Pieces of you

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Sunnydale, Agosto 2001

Vedere Dawn piangere faceva male.
Tanto male.
Willow era sorpresa che la ragazza avesse ancora lacrime dopo gli eventi degli ultimi mesi.
Dopo la morte di Buffy.

Eppure Dawn ora la stava guardando, ed i suoi occhi erano pieni di lacrime mentre le parlava di Spike.

Willow sospirò, appoggiandosi contro lo schienale del divano, mentre il suo sguardo cadeva su Tara, la sua Tara.

Quella notte aveva lasciato un segno indelebile in tutti loro.

“Non…so cosa gli sia preso, Willow…non mi guarda nemmeno…a volte preferirei che mi scacciasse…”
disse Dawn.
“Non fa altro che combattere…lo…lo hai visto di recente? ” Domandò la ragazza.

“Sì…” Disse Willow annuendo.

Aveva visto Spike, ed aveva stentato a riconoscerlo, era davvero lo stesso vampiro che una notte di alcuni anni prima era entrato nella sua scuola, con un sorriso arrogante dipinto sul volto, e la voglia pazza di ammazzare Buffy?

Era lo stesso vampiro che l’aveva rapita?
Lo stesso vampiro che aveva provato a morderla?
Che aveva venduto tutti loro ad Adam?

Willow non ne era sicura. Aveva visto, come tutti, quella che all’apparenza era sembrata un’ossessione, rivelarsi un amore intenso, profondo, che lo aveva spinto a rischiare più volte la vita.

Aveva visto Spike piegarsi su se stesso vedendo il corpo di Buffy, mentre il suo corpo era stato scosso da singhiozzi e da un dolore autentico, quanto il loro.

Sapeva che passava tutte le sue notti a combattere demoni.
Combatteva probabilmente per sfuggire ai demoni dentro di lui, più tremendi di quello che lo rendeva un vampiro.

Lo aveva visto combattere una volta, mentre con Xander pattugliava il cimitero. Lo avevano osservato in silenzio.

E in silenzio lui aveva combattuto.
Eppure, ogni colpo, ogni fendente aveva gridato il suo dolore per la morte di Buffy.
Eppure lui non aveva pronunciato una parola di fronte alla tomba di Buffy.
Era solo rimasto fermo, a guardarla, prima di allontanarsi lentamente, mentre il sole sorgeva.

Persino Xander aveva mostrato preoccupazione per lui.
Era stato proprio Xander a notare il suo pallore: innaturale, persino per un vampiro.

Lei…
Lei aveva notato altre cose: ferite profonde sul corpo di Spike, segni dei durissimi combattimenti che notte dopo notte lo stremavano.
Aveva visto la sua maglia lacera, in più punti, e lui non sembrava nemmeno essersene accorto.
Così come non si era reso conto di quanto largo fosse diventato il suo spolverino.

Willow aveva dubitato che ci fosse qualcosa che gli importasse davvero. La ragazza guardò Dawn:
“Cosa vuoi che faccia?” Domandò

“Parla con lui” mormorò lei.
“Forse a te darà ascolto”

Willow aggrottò le fronte.
“Spike…darmi ascolto?”

Dawn annuì.
“Per favore, Willow…”

“Ha bisogno di avere qualcuno accanto a se in questo momento.” Disse Tara, parlando per la prima volta da quando Dawn aveva detto loro di Spike.
“Ci siamo chiusi nel nostro dolore…e lui ne è rimasto fuori…e sta soffrendo…esattamente come noi”

Willow deglutì alle parole di Tara.
Era vero.
Tutto vero.
Avevano tagliato fuori Spike, non volontariamente, ma l’avevano fatto.
Non vi era stata ostilità nei suoi confronti.
Non vi erano state parole crudeli.
Nessuno aveva messo in dubbio la sincerità del suo dolore.
Eppure nessuno di loro, gli si era avvicinato, offrendogli conforto.

Sospirò, annuendo verso Tara prima, poi verso Dawn.

Dio…
Perché, perché era tutto così difficile?

“Va bene”
Disse dopo qualche istante di silenzio.
“Andiamo a parlare con Spike.”

***

Los Angeles, Agosto 2001

Non sapeva nemmeno cosa stesse facendo in quel luogo.
Wesley Wyndam Pryce, si passò una mano tra i capelli, mentre il suo sguardo era fisso sulla porta chiusa dalla quale di lì a poco sarebbe uscita Faith.

Dire che la telefonata della ragazza, la notte prima l’aveva sorpreso, significava usare un blando eufemismo.

Faith era l’ultima persona che si sarebbe aspettato di sentire.
L’ultima persona che avrebbe voluto sentire.

Era stato tentato di riagganciare quando aveva sentito la sua voce, ma l’urgenza e la disperazione in essa, glielo avevano impedito.

L’aveva ascoltata, mentre gli diceva che Buffy era ancora viva.
Diceva di sentirlo.

Probabilmente quelle di Faith erano solo sensazioni, ma per il bene di Angel, aveva deciso di controllare di persona. Non avrebbe mai potuto dire ad Angel della telefonata di Faith, prima di avere prove certe.

La morte di Buffy aveva gettato Angel in uno stato di profonda prostrazione, dalla quale stava faticando ad uscire, alimentare false speranze, non avrebbe fatto altro che annullare i pochi progressi che vi erano stati.

Faith aveva parlato di sensazioni, e Wesley ricordava bene quanto gli era stato insegnato al Concilio a proposito delle sensazioni delle cacciatrici: raramente esse erano sbagliate.

Faith poteva essere atipica come cacciatrice

Atipica? Questo sì che è un bell’eufemismo…

Ma era l’unica cacciatrice rimasta.

La porta si aprì, proprio mentre Wesley stava riflettendo sul fatto che l’unica cacciatrice fosse in galera.

Faith avanzò lentamente verso di lui e l’uomo non poté fare a meno di aggrottare la fronte, sorpreso.

L’ultima volta che aveva visto Faith si era trovato di fronte una ragazza pallida, che indossava ancora gli abiti sporchi del suo sangue.
Era stata una ragazza che aveva mostrato molto di più della sua età.

Era ancora pallida Faith, ma quella era l’unica cosa che aveva apparentemente in comune con quella ragazza: vi era una luce diversa nei suoi occhi scuri, che per una volta non erano truccati pesantemente.

I lunghi capelli castani erano sciolti e le accarezzavano i fianchi, e gli sorrideva Faith, timidamente. Quasi come se non avesse il diritto di farlo, ma non potesse farne a meno.

La ragazza gli fece cenno di sollevare il ricevitore e Wesley si ritrovò ad annuire, sorpreso.
No…non sorpreso.
Inebetito.

“Grazie per essere venuto” Disse la ragazza.

“Non c’è di che”

Wesley tacque per un istante. Si era aspettato di odiare Faith vedendola. Si era aspettato che terribili, gli sarebbero tornati in mente i ricordi delle lunghe ore di torture subite.
Invece, inspiegabilmente gli tornavano alla mente altre cose: allenamenti a Sunnydale, ore passate a correre con lei, sfinendosi, ma sentendosi soddisfatto del proprio lavoro
Illudendosi di aver fatto un buon lavoro.

Se tu fossi stato un osservatore migliore.
Deglutì, cercando di scacciare quelle parole.

“Potresti raccontarmi del tuo sogno?” Domandò

Faith annuì, eppure sembrò esitare e non riuscì a guardarlo mentre cominciava:
“Il cielo era rosso…rosso sangue. C’erano demoni ovunque…mi ricordavano tanto quelli che combattemmo con Angel quella notte nella biblioteca del liceo, quando la bocca dell’inferno stava per essere aperta.
Buffy era lì.
Lei combatteva, ma non era sola…c’erano uomini e donne con lei.
Pensava alla sua famiglia…ed era preoccupata per quelle persone…”

“Come fai a dirlo?” Domandò Wesley. La sua attenzione era stata attirata dalla parziale descrizione dei demoni: simili a quelli che avevano combattuto quando la bocca dell’inferno stava per aprirsi.

Da quanto Willow aveva detto loro, Buffy era morta per chiudere un portale tra le dimensioni.
Era stata dissanguata.
Era stato il suo sangue, la sua essenza vitale a chiudere quel portale.

“Perché…perché io ero lei. Vedevo attraverso i suoi occhi, sentivo quello che sentiva lei.
Sono stata nel corpo di Buffy, so come ci si sente” Terminò secca.

“Quindi in base a questo…sogno, ritieni che Buffy sia ancora viva?”

“Io non *ritengo*!
Lo sento…come”
Faith sbuffò, abbandonandosi contro lo schienale della sedia.
“Te l’ho detto Wesley…non ho mai creduto alle balle mistiche sulle cacciatrici, ma questa volta è diverso!
Era più che un sogno premonitore…era come la fottuta realtà!”

Wesley aggrottò la fronte.
“Non dubito delle tue parole” Disse e si sorprese nel constatare che era la verità.
“Ma i fatti parlano chiari, purtroppo: Buffy è morta. Ho visto la sua tomba, e ci sono testimoni che l’hanno vista precipitare nel vuoto da una torre di cinquanta metri dopo essere stata dissanguata”

“Io sono stata in coma per otto mesi.” Mormorò la cacciatrice bruna.
“Quante persone conosci che escono da un coma profondo?”

Wesley sospirò.
“Ammettiamo che tu abbia ragione, Faith: cosa suggerisci di fare?”

La ragazza ammiccò, apparentemente sorpresa dalle sue parole.
“Ed io che ne so?” Disse infine.
“Il cervellone sei tu, Wesley! Contatta quelli di Sunnydale…
Buffy è viva, lo è quanto te e me in questo momento…solo…”
Sorrise.
“Solo che non è qui!”

Wesley scosse la testa.
Grandioso…cosa avrebbe detto ad Angel?

Faith sembrò leggergli nel pensiero perché disse: “Prima di parlarne con Angel io discuterei della cosa con Giles…o qualcuno degli amici di B.”

Wesley annuì, sorpreso dal tono della voce della ragazza: aveva perso molto della sua strafottenza, era pieno di comprensione…e di dolore.
Dolore per Angel supponeva.

Rimasero in silenzio per qualche istante, Wesley a testa bassa, senza avere il coraggio di guardarla.

“Come stai?” Domandò lei improvvisamente.

Wesley sollevò la testa di scatto.
Si era aspettato di trovare Faith a testa bassa, imbarazzata, ma non fu così.
Se era imbarazzata non lo dava a vedere, sembrava davvero interessata a lui, a quello che stava facendo.

“Bene…” mormorò.

Faith annuì.
“Mi fa piacere” soffiò.

“E…”
Wesley deglutì
“E tu?”

Faith si strinse nelle spalle. “Non male…”
La ragazza si morse il labbro inferiore.
“Wesley mi…”
S’interruppe e l’uomo fu certo che gli avrebbe chiesto scusa.
E per un istante non seppe cosa sarebbe accaduto se lei lo avesse fatto.
Non era pronto probabilmente ad udire quelle parole da lei.

Poteva averla perdonata, ma nessuna parola, per quanto dettata dal cuore avrebbe potuto cancellare quanto era accaduto quella notte.

Di nuovo Wesley fu sorpreso, quando per la seconda volta in pochi minuti Faith sembrò captare i suoi pensieri.
“Mi sa che non sono ancora pronta a genuflettermi…
non che non ci sia la volontà da parte mia, ma è ancora presto…credo…”

Inaspettatamente Wesley sorrise.
Sorrise, a dispetto di se stesso.
“Forse no” Mormorò.

Faith ricambiò il suo sorriso ed annuì.
“Mi farai sapere?” Domandò

“Naturalmente…e tu mi farai sapere nel caso dovessero esserci altri sogni?”

“Sì…” soffiò lei. Esitò per un secondo prima di dire.
“Grazie Wesley, so che non è facile per te…”

L’Inglese scosse la testa dicendo.
“Ho idea che non lo sia per nessuno dei due”

Faith sbatté gli occhi alle sue parole ed abbassò la testa prima di dire.
“Beh, sono io che ho incasinato tutto…”

Una guardia si avvicinò a Wesley, mormorando che l’orario di visita era terminato.
Sia Wesley che Faith sussultarono, sebbene nessuno dei due se ne fosse reso conto.

“Farai meglio ad andare ora” Disse la ragazza.

“Già”
Wesley sospirò, ricordando a se stesso che Faith gli aveva rovinato la vita.
Cercò di ricordare a se stesso che la maggior parte dei suoi incubi nell’ultimo anno e mezzo avevano avuto lei come protagonista.

E allora perché non voleva andarsene?
Perché voleva continuare a parlare con lei, voleva continuare a scoprire la donna che stava diventando?

“Grazie ancora per essere venuto, Wesley” mormorò Faith.

L’uomo annuì ed esitò per un istante prima di mormorare.
“Abbi cura di te, Faith.”

La ragazza sobbalzò letteralmente a quelle parole, si passò una mano tra i capelli prima di dire: “Anche tu…”

Riagganciò la cornetta, senza lasciargli il tempo di dire altro e si allontanò lentamente, mentre lui continuava a guardarla.

Era alla porta, quando si fermò e Wesley pensò che si sarebbe voltata.
Fu sicuro che l’avrebbe fatto.

Ancora una volta però, Faith lo sorprese: non si voltò, sparì dietro la porta, mentre lui si domandava cosa fosse appena accaduto.

Quando aveva smesso di vedere Faith come una nemica?

***
Sunnydale, Agosto 2001

Willow non era mai stata nella cripta di Spike. Non sapeva esattamente cosa si era aspettata di trovarvi, se c’era una cosa che aveva imparato su Spike, soprattutto negli ultimi mesi era che il vampiro rifuggiva tutte le convenzioni.

Un vampiro senz’anima capace di amare profondamente.
Altruisticamente.

Un vampiro che citava, se pur scherzosamente Shakespeare e che aveva conquistato il cuore e l’affetto di una ragazzina.

Non sapeva cosa si era aspettata di trovare…
Di certo però non era stata preparata alla quantità di bottiglie di alcolici vuote, sparse alla rinfusa per la cripta.
Non era stata preparata a vedere il televisore di Spike a terra, contro una parete, lo schermo frantumato.

E lui, era al centro della cripta, indossando la stessa lacera maglietta che gli aveva visto in precedenza. Fletteva una gamba contro una parete, quasi come se volesse scalciarla, fermando invece il piede a pochi millimetri da essa, mantenendo quella posizione.

Rivoli di sudore gli bagnavano le tempie, gli inumidivano i capelli.
Non vi era quasi più traccia di biondo platino in essi, era chiaramente visibile il colore naturale dei suoi capelli, una tonalità di biondo cenere che lo faceva apparire molto diverso dal solito.

Proprio come la notte in cui lo aveva visto al cimitero, Spike era in silenzio: il suo volto una maschera di concentrazione e di dolore.

Non doveva averle sentite entrare, o forse, più semplicemente non gli importava.

“Spike” Mormorò Dawn.

Il vampiro abbassò la gamba e si terse sudore dalla fronte con un braccio, ma continuò a dare loro le spalle.

E Willow ammiccò quando si rese conto che Spike sembrava essere dimagrito negli ultimi mesi.

“Non dovresti essere a scuola, briciola?” Domandò Spike a Dawn.

Sembrava quasi che parlare gli costasse fatica, quasi come se non fosse più abituato ad udire la sua stessa voce.

“E’ Sabato” Disse Dawn, lanciandole un’occhiata.

“Già. Così abbiamo pensato di venirti a trovare” continuò Willow, facendo un passo verso di lui.

Le spalle di Spike si irrigidirono ed ancora lui non stava guardandole.

“E’ stata una mia idea” Disse Dawn spostandosi accanto a lei.
“Sai come si dice: se Maometto non va alla montagna….”
Dawn s’interruppe, avanzando di qualche passo verso Spike e Willow non poté fare a meno di notare come Spike avesse stretto i pugni contro i fianchi.

Ed ancora, stava dando loro le spalle.

<Dio Spike…>
Pensò Willow, sentendo la gola stringersi in un groppo doloroso.

“Spike?” Domandò Dawn, avvicinandosi a lui.
“Non vuoi nemmeno guardarmi?” continuò.

Spike non rispose, Willow riusciva chiaramente a leggere la tensione nel suo corpo.
Spike voleva guardare Dawn…
Ma non ne aveva il coraggio.

Non l’aveva guardata neanche durante il funerale di Buffy, l’aveva stretta a se, come per farle scudo dal dolore, ma non l’aveva guardata.
Non aveva guardato nessuno di loro.

“Cosa vuoi, briciola?”
Domandò il vampiro a bassa voce.
Dio, quanto era cambiato il tono della sua voce, sembrava avesse perso tutta la strafottenza, l’ironia tagliente che l’aveva sempre caratterizzato.

“Volevo…”
Dawn deglutì leggermente, e nei suoi occhi Willow vide brillare nuove lacrime.
“Volevo sapere come stavi…e…”

S’interruppe, asciugandosi una lacrima che le aveva rigato il volto con il dorso della mano. La ragazza abbassò la testa per nascondere il tremito delle sue labbra.

Il silenzio di Dawn sembrò scuotere Spike, il vampiro si voltò lentamente e Willow dovette ficcarsi le mani nelle tasche della felpa, stringendo i pugni contro lo stomaco.

Era pallido Spike, troppo, troppo pallido, e sembrava stanco.
Willow si domandò quanto e se stesse dormendo o se continuasse a pensare a quella notte.

“Sto bene, briciola”
Disse Spike.
“Non c’è ragione di…”
S’interruppe e scosse la testa, cavandosi dalle tasche dei jeans un pacchetto di sigarette ed accendendosene una.

“No…” Disse Willow.
Non aveva previsto quella durezza nella sua voce, non aveva previsto che vedere Spike e la sua sofferenza la turbasse tanto.

Il vampiro inarcò un sopracciglio, e per un istante Willow scorse un ombra del vecchio Spike in lui.
“No?” Domandò lui.

“Non stai bene…”
La ragazza avanzò verso di lui.

“Balle…”
bofonchiò lui.

“Sei ferito”
Disse Willow indicando un taglio profondo sul collo di lui.

Spike si sfiorò la ferita con la punta delle dita, sapeva esattamente dove fosse, eppure non sembrava importargli.

“Le ronde Willow…tendono a fare questo effetto…”
Spiegò lui.

“Tu…non fai altro che combattere”
Mormorò Dawn, Willow la sentì avvicinarsi.

“Sono un demone, briciola…cosa ti aspetti che faccia?”
Replicò lui. Il tono della sua voce non era stato duro, ma ancora Spike si era rifiutato di guardarla.

“Che tu beva sangue dopo le ronde…”
Disse Willow.
“Che tu non combatta fino a stremarti…”

“Io sto bene, soddisfo la mia sete di violenza…”
Si toccò una tempia con un dito e commentò.
“Chip, Willow, ricordi?
C’eri tu quando ne ho scoperto gli effetti…”

Oh, sì, c’era stata anche lei, e ricordava perfettamente cos’era accaduto quella sera.
Spike dopo averla spaventata a morte, aveva finito col rassicurarla.
A modo suo le aveva detto che era ancora desiderabile.

E lei si era ritrovata a volerlo consolare.

“Sete di violenza?” Domandò incrociando le braccia contro il petto.
“Io direi piuttosto sete di vendetta…
Io direi piuttosto sete di rabbia…”

Spike spense con forza la sua sigaretta in una ceneriera stracolma di cicche, prima di dire:
“Ed io direi che dovreste andarvene, subito!”
come poco prima voltò loro le spalle, avvicinandosi ad una parete.

Dawn le sfiorò un braccio e Willow si voltò a guardarla.

“Per favore” mimò lei con le labbra.

Willow sospirò, annuendo col capo.
Dawn le stava chiedendo di aiutare Spike, ma come?
Come avrebbe potuto farlo riemergere dal baratro di dolore e di sensi di colpa nel quale era sprofondato dopo la morte di Buffy?

Spike era stato solo da quella notte, solo con la sua rabbia ed il suo dolore.
Solo, a soffrire per la morte di una persona che tutti loro avevano amato profondamente.

<Dannazione Buffy…è tutto così difficile senza di te!>
Pensò la ragazza.

“Dawn?”
Disse ad alta voce.
“Potresti aspettarci qui per un istante?”

Spike la guardò prima di commentare, “Cosa ti fa credere che voglia venire con te?”

*Il fatto che ti trasformerei in un rospo se non lo facessi?*

gli comunicò Willow telepaticamente.
Non aveva più usato quel potere dalla notte della morte di Buffy, e Spike sussultò scotendo la testa come per scacciare la sua voce.

“Seguimi…”
Disse sottovoce, indicandole una botola.

Willow lanciò uno sguardo a Dawn, che si stringeva nelle braccia prima di seguire il vampiro.
Sperava di star facendo la cosa giusta.
Sperava che non fosse troppo tardi

***
“it hurts when I think about her
-Spike’s UPN commercial, for sixth season.”

“Allora” Disse piano Spike, quando Willow chiuse la botola dietro di se.
“Di cosa volevi parlarmi?”

La ragazza si voltò verso di lui: non erano così vicini da mesi, e Spike fu sorpreso nel constatare che si sentiva a disagio.

Che diavolo voleva da lui?
Perché continuava a fissarlo?

“So quello che stai provando a fare…” mormorò Willow.

Spike aggrottò la fronte.
Sapeva?
Cosa sapeva?

Sapeva che non riusciva a dormire, e che per la prima volta da quando era demone si sentiva impotente, senza speranze?
Sapeva che faceva male quando pensava a Buffy?
Sapeva che si domandava ancora il perché facesse *così* male, il perché si sentisse così in colpa?

Era un demone.
Non avrebbe dovuto sentirsi in colpa.
Non avrebbe dovuto aver paura di addormentarsi.

“Cosa?”
Domandò con voce aspra.
“Cosa sai, Willow?”

La ragazza sospirò, avvicinandosi a lui, sembrò esitare prima di toccargli un braccio e mormorare: “Non è stata colpa tua, Spike…”

Spike deglutì, allontanandosi da lei.
No.
Non voleva la compassione di Willow Rosenberg.
Non voleva vedere i suoi occhi pieni di lacrime.

Non sapeva che farsene delle sue parole.

Scosse la testa, avvicinandosi alla botola,

“Fermo!” sibilò Willow e Spike voltò la testa di scatto, quando le sue gambe si bloccarono, rifiutando di muoversi.

Dannazione, quella ragazzina stava diventando davvero brava con la magia.

“Adesso mi ascolterai, Spike!” Esclamò Willow avvicinandosi.
“Dawn ha bisogno di te e noi, beh....ci stai facendo preoccupare a morte!”

Spike sorrise, abbassando la testa.
“Noi?”
Sollevò la testa, mordicchiandosi il labbro inferiore prima di dire: “Beh, ho una notizia per te, rossa: io sto benone!
Voglio solo essere lasciato in pace, quindi perché non alzi i tacchi e te ne vai?”

<Molto convincente, vecchio mio…se solo la tua voce non tremasse così tanto mentre dici che stai bene…>

“Buffy manca anche a me…” mormorò Willow avvicinandoglisi.

Spike abbassò la testa.
No.
Non poteva guardare Willow.
Per qualche strana ragione la ragazza era sempre riuscita a mitigare il demone dentro di lui.

“Darei non so cosa per riaverla” stava continuando intanto lei.

“Stai zitta” sussurrò lui.

“Ma non è possibile” disse la ragazza come se non l’avesse sentito.

“Zitta” ripeté lui, ed ancora la sua voce era bassa.
Faceva male parlare, ma ascoltare le parole della ragazza era doloroso, troppo doloroso.

“Ci ha chiesto di essere forti, di prenderci cura gli uni degli altri ”

<Mi sento al sicuro con te…

Conto su di te Spike…per proteggerla.

Fino alla fine del mondo…

Ho fatto una promessa ad una signora…
Allora porgerò i tuoi rimpianti alla signora..>

“Zitta!” urlò.
“Devi stare zitta!”
Ansimò per la violenza del suo scoppio. Deglutì, rifiutando di incontrare lo sguardo della ragazza e mormorò: “Per favore, va via…per favore”

Con la coda dell’occhio vide la ragazza, sbattere gli occhi, per ricacciare indietro lacrime. “Va bene” mormorò lei, fece per aggiungere qualcosa, ma poi scosse la testa e voltò le spalle, sussurrando nel frattempo qualcosa in latino, che lo liberò.
Era quasi fuori la botola quando mormorò: “Voglio solo che tu sappia…che…se ti andasse di parlarne…potrai contare su di me….”

<Conto su di te, Spike…>

Spike appoggiò le spalle contro una parete, sollevando la testa.
Per l’inferno, faceva così male.
Così dannatamente male.

<Fino alla fine del mondo…>

“Ci sto provando, Buffy…”
mormorò.
“Ci sto provando davvero..”

Si lasciò scivolare lungo la parete, abbracciandosi le ginocchia.
Era difficile.
Maledettamente difficile.

***

“Capisco” Mormorò Giles, portandosi una mano alla fronte, mentre dall’altro lato dell’apparecchio telefonico Wesley, terminava il resoconto del suo incontro con Faith.

Sentì la porta del Magic Box aprirsi, e rivolse un’occhiata a Willow e Dawn che si avvicinavano lentamente al bancone.

Sia Dawn che Willow avevano gli occhi arrossati, avevano l’aria di aver pianto, sospirò, mentre Wesley diceva: “Capisco che questa notizia possa turbare, ma credo che quanto asserisce Faith possa essere vero…”

<Certo, con i suoi trascorsi chi è che non le crederebbe?> Pensò l’osservatore togliendosi gli occhiali e massaggiandosi stancamente le palpebre con le dita.
“Anche ammesso che sia vero, cosa suggerisci di fare?
E già che ci siamo, come possiamo esserne assolutamente certi?”

“Di cosa?” Domandò Willow facendo un passo verso di lui, Giles scosse la testa.
Cosa doveva dire a quella ragazza?
Quella ragazza che stava dimostrando una propensione per la magia nera, che era a tratti inquietante?

“Non lo so.” Disse Wesley.
“So che esistono degli incantesimi…ma, onestamente, non credo di essere in grado di occuparmene…e tu?”

Giles chiuse gli occhi.
Sapeva a che tipo di incantesimi Wesley si stesse riferendo: era magia della mente, magia che creava varchi tra le dimensioni, e forse sarebbe anche stato in grado di occuparsene…
…ma cosa sarebbe accaduto se avessero scoperto che quello che Faith aveva visto era solo un sogno?
E peggio ancora, come avrebbero potuto riportare indietro Buffy, ammesso che quanto diceva Faith rispondesse alla verità?

“Io…potrei.” Disse infine Giles, dando le spalle a Willow e Dawn. L’osservatore riusciva a sentire gli sguardi delle due ragazze su di se.
“Credo che dovresti parlarne con lui, però…”

“Con Angel?
Non credi sia…”
Wesley esitò prima di continuare: “Inopportuno?”

“Ha il diritto di saperlo…e comunque…se quanto asserisci è vero, potrebbe esserci d’aiuto…”

“Capisco” Disse Wesley.
“Suppongo che anche tu ora, riferirai la notizia agli amici di Buffy…”

Giles si voltò per un istante, incontrando lo sguardo di Willow.
Sì.
Avrebbe dovuto parlare con gli amici di Buffy.

E con Dawn.
E con Spike

Sospirò.
Perdere Buffy era stato doloroso, la sua morte aveva lacerato i loro cuori, eppure fedeli alle parole che aveva detto a Dawn prima di sacrificarsi, erano andati avanti, cercando di essere forti, prendendosi cura gli uni degli altri, vivendo.

Ed ora quell’uomo, quell’uomo che anni prima aveva disprezzato per avergli portato via la sua cacciatrice, la ragazza per la quale aveva attraversato un oceano, la ragazza che era diventata il centro stesso della sua vita, gli stava dicendo che forse, *forse*, vi era una possibilità di riportarla indietro.

“Giles?” Domandò Wesley, la sua voce leggermente allarmata.

L’uomo scosse debolmente la testa, cercando di scacciare le immagini che dolorosamente nitide, dolorosamente reali, gli si stavano formando nella mente: immagini di lunghi capelli biondi, di un sorriso radioso e di occhi verdi illuminati di divertimento.

“Sì, è proprio quanto mi accingo a fare…”
Disse Giles, e la sua voce era più roca di quanto ricordasse fosse stata da molto tempo.
“Parla con lui…”

Non aspettò che Wesley replicasse alle sue parole, riappese la cornetta, voltandosi poi verso Willow e Dawn, che lo stavano guardando, identiche espressioni incuriosite e preoccupate sui loro volti.

“Chiama gli altri” Disse Giles rivolgendosi a Willow.
“Tutti, incluso Spike…c’è qualcosa di cui dobbiamo parlare…”

“Cosa?” Domandò Willow, mentre già avvicinava il telefono a se.

Giles scosse la testa.
“Preferisco spiegarlo una volta sola, Willow…”

“Si tratta di Buffy, vero?”
La voce di Dawn era bassa, leggermente arrochita dalla tensione, Giles la guardò per un istante prima di mormorare: “Sì, Dawn, si tratta di Buffy”

***
Difficile.
Maledettamente difficile.
Rocko la guardava combattere, sotto la pioggia battente, che da giorni ormai ingrigiva la città.

Non fermava i demoni.

Niente li fermava, così come niente fermava Buffy. La ragazza, la cacciatrice combatteva, uccidendo demone dopo demone, pur sapendo, come tutti, che essi avrebbero continuato a riprodursi, avrebbero continuato ad infestare quella che un tempo era stata la loro dimensione, il loro mondo.

Rocko, scosse la testa, e si voltò di scatto schivando appena in tempo il fendente di un demone.
Era grosso quel demone, la pelle grigia del volto era lacerata in più punti, rivelando nervi e muscoli del volto.

Gli occhi erano di un rosso intenso, e Rocko potette scorgervi una ferina intelligenza in essi.

“Pierce!” Urlò, sollevando un braccio e sulla sua mano tesa scivolò un lungo pugnale d’argento.

Rocko prese un respiro profondo, lanciandosi contro l’enorme demone, cercando di ricordare dove si trovasse il cuore di esso.

Pensò, mentre la lama affondava all’altezza dello stomaco, che essere stato un medico, gli tornava sorprendentemente utile durante combattimenti contro demoni.

Il demone inarcò la testa, lanciando un urlo di rabbia e dolore, l’abbassò poi, e l’uomo si sentì gelare dal suo sguardo, e quasi lasciò che le zampe del demone gli si chiudessero attorno al collo, tranciandogli la gola, con i lunghi ed adunchi artigli, durò solo un istante però, l’istinto di sopravvivenza prese il sopravvento e l’uomo sollevò un gomito, colpendo il demone al muso con tutte le sue forze per allontanarlo e fece un passo indietro, osservando come esso si liquefacesse sotto i suoi occhi.

“Beh,” Rocko sentì la voce di Pierce esclamare dietro di lui.
“Uno così non lo vedevo da tanto tempo…”

Rocko si voltò verso l’uomo, lasciando che per un solo istante il suo sguardo si posasse nuovamente su Buffy, che combatteva dietro di lui, guardò poi Pierce e commentò: “Ti era tanto mancato, vero?”

L’altro uomo sbuffò, “Come no…”
Si passò una mano tra i lunghi capelli neri prima di dire: “Dio, che darei per una birra e per una partita di football in questo momento!”

Rocko rise mentre si inginocchiava e recuperava dai resti gelatinosi del demone il pugnale, lo ripulì dal sangue che ne bagnava la lama e lo infilò nella cintura prima di dire: “Tu sei malato, lo sai, vero?”

Gli occhi verdi dell’uomo brillarono di un divertito cinismo quando inarcando le sopracciglia commentò: “Perché tu no, eh?”
Gettò un’occhiata a Buffy, che aveva appena ucciso l’ennesimo demone, e si stava avvicinando loro, un sorriso stanco che le increspava le labbra leggermente tumefatte.
“Dimmi che non sei pazzo di lei, vecchio saggio…”

“Vecchio saggio?” Domandò Buffy.
La ragazza si guardò attorno, arrivando a portarsi una mano sulla fronte, scherzosamente.
“Io non vedo vecchi saggi…”

Rocko sollevò gli occhi al cielo.
Sorrise a Buffy, sentendosi un’idiota: il mondo era dominato da demoni.
Poche migliaia di uomini in tutto il mondo li combattevano.
…e l’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era quanto gli sarebbe piaciuto far scorrere le dita tra i lunghi capelli di Buffy, e a quanto gli sarebbe piaciuto scoprire se anche il resto della sua pelle era morbida come quella del suo volto, delle sue braccia.

“Quanto, quanto siete divertenti” bofonchiò invece, facendo loro cenno di seguirlo, mentre si avviavano al rifugio.

Pierce infilò le mani nelle tasche dei larghi pantaloni neri che indossava, ed il suo sorriso si allargò mentre diceva: “Se permettete, vado avanti! Per una volta vorrei usufruire di un po’ d’acqua calda…”

“Ed il fatto che il locale docce sia incidentalmente accanto al laboratorio di Cathleen non ha niente a che fare con questa tua decisione, vero?” Domandò Buffy inarcando le sopracciglia.

Rocko soffocò una risata quando Pierce rispose con qualcosa di molto simile ad un ringhio alle parole di Buffy.

Evidentemente, il suo non era l’unico amore non corrisposto nel rifugio, del quale erano tutti a conoscenza.

Sospirò, mentre Pierce si allontanava e sussultò leggermente quando Buffy si avvicinò a lui.

Da quanto la conosceva?
Rocko non ne era sicuro, il tempo aveva smesso di avere significato, da quando la Bocca dell’inferno si era aperta, liberando una parte dei suoi demoni.

Avrebbero potuto essere anni, giorni, ore o semplicemente minuti, la cosa non aveva importanza per lui.

Vi erano momenti in cui sentiva di conoscerla da sempre, momenti in cui gli era semplicissimo leggerle dentro, scorgere dolore nei suoi occhi, e riuscire ad intuire com’era stata la sua vita prima di quell’incubo.

Sapeva poco di lei.
Molto poco.

Sapeva che era una cacciatrice.
Sapeva che era letteralmente piovuta dal cielo.
Sapeva che nel suo mondo era stata un’eroina.

Sapeva che aveva rimpianti negli occhi.
Sapeva che lo guardava a volte, come se gli ricordasse qualcuno, le accadeva lo stesso quando guardava Jeremiah, anche se gli sguardi che a volte gli aveva lanciato erano diversi, molto diversi.

“Com’era prima qui?” Domandò improvvisamente Buffy.

“Una metropoli come tante, suppongo. ” Disse Rocko.
Abbassò la testa, infilando le mani nelle tasche del suo giaccone.
“Era piena di vita…”
Alzò la testa e si strinse nelle spalle in direzione di Buffy.
“Quando è cominciato tutto siamo stati in pochi ad accorgercene…”

“Avresti dovuto vedere dove vivevo io….”
Commentò Buffy.

Mi sarebbe piaciuto…
Fu tentato di dire. Sospirò passandosi una mano dietro il collo, per alleviare un po’ della tensione accumulatiglisi nei muscoli.
“Già….
Noi medici, beh, per lo meno quelli nel mio reparto, avevamo capito che c’era qualcosa di strano nell’aria…alcuni di noi avevano notato che il reparto psichiatria era pieno zeppo di persone che asserivano che il mondo stava per finire…
E sai cosa?
Solo una di queste persone era davvero pazza…
Aveva visto cosa sarebbe accaduto, e la sua mente non aveva retto il colpo…
Tutti gli altri erano sani quanto lo siamo tu ed io Buffy… ”

Buffy abbassò la testa, giocherellando con l’elsa della sua spada per qualche istante, prima di mormorare. “E poi?”

“Sono cominciati i sogni…
ne parlai con Cathleen…lavorava nel mio stesso ospedale.
Ci conoscevamo appena, eppure, quando la guardai il giorno dopo il primo incubo, capii subito, intuii subito che sapeva, sentiva.”

“Intuisti?” Domandò Buffy.

Rocko sogghignò.
“Beh, diciamo che l’intuizione fu aiutata dal vederla scolarsi un doppio bourbon alle nove di mattina…”

Buffy sussultò a quelle parole, quasi come fosse stata colpita. Abbassò la testa, e per un istante, la ragazza non fu più con lui, in quella strada, tra le macerie di quella che un tempo era stata una delle più grandi metropoli del mondo.
Durò poco però, perché poi Buffy sollevò la testa e aggrottando la fronte commentò: “Beh, non proprio la colazione dei campioni, eh?”

Rocko scosse la testa.
“Anche le autorità religiose cominciarono ad intuire qualcosa…e chi praticava la magia…beh, sembrava che i nostri sensi, tutti i nostri sensi si fossero improvvisamente acuiti…che i nostri poteri fossero raddoppiati…”
Si strinse nelle spalle.
“Ed era meno piacevole di quanto avessimo creduto.”

“Sapevate dove si trovava la bocca dell’inferno?”
Domandò Buffy.

Rocko fece cenno di no con la testa.
“No…e credimi se ti dico che abbiamo provato ad individuarla…ci abbiamo provato tutti…la situazione precipitò improvvisamente…chi di noi aveva capito l’andazzo, aveva cominciato a prepararsi…e gli altri…
beh, gli altri sono morti ormai…”

Incontrò lo sguardo di Buffy, e fu tentato di abbassare la testa.
Non vi erano recriminazioni in esso, non vi erano accuse, eppure Rocko non poteva fare a meno di sentirsi in colpa.

“Cosa accadde?” domandò Buffy con un filo di voce.

Rocko sollevò la botola del rifugio, fermandola poi con una gamba.
Si guardò attorno per un istante: il sole era sorto ormai, e quella nauseante luce rossastra che permeava l’atmosfera, ancora una volta era sfumata, diventando di un tenue colore rosato.
“Beh, mi sembra evidente, no?
Caos, distruzione, morte.
I superstiti, più di quanti i demoni si aspettassero, cominciarono a combattere.”

“Ed è così che ti sei ritrovato ad esserne il leader?”

“Uh?” Rocko strinse con una mano il bordo della botola.
“Ti sbagli” Disse.
“Io non sono un leader.”

“Chi esce ogni notte?
Chi va a recuperare i superstiti?
Chi li cura?
Chi fa in modo che tutti abbiano da mangiare?
Chi ha trovato il modo di avere acqua corrente nel rifugio?
Da chi vanno tutti?”

Rocko scosse la testa, senza parlare, cominciando ad entrare nel rifugio, Buffy lo seguì subito dopo.
Attraversarono un lungo corridoio illuminato da torce poste sulle pareti, stavano lavorando per far tornare l’energia elettrica, o almeno per mettere in funzione un generatore d’emergenza, ma la cosa stava rivelandosi più difficile del previsto.
L’unico generatore disponibile, a gasolio, veniva utilizzato per la camera operatoria..

Il corridoio era semi deserto, e da alcune porte socchiuse, Rocko poteva sentire voci di uomini e donne.
Alcuni parlavano, altri facevano l’amore, altri ancora piangevano.
C’era ancora chi piangeva fino ad addormentarsi sfinito.
C’era ancora qualcuno a cui erano rimaste lacrime da versare.

Salutò un gruppo di persone che venne loro incontro, pronti ad affrontare il loro turno per le ronde, tra loro riconobbe Jeremiah, che stava sistemandosi una balestra a tracolla.
Il ragazzo lo salutò con un cenno della mano, fermandosi poi per un istante a guardare Buffy, che era accanto a lui, raggiunse poi gli altri, sparendo dietro un angolo.

Sperava che tornassero tutti alla fine del loro turno.
Quello non era un mondo per eroi.
Le regole erano chiare: battere in ritirata era imperativo.
Un demone in meno non avrebbe fatto molta differenza, nel grande schema delle cose…un umano in meno sì.
Un umano in meno faceva molta differenza.
Un umano in meno faceva un mondo di differenza.

“Rocko?” Domandò Buffy appoggiandogli una mano su un braccio e Rocko si ritrovò a chiudere gli occhi, per il contatto.
Dio, Dio…perché era tutto così maledettamente difficile?

“Ho detto qualcosa di male?” domandò lei.

“Non sono un leader…”
Disse a bassa voce.
“I leader sono morti Buffy….”
Le sorrise, ed incapace di resister alla tentazione, le sfiorò il volto con le dita.

Buffy sussultò, sorpresa, ma non si ritrasse né indugiò nella sua carezza.
Continuò a guardarlo, mentre gli occhi verdi le si riempivano di lacrime.

“siamo solo uomini…”
soffiò lui.
“Solo uomini…”

Fu Rocko a sussultare, quando Buffy lo abbracciò, affondando per qualche istante le dita nei suoi capelli, attirandolo a se.

L’uomo nascose il volto nella spalla di lei.
Voleva piangere.
Avrebbe dovuto piangere.

Eppure, i suoi occhi rimasero asciutti.
La devastazione era troppo grande, perché il dolore potesse essere espresso in lacrime.
Piangere per la fine del mondo era ridondante, piangere per la fine del mondo non avrebbe risolto le cose, non avrebbe cambiato i fatti.

Erano solo uomini.
Solo uomini.
E si sarebbero ripresi il loro mondo.

“Aiutami” Sussurrò Rocko contro i capelli della ragazza.
“Aiutami per favore…”

Buffy lo strinse più forte a se, mentre Rocko aspirava a pieni polmoni il profumo dei capelli di lei.
Chiuse gli occhi, aggrappandosi alla ragazza.

Era così sottile, eppure la forza dentro di lei sembrava essere immensa.
Grande quanto il mondo che avevano perso.

“Andrà tutto bene….”
Gli sussurrò Buffy contro la pelle del collo.
“Te lo prometto, Spike…”

Rocko si scostò da lei, Buffy si portò lentamente una mano alle labbra, prima di allontanarsi di corsa.

Rocko sospirò stancamente, seguendo con lo sguardo la figura di Buffy allontanarsi.
Si avviò lentamente alla sua brandina.

Ora sapeva il suo nome.
Ora conosceva il nome dell’ombra nei suoi occhi.
Spike.