Il sorriso di cristallo

Parte I - Virginia -


La prima cosa che aveva desiderato fare, quando l'aveva vista, era stata colpirla.
Darle uno schiaffo.
Così forte da farla cadere.
Così forte da farla sanguinare.
Così forte da riempire di lacrime i suoi occhi orgogliosi.
La prima cosa che il suo demone, il suo istinto e una parte dell'uomo che era avevano desiderato fare era stata lasciare il bambino e darle uno schiaffo così violento da renderle tutto il dolore che lei gli aveva fatto provare.
Cinque anni prima.
Da scaricarle addosso tutta la rabbia, la frustrazione, il rancore.
Tutta la pena.
Tutte le ore trascorse a chiedersi dove fosse finita.
A domandarsi disperatamente se non le fosse accaduto qualcosa mentre lui era lontano, e non poteva aiutarla.
A interrogarsi sul significato della sua ultima visita, maledicendo se stesso, perché il suo tormento era stato tale da non permettergli di soffermarsi sul suo voto, sul dolore che vi leggeva dentro, su ciò che sembrava volergli dire.
A cercarla.
Nei vicoli, nelle ombre della città , nel suo vecchio appartamento.
A sentirsi ripetere da chiunque l'avesse conosciuta la stessa storia.
E poi... dopo quella telefonata assurda, nel cuore della notte... a desiderare di riuscire a odiare.
Di imparare ad odiare come non aveva mai fatto... per poter odiare Kate Lockley.
Quell'odio che non poteva provare avrebbe gridato il suo schiaffo.
E le avrebbe impresso sulla pelle la sua rabbia, e il dolore, e la tristezza, e l'angoscia che non si era nemmeno ingannato raccontando a se stesso di aver superato.
Avrebbe voluto urlarle in faccia tutto questo con il suo schiaffo.
E aveva desiderato farle male.
E poi l'avrebbe afferrata dalle spalle, e sollevata da terra, e l'avrebbe baciata fino a fargliene ancora di più.
Fino a rubarle l'aria, soffocandola, fino a che non avesse sentito il suo cuore che le esplodeva in petto, fino a che non gli avesse intrecciato le braccia attorno alla nuca, rispondendo ai suoi assalti... arrendendosi al fatto che era sua... che era sempre rimasta sua...
Sua nel corpo, sua nell'anima, sua in quello spirito che non aveva mai visto domato, sua in ogni stilla del suo sangue, come il marchio sulla sua gola proclamava a gran voce.
Ma Kate non era sua...
E Angel non l'aveva mai colpita... e non l'aveva mai baciata...
E nel momento in cui gli occhi di lei avevano incontrato i suoi, nel momento in cui il suo demone, e la parte più rabbiosa del suo essere, erano stati zittiti dal suo cuore senza parole, tutto ciò che Angel aveva potuto fare era stato guardarla... ed essere felice.
Perché lei era lì... dopo così tanto tempo.
Dopo così tanti giorni e tante ore libere dalla caccia, o solitarie, a ripensare a ciò che era stata per lui e non aveva mai capito, e non aveva mai ammesso... a ciò che era ancora.
Dopo che aveva creduto di non rincontrare più i suoi occhi.
E quella felicità glie aveva riportato l'eco dell'antica paura, degli antichi dubbi... quei dubbi che la sua assenza aveva zittito, quella paura che si era dato tante volte dell'idiota per aver provato.
E quella felicità era stata così intensa che nemmeno lo stupore, nemmeno l'imbarazzo erano riusciti a scuoterla, nel più profondo di lui.
E nemmeno il dolore di vederla così.
Era Kate... la Kate che aveva conosciuto sette anni prima al D'oblique... la Kate che aveva visto disperata, arrabbiata, stesa in terra, nel suo appartamento, dopo aver tentato di togliersi la vita... eppure così no... così non l'aveva mai vita...
Nemmeno quando il suo mondo le stava crollando addosso.
Adesso sembrava che davvero lo avesse fatto, e che il suo corpo e la sua anima non riuscissero più a sostenerne il peso.
Pallida, diafana, con pesanti occhiaie scure che le marchiavano lo sguardo, e i capelli, leggermente più lunghi di quel che ricordava, tirati all'indietro e spettinati sulle spalle.
Ppiù magra di quanto sembrasse possibile diventare per una donna snella come lei.
Stanca.
Visibilmente stanca.
E disperata.
Eppure, per un istante, quando i loro sguardi si erano incrociati, e si erano stretti l' uno all' altro, quando il mondo era scomparso intorno a loro, i suoi occhi erano stati di nuovo quelli che ricordava. Quelli che aveva portato con se per tutto quel tempo.
Azzurri, trasparenti come acqua, intensi, forse i più intensi che avesse mai veduto, insieme a quelli di Doyle..
Un 'altra persona che aveva amato.
Un 'altra persona che aveva perso.
Ma Kate non era Doyle.
Kate era lì, davanti a lui,
I suoi occhi erano lì.
E gli stavano parlando, come sempre avevano fatto.
E lo stavano toccando...
Dio... la carezza dei suoi occhi...
Anche quando aveva creduto che lo odiasse aveva cercato quegli occhi, anche quando l'imbarazzo aveva gelato l'armonia.
Ed ora, dopo che era stato certo di averli perduti, erano lì.
Per un istante.
Prima che Cordelia parlasse.
Prima che Kate fuggisse.
E quel qualcosa che aveva in petto al posto del cuore impazzisse, all'idea di perderla ancora.
L'aveva seguita, mentre la sua anima gli gridava ciò che era diventato così chiaro dopo che l'aveva persa, e che lo era stato fino a un attimo prima.
Senza sapere cosa avrebbe fatto, o cosa le avrebbe detto.
Ma solo che stavolta non l'avrebbe lasciata andare.
Che stavolta l'avrebbe seguita, e afferrata, e stretta a se, come aveva sognato tante volte di fare.
Anche se lei lo avesse odiato per questo.
Consapevole che l'avrebbe costretta a guardarlo, e a spiegargli...
E avrebbe pregato di trovare la forza per ingannarla, per fingere di non capire perché aveva voluto allontanarsi da lui.
Per scacciare la colpa e il rimorso, e stretta a se.
Anche solo per un istante.
Come cinque anni prima...
Quanto, dopo, si era ripetuto che infinite volte avrebbe dovuto farlo.
Che avrebbe dovuto disobbedire alle sua richieste, e prenderla fra le braccia... e asciugare le sue lacrime... e lottare con la forza con cui forse lo avrebbe scacciarlo...
Avrebbe dovuto farlo quando era morto suo padre, e quando lei lo aveva pianto, avrebbe dovuto farlo ancor prima, quando aveva scoperto ciò che lui era, e dopo, quando gli aveva chiesto di lasciarla, dopo avere cercato di uccidersi.
Avrebbe dovuto seguire la sua anima, e non la sua ragione, e forse, così, avrebbe capito prima... Prima di quel giorno di pioggia, prima di quella doccia fredda che li aveva coperti entrambi...
Quando uno spiraglio di luce aveva cominciato a illuminargli il cuore, mentre la sua pelle aveva ancora addosso l'odore di Darla.
E forse nulla di ciò che aveva rischiato di distruggere il suo mondo sarebbe successo.
Dopo, tutto era caduto.
E insieme al resto, aveva creduto di aver perso Kate...
O forse era così... forse l'aveva persa davvero...
E il suo cuore, che, come un bambino insicuro, di nuovo nascondeva il volto fra le mani, confondendogli la mente, si era solo voluto illudere, tornando a battere, per un secondo, quando l'aveva vista.
Forse l'aveva persa, e quella che si era fermata davanti alla porta dell'Hyperion era una donna che non avrebbe mai più fatto parte delle sua esistenza.
Una donna di cui gli pareva di comprendere tutto... come sempre... e di cui, eppure, ormai sapeva così poco...
"Ho una figlia..."
Una figlia...
Una figlia di Kate...
Gli sembrava impossibile, e si chiedeva il perché.
Gli sembrava impossibile che il suo corpo avesse portato in grembo una creatura, che l'avesse data alla luce, e lui non ci fosse stato...
Ma perché...?
Lui non c'era stato così a lungo nella vita di Kate...
L'aveva incontrata solo per due anni, e aveva contribuito a distruggerla... e adesso gli sembrava assurdo non esserle stato accanto, non avere visto il copro mutare, non averla accarezzata...
Ma lui non l'aveva mai accarezzata, Dio, mai...
Lui non era mai stato niente per Kate, ne Kate era mai stata niente per lui... se non la donna che gli apparteneva, per la legge della sua razza.
Se non la donna che aveva capito di amare, quando lei era scomparsa dalla sua esistenza.
Doveva essere totalmente pazzo...
Le battaglie, gli scontri, il sangue versato dovevano aver distrutto il suo cervello, se ora era lì, e desiderava ancora prenderla fra le braccia, dopo ciò che gli aveva detto. Dopo che gli aveva gridato in faccia che non c' era più posto per lui nella sua vita.
E uccidere l'uomo che l'aveva resa madre... anche se nessuna legge riconosceva il suo diritto su di lei, se non quella di una stirpe di mostri.
La guardò, e si chiese quale uomo potesse permetterle di ridursi così.
E quale avrebbe potuto impedirglielo... chi sarebbe mai riuscito a staccare quella donna testarda dal capezzale di sua figlia.
Era appoggiata alla portiera della macchina, la mano sulla guancia, mentre i lampioni che illuminavano la strada disegnavano ombre scure sul suo volto.
Ombre che non potevano ingannarlo.
Che non potevano celargli il suo pallore innaturale.
La guardò, mentre con le dita si scostava una ciocca, spinta dal vento sulla sua fronte.
Non le aveva ancora chiesto niente.
L'aveva ascoltata mentre gli chiedeva aiuto, con gli occhi fissi nei suoi.
Senza imbarazzo. E vincendo quell'orgoglio che sempre le aveva impedito di farlo.
Che sempre le aveva impedito di mostrare agli altri quello che davvero provava.
" Hanno provato... tutte le terapie possibili..." Aveva detto, movendo piano le sue labbra quasi bianche. " e adesso non esiste più nessuna cura ...
Nessuna cura... umana...."
No.
Non le aveva fatto domande.
Non lì, davanti agli altri.
Non allora, quando rischiava veramente di non riuscire a controllarsi e correre da lei.
Ma adesso voleva farlo.
Adesso voleva sentire la sua voce.
E voleva sapere.
E non solo per aiutare la sua bambina, ma per aiutare lei.
Come non aveva saputo fare cinque ani prima.
" Che cosa ha esattamente? "Mormorò piano, tanto che temette che lei non l'avesse udito.
Ma Kate lo aveva fatto, nonostante il rumore quieto dell'auto e quello della città intorno a loro, e, per la prima volta dacchè erano partiti, si voltò, guardandolo negli occhi.
"Non lo sanno...
Non sono stati in grado di capirlo...
In dieci mesi non hanno ancora capito che cosa la sta uccidendo... "Le ultime parole furono rabbiose, soffiate fra i denti, e, un attimo dopo, lei abbassò ancora il volto, guardandosi le mani abbandonate in grembo.
"Dapprima... pensavano a un tumore del sangue... poi a qualche tipo di infezione... poi ancora a una deficienza genetica molto rara... "Sorrise, ed era un sorriso che faceva male." La verità è che non ne hanno mai capito niente...
Le hanno fatto ogni tipo di ... analisi, ogni tipo di cura...
Dalle Away l'hanno sbattuta a Boston, da Boston a Cicago... e da Cicago la volevano mandare in Europa...
Fino a che ... Dio... fino a che non sono scoppiata e loro... "Chiuse di nuovo gli occhi, e stavolta li strinse, li strinse così forte che le sue palpebre tremarono. "... non è... assurdo... che io li chiami... loro... ?
Mesi di medici e di ... infermiere... e di tecnici... e di tutti conosci il nome... e di tutti impari a fidarti, e credi... che ti ridaranno tua figlia com'era... che la faranno stare meglio... ogni volta...
Parli con loro e... li vedi così sicuri che alla fine sei sicura anche tu... e li guardi, e ti sembra... di guardare Dio, sulla terra, perché se loro continueranno a stare vicino alla tua bambina, se continueranno a curarla, se continueranno a visitarla , a... imbottirla di farmaci a... bucarla fino a che non ha le braccia blu e non piange e ti chiede di farli smettere... se loro... diranno che tutto andrà bene... tutto andrà bene, e la cura che stanno provando funzionerà, e, se non sarà quella, sarà un 'altra, o un' altra ancora, o un ' altra...
Ma loro non sono Dio sulla terra...
E, dopo che hai imparato a fidarti di uno, lui entra nella stanza della tua bambina e li dice che gli dispiace tanto...
E lo dicono tutti nello stesso, identico modo...
E io gli ho creduto... all'inizio...
Ho creduto veramente che gli dispiacesse... fino al camice dopo... fino alla nuova cura, al nuovo ospedale, al nuovo "mi dispiace"...
E alla fine mi hanno detto che non ci hanno mai capito niente...
Che nessuno ci ha mai capito niente...
E che la mia bambina sta morendo... e nessuna cura ha mai neanche minimamente arrestato ciò che la sta uccidendo...
E vuoi sapere la cosa assurda, Angel?"
Vide una lacrime scenderle lungo la guancia.
Un 'unica, solitaria lacrima che lasciò una scia di sale sulla sua pelle bianca.
Un fiume di dolore su quel volto che stava tremendo per lo sforzo di mantenere il controllo.
"La cosa assurda è che io lo sapevo già...
La cosa assurda è che l'ho sempre saputo, ma non l'ho mai voluto ammettere... come non volevo accettare che tu fossi un vampiro... te lo ricordi?"
Di nuovo, un sorriso nervoso le piegò le labbra, e lei tirò su con naso, asciugandosi gli occhi con le dita.
"Scusami..."Mormorò, cominciando a frugare nella sua grande borsa.
Non aveva mai amato le borse, Kate...
In due anni forse gliene aveva viste portare tre...
Ma questa era gonfia e sembrava pesante, e, quando la aprì, dal lato fece capolino la testa mezza spelacchiata di una bambola bionda.
Ci infilò le mani dentro, per cercare qualcosa, e quando tirò fuori un pacchetto di cleenex fece cader un foglio di cartoncino rettangolare, che Angel afferrò al volo, guardandolo.
E innamorandosi.
Innamorandosi della giovane donna bionda, spettinata, che guardava l'obbiettivo stupita, come se quella foto l'avesse presa di sorpresa, e della creatura minuscola che teneva in braccio, appoggiata al collo, con la testa leggermente voltata di lato.
Bellissima. Come sua madre.
"Me la fece un 'infermiera in ospedale... "Spiegò Kate, sorridendo, leggermente imbarazzata." Nia aveva solo poche ore... e io ero andata a prenderla perché... "Il suo sorriso si allargò." Non faceva che piangere e piangere e io la sentivo, e sapevo che era lei, anche se non potevo vederla... credo di aver... rivoluzionato un reparto quel giorno..."
Angel rispose al suo sorriso.
"Lo immagino ..."Mormorò, rendendole la foto." È veramente una bambina molto bella... "
Kate riprese l'immagine senza parlare, e dopo averla guardata per un attimo la rimise a posto, e tornò a fissare la strada, con il volto basso.
"Si..."Mormorò. "Lo è..."
Voleva toccarla.
Voleva prenderle una mano, e stringerla, e dirle che avrebbe smosso la terra e le dimensioni, e le stelle del cielo per lei... per loro...
Voleva dirle che sarebbe tornato all'inferno se avesse potuto barattare la sua vita con il sorriso delle sue labbra.
Lei era così vicina...
Era venuta da lui, era tornata... gli aveva chiesto aiuto...
Eppure non avrebbe potuto essere più lontana...
Lontana cinque anni...
Vide l'insegna dell'ospedale, e all'improvviso gli parve di non avere più tempo...
"Kate..."Mormorò.
"No." Si voltò verso di lui.
Anche Kate aveva visto... anche lei sapeva che sarebbero arrivati entro pochi secondi.
E i suoi pensieri avevano baciato quelli di li.
"Non c'è nessuno con lei... nessun padre...
Non c'è mai stato..."
Mio Dio, Kate... Angel strinse le labbra, continuando a fissarla... perché?
Los Angeles, cinque anni prima
Ma perché, perché, perché non rispondeva...
Era arrivata al punto di odiare quella segreteria telefonica, che una volta le aveva salvato la vita, era arrivata al punto di odiare quel telefono, e quell'albergo, e quella strada!
Era arrivata al punto di odiare lui!
Kate si appoggiò la cornetta al petto, rannicchiandosi sul letto come una bambina, e dondolandosi leggermente avanti e indietro.
No... non era vero...
Non odiava quell'albergo.. non odiava qual telefono e nemmeno quella segreteria ...
E non odiava lui...
Non avrebbe mai potuto odiarlo...
Non ci era riuscita nemmeno quando aveva pensato che fosse un mostro...
Lei lo amava...
Lo amava così tanto che le faceva male il cuore.
E aveva dovuto prenderla fra le braccia, e affondare i suoi denti nella sua carne, e prendere la sua vita dentro di se perché smettesse di combattere contro questo amore.
E farle ammettere con se stessa che lui era diverso.
Diverso da come il mondo e gli uomini avevano voluto che pensasse.
E da come lei aveva voluto pensare...
Aveva dovuto avere la sua vita fra le braccia perché Kate ammettesse che Angel non era mai stato niente di diverso dalla meravigliosa creatura che aveva intuito, la prima volta che lo aveva visto.
Perche ammettesse che amava un vampiro...
Come gli assassini di suo padre...
E che non le importava...
Rifece il numero, più per disperazione che per convinzione.
Era una settimana che non riusciva a parlare con lui, dieci giorni, se non considerava quel brevissimo scambio di battute, l'ultima volta...
Le aveva detto che doveva andare in degli studi televisivi, dove Cordelia stava girando uno spot, e che questo lo terrorizzava più che passeggiare in lungo e in largo per i tunnell...
E poi, che l'avrebbe richiamata...
Ma non l'aveva richiamata...
Ne qual giorno ne i giorni successivi...
E lei, ormai, sapeva a memoria ogni inflessione della voce di Cordelia, incisa su quel nastro magnetico...
Aveva paura.
Paura per lui, paura che gli fosse accaduto qualcosa.
Paura che uno dei demoni che affrontava ogni giorno si fosse rivelato più forte...
Per questo continuava a chiamare...
Per questo aveva trovato la forza di vincere la rabbia nei suoi confronti prima e il suo orgoglio poi , e di andare fino all'Hyperion.
Solo per trovarlo vuoto.
E di chiamare, ancora ed ancora.
Come adesso... e ogni volta si ripeteva che se avesse di nuovo risposto la segreteria ...
"Ciao..."
Kate saltò a sedere sul letto, premendo contro l'orecchio la cornetta telefonica.
Aveva... aveva sbagliato numero... quella non era la voce di Cordelia...
"... ciao, c'è nessuno...?"
"Oh... scusatemi, io... devo avere sbagliato numero..."
"Ciao!"Esclamò la ragazza dall'altra parte, in un tono un po' troppo alto per sembrare del tutto normale. "Io ti conosco!
Tu sei quella che ha riempito tutto il registratore di Angel...
Mi piace la tua voce, è più bella delle altre, anche quando è arrabbiata..."
Kate aggrottò la fronte, senza capire.
Com 'era possibile?
Angel... i suoi messaggi... allora non aveva sbagliato numero!
E se non aveva sbagliato numero... chi era la ragazza con cui stava parlando, e che ci faceva a casa di Angel?
"Sono Kate Lockley, "Scandì piano. " vorrei parlare con Angel."
Sentì la ragazza, dall'altra parte, sospirare.
"Anche io... ma Angel non mi parla... non parla a nessuno...
quando eravamo a casa mia mi parlava, ma da quando mi ha portato a stare qua non parla più..."
Portata a ... stare...?
E lei si era preoccupata per lui?
Deglutì, cercando di recuperare il controllo dei suoi pensieri.
Imponendosi di stare calma.
La ... amica... di Angel... perché poteva benissimo trattarsi di un 'amica, vero?... non sembrava essere molto in forma in quel momento... magari aveva bevuto... magari lei aveva capito male... magari avrebbe attorcigliato il filo di quel telefono attorno al collo di Angel!
"Scusami..."Disse piano. "noi ci siamo mai incontrate?"
Doveva dargli il beneficio del dubbio...
Dopotutto le prime impressioni raramente erano esatte...
"No... "Rispose la ragazza. " non lo so... non me lo ricordo...
Io mi chiamo Fred...
Sono stata via negli ultimi anni, sai... è stato Angel a riportarmi qui... da casa... però non era la mia vera casa... ora abito qui con lui..."
"Vuoi dire che Angel, negli ultimi giorni, è stato a casa tua?!"
La ragazza rise.
"Si... dormiva nel mio letto e io gli accarezzavo i capelli... e una volta..."
Kate schiacciò il testo del microfono, interrompendo la comunicazione, e un attimo dopo lanciò il cordless contro la parte di fondo della sua stanza.
Lo vide urtare contro il muro, e cadere in terra, e desiderò fosse la testa di Angel.
Ma come aveva fatto... come aveva potuto essere così stupida?
Come aveva potuto pensare che lui sarebbe rimasto per sempre com' era...che l'avrebbe chiamata, che avrebbero parlato, e che lei avrebbe avuto il tempo di esaminare e capire a fondo i suoi sentimenti... quando fra loro non c'erano stati che malanimo e incomprensioni...
Quando probabilmente per Angel lei non era che un 'altra disperata da salvare.
Si prese la testa fra le mani, alzandosi.
Capire i suoi sentimenti...
Dio, cosa c'era da capire, cosa?
Si ere preoccupata per lui, si era angosciata al pensiero che gli fosse accaduto qualcosa, aveva aspettato che la chiamasse, come una scolarette scema... e lui intanto stava con un 'altra... un ' atra che aveva portato a vivere con se!
Un 'altra che rispondeva al suo telefono e ascoltava la sua segreteria!
Che aveva sentito i suoi, i suoi messaggi!
Si, cosa, cosa c'era da capire?
Kate amava Angel ... e Angel aveva un 'altra!

Eppure... il mondo continuava a esistere.
Cattivo. Egoista. Senza pensare al suo dolore.
Senza pensare al suo cuore che ripeteva una canzone vuota e senza testo.
Una lamento disperato fra le pareti cave del suo cuore morto.
Come il grido di un bambino che cada, e cada, e cada... con la consapevolezza che non finirà mai la sua discesa...
Come il suo dolore.
Che viveva.
Come il mondo viveva.
Come il sole viveva. E il vento viveva. E le foglie del giardino, e l'acqua della fontana vivevano.
Mentre lei non viveva più.
Non respirava più.
Non rideva più.
E lui... non le aveva neanche detto addio...
Continuava il mondo...
Girava il mondo...
Impazziva il mondo, e urlava, il mondo, alle sue orecchia che non potevano udirlo.
Andava avanti il mondo, come se nulla fosse accaduto.
E invece, qualcosa era accaduto.
E invece, Buffy era morta.
E, di nuovo, lo aveva rigettato all'inferno.
Aveva creduto che non sarebbe mai venuto quel giorno.
Aveva pensato che non lo avrebbe mai visto.
Era stato così certo che sarebbe toccato a lui... come se lottare per lei, e desiderare di proteggerla, e dare la sua umanità per lei potesse bastare a metterla al sicuro... come se fosse una parte di una specie di assurdo patto che qualcuno non aveva rispettato...
Che non avevano rispettato quelli che non lo avevano chiamato... che lo avevano privato della possibilità di aiutarla...
Che lei non aveva rispettato... fidandosi di lui...
Che non aveva rispettato Angel... non riuscendo a salvarla comunque....
Che non rispettava il mondo, perché esisteva ancora.
Mentre Buffy non viveva più.
E, forse, adesso, camminava nello stesso luogo da cui Doyle sorrideva, scotendo la testa e guardando quel suo stupido amico, che non riusciva ad onorare il suo sacrificio continuando a lottare, ne l'amore che aveva avuto per Buffy, smettendo di esistere...
Più crudele del mondo.
Più egoista del mondo.
Perché lui esisteva, e Buffy non viveva più.
Perché, chiuso nel guscio scuro del suo dolore, lui pensava, e guardava, e sentiva...
E non riusciva a fare altro.
Nemmeno andare a Sunnydale... e uccidere con le sue mani tutti quelli che sapevano... e non glia avevano detto nulla...
Del pericolo... di Glory...
Impedendogli di salvarla...
Impedendogli persino di tentare.
Non riusciva neanche a urlare.
Solo a pensare... e pensare...
Guardando scorrere davanti a se un passato di errori, e un futuro che non ci sarebbe stato, e un presente nebuloso e denso di tenebra, in cui senso di colpa, rimpianto e dolore si mischiavano insieme.
Avrebbe dovuto essere lui...
Come osava , come osava esistere, allora?
Come osava sentire, e vedere, come osava amare?
Si... come osava amare se Buffy non poteva più farlo?
Come osava continuare a provare amore se lei che era stata il suo amore non esisteva più?
Fissò per un attimo Fred, seduta ai suoi piedi, con la testa poggiata dolcemente alle sue gambe, nella penombra scura della stanza...
Erano ore che se ne stava lì, in silenzio, e anche lei fissava qualcosa che non era fuori, ma dentro di se... e anche lei soffriva... per colpa sua...
E lui riusciva solo a guardarla, senza vederla davvero...
L'aveva riportata indietro dal suo mondo, solo per chiudersi nel proprio...
Lasciandola fuori.
Come Cordelia, come Wesley...
Come tutto ciò che era stato importante... fino a che non aveva visto Willow...
Non riusciva nemmeno ad allungare la mano, a farle una carezza, a dirle di andare a dormire... non gli importava... non riusciva a capire...
Perché il mondo continuava ad esistere...
Sbattè gli occhi, e quasi gli fecero male per la lunga inattività.
Come gli fece male respirare...
E per un attimo un moto di rabbia si propagò dentro il suo essere.
Verso di lei, e verso se stesso...
Perché era riuscita a penetrare nel suo mondo.
E perché lui si era accorto della sua presenza, e non aveva il diritto di farlo.
Lui non aveva nemmeno il diritto di esistere.
Kate.
La sentì muoversi, ancor prima che lei avanzasse nella stanza, e qualcosa di razionale che ancora era in lui si domandò da quanto tempo fosse ferma sulla soglia.
Percepì il suo odore... la fragranza della sua pelle, dei suoi capelli... delle lacrime...
Conosceva così bene l'odore delle lacrime di Kate, come quello del suo sangue...
Il sangue che gli apparteneva... per la legge della sua razza.
La donna che gli apparteneva, per la legge della sua razza...
Ma lui non aveva diritto di sentire che quella donna era sua.
Non aveva diritto di avvertire la sua presenza... se Buffy era morta...
Se lei non poteva più amare, ne sentire...
"Deve essere veramente un cosa importante, se sei così assorto..."
Sollevò il viso, e si odiò nel momento stesso in cui lo fece.
Nel momento stesso in cui la vide.
In piedi, con le braccia incrociare sul petto e il volto nascosto dall'ombra elle stanza.
Bellissima.
Sul pavimento, Fred, evidentemente spaventata, si strinse alle sue gambe.
Mentre lui tornava ad abbassare gli occhi.
Desiderando solo che andasse via. Che smettesse di entrare nel suo mondo.
La sentì deglutire, e spostare il peso da una gamba all'altra. E ancora non la guardò.
"Angel..." Lo chiamò, e quando nella sua voce sentì vibrare l'urgenza, la preoccupazione, desiderò disperatamente sollevare gli occhi, e guardarla, e stringerla a se... e lasciare che lei portasse via il dolore.
E si odiò.
Perché pensava, perché voleva, perché desiderava.
Quando Buffy non poteva più.
"... è successo qualcosa?"
"Ciao..."Cinguettò la ragazza ai suoi piedi. " io sono Fred..."
"Angel!"Ripetè Kate, sollevando leggermente la voce.
Lui chiuse gli occhi, e le mani a pugno.
"No, Kate, grazie... "Mormorò, più bruscamente di quanto non avrebbe voluto." Non è successo niente..."
Niente... tranne che lui non avrebbe dovuto esistere ancora.
"Niente..."gli fece eco lei." devo... presumere allora che non hai risposto ai miei messaggi perchè non avevi... semplicemente... voglia di parlare con me..."
Parlare... parlare... parlare... perché lui poteva ancora parlare?
"Al momento non ho voglia di stare con nessuno..."Sussurrò , cupo.
Non la guardò, ma la sentì indietreggiare. E sentì il suo cuore colpire forte dentro il suo petto.
E l'odore delle sue lacrime...
"Bè... non si direbbe..." Mormorò.
Angel sollevò il volto, finalmente, ma lei era già andata via.
Kate...
Kate...
Dio... come aveva potuto trattarla in quel modo?
Davvero sarebbe stato meglio che non fosse più esistito...
Come , come aveva potuto trattarla in quel modo?
Come aveva potuto dirle in quella maniera che non voleva risponderle al telefono, che non voleva vederla, che l'unica cosa che desiderava era restare con la sua... ragazzina!
E come aveva potuto lei umiliarsi al punto da andare a cercarlo... dopo quel che Fred le aveva detto?
Come aveva potuto scendere così in basso da elemosinare un suo sguardo, una sua parola?
Da credere che significassero qualcosa le frasi, gli sguardi, le ore trascorse insieme?
E quei momenti nel giardino, che le avevano fatto così tanta compagnia?
E quel morso che le bruciava la pelle?
Niente.
Lei non era niente.
Era bastato che trovasse una ragazza, era bastato che si innamorasse, e lei non esisteva più...
Premette il piede sull'acceleratore, spingendo indietro lacrime che non voleva versare.
Ma perché? Perché?
Angel non era così...
Lei... lei lo conosceva, lei... lei lo amava...
Lo amava... e forse si era solo illusa di conoscerlo. Di capirlo...
Forse si era solo illusa di riuscire a leggere nella sua anima così profonda...
E ora stava così male che avrebbe solo voluto schiantarsi contro un muro... che avrebbe solo voluto non alzare mai quel telefono, e chiamarlo, e andare a quell'albergo...
Ma non poteva più tornare indietro.
Come non aveva mai potuto fare...
Come non poteva smettere di amare quell'uomo, quel vampiro, che ogni volta tornava a sconvolgere il suo cuore.
Deglutì, voltando con tutta la forza che le trasmisero il suo dolore e la sua rabbia, e solo un attimo prima dell'incrocio il suo cervello recepì inconsciamente il colore del semaforo.
Frenò, la cintura di sicurezza che le frustava il petto con violenza, facendole stringere i denti, e rigettandola poi all'indietro mentre il motore si spegneva. Come il suo respiro.
Come il desiderio di lottare.
Di aprire gli occhi, e rimettere in moto, e affrontare gli automobilisti che, dietro di lei, già cominciavano a premere sui clacson...
Desiderando solo poter rimanere così... e far sparire il mondo.
E far sparire Angel.
"Signora... "
Un poliziotto.
Lo capiva dall'inflessione, dalla voce... sembrava assurdo, ma in servizio tutti i poliziotti avevano la stessa voce...
Tutti tranne suo padre...
"signora, mi sente... è ferita?"
Kate strinse i denti, movendosi sul sedile senza ancora aprire gli occhi.
"No... " Mormorò. " ho solo sbattuto ."
Certo, bella cosa da dire al tipo che presto l'avrebbe arrestata per guida pericolosa...
"Katie? Katie Lockley? Sei proprio tu?"
Aprì gli occhi, e per un attimo fissò l'uomo biondo chino su di lei, senza riconoscerlo.
"Kate!"Ripetè quello. " Non riesco a crederci!"
"Bob?" Mormorò, portandosi istintivamente la mano alla gola.
Lui le sorrise, quel sorriso impudente che aveva sempre avuto e che sempre l'aveva spaventata e affascinata insieme. Il sorriso di chi sa sempre cos' è meglio dire o fare in qualsiasi occasione.
Proprio come ora, quando, chino sulla portiera della sua auto, le sorrideva, infischiandosene bellamente degli uomini che stavano accalcandosi alle spalle di lei.
"In carne ed ossa!" Esclamò il giovane agente, sollevandosi e allargando le braccia, quasi per mostrarle quanto bene stesse in divisa.
Come se avesse bisogno di ricordarlo...
"Da quanto tempo è che non ci vediamo?!"
Kate raddrizzò la schiena, ancora incredula. Il cervello che le turbinava in testa, quasi impazzito.
Bob... e aveva appena lasciato Angel...
Era veramente incredibile...
"Dal giorno della festa all'accademia... "Mormorò.
E strinse più forte le dita attorno al collo.
Si.
Dal giorno del ballo all'accademia.
Quando lui si era presa la sua verginità.
Angel sentiva tutto attorno a se l'odore del disinfettante... quello sgradevole, penetrante odore che pareva essere stato assorbito dalle pareti, dai pavimenti, dagli abiti della gente, persino dall'aria che gli altri respiravano. E che sembrava voler ricordare a tutti, torcendo loro lo stomaco, il luogo in cui erano.
Era assurdo...
L'uomo poteva cambiare il cuore nel petto di un malato, sostituendolo con uno sano, poteva operare dall' America un paziente in Russia, guidando le mani di metallo di un automa... eppure... non riusciva a cancellare dagli ospedali quell'odore...
Quel terribile odore...
Sempre uguale.
Dovunque andasse, qualunque periodo ricordasse.
Qualunque prodotto lo causasse, nascosto sotto qualunque odore.
Sempre quello stesso odore...
Così forte da superare persino quello del sangue, e della pura, e della sofferenza...
E forse era per questo che esisteva...
Per confondere quei mostri che, come lui, di quel genere di odori si nutriva.
Per disgustarli.
Perché quell'odore di disinfettante avrebbe potuto disgustare anche un demone.
Mentre gli uomini che lavoravano in quel luogo, per assurdo, sembravano ormai esserci abituati.
Loro... ma non Kate.
A Kate era saltato il cuore in petto, appena attraversate le porte automatiche, e i suoi polmoni, compiti da quell'odore insidioso, per un attimo si erano ritratti.
Lei odiava quel luogo.
Angel lo sentiva.
Dal modo in cui camminava, dalla tensione del so corpo...
E lo vedeva, chiaro come la luce innaturale dei neon... scolpito nella linea sottile delle sue lebbra, nel modo in cui stringeva la borsa, torcendosi le mani una nell'altra, mentre, apparentemente sicura, procedeva per quei corridoi terribili ed interminabili.
Era così cambiata... eppure era sempre la solita Kate...
Controllata, fredda, orgogliosa... agli occhi di tutti...
Senza alcun bisogno della forza e dell'aiuto degli altri...
E invece il cuore le batteva così forte, e lei aveva paura.
Una paura terribile, una paura che lo assaliva, lo circondava, lo stringeva in una morsa da cui non poteva liberarsi... una paura che era ovunque... come l'odore del disinfettante...
Una paura più forte di quella che aveva provato trovandosi faccia a faccia con Penn, o con il demone che aveva ordinato l'uccisone di suo padre...
Così forte da vincere quello che una volta era stato un orgoglio impenetrabile, e farla voltare verso di lui, con un sorriso imbarazzato.
Alla ricerca dei suoi occhi. Alla ricerca della sua forza.
Dio... Dio... era questo che aveva sempre voluto da lui?
Che la guardasse... che l'aiutasse...
Deglutì.
E anche lui ebbe paura.
Di avere sempre sbagliato con Kate .
Sempre.
Ogni volta che le aveva obbedito. Ogni volta che l'aveva lasciata quando lei glielo aveva chiesto.
Credendo... che fosse davvero questo ciò che lei voleva...
Credendo... di rispettarla... quando forse stava sbagliando tutto... quando forse aveva solo paura.
Come adesso ne aveva lei.
Paura di sbagliare, paura di leggere ciò che invece non c'era, paura di mancarle di rispetto, paura di avvicinarsi a lei... e di innamorarsi...
E adesso era lì, e ancora una volta, come un idiota, si domandava se dovesse ... se potesse avvicinarsi a lei...
Se fosse veramente in grado di fare qualcosa per quella donna così fragile e così orgogliosa, che aveva paura di entrare in una stanza... e non trovare più sua figlia...
Non c'era nessuno in quella parte del piano, e Kate si guardò intorno per un secondo, senza fermarsi, spingendo una doppia porta a vetri.
Non erano in pediatria, e probabilmente il nome del reparto doveva essere indicato dall'altra parte del corridoio, ma, dall'assenza di gente e dalle pochissime porte chiuse, Angel intuì che si dovesse trattare di una piccola parte dell'ospedale destinata ai casi particolarmente gravi... o strani...
Vide Kate fermarsi davanti a una porta, ed esitare un secondo, voltandosi verso lui, prima di entrare.
Mentre il suo cuore le batteva sempre più forte nel petto.
Ci si poteva abituare a vedere un figlio morire? Si domandò Angel, entrando.
Anche se si trattava di una fine così lenta ed estenuante?
Ci si poteva abituare a vederlo sfiorire, giorno dopo giorno, senza poter far niente?
Ci si poteva abituare a veder mutare il suo volto, e cambiare il colore della sua pelle?
E sentire dentro il proprio corpo il dolore , terribile, straziante, e desiderare di trovarsi al suo posto, e non poterlo ottenere.
Sentire che tutta la propria esistenza è stata votata a proteggere quest'essere, dall'attimo in cui è venuto al mondo... e non essere in grado di farlo.
... non poter proteggere la persona amata... e sentirsi colpevole, e inutile, per questo...
E sentire, con tutto il corpo e lo spirito, l'ingiustizia di essere vivo, quando colei che si era desiderato, che si aveva avuto il dovere, che si era tentato disperatamente di proteggere non lo era più...
Angel aveva creduto di sapere cosa volesse dire...
Aveva creduto di averlo marchiato nella carne e nel cuore...
Ma adesso, per la prima volta, dubitò di averlo mai, veramente, compreso.
Quando sentì Kate sospirare di sollievo.
E vide la sua bambina.
O... quel che restava della sua bambina...
Di quella creatura bianca e rosa che una Kate stanca e bellissima stringeva fra le braccia nella fotografia che aveva visto in macchina, con una delicata peluria biondo oro a coprirle la testa minuscola.
Non ne aveva più capelli, ora, la bambina di Kate... ne sopraciglia, e la sua pelle era diafana e pallida come neve all'ombra, e le luci tenui della stanza la rendevano trasparente, mostrando strisce sottilissime di vene azzurre sul collo e sulle braccia, segnate da un 'innumerevole quantità di ecchimosi nere e gonfie.
Sottili, tanto da far sembrare il tubo della flebo un'orribile, enorme appendice che le penetrava nella carne, togliendole la vita anziché restituirgliela.
E Angel si ritrovò a stringere i denti, pensando a cosa doveva aver significato infilare quell'ago, mentre le parole di Kate gli risuonavano nelle orecchia...
...a bucarla fino a che non ha le braccia blu, e piange, e ti supplica di farli smettere...
Deglutì, ma non riuscì a controllare l'orrore, mentre osservava quel viso minuscolo, che persino nello strazio della malattia aveva conservato la traccia degli zigomi di sua madre, e la forma delle labbra di lei.
Un viso bellissimo, su un corpo, che , persino sotto le lenzuola, sembrava ormai più quello di una bambina di due anni che di una di quattro... e un 'espressione sofferente che gli penerò nel cuore, ferendolo.
Avvelenandolo.
Facendogli sentire lacrime negli occhi spalancati per lo stupore e l'orrore.
Vide Kate piegarsi su di lei, sorridendole, e sfiorarle la fronte nel sonno, prima baciarla con dolcezza infinita, come se lei fosse una cosa fragile e delicata, che persino una carezza avrebbe potuto distruggere.
E, molto probabilmente, era proprio così...
Quella bambina era uno strazio di dolore... eppure ... Kate la guardava come se le riempisse di luce il cuore ...
Le appoggiò la guancia alla fronte, senza dire nulla, e dopo un attimo si alzò, prendendo fra le mani la cartella clinica e sfogliandola con le labbra tese, mentre Angel tornava a guardare la bambina, quasi fosse incapace di toglierle gli occhi da dosso.
Dopo tante guerre, dopo tanto sangue, dopo tanta sofferenza... non pensava che qualcosa potesse ancora colpirlo in quel modo...
Aveva creduto di aver raggiunto quasi la vetta della sofferenza, e di potere solamente ripetere ciò che già aveva provato.
E poi ecco questa bambina... quest'uccellino buttato in un letto d'ospedale... e d'un tratto tutte le guerre, tutto il dolore, tutto l'orrore visto e provocato... di nuovo... non esistevano più...
Portati via da lei... da una creatura mai vista prima in tutta la sua esistenza... e che avrebbe potuto essere sua...
Il pensiero gli sfrecciò nel cervello, veloce come un lampo.
Colpendolo.
Sconvolgendolo.
Proprio quando Kate gli parlò, e sollevati gli occhi dal volto della piccola lui la guardò, e si accorse che anche lei, a sua volta, lo stava osservando.
"Era... più carina ... prima... " Mormorò, un sorriso tremulo sulle labbra. "veramente...
Lei era... è... è alta , molto....
Più alta degli altri bambini ... ora non si vede perché è sdraiata, ed era... era meno magra prima... e aveva dei bellissimi capelli biondi... "
"Kate..." Mormorò lui, scotendo lentamente la testa.
Lei si premette la mano sulle labbra.
"Non come i miei , sai... "Continuò. " molto più belli...
E... "Passò gli occhi da lui alla bambina." E tutti restavano stupiti da quant'era precoce... a un anno già parlava... e... si muoveva ovunque...
Lei... mi ha fatta sempre disparere per stare... a letto..."
Deglutì, ingoiando un singhiozzo, e stavolta Angel non pensò che volesse restare sola, che volesse essere lasciata in pace.
Stavolta... Angel... non pensò.
Si avvicinò con un passo, e le prese la mano, attirandola a se.
Stringendola.
Avvolgendole le spalle tra le braccia.
E tenendola così, mentre lei ricambiava la sua stretta.
"Shh..."Mormorò. " shh... non parlare..."
"Angel..."
"Non parlare..."Le affondò il volto nei capelli, e la sentì tremare, stringendolo più forte.
Non piangeva, ma sembrava che il suo corpo dovesse andare a pezzi da un momento all'altro.
"non parlare... io..."
"No..."Lo interruppe, sollevando il viso.
E fu lì, sul suo, le labbra di lei che sfioravano la sua bocca... e il suo fiato... il fiato di Kate era così caldo, e sapeva di acqua, e di lacrime...
Il fiato di Kate... dopo così tanto tempo...
"Per favore..." Mormorò, guardandolo negli occhi ." Per favore non dirmi che andrà tutto bene...
Ma..."Chiuse le palpebre, e lui le appoggiò le labbra sulla fronte, istintivamente.
E non c' era niente di deduttivo in quel gesto... ma solo un enorme desiderio di proteggerla, di portarla via da quella stanza... di cullarla fra le braccia, fino a che non si fosse addormentata, e il dolore se ne fosse andato. "non dirmi nemmeno che è finita... perché se è finita, io..."
Angel sollevò le dita, e gliele poggiò sulla bocca, con dolcezza infinita.
In tutto il tempo che si erano frequentati, non erano mai stati così vicini, con il corpo e con lo spirito... eppure, in qual momento, c'era un abisso a separarli...
C' era sempre un abisso a separarli.
Che fosse il padre di Kate, o la donna che Angel aveva amato... o una bambina, in un letto freddo d'ospedale.
" Non so se potrò fare niente..." Mormorò, quando lei riaprì gli occhi. Laghi azzurri, trasparenti, in cui lui poteva vedere la sua immagine persa da così tanto tempo.
Laghi azzurri pieni di speranza. " mi dispiace... ma ti giuro... ti giuro che cercherò..."
Kate annuì piano, deglutendo ancora, e un attimo dopo si staccò da lui, passandosi le mani sul viso e fra i capelli.
"Vado a vedere se trovo il dottor Newman..." Mormorò, imbarazzata. "a te cosa serve per..."
"Una fiala di sangue... solo questo..."
"Va bene..."Annuì Kate. " allora... torno subito..."
Lui le sorrise, guardandola uscire, ma il sorriso gli si spense sulle labbra non appena lei ebbe lasciato la stanza, e Angel tornò a girarsi, e a rivolgere gli occhi alla bambina.
Si avvicinò di un passo, stupendosi di quanto debole fosse il battito del suo cuore... tanto che lui appena riusciva a sentirlo, e quanto delicato, quasi trasparente, fosse il suo respiro...
Come un 'unica goccia di pioggia in mezzo a un 'acquazzone.
E lei, forse, lo era... un 'unica goccia di pioggia nell'uragano della vita... un unico, piccolo fiore, che il vento avrebbe potuto strappar via in qualsiasi momento, che il sole avrebbe potuto seccare o l'acqua annegare,che la terra avrebbe potuto disseccare, e gli uomini calpestare... che tutto avrebbe potuto annientare.
In un secondo.
Senza sforzo.
Eppure, era ancora lì... e il suo cuore batteva, e il suo fiato sapeva di medicine, come quello di sua madre aveva saputo d'acqua...
E il suo esistere era una sfida all'universo intero, istante dopo istante.
Allungò la mano, sfiorandole delicatamente la fronte pallida, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
Bruciava. Bruciava come fuoco...
Bruciava il suo corpo, e il suo spirito, forse.
E il cuore di sua madre.
E, adesso, anche quello di Angel.
Angel che non aveva niente a che fare con lei.
Angel che fino a un 'ora prima non sapeva nemmeno della sua esistenza.
Ma che avrebbe dato la propria, di esistenza... per farla guarire.
Chiuse le dita, carezzandole la fronte, e indugiando con la mano su quella pelle calda, nell'inutile, ridicolo tentativo di calmare quell'arsura terribile col suo freddo innaturale.
Mentre i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da qual volto malato, la maschera dell'innocenza ferita... come quella di sua sorella, che lui aveva distrutto... come quella di milioni di bambini, che non avrebbe mai visti... che non avrebbero mai colpito il suo cuore come quella piccola, delicata creatura che ora catturava senza saperlo lo sguardo di un vampiro.
Così profondamente che non si accorse della presenza alle sue spalle, fino a che una voce di donna non gli ferì le orecchia, aspra, sgarbata, come il tono che usò.
Così tagliente che avrebbe potuto far sanguinare la bambina di Kate...
"Senta, lei, "Esclamò. " qui non si può stare!"
Angel sollevò la testa, reagendo al tono secco di quella voce voltandosi, e incontrando il volto non meno aspro di una giovane infermiera che, accanto ad un medico in camice e stetoscopio appeso al collo, lo fissava a braccia incrociate.
Come fosse stato un intruso nel suo regno...
Ma quello non era il suo regno...
Quello era il regno del dolore...
"Sono venuto con Kate Lockley." Rispose solo, passandosi le dita sotto gli occhi per nascondere le lacrime. "Cercava il dottor Newman..."
"Bè "Ribattè l'infermiera. " la signora Lockley qui non la vedo, e a noi non ha detto che aspettava visite, per cui, se non le spiace, dovrebbe uscire immediatamente dalla stanza ..."
"Aspetterò fuori..." Mormorò lui, allontanandosi dal letto, ma la donna scosse il capo, implacabile.
"Nemmeno. E' vietato l'acceso ai non autorizzati su tutto il reparto."
"Mi ha autorizzato sua madre, "Esclamò Angel fra i denti, cercando di non perdere la calma. " di chi altro serve il permesso?"
"Mi ascolti bene, per qual che ne so la signora Lockley non è nemmeno in ospedale, e se non esce... " La donna sgranò gli occhi, fissandolo, ed evidentemente si accorse delle lacrime che ancora gli brillavano nello sguardo. " Ma lei" Esclamò. " è il padre?"
Angel si voltò per un attimo, fissando il volto pallido della bambina di Kate... della creatura che le era cresciuta dentro... e che ora stava perdendo...
Di quell'esserino miniscolo che le aveva fatto superare qualunque cosa fosse avvenuta cinque anni prima ... portandola a chiedere il suo aiuto...
Di quel cuore che batteva così piano... di quel respiro che sapeva di medicine...
Di quel piccolo angelo... un angelo senza più ali...
"Si... " Mormorò piano.
Senza pensare.
E di nuovo allungò una mano a sfiorarle la fronte.
"Oh..."Esclamò l'infermiera." Allora è diverso, naturalmente, può restare... solo, se vuole scusarmi..."
Angel si voltò, e un attimo dopo la donna lo colpì in piena faccia con un violento ceffone, graffiandogli la guancia con le unghie , e prendendolo così di sorpresa che dovette lottare con se stesso, per non reagire d'istinto, afferrandola.
La guardò invece, e la vide bruciarlo con gli occhi.
"Dovrebbe esserci lei in quel letto, al posto di quella creatura|!" Urlò la donna, ansando. " Tre giorni e non si è fatto vedere una volta!
Tre giorni a lasciare che sua madre si consumasse a furia di starle vicina, e ci scommetto che non se lo è fatto, lei, tutto il calvario di questi mesi!!
Oh, no, non c'è bisogno che lo chieda, per saperlo, li conosco fin troppo bene gli uomini, io!"
"Charlotte..." Mormorò il giovane medico, avvicinandosi in fretta e prendendola per il braccio. " ti sei ammattita?"
"No che non sono matta!" Rispose lei, il volto in fiamme per la rabbia. " Tanto non mi cacciano da qui! Chi vuoi che ci mandino in questo purgatorio in terra?!"
L'uomo la tirò verso di se, trascinandola alla porta.
"Ci scusi..." Ansò, portandola via.
Ma evidentemente la donna non era d'accordo con lui.
"Cos'è" Strillò. " ci è venuto a vederla morire, adesso?
Crede di mettersi apposto la coscienza, così?"
Angel non rispose.
La guardò uscire dalla stanza, trascinata dal medico.
Piena di collera e di livore.
Contro di lui.
Aveva visto quella bambina spegnersi per tre giorni... e combatteva in quel modo per lei... cosa poteva essere accaduto al cuore, e all'anima di Kate... cosa, se il suo stesso cuore e la sua stessa anima si sentivano percossi e annichiliti, di fronte a quella sofferenza così assurda, così tanto crudele?
Si sfiorò la guancia con la mano, percorrendosi con le dita i punti in cui lo schiaffo bruciava ancora.
E non si stupì di come quell'unico gesto avesse fatto mutare il suo parere sull' infermiera...
"Perché hai detto che sei il mio papà...?"
"Oh, mio Dio..."Mormorò Angel, voltandosi di scatto.
Era la seconda volta in pochi minuti che era così assorto nei suoi pensieri da permettere a una voce di coglierlo di sorpresa... ma il salto che fece adesso il suo cuore non aveva niente a che vedere con la sua reazione di poco prima.
Davanti a lui, la bambina di Kate lo guardava con i suoi enormi, bellissimi occhi azzurri...pieni di innocenza e di gentilezza... come pozze profonde e trasparenti in cui un uomo avrebbe potuto perdersi, e annegare... continuando a vivere.
Occhi indimenticabili.
Gli occhi di Kate.
" Tu non sei il mio papà... "Ripetè la piccola, la voce debole come un soffio di vento. " mi dici chi sei, per piacere?"
Angel deglutì, piegandosi sulle gambe e abbassando le spalle, perché il suo volto le fosse quanto più possibile vicino.
"Come lo sai che non sono il tuo papà?" Mormorò, sorridendole.
Lei non si mosse, e non esitò prima di rispondere.
"Perchè mio papà non sarebbe venuto... e non mi avrebbe fatto le carezze... mio papà non mi vuole bene... "
Angel allungò le dita, sfiorandole la tempia, dove una volta dovevano esserci state ciocche ribelli di capelli biondi.
"Hai ragione tu... " Disse piano, senza guardarla. " non sono tuo padre... sono solo un amico della tua mamma..."
"Sei Angel?"
Di nuovo, lui sgranò gli occhi, stupito.
E di fronte alla sua espressione sbalordita, la bambina proruppe in una piccola, dolcissima risata, che ebbe il potere di mandargli in un attimo in frantumi il cuore.
"Non sono mica una maga!"Esclamò,e per un attimo parve che una traccia di colore tornasse sulle sue guance bianche." Ho sentito mamma che lo diceva una volta... mentre dormiva...però.... non mi ricordo quando..."
Angel rispose al suo sorriso, appoggiando il volto alla mano.
"No... " Mormorò. " magari non sei una maga... però potresti essere una fata... "Le sfiorò di nuovo la fronte." Ti piacerebbe ?"
La bambina sospirò, tornando ad abbandonarsi sui cuscini.
"Si... "Soffiò. " perché così potrei tornare a casa... "
Chiuse per un attimo gli occhi, e, quando li riaprì, c'era una sofferenza atroce nel suo sguardo.
"Lo sai... " Mormorò. " io non me la ricordo casa mia... non me la ricordo più...
Mi ricordo solamente altri ospedali...
Però so che voglio tornare a casa... lo stesso... pure che non me la ricordo e non so dove sta... "
Dio... quella bambina aveva veramente quattro anni?
Solo quattro anni?
Quattro anni e parlava, e lo guardava, e aveva dentro uno spirito che aveva già sofferto per più di un vita...
"Lo sai... "Mormorò. " a me capitava spesso di pensare di voler tornare a casa... solo che ci ero già a casa mia... e così, non sapevo dove volevo andare veramente...
Poi sono partito... e di nuovo ho desiderato tornare a casa... la mia vera casa... quella che avevo voluto lasciare ... e non potevo più farlo..."
"E ora?"Domandò, attenta, la bambina.
"Ora"Sorrise lui." Ho un' altra casa..."
Allungò un dito, toccandole il naso e continuando a sorridere.
"E anche io, da bambino, facevo finta di dormire..."
Per la prima volta, lei si mosse, arricciando il naso e allungandosi verso di lui, come per confidargli un segreto.
"Shh..."Disse piano." Non voglio che lo sappiano.
Se sanno che sto sveglia vengono tutti qui e mi stanno intorno, e mi parlavo... e mi chiedono come mi sento, e se voglio qualcosa... e i dottori mi guardano la gola, e gli occhi... e mi domandano sempre le stesse cose...
Così invece mi fanno stare in pace...
E mamma non ha bisogno di fare finta di ridere...
Io me ne accorgo, sai, quando fa finta e quando ride veramente..."
Angel annuì, tornando ad accarezzarle la guancia.
"Si..."Mormorò." Anche io..."
Stavolta li sentì, i passi alle sue spalle, nonostante tutta la sua attenzione fosse concentrata sul volto della piccola , e sul suono debole e regolar del suo cuore, e sollevò la testa.
Stavolta seppe quando quei passi furono alla porta.
E dal momento che li sentì... seppe che appartenevano a Kate.
"Angel!"Esclamò, entrando di corsa nella stanza." Nia... "
Si portò una mano al cuore, fissando la bambina, e un respiro, che fu quasi un grido di sollievo, le sgorgò dal petto quando la vide.
"Amore..." Mormorò, inginocchiandosi accanto al letto, dall'altra parte. " sei sveglia... sei sveglia... "
Alzò li occhi verso Angel, mentre le sue dita stringevano quelle della mano libera della bambina.
"Era da tre giorni che non riprendeva conoscenza..."Spiegò. "Da prima che arrivassimo a Los Angeles..."
Nia sospirò.
"Mi piaceva andare in macchina... mi piaceva più che stare qui...
E' un altro ospedale... ma è sempre uguale... invece, in macchina, vedevo tante cose nuove..."
"Bè..."Si intromise l'infermiera che poco prima aveva colpito Angel, avanzando dal fondo della stanza. "ma anche ora hai visto delle cose nuove... hai visto tuo papà, no?! Non sei contenta?!"
Kate lo fissò, trattenendo per un secondo il respiro.
E continuò a guardarlo anche mentre Nia, piano, mormorava: " Si... sono contenta..."
Allora, Kate serrò gli occhi, e, per un attimo, Angel ebbe paura che svenisse.
"Vado a chiamare il dottor Newman..."Continuò l'infermiera, che non sembrava essersi accorta di nulla, e Angel vide Kate stringere i denti, nel tentativo disperato di riprendere il controllo di se stessa.
"Nia... "Mormorò piano un attimo dopo, ma non terminò la frase, sospirando e allungando nuovamente la mano per carezzare la fronte della bimba.
"Sono davvero contenta..." Sussurrò la piccola, con la sua voce da uccellino. "sei arrabbiata con me? "
Kate le sorrise. Un sorriso stanco, che non aveva niente a che fare con quello che un tempo aveva conosciuto.
"Non potrei mai essere arrabbiata con te, amore..."Mormorò. " non me ne hai mai dato ragione..."
"Però ti faccio stare in pena..."
"Non sei tu... è questa malattia che ti fa stare male... mentre io non posso fare niente..."
Si portò alle labbra la mano della bambina, baciandola con dolcezza.
"Ho avuto così paura..."Mormorò. " sembrava che non volessi più svegliarti ..."
Angel vide la bambina voltare la testa, e quando Kate aprì le labbra per continuare le si avvicinò, appoggiandole con delicatezza una mano sulla spalla.
"Kate..."Mormorò.
Lei si voltò a guardarlo, sbattendo gli occhi, come se per un attimo non riuscisse a comprendere dove si trovasse, o cosa ci facesse lui lì.
"Certo..."Esclamò dopo un attimo, alzandosi e prendendo la borsa da terra. "scusa..."
Tirò fuori una siringa e una fiala con anticoagulante, appoggiandole poi sul comodino accanto al viso della bamba.
"Li ho presi in infermeria..."Spiegò. " non c'era nessuno...
Probabilmente un'emergenza in corso."
"Angel è un dottore?" Mormorò Nia, mentre Kate infilava con un lento sospiro l'ago nel tubo della flebo.
Un sospiro che pareva un singhiozzo.
Angel la guardò, e non rispose, aspettando che fosse lei a farlo.
Duecentocinquanta anni, e non era in grado di rispondere alla domanda di una bambina. Come non era stato in grado di impedire a sua madre di soffrire...
Kate deglutì, versando il sangue appena prelevato nella fiala, e Angel lo guardò scorrere, chiaro, liquido, come vino nuovo, bruciante di vita...
Vino malato...
Vita malata...
Se ne rendeva conto fin da lì.
Senza nemmeno bisogno di annusarlo o sentire il suo sapore.
Sangue così diverso da quello di sua madre.
Da quel fuoco che lo aveva bruciato e che gli era rimasto dentro, ricordandogli quel giorno di cinque anni prima,per centinaia e centinaia i volte, più debole solo del ricordo delle sue mani, che stringevano le braccia di lei contro il suo corpo.
Kate chiuse la fiala e la strine contro il petto per un istante, sollevando il volto, prima di tornare a guardare la sua bambina.
E a sorriderle, l'amore sul suo volto che la rendeva ancora più bella.
"Amore..." Bisbigliò, sedendo sul letto accanto a lei. " ti ricordi quando ti ho raccontato del vampiro buono?"
La bambina sgranò gli occhi, ma la sua sorpresa non poteva essere grande come quella di Angel.
"Si... "Sussurrò.
"E ti ricordi quando stavi tanto male e mi chiedevi perché se poteva aiutarti contro i mostri non lo poteva fare anche adesso?" Nia passò gli occhi da Kate ad Angel. " E mi hai ... detto che non era vero? Che nessuna delle storie che ti raccontavo era vera?
Ecco... lui è ..."Si schiacciò per un attimo le dita sulle labbra, abbassando gli occhi. " lui è il vampiro buono delle nostre storie..."
Nia boccheggiò letteralmente, fissandolo.
E non c'era orrore in quegli occhi. Non c'erano ribrezzo o paura, non c'era nessuno dei sentimenti che aveva visto negli occhi di chi scorgeva per la prima volta quello che era.
Non c'erano il terrore di cui tante volte si era nutrito, o l'incredulità mista ad orrore che avevano preceduto la fine di una delle sue vittime.
Non c'era nulla di ciò che in passato aveva cercato.
Solo l'espressione sognante di una bimba... davanti alla realizzazione di una favola.
"Veramente?"Sussurrò, e persino la sua voce parve più viva. Come i suoi occhi e il colore sulle sue guance. " Veramente sei il vampiro buono? "
Angel le sorrise, senza sapere più se allungare o meno una mano per sfiorarla.
"Si..."Rispose semplicemente. " e sono veramente felice di conoscerti... "
"Sei vero..." Ripetè lei, gli occhi che le si riempivano di lacrime. " esisti per davvero... "
Si... lui esisteva... e quella creatura in quel letto d'ospedale ci credeva senza bisogno di prove, senza bisogno di altre parole.
Come sua sorella una volta aveva creduto nelle fate, e negli spiriti dei boschi. Con la stesa meravigliosa, infantile fede.
E non era un mostro per lei...
Per la prima volta... non era un mostro...
Sentì le dita di Kate sulla pelle, ancor prima di vederla allungarsi verso di lui per sfiorargli una mano, nei suoi occhi qualcosa che anche volendo non avrebbe potuto essere espressa a parole, e che il calore della pelle di lei sulla sua trasmetteva direttamente al suo sangue.
Solo un attimo, un attimo in cui il mondo cessò di esistere e loro tornarono indietro, a tanti anni prima... a tanti errori prima.
Prima che lei deglutisse, e lentamente, con riluttanza, volgesse la mano, mostrando nel suo palmo la fiala piena di sangue.
Angel la prese, e un attimo dopo tornò a volgersi alla bimba, sorridendole.
Stavolta non esitò a prenderle la mano, e dolcemente si chinò su di lei, sfiorandole le dita con un bacio.
"Esisto per davvero..." Mormorò. " e non ti lascerò più sola..."
Vide una lacrima scendere lungo la guancia della bambina, ma non osò sollevare di più gli occhi.
Non osò guardare il volto di sua madre.
Raggiunse la porta senza guardarla e solo quando Nia lo richiamò trovò il coraggio di voltarsi.
" Angel..." Mormorò la bambina. " perché non sei venuto prima?"
Cercò gli occhi di Kate, e quello che vi vide riflesso, questa volta, fu un 'enorme tristezza, che gli lacerò il cuore.
Portandosi via le ultime tracce di rancore e di rabbia.
Cancellando ogni cosa. Cancellando cinque anni.
"Ti ho cercata tanto..."Mormorò piano. " ma non sapevo dov'eri..."
Kate chiuse gli occhi.
Non aveva bisogno di pronunciare il suo nome.