanti.
Il peggio era che Down era instancabile, e non si sapeva mai quando poteva colpire.
Così quel giorno, quando trovai nella mia stanza la ricerca di scienze su cui aveva lavorato la sera prima, mi suonò immediatamente in testa un campanello d'allarme.
Guarda caso, doveva averla dimenticata quando era venuta a trovarmi all'università, e guarda caso gli esami di fine trimestre erano troppo vicini perché potessi mandarla a farsi friggere come tanto avrei voluto.
Certe volte le geniali trovare di Down mi facevano letteralmente andare in bestia, soprattutto quando avevo trascorso la notte precedente a pattugliare le strade di Sunnydale!
L'ultima cosa che volevo era trovarmi nei corridoi sovraffollati del liceo, con ragazzini galvanizzati dagli ormoni che correvano ovunque, fingendo di cadere per sbirciarmi oltre la gonna.
Mentre guardavo la porta dell'aula di informatica mi chiedevo se anche io, un tempo, ero stata come loro.
E non avevo alcuna voglia di rispondermi.
In quella scuola tutto sembrava identico a come era una volta, e pareva che nessun atto istintivo avesse mai cambiato il passato.
Nella bacheca dei trofei, la statua della mamma di Amy era sempre al suo posto, e c'era persino il segno del mio pugno su un o degli armadietti di metallo.
Avrei dovuto sentirmi a mio agio, e invece provavo un misto di inquietudine e imbarazzo.
Non vedevo l'ora di andarmene...
Di sbattere la ricerca in testa a Down e lasciare quel posto che mi sembrava abitato dai fantasmi.
Mia sorella mi venne incontro con un 'espressione serafica sul volto, uscendo dall'aula in cui Jenny Calendar non aveva mai insegnato.
- Buffy, ma che bello! Mi hai portato la ricerca?!-
- Già, che sorpresa, vero?
Saresti capace di incastrare chiunque Down... sarà per questo che prendi voti così alti?-
Lei fece una smorfia.
- Tutta invidia! Ai tuoi tempi eri una completa frana!-
- Ai miei tempi ero già impegnata a salvare il mondo.-
- Scuse... soltanto patetiche scuse...-
- Non ce la fai, Down.- la sfidai. - Non mi terrai qui finchè non scatta la tua trappola.
Prenditi la ricerca e ci vediamo a casa!-
- Aspetta, aspetta, aspetta!- Esclamò lei, scoprendosi.- Solo due minuti! Voglio farti vedere il nuovo insegnate di storia!-
Io alzai gli occhi al cielo.
- Down! Non ne hai ancora abbastanza di questo stupido gioco?!-
- Buffy, Buffy, Buffy, almeno guardalo! E' l' uomo più eccitante che io abbia mai incontrato!-
- Il che è rassicurante detto ha qualcuno che trova Leonardo di Caprio il massimo del sex appeal...-
- Di Caprio?! Ma quella è preistoria! Niente a che vedere con il professor Glyn!-
- Si, si, certo. Adesso, se vuoi scusarmi...-
- No, no, ti prego! Deve passare per forza di qui per andare in classe!-
- Ma chi sei, Ken Follett?!
Lo vuoi capire che non me ne importa assolutamente niente ne del tuo professore, né dei cinquanta altri derelitti che tirerai fuori dopo!-
- No, no, no!-
- Si, si, si!-
- Sei odiosa, e io ti detesto!-
- Summers!- Esclamò una voce alle mie spalle.- ti si sente dalla sala professori!-
Io mi voltai di scatto, ed il cuore, per un attimo, mi si fermò nel petto.
- Allora- Mi sussurrò Down all'orecchio.- hai mai visto un uomo così bello?-
Io non riuscii a dir nulla, ma la mia risposta non sarebbe stata quella che lei si aspettava.
Si.
Avevo già visto un uomo così bello.
Una notte... una notte molto fredda, in un vicolo vicino al Bronze.
Lo avevo atterrato saltandogli addosso da un palo.
E lo ridevo nei miei sogni. Anche in quelli che non ricordavo.
Si. Avevo già visto un uomo così bello.
Perché avevo già visto quell'uomo.
Avevo amato quell'uomo.
Lo avevo spedito all'inferno, lo avevo odiato, e lo avevo cancellato dal tempo.
Avevo già visto un uomo così bello, perché quell'uomo era Angel.
Il mio Angel.
Rimasi a fissarlo, senza respirare, senza crederci.
I suoi occhi, il suo volto, i suoi capelli...
Dio...
Sorrideva. Come non lo avevo mai visto sorridere. Con una mano a reggere un gruppo di libri e l'altra in una tasca del suo completo chiaro.
Non c'era un 'ombra nel suo sguardo, ma un 'espressione così allegra e serena che sembrava trasformare in oro il suo sorriso.
Si, avevo già visto un uomo così bello.
E non credevo che lo avrei più rivisto.
- Professor Glyn ! - esclamò Down, saltando letteralmente per la gioia.- che sorpresa! -
Lui sollevò un sopracciglio, continuando a sorridere.
- Ci lavoro qui dentro, Summers, te lo ricordi? Siamo a scuola... non ad un mercato rionale!-
- A Sunnydale non ci sono mercati rionali!- Rispose Down, tanto contenta dal suo successo da diventare impertinente.- Qui siamo negli Stati Uniti, non in Irlanda.-
- Allora sarò un mio errore di fuso, ma mi pare che la seconda ora sia iniziataa da un pezzo! -
- Cavoli... è vero!- Esclamò Down, afferrando la sua ricerca. - grazie Buffy!-
Fece per andarsene, ma dopo un istante si voltò di nuovo.
- Oh, questa è mia sorella Buffy... Buffy, il professor Glyn!-
E scappò via come il vento.
Io deglutii, cercando di riportare i miei occhi a una dimensione umana.
- Sembra proprio che ci abbia incastrati- Ruppe il ghiaccio lui, sorridendomi di nuovo.
- Cosa?-
- Bè, non so che abbia fatto con te, ma era da una settimana che in ogni intervento in classe inseriva la sua straordinaria, e bellissima sorella... e devo dire- Continuò, guardandomi negli occhi.- che non esagerava...-
Io mi sentivo una perfetta idiota.
Continuavo a fissarlo, allibita, con il cuore che mi andava a mille.
Era Angel... eppure non sembrava affatto lui... in tutto il tempo che lo avevo conosciuto non l'avevo mai sentito parlare tanto, né visto sorridere così a lungo...
- A me- Riuscii a mormorare. - ha teso un 'agguato a sorpresa!-
- La cosa migliore è che almeno ora la smetterà di affermare che il soprannome di Elisabetta d' Austria era Buffy!-
Io risi nervosamente, continuando a tormentarmi fra le mani la borsetta di rete.
- Io non ci giurerei... ora che ci ha visti parlare continuerà ad oltranza!-
E nel dirlo strattonai troppo forte la borsa, che evidentemente non era stata rodata per una cacciatrice in piena crisi isterica, e che nel giro di un secondo finì in terra, spandendo ovunque la mia roba.
Imbarazzatissima, mi chinai sul pavimento, e lui fece lo stesso, appoggiandosi acanto i libri.
Non si accorse che mi ero fermata.
Che lo fissavo muovere rapidamente quelle mani che conoscevo così bene, e che il mio cuore mi provocava una strana sensazione nel vedere il sole che gli danzava sul volto, quasi che dovesse trasformarsi in cenere da un momento all'altro.
- Per fortuna che non avevi spiccioli!- Esclamò, ma io non lo ascoltai nemmeno, incantata dalla linea del suo naso.
-
- Angel... -Mormorai, completamente assente.
Lui sollevò gli occhi.
- Si ?-
- Si... cosa?- esclamai io.
- Angel- Rispose, tendendomi la borsa.- è il mio nome...-
Io l'afferrai, strappandogliela quasi e stringendola a me.
Mie sembrava di essere sull'orlo di un precipizio, con un vento terribile che mi spingeva oltre il bordo.
- Io... io devo andare!- Mormorai.- Scusa...-
Non vidi l'espressione del suo volto quando letteralmente corsi via, perché non mi voltai nemmeno per un istante ...
Ero sconvolta.
Al punto che cominciai a singhiozzare e a piangere, come una bambina disperata.
Eppure ero felice. Tanto felice.
Dopo aver accettato di non rivederlo mai più.
Dopo aver ricominciato a vivere, lui mi ricompariva davanti come un fantasma del passato, per
torcere la mia anima fra le sue mani.
Tornai diritta a casa.
Non al campus.
A casa.
Cercavo un rifugio, un luogo in cui potessi nascondermi e pensare.
Una volta, darei andata da Angel...
*****
Down tornò a pomeriggio inoltrato, lasciandomi a macinare rannicchiata sul letto, e quando sentii la sua voce e mi precipitai al piano di sotto, dovetti letteralmente mordermi le labbra per non saltarle addosso, trovandola sul divano a chiacchierare con mia madre.
Le feci dei gestacci osceni dalla porta per indurla ad uscire, ma lei fece finta di niente, fino a che il suono del campanello ci permise di restare sole.
- Allora...- Esclamai, approfittandone immediatamente. - chi è?-
Down sorrise, senza neanche degnarsi di fingere.
- Allora non è vero che non ti importa né di lui né dei cinquanta derelitti che tirerò fuori dopo...-
- Down!- Esplosi.- Ti avverto che mi trovi in un momento molto, molto brutto, e non ho...-
- Shhh- Mi fermò lei, mettendomi una mano sulla bocca.
Nell'ingresso, mia madre stava aprendo la porta.
Ero sul punto di mandare a qual paese la curiosità di mia sorella e i restanti scrupoli che mi trattenevano dal torcerle il collo, quando il mio cervello percepì il suono di una voce, bloccandomi all'istante.
- Mi perdoni l'ora, signora Summers. Mi chiamo Angel Glyn, e insegno storia nella classe di sua figlia Down...-
- Oh- Esclamò mia madre.- che cosa le hanno fatto?-
Attimo di silenzio, durante il quale Down si prese la testa fra le mani mentre io non sapevo se ridere, piangere o gridare per il dolore delle mie budella che si torcevano disperate.
- Niente, signora Summers- Rispose Angel ... il nuovo Angel, con un tono imbarazzato che mi ricordò tanto il mio. - Down è un 'ottima studentessa.
In realtà io sono venuto per via dell'altra sua figlia...-
- Buffy!- Esclamò lei.- che bello! Hm... voglio dire... che cosa ha combinato stavolta ?!-
Giles sarebbe stato orgoglioso di me, perché coprii la distanza fra il soggiorno e l'ingresso in meno di cinque secondi. Così come sarebbe stato fiero del modo in cui seppi dominare le mie emozioni, dando di me un 'immagine calma e disinvolta che poco aveva a che fare con la realtà del mio stato d'animo.
In parole povere, finsi spudoratamente!
- Mamma!- Esclamai sorridendo.- Posso sapere perché se riguarda Down è qualcosa che le hanno fatto, mentre se riguarda mi è qualcosa che ho combinato io!-
- Perché ti conosco!- Sbottò lei, ma non appena la vidi in faccia compresi che era completamente presa dal suo ospite inaspettato.
Angel era appena fuori dalla porta, in piena luce, e quando mi vide mi sorrise con calore.
Una volta, sarebbe rimasto più indietro, nell'ombra, e i suoi occhi mi avrebbero passato da parte a parte.
Eppure sembrava proprio lui, dai capelli al lungo cappotto che gli arrivava ai piedi.
Angel... il mio Angel...
- Buonasera...- Mi salutò. Sono venuto a riportarti questo ...-
Io strabuzzai gli occhi, fissando stupita il mio portafoglio stretto fra le sue lunghe, bellissime dita.
- Era finito in classe...- Spiegò, porgendomelo.
Io lo presi, sorridendo a mia volta.
- Grazie...-
- Ma, non vuole entrare un attimo? . Lo invitò mia madre, indicando la casa con la mano.
- La ringrazio, - Fece lui.- ma non vorrei disturbarla...-
- Nessun disturbo- Esclamò mia madre, in completa adorazione.- Ho appena sfornato un dolce!-
Angel mi lanciò uno sguardo.
- D'accordo... non sono mai riuscito a dire di no a qualcosa di dolce... o a una signora così gentile -
Come... come mi parve strano vederlo portare alle labbra la torta di mia madre, o scambiare amichevoli convenevoli con lei.
Mamma aveva sempre detestato Angel.
Detestava il fatto che non fosse umano. E che io lo amassi nonostante tutto.
Era stata lei a chiedergli di andarsene, come avevo appreso molto, molto dopo che era già accaduto.
E una parte di me non glielo aveva mai perdonato.
E ora era lì, seduta sul divano accanto a lui, conquistata dal suo fascino e dai suoi modi, senza staccare per un attimo gli occhi dal suo volto.
Avevo una gran voglia di scoppiare a ridere...
- Mamma, lascialo respirare!- Esclamai, impietosita dall'espressione di lui di fronte al fuoco di fila delle sue domande.
Lei mi vedeva già con un anello al dito, e questo mi riempiva di amarezza e ilarità insieme.
- Buffy ha ragione!- Rincarò Down.- Così appena uscito s'imbarca direttamente per l'Europa!-
- Oh...- fece mia madre.- Lei è Inglese?-
Angel per poco non si strozzo con la torta.
- No, non direi proprio! - Esclamò.- Sono Irlandese. Di Limerick.-
- Famosa per l'assedio di Guglielmo d'Orange del... 1691!-
Angel sorrise a Down.
- Ottimo. Summers, sono fiero di te!-
- Mi vale per il test di lunedì?-
- Non pensarci neanche !-
Scoppiammo tutti a ridere, ma quando i suoi occhi scuri tornarono a posarsi su di me , il sorriso mi si spense sulle labbra, bruciato da una fiamma che pensavo non avrei più provato.
- E come mai si ritrova a Sunnydale?- Chiese mia madre, incuriosita.
Angel posò sul tavolo il piattino vuoto.
Dopo il primo momento di imbarazzo sembrava perfettamente a suo agio, e sorrideva a tutti come se ci conoscesse da sempre.
- A essere sincero, non lo o nemmeno io!
Il mio sogno è sempre stato viaggiare, ma non ho mai avuto la possibilità di farlo. Così ho inserito il mio curriculum in Internet, come quasi tutti i miei compagni di corso, e, contemporaneamente, ho cominciato a insegnare a Limerick.
Era una bela scuola, pensavo che ci sarei rimasto, quando sei mesi fa, all'improvviso, ho ricevuto la proposta del liceo di Sunnydale...
Non riuscivo neanche a crederci.
All'inizio ero sicuro che ci fosse un errore.-
- In effetti è strambo...-Mormorò Down.
- Troppo...- Rincarai io, parlando con me stessa.
- Oh, andiamo, e perché mai!- Sbuffò mia madre, sfoderando un sorriso a trentadue denti.- sembra quasi che vi dispiaccia!-
- Scherzi!- Esclamò mia sorella.- Ma te lo ricordi il professor Doson ? Era così vecchio che ogni volta che si arrabbiava temevo gli venisse un infarto!-
Risero di nuovo, ma stavolta io non li seguii.
Era facile per loro.
Perché non conoscevano Angel.
Non lo avevano mai conosciuto.
E il cuore non poteva battergli a mille come faceva nel mio petto.
E non dovevano chiedersi come fosse possibile che, fra tutti gli insegnanti al mondo, il liceo di Sunnydale avesse chiamato, fin dall'Irlanda, proprio lui...
Io mi sentivo come una bambola di pezza, che le onde del mare sbattevano da una parte all'altra.
Non sapevo cosa pensare...
Non sapevo cosa provare...
Ne cosa dire o fare.
Quando il professor Glyn uscì dalla porta salutando cortesemente mia madre e mia sorella, mentre teneva per un secondo la mia mano nella sua, mi sembrò che i sogni su cui avevo versato tante lacrime si fossero avverati.
E in qual momento la felicità superò la diffidenza.
Ma quando una macchina di corsa gli passò vicino, schizzandolo di fango dalla testa ai piedi, quando gli vidi sollevare le mani e il volto verso l'alto e scoppiare in una risata irrefrenabile, all'improvviso, un pensiero mi attraversò la mente, spiegandomi in parte il mio stesso disagio.
Poteva avere i suoi occhi e il suo volto.
Poteva avere il suo corpo.
Ma quello non era Angel.
*****
Pensai molto al professor Glyn nei giorni seguenti.
E tornai a pensare ad Angel.
Quante volte, passando davanti al liceo di Sunnydale, desiderai di entrare, con una scusa qualunque, o rimasi ad aspettare minuti interi, nella speranza che uscisse.
Solo per vederlo... per guardare ancora il volto del mio unico amore.
E quando alla fine la ragione aveva la meglio non riuscivo mai a camminare diritta per quella strada che tante volte avevo già fatto.
Senza voltarmi... senza sperare...
Desideravo vederlo, e, insieme, ne avevo paura.
Perché quello che veramente volevo era un passato che non saprebbe mai potuto tornare.
Fu per caso, poi, che lo rividi, in una tarda mattinata d'autunno.
Avevo passato la notte di sabato a inseguire un gruppo sospettosamente grosso di vampiri, che Giles temeva stessero organizzando l'ennesimo tentativo per tirar fuori il Maestro, polverizzandone il bastante per conservare la mia medie mensile. E tornavo a casa di umore così nero che non riuscivo nemmeno ad apprezzare la bellezza di qual giorno così limpido.
Non avevo chiuso occhio, avevo saltato l'appuntamento al cinema con Willow, che probabilmente ora mi stava cercando per tutta la città, ed ero coperta di fango dalla testa ai piedi, dal momento che i miei amici non si erano dimostrati troppo entusiasti all'idea di essere impalati e ridotti in cenere.
Avevo solo voglia di immergermi in un ' enorme vasca di acqua bollente, e ripassare ad uno ad uno i motivi che mi avevano fatta rassegnare al mio ruolo di Cacciatrice.
In questo o in un altro presente.
Ricordo che stavo praticamente correndo, con un' espressione sulla faccia che avrebbe scoraggiato il criminale più incallito.
Fu allora che lo sentii ridere.
Strano.
Avevo sentito così di rado la risata di Angel, eppure mi squillò nel cuore come un campanello.
Come una musica , mi ipnotizzò immediatamente l'anima.
Non mi ero sbagliata. Non avrei mai potuto.
Angel era lì, a pochi passi da me, oltre la staccionata di legno di una villetta come tante, qui a Sunnydale.
Era a piedi nudi, con una tuta addosso, e giocava a basket con un terranova enorme, che gli levava la palla dalle mani e gli saltava addosso, atterrandolo, per poi correre a riprenderla ancora.
Io mi avvicinai incantata, improvvisamente dimentica di tutto. Come se fossi stata invisibile, con il potere di guardarlo senza essere vista.
Mentre il cuore mi batteva forte.
Come la prima volta che lo avevo incontrato.
Come la prima volta che lo avevo lasciato.
Angel... Angel e non lui...
Me lo ripetevo, ripetevo, e ripetevo.
Lui non era Angel, ritornato per me.
Lui era un altro uomo, che per un assurdo caso, o per destino, o per piano Divino aveva il suo stesso volto, il suo nome, il sangue della sua terra nelle vene...
Ma non era Angel .
Lo avevo capito quella sera, quando l 'automobile lo aveva schizzato, e anche ora lo capivo.
Lui era un uomo nato secoli dopo Angel, da genitori diversi da quelli di Angel.
Di Angel non aveva la vita, ne le esperienze, né il carattere.
La sua non era la preziosissima anima di Angel.
Eppure era così facile scordarlo, guardandolo giocare con il suo cane. E osservando quel viso che avevo amato tanto, che avevo sognato tanto.
Come era facile scordare che non ero davvero invisibile. Che lui poteva vedermi.
Come infatti mi vide...
Fissandomi per un attimo con uno sguardo di stupore negli occhi nocciola.
Magari non si ricordava nemmeno chi ero... o non mi aveva riconosciuta, ridotta in quello stato...
- Buffy! - Esclamò, sollevandosi in un attimo.- che cosa ti è successo?-
Io scrollai le spalle.
- Quello che è successo a te l'altra sera, una strada fangosa e auto troppo veloci...-
Banale, ma suonava meglio di : "Nulla, sai, ho polverizzato quattro vampiri con idee molto diverse dalle mie circa il loro futuro!"
- Dai, entra- Mi sorrise.- ti ripulisci un po'... no, Leo, - Continuò poi, indicando il Terranova con un dito.- tu no, neanche per sogno!-
Il cane uggiolò, scodinzolando e guardandolo con aria un po' afflitta, ma obbedì e si accucciò davanti alla porta.
Anche la casa non somigliava affatto a quella di Angel.
Era piena di luce, e molto meno ordinata , con cuscini colorati sparsi sul divano e in terra, davanti al caminetto, moltissimi libri e foto incorniciate ovunque, a riempire mensole e tavolini.
C'era una vita in quelle immagini.
Più di quanto non avessi mai potuto sapere sul passato del mio Angel.
- Chi sono queste?- Domandai, prendendone una.
- Mia madre e le mie sorelle...- Rispose lui, tendendomi un asciugamano pulito.
- Quattro?-
- Quattro- Confermò, guardando la foto da sopra la mia spalla.- Virginia, Catlin, Banny e la mia piccolina, Anna. Io sono giusto nel mezzo...-
- Quattro...- Ripetei, rimettendo a posto la cornice.
- Nella mia famiglia è normale. Siamo un esercito... ah, tieni, lì c'è il bagno ... credo che ci sia tutto quello che potrebbe servirti.-
Io lo ringraziai, ma quando mi guardai allo specchio pensai che la sua, più che cortesia, doveva essere stata paura! Ero ridotta peggio di un Golem di creta!
E anche quando uscii dal bagno non dovevo essere in condizioni molto migliori.
Ma, proprio come avrebbe fatto il mio Angel, lui non ci fece caso, e mi accolse con un sorriso e due porzioni fumanti di uova, pancetta e pomodori alla griglia, insieme ad una specie di focaccia di patate che non avevo mai assaggiato.
- Con quattro sorelle cucini tu?! - Esclamai, inspirando il profumo del mio piatto.
- Con quattro sorelle negate direi proprio di si!
E poi, all'università c'era da scegliere tra la cucina e l'ulcera!-
- Allora io sono votata all'ulcera! -
Lui sorrise, portando a tavola il succo d'arancia.
- Dai- Mi incitò, scambiando per imbarazzo quelli che invece erano confusione e sbalordimento - prometto che non ti mordo!|-
Io trattenni per un attimo il respiro, e poi lo lasciai andare, rilassandomi.
- Davvero? Bè, lo spero proprio per te ...-
Lui mi sorrise ancora.
Poi, tutto accadde da solo.
*****
Questo Angel era la persona più luminosa, allegra e piena di vita che io avessi mai conosciuto, in entrambe le dimensioni.
Nessuno avrebbe potuto essere contemporaneamente così simile e così diverso dal mio Angel, e ogni minuto che passavo insieme con lui mi riempiva di allegria e di stupore insieme.
All'inizio mi ripetevo che l'unico morivo per cui continuavo a frequentarlo era comprendere come potesse lui avere tanto a che fare con il mio grande amore.
Inventavo ogni volta una scusa diversa, fino a che, dopo averlo finalmente scoperto, ammisi come me stesa che mi ero innamorata.
Veramente innamorata.
Per la seconda volta nella mia vita.
Di un uomo che aveva il volto del mio primo amore.
Del mio Angel.
Ma che non era Angel.
Pur avendo nelle vene il suo stesso sangue.
Mi innamorai follemente di lui. Eppure, prima di capirlo, rischiai di fargli del male infinite volte.
Ricordo come fosse ieri il nostro primo bacio, e la sua voce che mi scherniva con quel garbo tutto suo, all'uscita di un caffè.
- Dev'esserci qualcosa di terribilmente buffo nella mia faccia. Ogni volta che ci vediamo continui a fissarmi come se fossi un fenomeno raro!-
- No...- Esclamai io, immediatamente sulla difensiva.- è che tu somigli tanto...-
A chi?
A un vampiro che non era mai diventato tale?
All'amore dei miei sedici anni?
All'uomo che avevo spedito all'infermo e mi aveva perdonata? E che io non ero stata in grado di perdonare a mia volta?
Al mio Angel?
- A un vecchio fidanzato scomparso nel nulla...- Terminò per me, con un sorriso velato di malinconia.
- Perché dici così? -Mormorai io, stupefatta.
Lui si strinse nelle spalle, e, per un attimo, guardò verso il cielo.
- Non lo so. Forse per mettere le mani avanti ed evitare di farmi troppo male...- Di nuovo, mi sorrise.- sono sempre stato bravo a parlare con la gente, ma quando si tratta di me stesso sono un vero impiastro!-
Si... anche lui era così...
Io gli ficcai una mano sotto il braccio, stringendolo a me.
-No...- Mormorai. E contemporaneamente pensai a tutte le bugie che avevo detto fino ad allora, alle decine, centinaia di bugie...
Però lui non meritava di sapere... di capire che era un altro che cercavo nei suoi occhi.
" A volte è necessario mentire... per non far soffrire chi si ama"
Me lo aveva detto Angel, tanti anni prima. Ma io non gli avevo creduto.
- Lo so che pare assurdo,- Continuai.- ma mi ricordi tanto un ... un ritratto, che ho visto sul giornale!
Un uomo vissuto forse due secoli fa...Non ne capisco niente di queste cose, però mi aveva colpita, e così quando ti ho visto mi è preso quasi un colpo!-
Sentii la sua mano stringere la mia, mentre i suoi occhi si illuminavano di gioia.
- Un ritratto...-Sorrise.- vuol dire che io mi sono esposto tanto senza alcun motivo?-
Io sollevai il volto.
- Si, e ora non puoi più tirarti indietro.-
- Ma io non voglio tirarmi indietro...- Mormorò, avvicinando la sua bocca alla mia.
Dio, com 'era strano il suo respiro sulla pelle...
*****
Baciare Angel era come ricevere una scarica elettrica.
Amarlo, come lasciarsi travolgere da un fiume, o da una luce intensa.
Per me, che ricordavo sulla pelle la carezza languida della notte, e la passione di un fuoco che consumava e lasciava senza forze, era un 'esperienza nuova, esaltante.
Era come vivere con un Angel senza ombre e senza tormenti . Come amare il sole.
Assurdamente, ora ero io quella chiusa e misteriosa.
Quella oscura.
- Che cosa avrai, poi, da mugugnare sempre?- Mi rimproverò lui un giorno... quel giorno... portandomi il caffè a letto. Aveva un braccio dietro la schiena, e io tesi il collo per sbirciare cosa nascondesse, terribilmente incuriosita.
- Senti chi parla !- Esclamai, sovrappensiero, e lui aggrottò le sopracciglia, senza capire. Ma si era già abituato a tutte le mie stranezze, e infatti non disse niente, ma tirò fuori un libro patinato, piuttosto vecchio, che teneva aperto con l'indice.
- E' questo?- Mi chiese, appoggiandomelo in grembo.- il famoso ritratto che ti ha tanto colpita?-

Io abbassai gli occhi, e istintivamente, come spinta da una forza che non aveva nome, accarezzai con un dito la pagina aperta, da cui gli occhi di Angel mi fissavano malinconici.
No... sbagliavo ancora... nemmeno quello era Angel... quello era Liam...
Il mio Angel non era mai esistito
- Si...- Mormorai.- la somiglianza è veramente impressionante...-
Angel sedette sul bordo del letto, passandosi una mano fra i capelli.
- Già... me lo dicono da quando ero bambino... ma non è raro nella mia famiglia... abbiamo dei geni molto forti, pare.-
Io chiusi per un attimo il libro, fissando la copertina.
- E' una guida di Galway- Mi spiegò Angel.- di una casa editrice locale... la mia famiglia è originaria di lì.-
Lentamente, sfogliai le pagine, cercando di riordinare le idee, e, infine, ritornai al ritratto di Liam.
- E lui faceva parte della tua famiglia?- Chiesi, anche se conoscevo già la risposta.
Angel annuì, mettendosi più comodo sul letto e circondandomi la vita con un braccio.
- Si. Nel diciottesimo secolo, e in un certo senso fu una delle cause scatenanti del più grave tumulto popolare che Galway ricordi...-
- Urrà per il professore di storia!- Esclamai, cercando di dissimulare nel riso il mio disperato bisogno di sapere.- continua...-
- Guarda, la sua storia è scritta qui, fra le leggende locali, e in effetti non si sa quanto ci sia di vero...
Pare che Liam Malahide fosse un poco di buono, un arrabbiato con il mondo che passava il tempo dissipando il suo denaro e la sua vita. Poi accadde qualcosa, e lui cambiò.
La leggenda della caccia alle streghe di Galway racconta che un demone in forma di donna lo assalì mentre usciva da una locanda, e che una strega dell'antico culto intervenne in suo aiuto, riducendolo in cenere.
Molti abitanti della città giurarono di avere visto la strega agirarsi per le strade, gettando ai passanti terribili sortilegi per farli cadere ai suoi piedi.
E come spesso accade, l'immaginazione si fuse presto con la realtà, e alla fine si trasformò in psicosi.
La gente di Galway cominciò a cercare la strega, e quando si seppe che Lima Malahide aveva accompagnato una ragazza all'isola di Inishmore fu organizzata una vera caccia .-
Io deglutii, con il cuore in gola.
- E dopo?-
- Bè, c'era sul serio una ragazza che viveva da sola sulla costa di Inishmore, una contadina forse, che non parlava nemmeno Inglese.
Gli uomini di Galway la scambiarono per la strega, ma non si sa come riuscì a scappare oltre il mare e a raggiungere la città.
Si rifugiò in una chiesa, e il parroco, credendo davvero che quella fosse la giovane scortata da Liam qualche giorno prima, lo mandò a chiamare.
Nessuno sa come si siano svolte le cose, ma Liam le offrì la sua protezione, e la portò nella sua casa.
Forse si sentiva in colpa perché era intorno a lui che erano sorte tutte quella storie, o magari fu un altro il motivo.
Non c'e nulla di certo in ciò che ti ho raccontando.
Pare che dopo il misterioso incidente Liam Malahide cambiò moltissimo, ma è anche vero che allo stesso periodo risale la morte di suo padre, per cui potrebbe anche essere questa la causa della sua improvvisa maturazione.
Fu sempre molto schivo su certi argomenti, e in famiglia è rimasto neanche un rigo scritto, o una testimonianza attendibile.
Ciò che si sa di lui è solo che si occupò per tutta la sua vita della sua famiglia, fece prosperare i commerci di suo padre e che viaggiò per tutto il mondo.
Realizzò dei meravigliosi schizzi dei suoi viaggi.
Sai, era molto bravo a disegnare...
Io, invece, sono negato...-
- E si è mai... sposato?-
Angel sorrise.
- Verità o leggenda'-
- Tutt' e due.-
- Bè, la verità e che sposò una donna di nome Morgan Slieve Droghièra. Il problema , anche qui, è che nessuno ha idea di chi fosse.
Il nome è celtico, ma tutto ciò che è rimasto di lei sono i ritratti che le fece Liam.
Ricordo che da bambino, durante le gite a Galway, mi fermavo spesso a guardarli.
Quella donna aveva un che di innocente, infantile, però i suoi occhi erano quelli di una persona molto saggia, ed arano sempre velati di tristezza...-
- La leggenda? - Lo incalzai io.
- La leggenda ha identificato Morgan con la contadina fuggita dall'isola di Inishmore durante la caccia alle streghe, e racconta che Liam la sposò per sottrarla all'ira furiosa della gente, e alle leggi inglesi, che perseguitavano chi continuava a coltivare le antiche usanze ...-
Angel si stirò, tendendo le braccia all'indietro e lasciandosi cadere sul letto.
- E'... finita?- Sussurrai, con un filo di voce, ricordando con amarezza quando a Inishmore mi ero sentita inspiegabilmente gelosa della piccola Morgan. Mi era sembrato così assurdo allora, e invece... invece lei lo aveva sposato, e io lo avevo perso.
- Non credevo che la storia potesse appassionarti tanto!- Sorrise lui, guardandomi.
Io gli resi il sorriso, e dissi una delle bugie più vergognose di tutta la mia vita.
- E' che vorrei sapere tutto della tua famiglia...-
Vidi i suoi occhi scuri illuminarsi, rischiarando il mio senso di colpa. Una stella che mi esplose dentro quando lui allungò una mano per sfiorami il volto.
- Amore mio... se davvero ti fa piacere potrei continuare per giorni interi... la mia famiglia ha sempre avuto il senso del passato.
Devi solo scegliere fra storie allegre, tragiche, buffe o malinconiche come questa...-
- Non mi sembrava tanto malinconica...-
Lui mi carezzò la guancia con un dito.
- Perché non è tutto... Vedi, la leggenda dice che Morgan si innamorò perdutamente di Liam, ma che lui non riuscì mia dimenticare la strega che gli aveva salvato la vita.
Amò la sua famiglia, e amò anche la sua sposa, ma mai quanto continuò ad amare lei.
Tanto che diede il suo nome alla sua unica figlia, e da allora in ogni generazione uno o più bambini vengono battezzati con il suo nome. Angel.
Io e i miei cugini eravamo i più sfottiti della regione per questo nome troppo femminile!
Però, se si lascia da parte la verità storica, è una bella tradizione.
Il pegno di un grande amore...-
Io non risposi, e senza parlare scivolai su di lui, appoggiandogli la testa sul petto.
Era caldo, e forte, e sotto l'orecchio potevo percepire il battito regolare del suo cuore.
Sentii le sue braccia che si chiudevano attorno alle mie spalle e rimasi così.
Immobile.
Pensando a quanto fosse stata strana la vita.
E a come tutto, ora, sembrasse più chiaro.
Il nome che Angel portava, e che assurdamente era stato il mio pegno d'amore, per qualcuno che non era mai nato... e anche la somiglianza con il primo Angel.
Non mi avrebbe stupito sapere che la principessa Droghiera lo aveva amato così tanto da usare le sue arti magiche per legare i suoi tratti al suo sangue, e poter rivedere il suo volto nei figlio che sperava di avere da lui, e nei figli dei suoi figli.
Forse era solo un 'idea.
La supposizione di una mante che cercava risposte.
Ma io, se avessi potuto, lo avrei fatto.
Io lo avevo amato così tanto...
Eppure, in entrambi i tempi in cui lo avevo conosciuto, anche quando avevo lottato disperatamente per salvare la sua vita e la sua anima, era riuscita, alla fine, a fargli del male.
*****
Sapere ciò che era successo ad Angel , dopo averlo cercato, dopo aver pianto tanto perché aveva lasciato dentro di me un vuoto che niente riusciva a colmare, mi fece nascere dentro un sentimento di rassegnazione.
E, finalmente, di pace.
Finalmente, smisi di cercarlo, e il suo ricordo divenne un dolce tormento nella parte più profonda del mio cuore.
Continuavo a pensare a lui, ma con la tristezza di chi ha perso da tanto la persona che amava, e non riesce a trattenere una lacrima o un sorriso al ricordo dei momenti belli trascorsi insieme.
Non lo avrei più rivisto, ma almeno sapevo che era salvo.
Che con un 'altra possibilità lo scapestrato Liam si era trasformato in un uomo forte e sicuro di se...
In qualche modo, era di nuovo diventato Angel. E il suo ultimo dono per me non era stato solo un nome o un ricordo, ma un parte di se.
Il suo sangue, i suoi occhi, il suo volto.
Angel.
L'uomo più meraviglioso che avessi mai incontrato.
Che adesso, finalmente, riuscivo ad amare per quello che era.
Per se stesso. Per le differenze dal mio Angel e non solo per le somiglianze.
Angel era il mio amore perfetto, anche se sapevo che il mio cuore non avrebbe mai scordato quell'altro... così poco perfetto, a cui doveva il suo nome.
*****
Tutti adoravano Angel.
Quelle stesse persone che avevano odiato il suo volto, quegli stessi a cui Angelus aveva fatto del male, si fecero conquistare dalla sua allegria, dalla sua voglia di vivere e dalla sua intelligenza.
Mia madre, che aveva avuto paura dei suoi occhi; Xander, con cui ora faceva delle estenuanti partite a basket, battendolo regolarmente; Ana, che aveva ucciso quando era Jenny; e Giles, a cui aveva distrutto la vita.
Benché sapessi che non si trattava della stessa persona, avvertivo sempre una strana sensazione quando li vedevo insieme, impegnati in una delle loro complicatissime discussioni " Inghilterra contro Irlanda", o talmente persi in una conversazione da scordarsi di qualunque altra cosa, con Giles che appoggiava la fronte alle dita e Angel che gesticolava quietamente. O si tormentava le mani in quel gesto che, ancora, mi faceva più male di qualunque altra cosa.
Potevano continuare per ore, e di solito era Ana a fermarli, andando a sedersi sul bracciolo della poltrona di Giles e tappando con un risata la bocca del marito.
Angel passava moltissimo tempo nella loro libreria, e di solito era lì che ci davamo appuntamento. Anche perché così aveva qualcosa da fare, e qualcuno che lo distraesse dai miei frequentissimi ritardi, per cui inventavo le scuse più assurde, e che, invece, erano sempre dovuti a motivi molto poco umani.
Era capace di far dimenticare agli altri di essere " solamente" un uomo, di non far parte del nostro mondo e di non esserne al corrente.Riusciva a sciogliere la diffidenza che circondava la Cacciatrice come neve al sole, e nei momenti in cui eravamo insieme portava con se un dono senza prezzo.
La normalità.
Quando Angel rideva o limitava le voci dei suoi colleghi del liceo di Sunnydale, tornavamo ad essere solo un gruppo di amici con tanta voglia di godersi insieme qualche ora di quiete.
E anche io tornavo ad essere solamente Buffy Summers.
Una ragazza innamorata che riusciva anche a scordare la sua missione di salvare il mondo.
Da quando Angel mi aveva lasciata non avevo più pensato di poter amare tanto...
E invece eccomi... completamente andata...
Nemmeno le trame del Maestro riuscivano a turbare la gioia che Angel mi dava, e l'unica nube sulla nostra storia, a parte le bugie con cui avevo nascosto il mio precedente passato, era la mia identità di cacciatrice.
Come sempre, in qualunque tempo, Giles era molto rigoroso su questo punto, e nonostante si fosse molto affezionato ad Angel mi aveva impedito di dirgli la verità.
Io, più docile del solito, avevo obbedito.
Precedenti esperienze mi avevano ormai insegnato che qualunque cosa lui potesse dire o fare, prima o poi, lo avrebbe scoperto lo stesso.
E infatti, con la puntualità di un orologio svizzero, successe.
Durante le vacanze di Natale.
Nella stessa circostanza che finalmente spiegò il mistero dell'arrivo di Angel a Sunnydale.
Eravamo d'accordo di vederci la sera, per cenare con la mia famiglia, e invece, quando tornai dal centro commerciale, lo trovai già in casa.
Cordelia, che era ospite di Willow, era venuta con me, e insieme ci eravamo caricate di così tante buste e pacchetti che facevamo fatica a portarli, per non parlare di quanto resero difficile suonare il campanello, opera in cui , alla fine, riuscii solo in virtù delle mie abilità di Cacciatrice.
Quando la porta si aprì spalancammo entrambe gli occhi, e per poco non facemmo cadere tutto.
- Jonathan!- Esclamò Cordelia, guardando suo figlio, comodamente inerpicato sulle spalle di Angel . Con l'espressione di chi non ha la benché minima intenzione di scendere. - Che cosa stai facendo?-
- Angel mi ha fatto mettere il puntale sull'albero!- Cinguettò il bambino, picchiando con le mani sulla testa del suo cavallo.
- Si- Esclamò mia madre dietro di loro.- almeno un 'ora fa!-
- Bè, ora vieni giù!- Ordinò Cordelia, scaricando in terra i suoi duemila pacchetti.
- No!- La sfidò il bambino.- E' qui per me e io non voglio scendere!-
- Ma così non puoi guardare il tuo regalo...- Lo blandì lei.
- Dammelo qua...-
- Tu sei... sei... non so proprio da chi puoi aver preso!-
- Lascialo...- Si intromise Angel.- non mi da fastidio...-
- Ma scusa, tu non dovevi venire stasera?- Mi intromisi io, sollevandomi per baciarlo sulla bocca.
- Ho finito prima...-
- E noi lo abbiamo subito rimesso al lavoro.- Sorrise mia madre.
- Abbiamo fatto tutto l'albero!- Esclamò Jhonatan.- Vieni a vedere, mamma!-
- Capirai che lavoro!- Sbuffò Cordelia.- appendere due palle di vetro! Noi si che abbiamo faticato! Con tutta quella gente per gli acquisti natalizi abbaiamo quasi rischiato la vita!-
- Prova tu a strotolare lucette con venti chili da non far cadere sul collo.- Le sorrise Angel, tornando in salotto.
Il loro albero era veramente bello...
Tutto era bello... ed anche il mio cuore lo era ...
E, ovviamente, non feci nemmeno in tempo a sistemate i pacchetti che Giles mi chiamò al telefono.
Scema io a non prevederlo...
Soliti movimenti sospetti, solita urgenza, soliti rimbrotti da parte mia che tanto non portavano mai a niente.
Finivo sempre per rimettermi il cappotto e correre da lui.
- Ti accompagno?- Chiese subito Angel.
Io gli sorrisi.
- No, no, non preoccuparti. Sarà solo una sciocchezza...-
Non mi sembrò tanto convinto, ma mi lasciò andare, limitandosi a guardarmi dalla porta.
Fui invece Jonathan a corrermi dietro, dopo aver ingiunto ad Angel di metterlo a terra.
- Cos'è, sei sceso di sella?- Gli chiesi io, abbassandomi per parlare con lui.
Dopotutto, Giles non mi avrebbe certo rinfacciato il minuto perso a salutare un bambino...
Lui si voltò verso Angel, quasi ad accertarsi che non potesse sentire, e poi mi rivolse uno dei suoi famosi sorrisi.
- Adesso sei contenta?- Mi chiese, con lo sguardo di Cordelia negli occhi.
Io aggrottai la fronte, senza capire.
- Certo che sono contenta...-
- Noo! Sei contenta che ho fatto tornare Angel da te?-
Se non fossi stata la cacciatrice, probabilmente avrei perso l'equilibrio e sarei caduta.
Sapevo che Jhonatan aveva formidabili capacità telepatiche, e che poteva aver letto di Angel nella mia mente... ma lui non mi aveva chiesto se ero contenta che fosse qui... mi aveva chiesto se ero contenta che l'avesse fatto tornare!
Lo presi per le spalle, terribilmente seria.
- Jhonatan, che cosa hai fatto?-
Lui mi guardò, mettendo il broncio.
- L'ho fatto tornare...
Tu eri così triste dentro, anche quando ridevi, e avevi la sua faccia nella mente... pure a non volerlo dovevo vederla per forza!-
Io sospirai, accarezzandogli il viso.
- Non ti sto sgridando, tesoro, lo so che non lo fai apposta .
Vorrei solo che mi dicessi che cosa hai fatto, perché a me è sempre sembrato così strano che Angel fosse capitato proprio qui...-
Lui tirò su con il naso.
- Non ho fatto niente di male...
Soltanto.... Quando ti ho vista così giù ho pensato di mettere il suo viso nella testa delle persone, e fargli venire voglia di cercarlo...-
Mi passai la mani sul viso.
Certo... Willow l'aveva portato al liceo... se Jhonatan aveva incrociato il preside e lo aveva condizionato con l'impulso di cercare Angel... l'altro Angel, quello che non c'era mai stato... e il suo volto era su Internet... nel curriculum di un giovane insegnate di storia...
Allora non era più così assurdo...
Non era stato un caso se un discendente di Angel , in tutto e per tutto simile a lui nel fisico, era capitato a Sunnydale.
Semplicemente un bambino dotato di poteri che nessuno riusciva nemmeno a immaginate , figlio di un essere umano e di un mezzo demone bianco, aveva influenzato la mente giusta perché lo portasse qui...
No... non era così assurdo... lo era molto, molto di più...
*****
Chissà da quante ore, calato il sole, gli scagnozzi del Maestro aspettavano l'occasione giusta per agire.
E, soprattutto, aspettavano che Jhonatan uscisse da una casa in cui non potevano e non gli conveniva entrare.
Ci furono addosso in un secondo, approfittando della mia sorpresa.
E io compresi che era il bambino che volevano quando uno di loro lo afferrò dalle spalle, sollevandolo, mentre lui strillava e scalciava impaurito.
Il pensiero di quel che Jonathan mi aveva appena detto aveva occupato per un attimo tutta la mia mente.L'attimo in cui avevo abbassato la guardia.
Troppo, per una cacciatrice.
Erano sei. Cinque senza quello che reggeva Jonathan.
Pochi per il mio standard, ma abbastanza dal momento che mi venivano addosso tutti insieme, e che la mia borsa con i paletti era volta via dopo il primo attacco.
Mi ringhiarono contro mentre io mi difendevo, colpendoli con pugni e calci resi più forti dalla rabbia.
Non solo rompevano le scatole, non solo lo facevano quasi alla vigilia di Natale, ma se la prendevano pure con un bambino!
Spaccai la mascella a una specie di scimmia con un collo enorme, nello stesso istante in cui un altro mi afferrava dalle spalle, fornendomi uno splendido appiglio da scavalcare per poi prendere a calci uno dei suoi fratellini.
Probabilmente me ne sarei liberata prima se la mia attenzione non fosse stata divisa fra il vampiro che teneva Jonathan , quelli che attaccavano me e Angel... che era scomparso dalla porta aperta.
Il che non mi avrebbe spaventata più di tanto ... se fosse stato il mio vecchio Angel...
Ma il mio vecchio Angel non sarebbe mai stato tanto lento da farsi prendere in faccia dal vampiro che avevo appena spinto di lato!
- Sta lontano!- Gli gridai, ma lui non mi sentì nemmeno, tornando a infilarsi nella mischia nel tentativo di aiutarmi.
Pensai che non avesse la minima possibilità di uscirne vivo, e invece si difese bene, sfoderando conoscenze di arti marziali che io ignoravo totalmente, e distraendo i miei avversari il tempo sufficiente a consentirmi di afferrate la mai borsa.
Pochi minuti dopo era tutto finito, e io stavo correndo verso l'ultimo vampiro, che ancora stringeva a se il piccolo Jonathan.
Ma non feci in tempo a raggiungerlo che il vigliacco rimase letteralmente fulminato da una freccia che gli spaccò il cranio .
Sulla porta, Cordelia abbassò la sua balestra.
Mentre io fissai negli occhi Angel.
*****
Jonathan non versò una lacrima, Cordelia si mise ad imprecare contro chi non rispettava nemmeno le feste comandate e Giles, che aveva chiamato per conoscere il motivo del mio ritardo, suppose che il Maestro volesse sfruttare i poteri ancora sconosciuti del bambino per riacquistare la sua libertà.
Discosto, mentre la verità gli veniva improvvisamente rovesciata addosso, Angel ascoltava in silenzio.
Dal momento in cui mi aveva vista sembrava quasi che una diga di fosse spaccata.
Nessuno si curava più di nascondere nulla.
Parlavamo come se lui fosse sempre stato uno di noi.
O come se non ci fosse.
Ma lui c'era.
E se ne rimase seduto tutto il tempo sul divano, con le mani strette una nell' altra e Jhonatan che si era addormentato con la testa sulle sua ginocchia.
Cupo in volto come non lo avevo mai visto.
Non lui.
Mentre parlavamo di cospirazioni e vampiri, di piani diabolici e misterioso pericoli, eletti e doveri della Cacciatrice. Mentre discutevamo di quanto i tentativi del Maestro stessero diventando sempre più insistenti e pericolosi e del se Jonathan sarebbe stato più al sicuro a Sunnydale o a Los Angeles.Mentre tutti i miei segreti, o quasi tutti, venivano alla lue, Angel rimase ad ascoltare.
E non disse una parola.
E anche dopo che tutti furono usciti, chi per dovere e chi sotto la spinta di un imbarazzo un po' tardivo, lui rimase in silenzio.
Si alzò, mise le mani in tasca e si avvicinò all'albero di Natale.
Sempre in silenzio.
Se assomigliava anche solo un po' al suo antenato avrebbe potuto rimanerci per ore in silenzio, e questo era un aspetto di lui che mi era ancora sconosciuto.
- Vuoi... strangolarmi?- Chiesi alla fine, solamente per spezzare quello strazio.
Lui si voltò.
- E rischiare di farmi staccare un braccio? No, grazie, vorrei solo andare a casa, guardarmi in uno specchio e sputarmi negli occhi per quanto sono idiota!-
- L'hai presa bene...-
- L'avrei presa meglio se fossi stata tu a raccontarmi tutto.- Si passò una mano fra i capelli.- no... magari non è neanche vero...-
- Angel...-
- Io credevo che ci fosse qualcosa di importante fra noi...- M'interruppe, allungando le mani per impedirmi di toccarlo.
Io non sapevo cosa dire, e così, assurdamente, istintivamente, ripetei ancora quelle stese parole che tanto mi avevano ferita.
- A volte mentire è necessario... per proteggere le persone che ami...-
Lui mi fissò intensamente.
- Quello che te l'ha detto doveva avere una gran paura della verità.-
Si. E ora finalmente riuscivo acapirlo.
Riuscivo a capire quello che Angel aveva provato quella sera, messo di fronte a uno dei suoi segreti più oscuri. Proprio come me adesso.
Adesso che lo avevo perso. Adesso che amavo un altro e rischiavo di perdere anche lui.
Solo ora riuscivo ad intuire quanto profondamente lo avevo ferito.
Avrei dovuto dire che era meglio così. E intimare a Angel di stare lontano da me. Dal pericolo che potevo essere per lui.
Agire come l'altro Angel aveva fatto con me.
Ma ero così... piccola... Nonostante tutto quel che era successo.
E a volte penso che quella specie di... immaturità, che possedevo e possiedo ancora , fosse una sorta di difesa.
Per vivere.
Per non impazzire.
In quel momento, l'unica cosa che sapevo era che lo amavo, e volevo che restasse con me.
- Cosa ne sarà di noi, adesso?- Mormorai, con gli occhi pieni di lacrime.
Lui chiuse i suoi, scuotendo lentamente il capo.
- No lo so... io... devo pensarci...-
Mi superò lentamente, e io fui certa che sarebbe uscito.
Dalla posta, e dalla mia vita.
E invece si fermò, proprio sulla soglia, alzò il capo e rimase per un attimo immobile. Poi si voltò di nuovo, e con un sospiro ritornò verso di me.
- Ci ho... pensato...- Mormorò, e un sorriso imbarazzato gli affiorò sulle labbra.
- D'accordo... la città è infestata dai vampiri, la mia ragazza ha il compito di farli fuori e picchia molto più forte di me...- Sollevò le spalle. - Poteva andare peggio.
E io ti amo tanto...-
Gli gettai le braccia al collo, mentre un singhiozzo mi sfuggiva dalle labbra.
- Anche io ti amo, Angel. Sei la cosa più bella della mia vita...-
Lui mi strinse a se, baciandomi i capelli e cullandomi come una bambina.
- Adesso, però, niente più segreti...- Mormorò sulle mie guance.
Io aprii gli occhi, lentamente.
E seppi che se non gli avessi detto allora la verità, se non gli avessi raccontato del mio passato, e di Angel, e di Liam, e se non avessi sperato allora che mi credesse, che credesse che amavo lui, e non l'ombra di qualcuno che non avevo più, e se non avessi affrontato allora il rischio che lui non lo facesse, non avrei più fatto.
Mai più.
- No...- mormorai-
E dentro di me, come tante volte aveva fatto lui, chiesi perdono ad Angel.
Al mio antico, infelice, tormentato amore.
E seppi che lui sarebbe stato con me molto più comprensivo di quanto non lo ero mai stata io.
*****
Natale passò.
Cominciò un nuovo anno.
E Sunnydale continuò a essere quella che era sempre stata.
Jonathan continuava a ripetere che a Los Angeles viveva colui che doveva incontrare, e cosi Cordelia tornò a casa, sotto la scorta eccezionale di Willow e Mike, una delle mie " ali".
Ricominciò la scuola, e Angel chiese di essere rimosso dalla classe di Down.
Ufficialmente, per correttezza professionale, non voleva avere fra le sue allieve la sorella della sua ragazza.In realtà , aveva bisogno di più temo.
Appresa e accettata la verità con una rapidità che ci stupì tutti, chiese a Giles gli insegnargli a combattere.
Di insegnargli ad aiutarmi, o almeno a provarci.
Il mio Osservatore era stato un po' titubante, all'inizio. Nonostante le innovazioni apportate da " William il riformatore", le regole del Consesso, come quelle del Concilio prima di lui, continuavano ad essere molto rigide, e per diventare una delle mie Ali", o anche solo un semplice " aiutante", sarebbe stata necessaria tutta una serie severissima di esami.
Ma, come già il suo antenato, Angel era molto testardo, e messo di fronte alla scelta fra istruirlo e lasciare che mi stesse accanto senza alcuna preparazione, persino Giles finì con il capitolare.
Senza troppo pentimento, poi, perché Angel si dimostrò da subito un allievo molto più diligente di me, e in brevissimo tempo divenne uno di noi, aiutato in questo da una innata capacità di adattamento, probabilmente ereditata da lontano. Con in più l'impagabile abilità di turare su il morale a tutti e in qualsiasi occasione.
Tornare da una notte di baruffe con una spala slogata e tanti lividi da non poterli contare, e poi mettersi a giocare con Leo, o a cucinare un 'enorme padellata di uova all'irlandese era una cosa assolutamente normale per lui.
Pareva quasi che la sua energia non si esaurisse mai.
Tutti gli volevano bene, e io lo amavo da impazzire.
Avrei fatto qualunque cosa per lui.
L'unico motivo di sofferenza, per me, era sapere che, benché amassi questo Angel solo ed esclusivamente per com'era, se il mio vecchio Angel me ne avesse dato la possibilità e io fossi stata solo un po' più adulta, forse, saremmo stati ugualmente felici.
Era come... amare uno dopo l'altro due fratelli gemelli, identici eppure diversissimi .
E questo, a volte, mi creava un po' di confusione.
Speravo sempre che Angel si comportasse in modo diverso dal mio antico amore, e ogni volta che un suo gesto me ne riportava alla mente un altro, identico e lontano, provavo un profondo imbarazzo. Come se stessi tradendo un fratello con l'altro.
Quando il giorno del mio compleanno scartai il suo regalo e trovai un piccolo astuccio di velluto rosso un brivido mi passò lungo la schiena.
Avevo paura.
Provavo il terrore che fosse ancora un anello Claddagh.
E, in effetti, un anello c'era.
Un bellissimo, preziosissimo anelo antico, con un piccolo diamante incastonato in tralci di platino.
L'anello di una sposa.
- Ti sfido a trovare un altro che accetti di vederti uscire tutte le notti senza dire una parola...- Mi sorrise lui., mentre guardavo l'anello con gli occhi spalancati.- o che ti ami di più...-
- Oh, Angel... - Mormorai io.- non ... non avevo mai pensato realmente di sposarmi... -
Non in quel presente almeno.
- E io non avevo mai pensato di vedere un vampiro trasformarsi in cenere. La vita è piena di sorprese...-
- E poi, tu hai diritto ad una...-
Cosa ?
Com 'era possibile che la situazione di fosse tanto capovolta?
- ... vita normale?- Finì lui per me.- Io ho diritto a scegliere , Buffy, a decidere quello che voglio per me e per il mio futuro.
E quello che voglio non è una vita normale. Quello che voglio sei tu.
Guardala dal lato migliore... - Continuò sorridendo.- potrò aiutarti con gli esami di storia a letteratura inglese!-
Io feci una piccola risata nervosa.
- Allora è un ricatto?-
- Si... ma sono preparato anche sul convincimento razionale e la preghiera senza dignità né ritegno...-
- Io... se me lo avessi chiesto solo qualche anno fa... ti avrei detto di no...-
- Sempre avuto un tempismo perfetto.-
- Oh, Angel, si...-
Lui trattenne il fiato e mi fissò.
- Si, cosa?-
- Si, si! Si, ti amo! Si, ti poso!-
- Oh, Dio, Buffy!- Esclamò, prendendomi dalla vita e facendomi girare in aria come se fossi senza peso.- Stavo morendo di paura!-
Io risi.
E piansi.
E risi ancora.
Come non mi accadeva più da anni.
Da quando Angel era scomparso oltre una nuvola di vapore, in una strada buia di Sunnydale.
In un altro mondo.
E in un altro tempo.
*****
Come mi ero immaginata, fu Giles quello più perplesso all'idea che mi sposassi con Angel.
Pensava che niente dovesse distrarre una Cacciatrice dal suo compito.
Certe cose, davvero, non sarebbero mai cambiate.
- Fosse per te non dovrei nemmeno studiare!- Esclamai spazientita.- Dovrei essere perennemente ai nastri di partenza ad aspettare un attacco di vampiri!-
- Non voglio distrarla dai suoi compiti.- Rincarò Angel .- voglio solo starle vicino...-
- Già!- Sparai io.- che differenza potrà mai esserci se abito con lui o con i miei.-
- Ma pensate alle conseguenze- Si oppose il mio Osservatore.- Angel, hai considerato quanto sarebbe pericoloso per te viverle accanto?-
Lui scosse le spalle, assolutamente tranquillo.
- Giles, io la amo. E cercherei comunque di stare con lei.
Anche se dovesse lasciarmi, anche se dovesse allontanarsi da me per il mio stesso bene, io la seguirei comunque, anche contro la sua volontà.
Ormai, non c'è più scelta per me.-
- Ma le cacciatrici non si sposano!- Sbottò lui disperato.
E io:
- Tanya Nimikova lo era! E aveva persino una bambina!-
- Tanya Nimikova era sposata con "William il riformatore"!-
- Non ci è mica nato come "William il riformatore", e ti assicuro che se le cose non fossero andate in quel modo lui sarebbe stato una persona molto, molto diversa!-
Mi avvicinai, cercando di calmarmi, e gli presi una mano.
- Giles, ti prego, ascoltami. Quante possibilità ho io di essere felice?
Quante possibilità ho io di... vivere a lungo?-
Accanto a me, Angel mi mise una mano sul colo, protettivo.
- Sii oggettivo.
Mi potrebbero uccidere domani.
E forse è anche per questo che sono sempre stata così capricciosa, che ho cercato di godere di ogni istante.
Io... non pretendo più di vivere una vita normale... vorrei solo essere un po' felice.
E non potrei mai esserlo senza di lui.-
Abbassai gli occhi, e le parole che seguirono furono soltanto per me.
- La vita mi ha dato un 'altra possibilità , e io non voglio buttarla via.
Voglio godere il mio amore, prima di perderlo di nuovo.-
Giles mi fissò, teso in volto. Non sapevo nemmeno se la Buffy che aveva conosciuto gli avesse mai fatto un discorso tanto serio.
- Oh, Giles, se tu non avessi Ana... saresti così triste e... vuoto... mentre ora sei così felice...-
Era un colpo basso, ma per una volta sapevo quello di cui stavo parlando.
Oh, se lo sapevo...
Vidi il mio Osservatore voltarsi, come se si aspettasse di vedere sua moglie comparirgli alle spalle.
- Tanto non cambieresti idea nemmeno se te lo ordinassi!-
Io sorrisi.
Avevo vinto.
*****
La prima reazione della famiglia di Angel quando lui comunico che si sarebbe sposato fu mandare una delegazione a Sunnydale per conoscermi.
Vennero sua madre e sua sorella Anna, " la sua piccolina", una ragazzina di quattordici anni che lui adorava e non smetteva un istante di coccolare. E che non somigliava affatto a Kathie, l'amatissima sorellina di Liam.
Erano due persone adorabili, allegre come lui, e l'unico problema che ebbi con loro fu sempre il solito, ossia nascondere la mia vera attività.
Mi portarono un regalo dall 'Irlanda. Un regalo prezioso.
L'unico ricordo del ceppo principale della loro famiglia.
Senza nemmeno avere idea di ciò che avrebbe significato per me.
Era un ritratto.
Un ritratto a carboncino eseguito da Liam Malahide nel 1786, e che rappresentava la sua unica figlia, una bellissima bambina che sorrideva felicemente, con gli occhi e le labbra di suo padre.
In basso, la firma e il titolo, " La mia piccola Angel".
Quante volte, quante, ho guardato quel ritratto, con il cuore che mi trasmetteva una strana sensazione, in un misto di tenerezza e... gelosia?

Si, gelosia forse.
E forse ero pazza.
Non sarebbe stato tanto strano...
La sorella di Angel mi fece decine di fotografie da riportare a casa, in Irlanda , e insieme con Willow, Ana, Down e mia madre andammo a scegliere l'abito da sposa.
Ci mettemmo giorni, stordendo negli intervalli tutti gli uomini presenti con le nostre chiacchiere entusiaste.
Avevo sempre visto il matrimonio come una cosa lontanissima, eppure non ero masi stata così eccitata.
Guardavo il mio vestito bianco, con il mazzolino di fiori scintillanti alla vita e la gonna vaporosa e non riuscivo a credere che lo avrei indossato io.
Proprio io...
Buffy Summers...
Mi sembrava così assurdo...
Mi ritrovato a ridere da sola, come una scema, e quando andai ad accompagnare Anna e sua madre all'aeroporto mi scoprii a piangere come se fossero davvero parenti mie.
Nemmeno i solito " problemini" di tipo paranormale riuscirono a smorzare il mio entusiasmo.E anzi, la gioia e l'eccitazione si trasformavano in certi momenti in energia e forza.
Non ero mai stata tanto veloce e polverizzare pipistrelli.
Il che fu un gran bene, dal momento che i tentativi per liberare il Maestro crescevano ormai in maniera esponenziale.
Pareva che fosse riuscito a procurasi l'alleanza di un demone catalizzatore, che riusciva a trasmettergli l'energia vitale che i vampiri rubavano alle loro vittime... un po' come aveva cercato di fare al mio precedente arrivo a Sunnydale con l'aiuto del caro Luke, che in questa realtà io avevo già polverizzato da più di due anni.... per cui la notte si scatenava una specie di duplice caccia.
Loro cercavano chiunque commettesse l'imprudenza di uscire di notte.
Noi cercavamo loro.
Ne facemmo fuori a decine, dopodiché sembrarono calmarsi.
Dandomi così modo di concentrare le mie energie sui preparativi per il grande evento.
Avevamo finito quasi tutto, compreso il rimodernamento della villetta di Angel.
Non avevo mai creduto che qualcosa di così quotidiano... banale, qualcosa che visto fare agli altri mi aveva sempre fatta sbuffare, avrebbe potuto rendermi così felice.
Non avevo mai creduto che un uomo potesse rendermi così felice.
Non dopo che il mio primo Angel era ... cambiato...
Ma in quei giorni lo ero tanto... così tanto che pensavo a lui sempre di meno.
*****
Era da una settimana che non c'era più un attacco.
Giles era in apprensione, poiché dai suoi calcoli non doveva mancare molta energia al Maestro per riuscire a liberarsi, ma io non gli davo gran che retta.
Ero troppo presa da me stessa.
E dalla mia gioia.
Tuttavia, avevo accettato lo stesso un giro extra di vigilanza, subito dopo il tramonto, e cosi arrivai al negozio di abiti da sposa poco prima che chiudesse, e quando Angel venne a prendermi con Down ero ancora agli inizi.
- Allora la porto a casa e torno. - Propose lui, rigorosamente fuori dalla stanza delle prove.
- Okay.- Risposi io, sistemandomi il velo con le mani mentre la sarta me lo appuntava con le forcine.
- Ti amo...-
Io sorrisi, senza rispondere, piroettando davanti allo specchio.
Il vestito e il velo mi si attorcigliarono attorno al corpo e io scoppiai a ridere, cercando di liberarmi.
La seta e il tulle erano fresche e soffici, e frusciavano a ogni mio movimento, mentre il mio cuore non smetteva un attimo di correre per la gioia.
Mi sentivo così eccitata quella sera che avrei potuto saltare, e ballare come una pazza, e cantare, e gridare... gridare... gridare...
E invece fu Down a gridare.
Urlava il mio nome, fuori dalla porta del negozio.
Urlava forte.
Disperata.
Mentre il cuore mi si fermava nel petto, saltai giù dalla passerella, e quasi mi scontrai con lei.
Era pallida, spaventata, il volto devastato dalle lacrime.
Mai, in vita mi, l'avevo vista in quello stato.
- Che è successo?- Le gridai, afferrandola per le braccia, contagiata dalla sua paura.
Come un verme freddo su tutta la mia pelle.- Per l'amor di Dio, Down, cosa è successo?-
Lei singhiozzava freneticamente, le parole quasi incomprensibili per il pianto.
- In River Street...- Balbettò.- ci aspettavano...-
- Chi?- Gridai io.- chi vi aspettava?-
- Vampiri... tre... quattro... Angel è... rimasto là... mi ha spinto.,.. mi ha gridato di scappare...-
- No...- Mormorai , mentre i singhiozzi la soffocavano. - NO... -
Corsi via.
Fuori dalla stanza, fuori dal negozio, fino alla strada, mentre il vestito da sposa mi si allargava attorno come un fioto di sangue bianco.
Corsi con tutta la forza che avevo, con tutta la mia disperazione e la mia paura.
Per le vie bagnate di pioggia di quella città che mi teneva legata, e che a volte odiavo con tutta me stessa. Come anni prima avevo corso per le strade di Galway.
Fino a River Street.
Un budello come tanti, stretto fra due fila di palazzi, con la luna che si rifletteva sui vetri e versava le sue lacrime d'argento sul corpo straziato di Angel.
Mai, per tutta la mia vita, potrò scordare quell'unico momento.
L'attimo in cui lo vidi.
E capii che era morto.
Era girato su un fianco, con la testa appoggiata a terra e gli occhi chiusi, come se dormisse.
O come se fosse solamente caduto.
Il cappotto scuro gli copriva il corpo, poggiando dolcemente in terra, e solo la posizione delle braccia, suggeriva che qualcosa non andava. Uno era piegato, appoggiato contro il petto, e l' atro era allungato in terra, con la mano aperta e il palmo verso l'alto.
Nell'urto, forse, l'astuccio di seta che teneva in tasca era caduto, aprendosi e rovesciandosi al suolo, e ora due cerchi d'oro scintillavano sull'asfalto bagnato, accanto alle sue dita, come se gli fossero sfuggiti di mano.
Potei sentire distintamente il rumore del mio cuore che si spezzava.
E lo riconobbi.
E lo sentii gridare, come gridai io, correndo verso di lui e inginocchiandomi al suo fianco.
Urlai e piansi, prendendogli la testa fra le mani e posandomela in grembo.
Il sangue che gli copriva la gola e il petto scivolò sulle mie dita, e sul vestito, macchiando la stoffa candida e il lungo velo sporco di fango.
Non riuscivo a dire niente, neanche a chiamare il suo nome.
Potevo solo piangere e singhiozzare, premendo la mia fronte sulla sua, come una bambina disparata.
Una bambina a cui avevano appena tolto tutto.
A cui avevano infilato una mano nel petto e strappato via l'anima, brandello dopo brandello.
Senza fiato, soffocata dai miei stessi singhiozzi, continuavo a gridare.
Cercando una ragione. O anche una bugia.
Ma la notte, crudele, non mi rispose mai.


*****